Matteo 22, 34-40: 34 In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e 35 uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37 Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. 38 Questo è il grande e primo comandamento. 39 Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 22, 34-40
Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Matteo ci trasmette quattro controversie tra Gesù e gli avversari del periodo gerosolimitano: la disputa con gli Erodiani sulla legittimità del tributo a Cesare, (22, 15-22), la disputa con i Sadducei sulla risurrezione (22, 22-33), la disputa con i Farisei sul comandamento più grande, (22, 34-40), oggi proposta dalla liturgia; la disputa sul Messia, Figlio e Signore di Davide (22, 41-47). Alcuni studiosi contano cinque controversie perché vi includono quella con i sommi Sacerdoti e gli Anziani sull’autorità di Gesù, che ha scacciato i trafficanti dal tempio (21, 23-33).
PER METTERLO ALLA PROVA (34)
Secondo Matteo il dottore della Legge interroga Gesù con intenzioni malevole e dopo una consultazione tra Farisei (si riunirono insieme). Al contrario Marco presenta lo scriba come una persona aperta, assennata, che “non sta lontano dal Regno di Dio” (Mc 12,28-34), e Luca ne parla come di uno un po’ malintenzionato (per metterlo alla prova) e un po’ interessato all’insegnamento di Gesù. (10,25-28)
QUALE E’ (36)
La disputa sul comandamento più importante era classica nell’ambiente giudaico. La casistica rabbinica aveva compilato una lista di ben 613 precetti della Legge, di cui 248 considerati gravi e gli altri lievi. Era naturale che la coscienza religiosa si domandasse in tale selva di imposizioni quale fosse il comandamento veramente più importante. L’interrogativo aveva trovato una formula tecnica: “Quale è il primo comandamento?”
AMERAI (37)
Gesù risponde citando il precetto dell’amore dato a Israele e contenuto nello Shemà Israel =Ascolta Israele di Dt 6, 5: “Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente”. E’ il comandamento di un amore che coinvolge la parte interiore dell’uomo (cuore…anima…mente).
E IL SECONDO (39)
Al primo comandamento Gesù ne aggiunge un secondo traendolo da Levitico (19,18): “ Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Gesù collega i due comandamenti mettendoli allo stesso piano, perché l’amore di Dio ha bisogno di una prova di autenticità e questa è l’amore del prossimo. Giovanni osserverà: “ Se uno dice: Io amo Dio, ma odio il fratello è un bugiardo; perché chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede”. Noi abbiamo ricevuto da lui questo precetto: chi ama Dio, ami anche il fratello” (1 Gv 4, 20-21).
LA LEGGE E I PROFETI (40)
Dall’amore di Dio e dei fratelli dipendono tutti i precetti divini contenuti nella Scrittura (cf 5, 17). Paolo dirà: “ pieno compimento della legge è l’amore“ (Rm 13, 10).
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
DIO CI COMANDA DI AMARE
Bene, fratelli miei, interrogate voi stessi, scuotete le celle interiori: osservate, e vedete bene se avete un po` di carità, e quel tanto che avrete trovato accrescete. Fate attenzione ad un tale tesoro, perché siate ricchi dentro. Certamente, le altre cose che hanno un grande valore, vengono definite «care»; e non invano. Esaminate la consuetudine del vostro linguaggio: questa cosa è più cara di quella. Che vuol dire è più cara, se non che è più preziosa? Se si dice più cara, cos`è più prezioso; cos`è più caro della carità stessa, fratelli miei? Qual è, riteniamo, il suo valore? Da dove deriva il suo valore? Il valore del frumento: il tuo danaro, il valore di un fondo: il tuo argento; il valore di una gemma: il tuo oro; il valore della carità sei tu stesso. Tu chiedi peraltro di sapere come possedere il fondo, la gemma, il giumento; come comprare e tenere presso di te il fondo. Ma se vuoi avere la carità, cerca te e trova te. Hai paura infatti di darti per non consumarti? Anzi, se non ti doni, ti perdi. La stessa carità parla per bocca della Sapienza, e ti dice qualcosa perché non ti spaventi quanto vien detto: Dona te stesso. Se uno infatti ti vuol vendere un fondo, ti dirà: Dammi il tuo oro; e chi ti vuol vendere qualcos`altro: Dammi il tuo danaro, o dammi il tuo argento. Ascolta ciò che ti dice la carità per bocca della Sapienza: “Dammi il tuo cuore, figlio mio” (Pr 23,26). «Dammi», dice: cosa? «Il tuo cuore, figlio mio». Era male quando era da te, quando ti apparteneva: infatti eri portato alle futilità ed agli amori lascivi e perniciosi. Toglilo di là. Dove lo porti? Dammi, egli dice, il tuo cuore. Sia per me, e non si perda per te. Osserva, infatti, cosa ti dice, allorché vuole rimettere in te qualcosa, perchè‚ tu ami soprattutto te stesso: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente” (Mt 23,37; Dt 6,5). Cosa rimane del tuo cuore, per amare te stesso? Cosa della tua anima? E cosa della tua mente? Con tutto, egli dice. Tutto te stesso esige, colui che ti ha fatto. Però, non esser triste quasi non ti resti nulla di che rallegrarti in te stesso. “Gioisca Israele”, non in sè, “bensì in colui che lo ha fatto” (Sal 149,2) “Il prossimo quanto deve essere amato?” Risponderei e direi: Se nulla mi è rimasto, come mi amerò; poiché mi si ordina di amare con tutto il cuore, con tutta l`anima, con tutta la mente colui che mi ha fatto, in che modo mi si ordina il secondo precetto di amare il prossimo come me stesso? Il che è più che il dire di amare il prossimo con tutto il cuore, con tutta l`anima e con tutta la mente. In che modo? “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37.39). Dio con tutto me stesso: il prossimo come me. Come me, così te? Vuoi sentire come ti ami? Per questo ti ami, poiché ami Dio con tutto te stesso. Ritieni infatti di avanzare con Dio, perchè ami Dio? E poiché ami Dio, si aggiunga qualcosa a Dio? E se non ami, avrai di meno? Quando ami, tu progredisci: lì tu sarai dove non perirai. Ma mi risponderai e dirai: Quando infatti non mi sono amato? Non ti amavi affatto, quando non amavi Dio che ti ha fatto. Anzi quando ti odiavi credevi di amarti. “Chi infatti ama l`iniquità, odia la sua anima” (Sal 10,6).(Agostino, Ser. 34, 7-8)
I DUE AMORI
Vi sono due amori, dai quali derivano tutti i desideri, e questi sono così diversi per qualità, in quanto si distinguono per cause. L`anima razionale, infatti, che non può essere priva di amore, o ama Dio o ama il mondo. Nell`amore di Dio nulla è eccessivo, nell`amore del mondo, invece, tutto è dannoso. Per questo è necessario essere inseparabilmente attaccati ai beni eterni, e usare in maniera transitoria di quelli temporali, di modo che, per noi che siamo pellegrini e ci affrettiamo per tornare in patria, qualunque cosa ci tocchi delle fortune di questo mondo sia viatico per il viaggio e non attrattiva per il soggiorno. Per questo, il beato Apostolo così afferma: “Il tempo è breve. Rimane che quelli che hanno moglie vivano come se non l`avessero, quelli che piangono come se non piangessero, quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, e quelli che usano di questo mondo come se non ne usassero: perchè passa la scena di questo mondo (1Cor 7,29-31). Ma ciò che piace per aspetto, abbondanza, varietà, non viene facilmente evitato, a meno di non amare, nella stessa bellezza delle cose visibili, il Creatore piuttosto che la creatura. Quando infatti egli dice: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Mc 12,30), vuole che mai ci sciogliamo dai vincoli del suo amore. E quando con questo precetto del prossimo (cf.Mc 12,31ss) congiunge strettamente la carità, ci prescrive l`imitazione della sua bontà, affinché amiamo ciò che egli ama, e ci occupiamo di ciò di cui egli si occupa. (Leone Magno, Tract.s, 90, 3-4)
DIO PROMETTE SE STESSO A CHI LO AMA
In effetti, non una qualsiasi cosa ti promette Dio, cioè qualcosa che non sia Dio stesso. Insomma, Dio non potrebbe saziarmi, se non promettendomi Dio stesso. Cos`è l`intera terra? Cosa l`intero mare? O l`intero cielo? Cosa sono tutti gli astri? O il sole? Cosa la luna? Cosa le schiere stesse degli angeli? Più di tutti costoro, ho sete del Creatore: di lui stesso ho fame, di lui ho sete a lui dico: “Poiché presso di te è la fonte della vita” (Sal 35,10). E` lui che mi dice: “Io sono il pane disceso dal cielo” (Gv 6,41). Brami dunque ed abbia sete il mio peregrinare, perché si sazi la mia presenza. Il mondo gioisce di molte cose, belle, forti, varie: più bello è però colui che le ha fatte; più forte e luminoso è colui che le ha fatte; più soave è colui che le ha fatte. “Mi sazierò, quando si manifesterà la tua gloria” (Sal 16,15). Se perciò è in voi quella fede che opera per mezzo dell`amore, già vi annoverate tra i predestinati, tra i chiamati, tra i giustificati: quindi cresca in voi. La fede infatti che opera per mezzo dell`amore, non può sussistere senza la speranza. Ma quando saremo arrivati, allora sarà ancora con te la fede? Ci sarà forse detto: Credi? No, assolutamente. Allora, lo vedremo, lo contempleremo. (Agostino, Sermo 158, 7)
PENSIERI SULL’AMORE
Pensieri di scrittori sull’amore di Dio. “ Ci sono due sole specie di persone: quelle che amano Dio con tutto il cuore, perché l’hanno trovato, e quelle che lo cercano con tutto il cuore, perché non l’hanno ancora trovato (Pascal). “Noi amiamo Dio, perché egli per primo ci ha mostrato il suo amore” (1 Giovanni 4, 19). “Chi vuole amare Dio, già lo ama” (Margherita Maria Alacoque). “Io non credo in Dio, sarebbe troppo poco, io gli voglio bene” (Don Milani). “La misura esatta dell’amore di Dio è di amarlo senza misura”. (S. Bernardo)
AMERAI
“Amerai il Signore tuo Dio…Amerai il prossimo tuo” “Agapeseis Kurion ton Theon… Agapeseis plesion sou “. Così suona in greco il centro tematico di Matteo 22, 34-40. La parola dominante nel termine greco e “agape”, “amore”, che usiamo anche in italiano, sia pure nel senso di “banchetto fraterno”, perché i cristiani delle origini celebravano l’Eucaristia, segno di amore, proprio durante un pasto di comunità (vedi 1 Corinzi 11). Noi però vogliamo sottolineare il valore letterale del termine tanto caro alla fede e alla morale cristiana, essendo quello dell’agape il primo comandamento, anzi il “mio” comandamento, secondo quanto ripeterà Gesù l’ultima sera della sua vita terrena. In greco il termine più comune per indicare l’amore è eros; il cristianesimo preferisce quest’altro vocabolo più raro e lo fa diventare l’emblema della sua morale. La differenza è stata approfondita da un’opera intitolata appunto Eros e Agape di Andres Nygren (II edizione Mulino). Scriveva quell’autore: “ Eros è desiderio dell’altro, agape è sacrificio, donazione per l’altro; eros è conquista, agape è grazia, eros è nobile autoaffermazione, agape è amore disinteressato e dono di sé, eros è determinato dalla bellezza e dal fascino dell’altro, agape ama e accetta l’altro trasfigurandolo. Al desiderio del possesso che si nasconde nell’eros, l’agape cristiana sostituisce la donazione gioiosa fin a dare la vita per la persona amata. Per questo Gesù va oltre la stessa Bibbia che esigeva di “amare il prossimo come se stessi” e porta l’agape alla pienezza invitandoci ad “amarci l’un l’altro come lui ci ha amato”, donando la sua vita, assumendo la forma dello schiavo e morendo in croce. (Ravasi)
NON DIMENTICARE LA TERRA
Talvolta i cristiani sono stati accusati di avere occhi molto alzati verso Dio e meno verso gli uomini con tutte le loro difficoltà e i loro problemi: il “cielo” avrebbe fatto loro dimenticare “la terra”. L’accusa è falsa. Però la “tentazione” ci può essere davvero in alcuni credenti: ed è quella di privilegiare l’amore di Dio su quello del prossimo, per il semplice fatto che il primo è più esaltante, più emotivo, più mistico. Dio, in fin dei conti, è sempre grande e magnanimo, anche nel perdono, e perciò si può pensare di trovare sempre un accordo con lui. Perdersi in lui, celebrarlo nel culto può sembrare gratificante, sembra che non costi molto sacrificio. E’ l’uomo invece che è piccolo e non permette scappatoie o dilazioni di doveri. Per esempio quel vecchio che abita di fronte a me e a cui nessuno pensa, ha bisogno che gli dia una mano io, oggi stesso, forse domani, forse dopodomani. O quell’amico che mi ha fatto uno sgarbo, oppure mi ha screditato di fronte agli altri, ho il dovere nonostante tutto, di continuare ad amarlo come prima, addirittura di perdonarlo. Sono soltanto esempi che dicono che l’amore del prossimo costa, chiede rinunzia e generosità ogni giorno. (Settimio Cipriani)
RISPOSTA ALL’AMORE DI DIO
L’amore dell’uomo verso Dio è risposta all’amore di Dio verso l’uomo: come dice la prima lettera di Giovanni (4, 10.19), non noi amiamo Dio per primi, ma Dio per primo ama noi. E’ Dio che con il suo amore appella, chiama e suscita l’amore dell’uomo. L’amore di Dio è amore di amicizia: Dio giustifica il peccatore, lo riconcilia a sé, lo ricostituisce nella pace, lo trasforma interiormente, lo rigenera, lo rende capace del rapporto di amicizia con Dio stesso: “ Vi ho chiamato amici” dice Gesù (Gv 15, 15). L’amore di Dio è un amore sponsale e filiale, perché Dio chiama l’uomo ad un rapporto nuziale, ad una relazione di figliolanza, perché la giustificazione è rigenerazione e rinascita nel Figlio: figli di Dio. L’amore di Dio e l’amore per quello che Dio è in sé; perché lui è l’Amore, la Bontà, la Bellezza, la Misericordia, l’Infinito, il Tutto, perché lui è Padre, Figlio e Spirito. L’amore di Dio è l’amore di quello che Dio è per noi; perché lui è il Creatore, il Padre, il Provvidente, il Redentore, la Grazia, l’Aiuto, la Vita, il premio di ogni uomo. Perciò è giusto, bello, salutare “ amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze”. (Duilio Bonifazi)
UNITA INSCINDIBILE
Nella prospettica cristiana c’è un’unità inscindibile tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Questa unità non comporta la totale identificazione dei due comandamenti, ma significa la loro intrinseca associazione e interrelazione. Amare il prossimo è, prima di tutto, amare l’altro per il fatto che è uomo e in questo senso è un altro me stesso. Amare il prossimo come se stesso è, perciò, estendere il senso dell’”io” e maturare la propria personalità. Come dice lo psicologo umanista Allport. Ma “amare il prossimo, nella prospettiva cristiana è qualcosa di più: è amare l’uomo in Dio, perché nell’uomo c’è Dio, la sua immagine, la sua figliolanza; perché l’uomo è amato da Dio, perché è chiamato a partecipare alla vita trinitaria; perché è innestato in Cristo; perché è “figlio di Dio”. In questa prospettiva cristiana, amare il prossimo è partecipare all’amore con cui Dio ama l’uomo. “Ognuno che ama è generato da Dio; chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore “(1 Gv 4, 7-8) Perciò Giovanni può formulare il comandamento dell’amore del prossimo rapportandolo all’amore di Cristo per l’uomo: “ Vi do un comandamento nuovo; di amarvi gli uni gli altri; come io vi ho amato, così voi amatevi gli uni gli altri” (Gv 13, 34), In questa ottica l’amore del prossimo è universale e si estende persino al nemico. In questa ottica l’amore del prossimo è preferenziale verso chi, umanamente, è emarginato. (Duilio Bonifazi)
AMORE: RADICE E UNITA’ DEI COMANDAMENTI
I singoli “precetti” hanno rilevanza solo come espressioni, esplicitazioni, concretizzazioni del grande precetto fondamentale e unitario che regge tutta la vita morale cristiana: “ Ama il Signore Dio tuo, ama il prossimo tuo”. Dove c’è l’opzione fondamentale dell’amore c’è la disponibilità interiore che porta a concretizzarlo nei vari settori della vita etica, nei vari comandamenti, nella varie virtù. E’ questo il significato autentico di quanto dice Agostino: “Ama e fai ciò che vuoi”. San Tommaso asserisce che la “carità” dà forma, unità e significato a tutte le virtù. (D. Bonifazi)
NON AMORE DEL FRATELLO SENZA AMORE DI DIO
Non c’è amore del fratello senza amore di Dio. Alla luce della fede è chiaro. Il Padre è al di sopra di tutto. Eluderlo per andare al fratello è ciò che di più contrario al Vangelo si possa immaginare. Il rifiuto dell’amore di Dio impoverisce quello per il fratello della sua dimensione divina, che gli conferisce “pienezza”. Come si fa ad amare il fratello senza amare l’Amore? dice S. Agostino. Rimarrà possibile qualche forma di filantropia e anche una certa capacità di dedizione. Ma manca una realtà ultima a cui ordinare l’amore. Perché allora amare? Ci si proporrà allora qualche cosa d’altro come fine: per esempio un mondo migliore, un clima umano più respirabile. Ma basterà questo a fornire la carica quando l’amore impone eroismi? Ad alimentare una generosità dimentica di sé, un servizio non inquinato dall’egoismo? un “uomo per gli altri” durante tutta l’esistenza? Se talora questo coesiste con il rifiuto di Dio sarà piuttosto il rifiuto di una sua caricatura. In ogni amore autentico si vive qualcosa dello stesso Dio, anche se si pensa che Egli non c’è. L’amore è talmente divino che dovunque ne palpita una scintilla, là Dio vive anche se non è percepito. (M. Magrassi)
NON C’E’ AMORE DI DIO SENZA AMORE DEI FRATELLI
Non può esserci amore di Dio senza amore dei fratelli. Ognuno di essi è membro di Cristo e oggetto delle infinite compiacenze del Padre. Non si può separare il Capo dalle membra. C’è una cascata di testi biblici che lo ribadisce e la prima lettera di Giovanni per intero. Colui che pretende di amare Dio mentre conserva avversione per il suo fratello è un bugiardo. In realtà non lo conosce, non appartiene a Cristo. Il prossimo è il “sacramento” di Cristo. Quello che si fa al fratello lo si fa a Lui. E su questo saremo giudicati alla sera della nostra vita. Un amore “non fatto di parole e di lingua, ma di fatti concreti”: dal bicchiere d’acqua, che pure non rimarrà senza ricompensa. Una carità che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13). L’espressione: il fratello è amato per amor di Dio, spesso è fraintesa. Non significa che guardo attraverso il prossimo, mirando unicamente a Dio. Il fratello è amato per sè, “con tenerezza, nell’amore di Cristo Gesù” (Fil 1, 7-8), come se fosse solo al mondo. E’ qualcuno che ha un volto, di cui mi occupo con interesse: non un’ombra evanescente dietro cui mi sforzo di riconoscere il volto di Cristo. Ma perché Cristo è lui formano una cosa sola, amando lui amo Cristo. E’ un elemento oggettivo percepito nella fede, che in nessun modo rende disincarnato il mio rapporto umano. Il credente non è uno “che non amando nessuno crede di amare Dio”. (Peguy) (M. Magrassi)
VITA INTERIORE E IMPEGNO PER I FRATELLI
L’attenzione a Dio e l’attenzione all’uomo non sono separabili. Il coltivare la “vita interiore” è un valore cristiano, un valore permanente, come il bisogno di raccoglimento. Però la “vita interiore”, quando è cristiana, non è monologo, e neppure un parlare con Dio solo. Incontrando Dio nell’orazione, il cristiano, più o meno presto, incontra inevitabilmente gli uomini, che Dio crea e vuol salvare. Dice il Padre Ricoeur: “ la mia vita interiore è la sorgente delle mie relazioni esteriori. All’opposto delle sapienze meditative e contemplative della fine del paganesimo greco o dell’Oriente al di là dell’Indo, la predicazione cristiane non ha mai opposto l’essere al fare, l’interiore all’esteriore, la teoria alla prassi, la preghiera alla vita, la fede alle opere, Dio al prossimo. E’ sempre nel momento in cui la comunità cristiana si disfa o la fede decade, che la si vede abbandonare il mondo e le sue responsabilità e ricostruire il mito dell’interiorità. Allora il Cristo non è più riconosciuto nella persona del povero, dell’esiliato, del prigioniero”. Il cristiano può momentaneamente allontanarsi dagli uomini, per pregare, per non pensare che a Dio. Questo diventa, in certi momenti una necessità. Ma l’allontanamento dagli uomini è sempre provvisorio. (Messalino LDC)
CONTEMPLATIVI E ATTIVI
All’interno della Chiesa vediamo contemplativi e attivi. Il mistero di Cristo è vissuto nella Chiesa dal suo complesso, nell’insieme dei suoi membri e in quello del secolo. Il contemlpativo serve gli uomini servendo Dio, l’attivo serve Dio servendo gli uomini. I due esprimono, specializzandosi nell’imitazione di Cristo, uno stesso e unico mistero: quello della vita religiosa del Verbo Incarnato. Così è capitato e capita ancora nella storia della Chiesa. Il santo curato d’Ars sospirava il convento e la solitudine, mentre si prodigava fino in fondo a favore degli uomini; e il convento ha dato alla Chiesa grandi papi, grandi vescovi, grandi riformatori e missionari che sono passati dalla contemplazione e dalla solitudine all’azione più indefessa e senza soste. (Messalino LDC)
MODELLI COME PAOLO E I TESSALONICESI (2° Lettura)
La seconda lettura ci presenta una comunità esemplare, quella di Tessalonica, modello di conversione, di fede e di gioia nello spirito; “così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell’Acaia”, difatti ne è diffusa la fama dovunque. (M. Magrassi)
Paolo ne loda l’esemplarità e può asserire: “Voi siete diventati imitatori nostri e del Signore”. Non è vana e orgogliosa presunzione, ma riconoscimento che Dio ha condotto Paolo e i Tessalonicesi alla conversione e a diventare modelli. Come Paolo e i Tessalonicesi, ogni cristiano deve essere modello. Infatti ciascuno deve essere imitatore di Cristo e far risplendere nella sua vita quel modo di vivere che è stato realizzato perfettamente soltanto dal Signore Gesù. Questo è il primo e il più grande amore del prossimo: far vedere come si accoglie la parola di Gesù e la si mette in pratica, cambiando la propria vita, cioè dandole un senso ultimo rassicurante, rasserenante, consolante. Così si dà agli altri la cosa più preziosa, il dono più rande: la verità di Gesù. (A. Bonora)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te solo e amare i fratelli secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del suo comandamento nuovo l’unica legge della vita. (Colletta 30 perannum A)
•Donaci, Padre, un cuore libero dagli affanni e dagli idoli terreni e fa che ogni giorno amiamo te sopra ogni cosa e i fratelli per amore tuo.
•Signore, Dio dei nostri Padri e di tutti gli uomini: attraverso i Profeti tu cui chiami dalla schiavitù alla libertà, ci prometti possibilità nuove di vita e di azione, ci liberi dal peso della legge e del peccato. Non ci imponi riti e sacrifici, ma vuoi che amiamo te e i nostri fratelli. Manda il tuo Spirito, o Padre, perché comprendiamo la tua parola e abbiamo coraggio di metterla in pratica.
•Perdonaci, Signore per tutte le volte che abbiamo rifiutato amore e comprensione a chi ce la chiedeva, per ogni volta che abbiamo rinunziato a lottare per una giusta causa, a rivelare le contraddizioni, per tutte le volte che di fronte all’ingiustizia, alla divisione ce ne siamo lavati le mani dicendo che non toccava a noi.
•Dio onnipotente e pieno di amore per noi uomini, nonostante le nostre infedeltà, invia il tuo Spirito di amore sopra di noi perché ci doni consiglio, coerenza, sapienza e tutti quei doni necessari per amare il prossimo come tu ci hai insegnato.
•Signore fa di noi strumenti del tuo amore, fa che ci amiamo come tu ci ami ad di là dell’egoismo e al di là del vittimismo.
•Fa, Signore della nostra comunità una parabola d’amore. Dona sapienza al nostro balbettare di te in questo mondo, dona concretezza al nostro servizio per gli altri, dona forza alla nostra testimonianza.
•Ti preghiamo, Signore, per quelli che sono in mezzo a noi come in terra straniera, per quelli che ignoriamo e dimentichiamo, fa che riscoprendo la tua accoglienza verso di noi, diventiamo anche noi accoglienza per gli altri.
•Ti ringraziamo, Signore, perché la tua Parola raduna e consola, ma soprattutto è perché illumina e perdona. Noi non siamo capaci di amare e quasi sempre restiamo vittime della nostra povertà e del nostro peccato. Ma
tu non badi ai nostri limiti e resti sempre al nostro fianco. Padre di benevolenza e di accettazione, a te la nostra lode per tutti i secoli dei secoli nel nome di Gesù nostro Salvatore.
•Ti preghiamo, Signore per chi cerca un briciolo di amore e di comprensione e non lo trova per l’egoismo umano, per chi lotta in condizioni di poca giustizia, perché lo scoraggiamento non lo vinca.
•Signore, tu che sei l’amore e la fonte dell’amore, donaci un cuore puro e semplice, che sappia rispondere al tuo amore e sia capace di amarti senza misura, donaci un cuore libero dai pregiudizi culturali, etnici, religiosi, capace di accogliere ogni uomo come fratello, donaci la volontà per fare del comandamento del tuo Figlio l’unica legge della nostra vita. (Giuseppe Sacino)
•Donaci, Signore, occhi per vedere la necessità e la sofferenza dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi; fa che ci impegniamo lealmente al servizi dei poveri e dei sofferenti. La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo. (Dalla Liturgia)
•Maria, ti chiediamo l’amore, l’amore a Cristo, l’amore unico, l’amore sommo, l’amore totale, l’amore dono, l’amore sacrificio…. Aiutaci ad amare così….O vergine fedele, riconosciamo in te la prima virtù che a Dio ci unisce, la fede. O tu beata che hai creduto confortaci col tuo esempio, ottienici questo carisma…. E poi, o Maria, chiediamo al tuo esempio e alla tua intercessione la speranza. Speranza nostra salve !… Tu sei, Maria,… immagine e inizio della Chiesa, la quale deve avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra risplendi ora innanzi al Popolo di Dio, quale segno di certa speranza e di consolazione o Madre della Chiesa. (Da una preghiera di Paolo VI)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Amiamo Dio con tutto il nostro essere e il prossimo come noi stessi.