Il Papa desiderava intrattenersi a lungo con lui, e lo accolse nel modo più benevolo e paterno.
Prese subito a parlargli così. – Ho pensato al vostro progetto, e mi sono convinto che potrà procacciare assai del bene alla gioventù. Bisogna attuarlo. I vostri Oratorii senza di esso come potrebbero conservarsi e come provvedere ai loro bisogni spirituali? Perciò mi sembra necessaria una nuova Congregazione religiosa, in mezzo a questi tempi luttuosi. Essa deve fondarsi sopra queste basi: Sia una società con voti, perchè senza voti non si manterrebbe l’unità di spirito e di opere; ma questi voti debbono essere semplici e da potersi facilmente sciogliere, affinchè il malvolere di alcuno dei soci non turbi la pace e l’unione degli altri. Le regole sieno miti e di facile osservanza. La foggia di vestire, le pratiche di pietà non la facciano segnalare in mezzo al secolo. Forse a questo fine, sarebbe meglio chiamarla
Società, anzichè Congregazione. Insomma studiate in modo che ogni membro di essa in faccia alla Chiesa sia un religioso, e nella vile società sia un libero cittadino. -
Quindi accennava ad alcune Congregazioni, le cui Regole avevano speciale analogia con quella che meditavasi d’istituire.
D. Bosco allora presentava umilmente a Pio IX il manoscritto delle sue Costituzioni. -
Ecco, Beatissimo Padre, gli diceva, il regolamento che racchiude la disciplina e lo spirito che da venti anni guida coloro, i quali impiegano le loro fatiche negli Oratorii. Mi era già prima d’ora adoperato a ridurre gli articoli in forma regolare; ma nei giorni passati vi ho fatto correzioni ed aggiunte secondo le basi che Vostra Santità degnavasi tracciarmi la prima volta, che ebbi l’alto onore di prostrarmi ai Vostri piedi. Siccome però nell’abbozzare i singoli capitoli avrò certamente in più cose sbagliata la traccia proposta, così io rimetto il tutto nelle mani di Vostra Santità e di chi Ella si degnerà di stabilire per leggere, correggere, aggiungere, togliere quanto sarà giudicato a maggior gloria di Dio ed al bene delle anime.
Il Pontefice prese dalle mani di D. Bosco quel regolamento, svolse alcune di quelle pagine, approvò di bel nuovo l’idea che le aveva ispirate e pose quel manoscritto sopra di un tavolino. Così fu stabilito dallo stesso Vicario di Gesù Cristo, che D. Bosco avrebbe messo mano alla fondazione di una nuova Società religiosa.
Quindi il Papa si fece esporre minutamente i primordii dell’opera degli Oratorii in Torino e ciò che aveva mosso D. Bosco a cominciarla, tutto ciò che si faceva e come si faceva e gli ostacoli che si erano dovuti superare. Nell’udire le tante contraddizioni, minacce, persecuzioni e lusinghe, esclamò, alludendo anche a quanto egli stesso aveva sofferto dalla rivoluzione: – Davvero! Ambulavimus per vias difficiles!
E D. Bosco gli rispose, sorridendo: – Ma, colla grazia di Dio, non lassali sumus in via iniquitatis; – e continuò a narrare il gran bene che il Signore erasi degnato di operare nella sua infinita misericordia, e come molti giovani di straordinaria virtù fossero vissuti e vivessero ancora nell’Oratorio.
Il discorso quindi si aggirò sulla vita di Savio Domenico, e Don Bosco raccontò al Papa la visione del buon giovanetto sull’Inghilterra. Pio IX ascoltò con bontà e con piacere e disse:
- Questo mi conferma nel mio proposito di lavorare energicamente a favore dell’Inghilterra a cui ho rivolto le mie più vive sollecitudini.
Tal racconto, se non altro, mi è come consiglio di un’anima buona.
Ma questa rivelazione fece nascere un sospetto nella mente di Pio IX, e, guardando fisso D. Bosco, gli chiese se anche egli avesse talora avuto arcana indicazione per procedere nell’opera che aveva fondata; e siccome gli parve che D. Bosco esitasse alquanto, insistette perchè gli raccontasse minutamente tutte le cose che avessero anche solo apparenza di soprannaturale.
E D. Bosco con figliale abbandono gli narrò quanto si era presentato alla sua fantasia in sogni straordinari, che in parte già si erano verificati, incominciando dal primo, quando egli era in età di circa nove anni.
Il Papa lo ascoltò con viva attenzione e molto commosso, non dissimulando che ne faceva gran caso; e gli raccomandò:
- Ritornato a Torino, scrivete questi sogni ed ogni altra cosa che mi avete ora esposta, minutamente e nel loro senso naturale; conservatele qual patrimonio per la vostra Congregazione; lasciatele per incoraggiamento e norma ai vostri figli.
Da ciò trasse argomento per esaltare la missione di chi si occupa della gioventù, usando le più affettuose espressioni di compiacenza; e nello stesso tempo accennò al bene che si operava in Roma dagli Oratorii festivi e da molti Istituti; e diede lode all’educazione ed all’istruzione impartita ai giovanetti nell’Ospizio apostolico di S. Michele. D. Bosco ascoltava e taceva; ma parve al Santo Padre che egli non fosse pienamente del suo parere riguardo all’Ospizio di S. Michele: – Voi dunque, gli disse, sapete qualche cosa che io non so.
- Prego il Santo Padre a scusarmi, se non mi credo lecito fare alcune osservazioni; ma se V. S. me lo comanda, parlerò.
– Allora ve lo comando e voglio che parliate.
D. Bosco parlò, usando tuttavia una prudente riserbatezza, ed espose i giudizii di eminenti personaggi intorno all’Ospizio di S. Michele, dei quali desideravasi che ne fosse informato il Pontefice. Pio IX, sorpreso a quelle non aspettate rivelazioni, disse senz’altro che sarebbesi giovato di quelle notizie per rimediare ai segnalati inconvenienti, ed essendosi parlato di laboratori, gli chiese di quali mestieri, arti e studi si occupassero i giovanetti in Valdocco.
Quindi lo interrogò: - Fra le scienze, alle quali vi siete applicato, quale è quella che vi è maggiormente piaciuta?
– Santo Padre, rispose D. Bosco, non sono molte le mie cognizioni; quella però che mi piacerebbe e desidero si è scire Jesum Christum et hunc crucifixum.
A questa risposta il Papa rimase alquanto pensoso, e forse volendo mettere alla prova questa sua dichiarazione, gli manifestò come fosse stato molto soddisfatto per la riuscita degli esercizi spirituali alle detenute, e che, per dargli un pegno della sua stima ed affezione, aveva risoluto di nominarlo suo cameriere segreto, col titolo di Monsignore.
Impressioni
D. Bosco usciva dalla camera del Papa confuso e commosso per tanta degnazione e narrava al Ch. Rua quanto eragli occorso in questa memorabile udienza. La dispensa dal breviario era un gran sollievo per la sua delicata coscienza, poichè sovente dal mattino alla sera era occupato dalla moltitudine dei penitenti, dalle visite e dagli affari. Tuttavia, finchè potè, continuò a recitarlo per intero; o almeno in parte anche quando aveva stanca e inferma la vista e indebolito lo stomaco. Ma intanto, quanto è da ammirarsi l’affezione del Sommo Pontefice per Don Bosco! Pio IX da quel momento fu sempre padre ed amico per lui: lo ebbe in grandissima stima, desiderava la sua conversazione, richiedevalo più di una volta di consiglio, gli offriva ripetutamente dignità ecclesiastiche per tenerlo vicino a sè. Don Bosco però, sempre obbediente, eziandio a’ suoi desiderii, non credette dover accondiscendere a tale offerta. Mentre egli chiedeva onorificenze per altri, per conto suo sempre se ne sottrasse.
D. Bosco, che mai non aveva ambito onori, modestamente ringraziò il Pontefice, dicendogli in bel modo e scherzando:
- Santità! che bella figura io farei, quando fossi Monsignore, in mezzo a’ miei ragazzi! I miei figli non saprebbero più riconoscermi ed avere in me tutta la loro confidenza se dovessero darmi il titolo di Monsignore!
Non oserebbero più avvicinarsi e tirarmi ora da una parte ed ora dall’altra come fanno adesso. E poi il mondo, per questa dignità, mi crederebbe ricco, ed io non avrei, quando fossi Monsignore, in mezzo a’ miei ragazzi! I miei figli non saprebbero più riconoscermi ed avere in me tutta la loro confidenza se dovessero darmi il titolo di Monsignore!
Non oserebbero più avvicinarsi e tirarmi ora da una parte ed ora dall’altra come fanno adesso. E poi il mondo, per questa dignità, mi crederebbe ricco, ed io non avrei più coraggio di presentarmi a questuare per il nostro Oratorio e per le nostre opere. Beatissimo Padre! è meglio ch’io resti sempre il povero D. Bosco!
Il Papa ammirò un’umiltà così graziosa, mentre Don Bosco senz’altro passava a chiedergli un’approvazione ed un permesso per poter diffondere anche negli stati Pontificii le sue Letture Cattoliche, e l’esenzione, se fosse possibile, dalla tassa postale per i suoi libretti.
Pio IX gli promise che volentieri lo avrebbe contentato; ma lo consigliò a presentarsi al Cardinal Vicario per farne parola eziandio con lui, acciocchè incominciasse ad aver notizia della sua promessa.
Gli disse quindi di aver dato uno sguardo alla sua Storia d’Italia ed alle Letture Cattoliche; lodò molto la pubblicazione che da lui si andava facendo delle vite dei Sommi Pontefici de’ primi tre secoli, e lo incoraggiò a scrivere, poichè in tal modo sarebbe stato benemerito della Chiesa, massime in questi tempi; e soggiunse, congratulandosi con lui: - Voi fate, colle vostre opere, rivivere i miei Antecessori, specialmente quelli la cui vita era poco nota ai fedeli. - E, dopo averlo interrogato da quali autori traesse le notizie spettanti ai Papi, gli accordava a viva voce varie facoltà personali, che D. Bosco aveagli domandate: quella in perpetuo di poter confessare in omni loco Ecclesiae, e la dispensa dall’obbligo di recitare il breviario. Infine, non ancora soddisfatta la bontà dell’impareggiabile Pontefice, concedevagli ogni possibile facoltà con queste parole: - Vi concedo tutto quello che posso concedervi. - E ciò detto impartivagli la sua benedizione.