Intanto non posi tempo in mezzo e il domani, 15 marzo, alle due pomeridiane sono andato dalla monaca superiora delle condannate nelle carceri. Era mio scopo di combinare il giorno e l’ora per cominciare gli esercizi spirituali. Ella mi disse: – Se sta bene per lei può predicare a momenti, giacchè le donne sono in chiesa e non ci abbiamo predicatore. – Cosi ho cominciato sul momento gli esercizi, e la settimana fu quasi interamente impiegata in questo lavoro di
sacro ministero.
In questa casa correzionale sono detenute le colpevoli di grave delitto, che noi chiameremmo condannate alla galera. Il loro numero era di duecento sessanta, di cui duecentoventiquattro già condannate; le altre stanno qua a beneplacito dei parenti e della polizia.
Gli esercizi andarono con soddisfazione. La predicazione semplice e popolare, che usiamo tra noi, riuscì pure fruttuosa in questo carcere. Al sabato, dopo l’ultima predica, la madre superiora mi partecipò con gran piacere che di tutte le recluse nessuna aveva omesso di accostarsi ai Santi Sacramenti. Gli esercizi sono durati dal 15 al 20 del mese.
Così con pochi tratti di penna D. Bosco accennava con umiltà a questa sua missione; ma ben altrimenti ne parlò il Cappellano della prigione. Egli aveva osservato attentamente quella turba di infelici, che colle pupille luccicanti di lagrime, penetrate dal sentimento del male che avevano commesso, ascoltavano D. Bosco con meravigliosa attenzione.
Era pure rimasto intenerito dall’aria di pietà del predicatore e dalle sue parole calde pel desiderio della salute delle anime. Fin dal secondo giorno molte di quelle donne chiesero di confessarsi da lui, perchè le togliesse dal pauroso inferno dei rimorsi; e nei giorni seguenti tutte si presentarono al suo confessionale colle migliori disposizioni.
Un mattino D. Bosco fece la predica sul peccato mortale. È impossibile dire a parole ciò che succedette in quel momento. Dopo aver egli descritto tutti i benefizi che Dio fa continuamente alle sue creature, le misericordie senza numero colle quali tratta i peccatori, ricordando le offese che tutto dì soffre da tanti ingrati cristiani, commosso all’estremo e quasi singhiozzando, interrogava le sue ascoltatrici: – E noi lo offenderemo ancora questo buon Dio?
Fu sentito allora un profondo sussurrìo che diceva: – No, No.
E D. Bosco rivoltosi al crocifisso riprese: – Signore, le avete sentite: aiutatele ad essere perseveranti. Vogliono amare Voi, e se vi hanno offeso, non sapevano ciò che si facessero.
Il cappellano entusiasmato narrò al Cardinale Presidente, Nicola Clarelli Paracciani, del gran bene che si era fatto per la predicazione di D. Bosco; e l’Eminentissimo Principe ne fece parola al Papa, ringraziandolo di aver provvisto così bene ai bisogni delle prigioniere, coll’inviar loro D. Bosco, il quale aveva saputo, col suo santo zelo, guarire tante piaghe anche incancrenite.
Il Papa ne fu contentissimo, perché, col dare a D. Bosco quell’incarico, aveva voluto vedere se proprio egli fosse quale gli era stato dipinto, e quale gli era apparso la prima volta che se lo era veduto davanti. Prese perciò a stimarlo e ad amarlo grandemente.