Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. (Mc 10, 17-22)
Se ne va; il giovane ricco se ne va, e se ne va triste. Perchè? Perché non ha visto la bellezza dell’incontro con Gesù? Perché non vediamo la bellezza di Gesù, la bellezza dell’incontro con Lui? Perchè questo è il punto: l’incontro con Gesù è bello! Così come sono belli gli incontri che facciamo con molte persone, così come ce ne sono di meno belli con altri.
Nel Sinodo dei Giovani, è emerso che abbiamo fondamentalmente tre tipi di rapporti con Gesù:
- Quelli che sono contenti dell’incontro con Gesù, hanno un rapporto stretto con Lui
- Quelli hanno rispetto per Gesù, ma non hanno un rapporto con Lui
- Quelli che considerano Gesù una persona vissuta 2000 anni fa, ma con cui non ho rapporto.
Un Dio che sta nelle nuvole è diverso da un Dio che si è fatto uomo: con quest’ultimo ci posso parlare, dialogare, anche litigare. E il bello è che sono sempre libero di scegliere: scegliere come rapportarmi a Lui, scegliere che rapporto avere con Lui. Perché Dio non impone niente: nel Natale Dio, l’Onnipotente, si è fatto impotente, proprio per rispettare la nostra libertà. Sembra dire: “eccomi, sono qui, ci sono sempre: mi vuoi?”
La scelta di fede deve essere sempre una scelta d’amore: scegliere perché è bella, non perché devo “altrimenti poi mi accade qualcosa”. La fede cristiana non è un insieme di regole, ma è un rapporto d’amore con Dio. Il giovane ricco è rimasto a livello di “fare”: faccio questo, faccio quello. Ma qualsiasi rapporto non si può fermare al “fare”: è superficiale. I rapporti profondi sono prima di tutto su “chi sei tu” e “chi sono io”, e Dio ci chiede un rapporto così, e un rapporto d’amore tra persone: allora si che ha un senso il “fare”. “Ama e fa ciò che vuoi” diceva S. Agostino, “se in te è la radice dell’amore”. Se è l’Amore che mi muove, il “fare” non è un peso, anzi ha un gusto particolare.
Il mio incontro con Gesù, con Dio, sta nella mia storia, nella storia di ognuno. Ogni storia ha il suo peso e il suo valore, e in ogni storia Dio si è incarnato. Ci manca spesso questa consapevolezza, la consapevolezza del “qualcuno ti condanna? Neanch’io. Va e non peccare più”. La consapevolezza di essere amati a prescindere, che la nostra storia è la storia di Dio, non ve n’è un’altra. E’ la storia della santità.
Nella “Gaudete et exultate”, Papa Francesco ci ricorda che la santità non è per pochi, è per tutti, che il santo non è un superuomo ma una persona che cammina nell’incontro con Gesù, e che quest’incontro lo mantiene, lo cura, lo nutre: in una parola ama.
In quest’incontro, impariamo che la fede “esce”: esce da noi stessi, esce verso gli altri. La cosiddetta “chiesa in uscita”, perché dobbiamo imparare a uscire da noi stessi, ad andare dietro a Gesù, e di conseguenza verso gli altri: perchè Gesù ama me ma anche tutti. Dobbiamo ricordarci che la fede verifica sé stessa: la fede produce quell’amore “che dà la vita per i propri amici”. Guarda oltre, è lei che ci dice la verità, e ci fa vedere la bellezza della verità.
C’è una cosa che ci fa vedere la bellezza di questo incontro: lo sguardo. Nel Vangelo è chiarissimo: “fissatolo”. Questo sguardo che vede te, veramente te come sei, non una caricatura, una persona che serve a qualcosa, un’idea: vede proprio te. Quello sguardo che ha visto Pietro dopo averlo rinnegato, lo sguardo che hanno visto in tanti nel Vangelo, lo sguardo che quelli che hanno avuto contatti con i Santi hanno sempre detto di vedere: lo sguardo. Uno sguardo che ti entra dentro, e che ti dice senza bisogno di alcuna parola: “Tu sei bello, ed io ti amo”.
Noi cristiani spesso manchiamo di questo sguardo: lo temiamo, lo scartiamo, lo evitiamo. Non vogliamo vedere questo sguardo, perché in fondo questo sguardo ci mette a nudo. Noi pensiamo di doverci meritare l’amore, di Dio come degli altri, mentre Lui ci guarda e ci ama perché noi siamo noi. E se non l’abbiamo noi, come possiamo farlo vedere agli altri questo sguardo?
Non abbiamo paura di guardare Gesù negli occhi. Lui ci aiuta in questo: ci ha lasciato infatti i Sacramenti. I Sacramenti non sono dei simboli, che come tali rimandano a qualcos’altro: sono essi stessi Gesù stesso. L’Eucarestia è Gesù in carne e ossa, e quando facciamo la Comunione noi entriamo in rapporto strettissimo con Lui; nella confessione incontriamo il Suo sguardo, nel Battesimo la sua misericordia. Nel Matrimonio Cristo stesso si fa amore, nella Cresima abbiamo il Suo Spirito, nell’Ordine lo si ha tra le mani, nella Sacra Unzione abbiamo il Suo stesso giogo. Sfruttiamoli i Sacramenti: facciamo in modo che diventino sempre di più il veicolo dell’incontro con Gesù.