D. Bosco col sig. Carlo De Maistre andarono a far visita a Mons. Borromeo, maggiordomo di Sua Santità. Furono accolti tanto bene, e dopo di aver parlato molto delle cose del Piemonte e di Milano, sua patria, Monsignore prese il nome di D. Bosco, del signor Carlo e di Rua, per metterli sul catalogo di quelli che desideravano di ricevere la Palma dalle mani del Santo Padre.
Accanto alla loggia di questo prelato, intorno alle corti del palazzo Pontificio vi sono i musei. D. Bosco vi entrò, vide cose veramente grandi, ma si fermò specialmente in un vasto salone oblungo, ove è il museo Cristiano.
Ammirò pure molte pitture del Salvatore, della Madonna, dei Santi e tra le altre un Buon Pastore che porta una pecorella sul collo. Tali oggetti furono ritrovati nelle catacombe.
Dal Vaticano inoltrandosi nel centro di Roma, Don Bosco passò a piazza Scossacavalli, ove lavoravano gli scrittori del celebre periodico La Civiltà Cattolica. Andò a far loro una visita, come aveva promesso al P. Bresciani, e provò vero piacere notando che i principali sostenitori di tale pubblicazione erano piemontesi. D. Bosco sentiva un vivo desiderio di ritornare a casa; perciò troncando ogni indugio era ormai giunto al Quirinale, quando il coronaio Foccardi lo vide col signor De Maistre davanti alla sua bottega e li invitò ad entrare. A forza di cortesie intrattenutili alquanto, nell’atto che volevano assolutamente partire – Ecco, disse loro, ecco la vettura; io li accompagno e li porto a casa. – Sebbene D. Bosco si mettesse di mala voglia in carrozza, tuttavia per compiacenza accondiscese.
E il Foccardi, pel desiderio di trattenersi più a lungo con D. Bosco, lo condusse assai lontano e lo fece girar tanto, che giunse a casa a notte oscura.
“Entrato in casa, scrisse D. Bosco, mi viene consegnata una lettera: l’apro, la leggo, ed era del tenor seguente: “Si previene il sig. Abate Bosco che S. Santità si è degnata di ammetterlo all’udienza domani nove di marzo dalle ore undici e tre quarti ad un’ora”. Tale notizia, sebbene aspettata e molto desiderata, mi diede una rivoluzione al sangue, e per tutta quella sera non mi fu più possibile di parlare d’altro se non che del Papa e dell’udienza”.
Il Cardinale Antonelli non aveva dimenticato la sua promessa.