Sig. parroco,
Sono un genitore – un padre, tanto per intenderci – che poi sia “genitore uno” o “genitore due” questa sciocchezza la lascio a chi l’ha inventata. Come padre sono fuori dei gangheri, perché mio figlio studia a singhiozzo, impara poco o niente, fa degli strafalcioni che ai bei tempi punivano con il “rimando a ottobre”, e ha dei prof. che – a mio modesto avviso – urlano, sbraitano, ma non sanno insegnare, tant’è che mio figlio è sempre promosso. Quanto a educazione poi, zero rotondo. La ciliegina sulla torta è che ha scelto religione, ma in quell’ora, a quanto dice, si fa tutto eccetto che religione.
Caro signore
Non saprei dire da che cosa possa dipendere questo “menefreghismo” generale che coinvolge insegnanti e studenti. Sarà il clima sociale, sarà il bailamme politico, sarà il decadimento etico; sarà la rabbia per il misero stipendio che i prof dicono di percepire, per cui a poco stipendio si contrappone poco impegno, come se la cultura e ancor più l’educazione fossero direttamente proporzionali alla paga che si riceve. O sarà magari la tecnologia digitale che attira più di Dante o Cicerone, Manzoni, ecc. È probabile che abbia ragione un esimio prof. del Sud, che individua le cause di tanto decadimento nel fatto che “L’universo scolastico, come gran parte della realtà sociale, è privo di controlli. Se un docente legge il giornale, parla di calcio o dei suoi problemi, anziché insegnare, se va in classe ad urlare “bau-bau”, nessuno lo rimuove. Abbiamo sviluppato le garanzie corporative fino a rendere la società inerme di fronte alle anomalie”. Un po’ pessimista, l’amico, ma indubbiamente non mi pare un’analisi campata in aria. Oggi si pone l’accento sulle libertà individuali a scapito dell’etica sociale, per cui sembriamo schegge vaganti senza controllo.
Viva la “democrazia”, ma quella senza regole si chiama “anarchia”.
“L’educazione, – come l’amore, la religione, la libertà, – appartiene al novero delle cose che non hanno prezzo. Se impartita con competenza, non esiste nella società attività più utile, benefica, strategica all’interesse della comunità, di quella educativa. Chi forma le nuove generazioni investe sul futuro”. È giusto allora che una società pretenda il massimo dagli educatori. Il prof. Galimberti, citato dal citato amico scrive: “Non ho mai capito perché se uno è alto un metro e cinquanta non può fare il corazziere, mentre un laureato senza alcuna inclinazione all’educazione degli adolescenti, possa fare l’insegnante”. Come si fa a dargli torto?