Il 25 marzo, festa della SS. Annunziata, il Marchese Patrizi condusse D. Bosco a celebrare la S. Messa alla Madonna della Quercia. Lo accompagnavano vari confratelli della Società di S. Vincenzo de’ Paoli.
D. Bosco confessò, predicò e s’intrattenne coi giovani dopo le sacre funzioni; parlò della fondazione, dello sviluppo delle conferenze annesse, e dei vantaggi che da queste sarebbero provenuti; e nel ritirarsi fece promessa che sarebbe ritornato in quel caro Oratorio.
Una scena graziosa accadeva in questa mattina. Don Bosco, passato il Tevere, vide in una piccola piazza una trentina di ragazzi che si divertivano. Senz’altro si portò in mezzo a loro, che, sospendendo i vari giuochi, lo guardavano meravigliati. D. Bosco alzò allora la mano, tenendo fra le dita una medaglia, e poi esclamò amorevolmente: -
Siete troppi e mi rincresce di non aver tante medaglie per regalarne una a ciascuno di voi.
Que’ ragazzi, preso animo, gridarono a pieno coro sporgendo le mani: – Non importa, non importa… a me! a me!
D. Bosco soggiunse: – Ebbene; non avendone per tutti, questa medaglia voglio regalarla al più buono. Chi è di voi il più buono?
- Sono io, sono io – schiamazzarono tutti insieme.
D. Bosco continuò: – Ma come posso fare io, se tutti siete buoni ugualmente? Ebbene: voglio donarla al più discolo! Chi fra di voi è il più discolo?
- Sono io, sono io – risposero con grida assordanti.
Il Marchese Patrizi e i suoi amici, ad una certa distanza, sorridevano commossi e stupiti nel veder D. Bosco trattare così famigliarmente con que’ ragazzi, che per la prima volta aveva incontrati; ed esclamavano: – Ecco un altro S. Filippo Neri, amico della gioventù. -
D. Bosco infatti, come se fosse stato un amico già conosciuto da que’ fanciulli, continuò ad interrogarli, se avessero già ascoltata la S. Messa, in quale chiesa solessero andare, se conoscevano gli Oratorii che erano in quelle parti, se avessero già parlato con l’Abate Biondi. I fanciulli rispondevano. Il dialogo era animato, e finalmente D. Bosco, dopo averli esortati ad essere sempre buoni cristiani, prometteva che sarebbe passato altra volta per quella piazza e avrebbe recato una medaglia ovvero un’immagine per ciascuno di essi. D. Bosco, salutato affettuosamente, usciva di mezzo a quella turba, e ritornando a que’ signori che lo aspettavano, loro mostrava quell’unica medaglia che teneva ancora in mano. Nulla aveva dato a que’ fanciulli, eppure li aveva lasciati contenti.
Il Marchese Patrizi osservò allora: – Il Beato Sebastiano Valfré diceva: ” Bisogna essere santamente furbi nel saper adoperare talora mezzi futili e anche strani per tendere le reti e cogliere la gente semplice: e così facilmente s’induce ad ascoltare la parola del Sacerdote, e a far opere vantaggiose per le anime proprie, pel sollievo del prossimo, e per la gloria di Dio; ma più particolarmente colla gioventù riescono certe industrie che talora parrebbero
bizzarre “.
In questo giorno il Papa doveva recarsi alla chiesa di S. Maria sopra Minerva ove, dalla confraternita dell’Annunziata, si assegnavano doti alle zitelle bisognose. Invitato dal Card. Gaude, D. Bosco potè contemplare il nobile corteggio che accompagnava la carrozza del Papa tirata da sei cavalli, essere testimonio dell’amore e dell’entusiasmo della moltitudine per il Vicario di Gesù Cristo, assistere alla bella solennità e ricevere più volte la benedizione pontificia. Non consta da documenti, ma sembra molto probabile che il Card. Gaude abbia presentato Don Bosco all’angelico Pio IX.
Alla sera sedeva a mensa di casa De – Maistre il Marchese Fassati giunto da Torino per le funzioni della settimana santa.