Marco 12, 28-34: In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «II primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene. Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente. Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 12, 28-34
In quel tempo si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l`unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c`è altro comandamento più importante di questi». Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v`è altri all`infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
(Bibbia Cei: versione1971)
Esegesi
Dopo l’episodio del cieco nato (10 46-52), Marco nel capitolo 11 dice che Gesù, al termine del suo cammino, arriva a Gerusalemme, montando un asinello, è acclamato dalla gente, va nel tempio, (11, 11) come il vero padrone e scaccia i profanatori. La mattina seguente (11, 20), con un gesto profetico, fa seccare un fico senza frutti, simbolo di Gerusalemme e del mondo ebraico che non danno i frutti che egli attende, poi torna con i suoi a Gerusalemme (11, 27), dove ha una serie di dispute con i gruppi che gli sono ostili. Le dispute sono cinque: sull’autorità di Gesù (11, 27-33), sul tributo a Cesare (12, 13-17), sulla resurrezione dei morti (12, 18-27), sul grande comandamento (12, 28-34), sul Messia figlio e Signore di Davide. (12, 35-37)
La liturgia della 31 domenica B, invita a meditare sulla quarta disputa che verte sul più grande dei comandamenti. Era allora una questione di grande attualità. Ogni buon giudeo era preoccupato di fare la volontà di Dio e di osservare la legge. Per poterla osservare erano stati elencati dagli esperti ben 613 precetti e i grandi maestri cercavano di trovare un criterio di unità, che sintetizzasse tutto. Tutti sapevano che il precetto dell’amore di Dio era fondamentale. Alcuni sottolineavano anche il precetto dell’amore del prossimo. Hillel diceva: “Ciò che spiace a te non farlo al tuo prossimo. Questo è l’intera legge; il resto è commento”, Aquba: “ “Tu deve amare il prossimo tuo come te stesso” e Filone, contemporaneo di Gesù, aveva anche avvicinato i due precetti. Uno scriba vuol conoscere l’opinione di Gesù in merito. La novità dell’insegnamento di Gesù, come appare dalla sua risposta, sta prima di tutto nel modo di intendere il prossimo, che non è solo il connazionale, poi nell’unire i due precetti inseparabilmente come due aspetti del medesimo amore infine nel dire che la sua osservanza fa entrare chi lo pratica nel Regno.
UNO DEGLI SCRIBI (28)
Questo scriba è un uomo di buona volontà. Non interroga Gesù per metterlo in difficoltà e la sua discussione col Maestro non è una disputa malevola.
ASCOLTA ISRAELE’ (28)
Gesù cita le parole dello “Schema Israel” (Dt 6, 4), familiare ad ogni ebreo come formula devozionale ripetuta ogni giorno. Egli inserendo questo versetto nella sua risposta asserisce che prima del comandamento sta l’elezione, prima che l’uomo possa rivolgersi a Dio, Dio deve rivelarglisi. L’energica affermazione “uno solo” è caratteristica della mentalità ebraica. Con forza è asserito che questo unico Dio è il “nostro” Dio, di Israele, che sente di avere una posizione eccezionale fra tutti i popoli.
CON TUTTA LA MENTE (28)
Al testo del Deuteronomio Gesù aggiunge: “ con tutta la mente” ed estende il precetto alla ragione. Ma al di là di questo particolare, Gesù intende dire che tutto l’uomo, nella sua totalità e interezza, viene investito dall’appello di Dio e che a Dio deve rivolgersi con tutte le tensioni ed energie.
E IL SECONDO E’ QUESTO (29)
Come secondo comandamento Gesù cita il precetto di Lev 19, 18, che anche da taluni dottori veniva considerato come quintessenza di tutta la thorà e lo pone sullo stesso piano del primo. I due comandamenti si condizionano l’un l’altro.
VALE PIU’ DI TUTTI GLI OLOCAUSTI (32)
Lo scriba capisce bene quanto ha detto Gesù e riassume tutto in un’unica frase: “vale più di tutti…” cioè l’amore di Dio e del prossimo costituisce la miglior forma di religione, superiore anche agli atti di culto.
NON SEI LONTANO (34)
Gesù apprezza la saggia risposta dello scriba, che libero da preconcetti, ha saputo avvicinarsi a Gesù è si è avvicinato al Regno di Dio, che Gesù annunzia, e che è già presente e operante, anche se invisibile.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
IL MODO ESATTO DI AMARE IL PROSSIMO
Dunque, poiché non è necessario un ordine, perché ognuno ami se stesso e la propria persona, cioè, poiché ciò che noi siamo singolarmente e comunitariamente ci riguarda in modo particolare, amiamo con una legge fermissima che anche negli animali è stata estesa – infatti anche gli esseri inferiori amano sé stessi e i loro corpi – non rimaneva, e per quel precetto che è sopra di noi, e per quello che è presso di noi, che osservarlo, come sta scritto: «Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e con tutta la tua intelligenza» e, «Amerai il prossimo tuo come te stesso». “Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti” (Mt 22,37-40). L`amore, infatti, è lo scopo del precetto, cioè, ambedue di Dio e del prossimo. Poiché se tu ti ami nella tua interezza, cioè nell`anima e nel corpo, e parimenti, il tuo prossimo, nell`anima e nel corpo – la persona umana, infatti, è composta di anima e di corpo – in questi due comandamenti non è tralasciata nessuna delle cose che bisogna amare. Precedendo, infatti, l`amore di Dio ed apparendo prescritta la maniera di amarlo, tanto che le rimanenti cose sono comprese in esso, sembra che niente sia stato detto intorno all`amore di te stesso, ma, poiché si è detto: «Ama il tuo prossimo come te stesso» simultaneamente anche l`amore di te stesso non è stato disgiunto da te. Vive, infatti, una vita giusta e santa, colui che sa stimare rettamente le cose, questi inoltre, è colui che ha un amore ordinato, perché o non ama ciò che è da amarsi, oppure non ama ciò che deve amarsi, o ama esageratamente ciò che deve amare di meno, oppure ama in maniera eguale ciò che deve amare o di meno o di piú, poiché è da amarsi in maniera giusta. Ogni peccatore, in quanto è tale, non lo si deve amare, ed ogni uomo, in quanto è tale, deve essere amato per amor di Dio, ma Dio, per se stesso. E se si deve amar maggiormente Dio che ogni uomo, ognuno deve amare Dio piú di se stesso. Parimenti si deve amare di piú un altro uomo che la propria persona, poiché è a motivo di Dio che tutte queste cose si debbono amare, e un altro uomo può insieme con noi godere di Dio, ciò che non può il corpo, poiché il corpo vive per mezzo dell`anima, con la quale godiamo di Dio. Tutti gli uomini, inoltre, debbono amarsi in maniera giusta, ma poiché tu non puoi essere di utilità a tutti, devi provvedere in special modo a quelli che sono uniti a te piú strettamente quasi con una certa sorte, dalle condizioni o dei luoghi, o dei tempi o di qualsiasi altra circostanza. Come, infatti, se tu fossi nell`abbondanza in qualche cosa, ciò che bisognerebbe dare a colui che non ha, non si sarebbe potuto dare a due persone, se ti venissero incontro due, dei quali né il primo né il secondo supera l`altro o per indigenza o in qualche bisogno verso di te, [e cosí agendo] non faresti niente di piú giusto che scegliere per sorte a chi si dovrebbe dare, poiché non è possibile dare a tutti e due, così negli uomini, ai quali tutti tu non possa provvedere, si deve giudicare che ognuno può esserti congiunto temporaneamente dalla sorte. Inoltre, fra tutti, quelli che con noi possono godere di Dio, in parte amiamo quelli che aiutiamo, in parte quelli dai quali siamo aiutati, in parte quelli del cui aiuto abbiamo bisogno ed alla cui indigenza siamo venuti incontro, in parte quelli ai quali né abbiamo dato alcunché di utilità e né da quelli da cui attendiamo che venga elargito a noi. Dobbiamo, tuttavia, volere che tutti amino Dio insieme con noi, e deve tendere tutto a quest`unico scopo il fatto o che noi siamo loro di aiuto, oppure essi di giovamento a noi. (Agostino, De dectr. christ., 1, 26-29)
AMORE DI DIO
Mosè scrisse nella legge: “Dio fece l`uomo a immagine e somiglianza sua” (Gen 1,26). Considerate, di grazia, la dignità di queste parole. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibi!e ineffabile, inestimabile, fa l`uomo con del limo, e lo nobilita con la dignità della sua somiglianza. Qual è il rapporto tra il limo e Dio? Quale, quello tra il limo e lo spirito? Dio infatti, è spirito (Gv 4,24). Enorme degnazione di Dio, il quale donò all`uomo l`impronta della sua eternità e la somiglianza dei suoi costumi! Enorme dignità per l`uomo la sua somiglianza con Dio, se questa vien conservata, ma anche poi tremenda rovina, qualora venga profanata l`immagine di Dio!… Tutte le virtù che Dio seminò in noi nella nostra condizione primitiva, ci ha insegnato, poi, coi suoi precetti, a restituirgliele. Questa è la prima: “Amare il nostro Dio con tutto il cuore” (Mt 22,37; Mc 12,30), “perché lui per primo ci ha amati” (1Gv 4,10), dal principio, prima ancora che fossimo. L`amor di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama Dio chi ne osserva le leggi; disse infatti: “Se mi amate, osservate i miei precetti” (Gv 13,34). Il vero amore non è fatto di parole, ma di opere (cf.1Gv 3,23). Restituiamo perciò a Dio, nostro Padre, la sua immagine inviolata nella santità, perché lui è santo (“Siate santi, perché io sono santo”, Lv 11,44; 1Pt 1,16), inviolata nella carità, perché lui è amore (1Gv 4,8: Dio è amore), inviolata nella pietà e nella verità, perché lui è pio e verace. Evitiamo di farci un `immagine diversa da quella di Dio; infatti sarebbe a immagine di un tiranno, chi fosse superbo, iracondo, feroce… Perché, dunque non ci diamo delle immagini di tiranni, dipinga in noi Cristo la sua immagine, lui che dipinse un`immagine, quando disse: “Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace” (Gv 14,27). Ma che cosa vale sapere che la pace è un bene, se poi questa pace non è ben conservata? Di solito quanto piú una cosa è buona, tanto piú è fragile, e quanto piú è preziosa, tanto piú accortamente dev`essere custodita; è veramente troppo fragile ciò che si può sciupare con una sola parola o con un piccolo sgarbo… Purtroppo niente è piú gradito agli uomini che interessarsi delle cose altrui, parlar di cose inutili e dir male degli assenti; perciò coloro che non possono dire: “Il Signore mi ha dato una lingua raffinata, per sostener con la mia parola colui che è stanco” (Is 50,4) tacciano e, se vogliono dir qualcosa, sia detto solo al fine di fomentar la pace… “Chi non ama sta nella morte” (1Gv 3,14). Dunque, o non si deve far altro che amare, o non ci si può aspettar altro che la morte. “La pienezza della legge”, infatti, “sta nell`amore” (Rm 13,8). E che questo amore si degni ispirarci abbondantemente il Signor nostro e Salvatore Gesú Cristo, che ci è stato donato da Dio, autore della pace e dell`amore. (Colombano Abate, Praecepta, 11, 1-4)
AMORE DEI FRATELLI
Osserviamo quanto l`apostolo Giovanni ci raccomandi l`amore fraterno: “Colui che ama il suo fratello”, egli dice, “dimora nella luce, e nessuno scandalo è in lui” (1Gv 2,10). E` chiaro che egli ha posto la perfezione della giustizia nell`amore del fratello; perché colui nel quale non c`è scandalo è perfetto. E tuttavia sembra aver taciuto dell`amore di Dio, cosa che non avrebbe mai fatto se nello stesso amore fraterno non sottintendesse Dio. Poco dopo infatti, nella stessa Epistola, dice in modo chiarissimo: “Carissimi, amiamoci vicendevolmente perché l`amore viene da Dio; colui che ama è nato da Dio, e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1Gv 4,7-8). Questo contesto mostra in maniera sufficiente e chiara che questo amore fraterno – infatti l`amore fraterno è quello che ci fa amare vicendevolmente – non solo viene da Dio, ma che, secondo una cosí grande autorità, è Dio stesso. Di conseguenza, amando secondo l`amore il fratello, lo amiamo secondo Dio. Né può accadere che non amiamo principalmente questo amore, con cui amiamo il fratello.
DUE PRECETTI INSEPARABILI
Da ciò si conclude che quei due precetti non possono esistere l`uno senza l`altro. Poiché in verità “Dio è amore” (1Gv 4,8.16), ama certamente Dio, colui che ama l`amore ed è necessario che ami l`amore colui che ama il fratello. Perciò poco piú innanzi l`apostolo Giovanni afferma: “Non può amare Dio, che non vede, colui che non ama il prossimo che vede” (1Gv 4,20), perché la ragione per cui non vede Dio è che non ama il fratello. Infatti chi non ama il fratello, non è nell`amore e chi non è nell`amore non è in Dio, perché “Dio è amore” (1Gv 4,16). Inoltre chi non è in Dio non è nella luce, perché: “Dio è luce, e tenebra alcuna non è in lui” (1Gv 1,5). Qual meraviglia, dunque, se chi non è nella luce non vede la luce, cioè non vede Dio, perché “è nelle tenebre” (1Gv 1,9-11)? Vede il fratello con sguardo umano che non permette di vedere Dio. Ma se amasse colui che vede per sguardo umano, con carità spirituale, vedrebbe Dio, che è la carità stessa, con lo sguardo interiore con cui lo si può vedere. Perciò “chi non ama il fratello che vede, come potrà amare Dio che non vede”, precisamente perché “Dio è amore” (1Gv 4,8.16.20), amore che manca a colui che non ama il fratello? E non si ponga piú il problema di sapere quanto amore dobbiamo al fratello, quanto a Dio. A Dio, senza alcun confronto, piú che a noi. Al fratello poi tanto, quanto a noi stessi. Amiamo infine tanto piú noi stessi quanto piú amiamo Dio. (Agostino, De Trinit., 8, 8, 12)
L’AMORE FA ABITARE DIO IN NOI
“Nessuno vide Dio”. Ecco, dilettissimi: “Se ci amiamo vicendevolmente, Dio resterà in noi, e il suo amore in noi sarà perfetto”. Incomincia ad amare e giungerai alla perfezione. Hai cominciato ad amare? Dio ha iniziato ad abitare in te, ama colui che iniziò ad abitare in te affinché, abitando in te sempre piú perfettamente, ti renda perfetto. “In questo conosciamo che rimaniamo in lui e lui in noi: egli ci ha dato il suo Spirito” (1Gv 4,12-13). Bene, sia ringraziato il Signore. Ora sappiamo che egli abita in noi. E questo fatto, cioè che egli abita in noi, da dove lo conosciamo? Da ciò che Giovanni afferma, cioè che egli “ci ha dato il suo Spirito”. Ed ancora, da dove conosciamo che “egli ci ha dato il suo Spirito?” Sí, che egli ci ha dato il suo Spirito, come lo sappiamo? Interroga il tuo cuore: se esso è pieno di carità, hai lo Spirito di Dio. Da dove sappiamo che proprio a questo segno noi conosciamo che abita in noi lo Spirito di Dio? Interroga Paolo apostolo: “La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che è dato a noi”. (Agostino, In Io. ep. tract., 8, 12)
LA LEGGE DELL’AMORE
Gesú Cristo ci insegna ciò che è giusto, onesto, utile, e tutte le virtù, in pochissime parole, chiare, comprensibili a tutti, come quando dice: “In due comandi si riassumono la legge e i profeti” (Mt 22,40), cioè nell`amore verso Dio e nell`amore verso il prossimo; oppure, quando ci dà questa norma di vita: “Fate agli altri tutto ciò che voi volete ch`essi facciano a voi. Sta in questo la legge e i profeti” (Mt 7,12). Non c`è contadino, né schiavo, né donna semplice, né fanciullo, né persona di limitata intelligenza che non riesca a comprendere facilmente queste parole: nella loro chiarezza, infatti, è il segno della verità, e l`esperienza ha dimostrato questo. (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 1, 5)
SHEMA, CIOE’ ASCOLTA.
Si è soliti dire che la spiritualità biblica è per eccellenza legata all’ascolto, essendo la parola il mezzo di comunicazione della Rivelazione…. Scrive uno studioso della Bibbia: “ L’ascolto della Parola di Dio dice anche impegno morale a convertirsi, a realizzare la nostra vita secondo i comandamenti della Parola di Dio. Non è soltanto prestare attenzione per ottenere una conoscenza ma è soprattutto aprire il cuore all’obbedienza”. E’ significativo che in ebraico il verbo “obbedire” è espresso col termine “ascoltare”. E’ per questo che nel libro dell’Esodo si dice che allo schiavo veniva forato l’orecchio (21, 6), proprio per ricordare l’obbligo dell’ascolto -obbedienza al suo signore. Nel salmo 39 l’orante per affermare la totale consacrazione a Dio afferma che egli non offrirà sacrifici esteriori ma l’intera esistenza, perché il Signore gli ha “scavato” l’orecchio, cioè l’ha fatto suo per sempre.
“ Sacrifici e offerte non gradisce, gli orecchi mi hai aperto (letteralmente:” mi hai scavato”).
Il vero ascolto è quindi l’amore. (G. Ravasi)
L’AMORE E’ TUTTO
Tornando ancora una volta sul tema dell’amore, oggi le letture lo considerano da parte dell’uomo: come risposta alla provocazione irresistibile di quel Dio che è Amore, come dice Giovanni. La maggiore sottolineatura va al suo carattere totalitario: “Amerai con tutto il tuo cuore” … Perché tutto?. Perché l’amore di sua natura non sopporta limiti né misure. Non si può “amare un po’”. La misura è di amare “senza misura”: è così che si esprime l’estrema serietà dell’amore. Dio è Amore e in qualche modo anche l’uomo è il suo amore, perché solo nell’amore la sua vita si riscatta dalla nullità del naufragio. L’amore misura la felicità e il valore di un’esistenza. Per questo esige di afferrare la totalità dell’uomo in una dedizione senza limiti: tutta la capacità di comprendere (“cuore”), tutte le energie affettive (“anima”), tutto il dinamismo nell’agire (“forze”). Si ama con tutto quello che si è e con tutto quello che si fa. Quando è così l’amore da solo basta (“ Ama e poi fai quel che vuoi” dice Agostino) E senza di esso tutto il resto non vale nulla.(1 Cor 13) Ciò risulta ancora più evidente se si pensa che al primo oggetto: “Amerai il Signore Dio tuo”. Il Signore è tutto, e il rapporto con lui esige di afferrarci interamente. Non è così in un rapporto col fratello che prescinda dalla fede. Si può credere per un momento che un “tu” umano dia alla vita tutto il suo senso, ma è un’illusione. In realtà si moltiplicano i rapporti, perché nessuno basta ad esaurire le segrete energie del cuore umano. Ma Dio sì: perché il nostro cuore lo ha plasmato lui. L’amore è totalitario anche in un altro senso: riassume in sé tutta la morale e la spiritualità cristiana. Ogni virtù non è che un aspetto particolare della carità. Se in esse non è presente l’amore, le virtù tutte diventano sterili e inconcludenti. Dedizione, servizio, obbedienza, povertà…non sono valori autentici se non sono forme di amore. (Mariano Magrassi)
NON SEI LONTANO
Lo scriba è vicino, ma non è ancora nel Regno. Qui sta la differenza fra i discepoli di Gesù e lo scriba; ai discepoli infatti è stato detto: “ Beati voi….perché a voi appartiene il Regno” (Lc 6, 20). Dove sta la diversità?… Occorre riconoscere in Gesù di Nazaret quel “Figlio di Davide”, che è “Figlio di Dio”. Qui sta la diversità fra lo scriba e i discepoli. L’amore certo è essenziale, è il cuore della vita del credente, ma occorre anche che la fede sia saldamente fondata; quando essa si radica nell’uomo Gesù di Nazaret al punto da trasformarsi in sequela di lui, allora non si è solo “non lontani dal Regno”, ma dentro e sotto il Regno di Dio manifestato nel Cristo che sale sulla croce per la nostra salvezza. Allora davvero si diventa capaci di amare Dio e il prossimo in uno stesso e unico slancio di amore. (Daniel Attinger)
AMA DIO E IL PROSSIMO
Gesù riprende l’esortazione del Deuteronimo, ma in modo da unirla con il comandamento dell’amore del prossimo (Lv 19, 18). Gesù aggiunge che “non c’è un comandamento più importante di questo”. Si tratta di un unico comandamento, perché l’amore di Dio e del prossimo sono inseparabili. E qui sottinteso che tutto il resto, sacrifici compresi, è secondario rispetto al comandamento principale. (Antonio Bonora)
A FONDAMENTO, LA FEDE
Rispondendo allo scriba, che lo interroga sul “primo di tutti i comandamenti”, Gesù cita lo “Shemà Israele” del Deuteronomio, collegando l’amore di Dio con la professione di fede dell’unicità di Dio. Così egli unisce la legge al comandamento principe che è quello della fede nell’unicità di Javhè. La sintesi del discorso morale cristiano non può essere colta quasi privilegiando un comandamento da cui deriverebbero per deduzione tutti gli altri o che costituirebbe il principio sistematico del comportamento etico. Ciò è impossibile anche per l’Antico Testamento. La questione del “comandamento più grande” non può essere colta che entro la logica dell’alleanza e dunque della fede nell’unicità di Dio. Perciò Gesù cita l’essenziale della legge nella versione del Deuteronomio. Solo quando si confessa che “Dio è l’unico Signore” è possibile amarlo con quella intensità che il Deuteronomio richiede. L’unicità di Javhè non è un principio astratto, ma va colta entro l’esperienza storica dell’alleanza: di quel Dio che è l’unico liberatore di Israele, che attira a sé con vincoli di amore. Perciò anche il comandamento di amare Dio non sta all’inizio, ma in principio sta la presenza liberante e salvante della nostra vita e il “comandamento principe” è la fede in lui. Si riconosce qui la particolarità morale (del culto e del comportamento etico) ebraicocristiana: essa ha una struttura responsoriale. Essa è legge, ma non è divieto, limite alla libertà, perché è una risposta amorosa al dono di Dio. Essa è compito perché prima è dono; essa è impegno perché è appello alla libertà. Una morale dell’amore e della risposta, si potrebbe dire, è più esigente e non meno impegnativa di una morale della legge, intesa come trasgressione ad un divieto…. Una morale della risposta si rivolge sempre ad una proposta, ad un appello, ad una Parola che vuole sempre il bene dell’uomo. Essa non può staccare la norma e il precetto, che pure rimangono, dalla relazione personale con Colui che si è rivelato come alleato dell’uomo. Se lo si separa da colui che parla, il comandamento si formalizza, perde il suo carattere di appello personale e fa sentire il peccato come trasgressione ad un divieto. (Michele Lenoci)
INTERROGATIVI
Sentiamo continuamente ripetere che la legge fondamentale del cristianesimo è la legge dell’amore. Cerchiamo anche di capire quel ne sono le esigenze. “Amare Dio con tutto il cuore…. e il prossimo come sé stessi”, sono per me formule da stimare e proclamare o sono un formidabile appello all’eroismo, al dono, alla santità. “Ascolta Israele”, “Ascolta cristiano”. Sono invitato a calare la parola di Dio nella realtà di ogni giorno, ad obbedire ad essa con un’obbedienza d’amore. Rispondo sempre a questo invito?
PREGHIERA (pregare la parola)
•“ Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Dio è l’unico e non ve n’è altri, all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesi, vale più di tutti gli olocausti e sacrifici” (Mc 12, 13)
•O Dio, che sei l’unico Signore e non c’è altro Dio all’infuori di te; donaci la grazia dell’ascolto perché i cuori, i sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote. (Colletta 31 perannum B)
•Non due amori, ma un solo amore. Non due modi di misurare l’amore, ma uno solo: amare gli altri come amiamo noi stessi. Non due modelli da imitare, ma uno solo: come ami tu, Cristo. Molti gesti, Signore esprimono l’amore, ma uno solo li riassume: l’Eucaristia. Aiutaci, Signore a compiere l’Eucaristia amandoci tra di noi, aiutarci a proclamare il tuo amore, imitandoti, aiutarci ad essere coerenti quando diciamo di amarti, amando i nostri fratelli.
•Ti ringrazio, Signore perché hai presentato i due comandamenti dell’amore come uno solo, quasi per indicare che essi non sono un binario da cui non ci si può staccare, e che bisogna seguire e vivere insieme e che bisogna considerare come strumenti di controllo inseparabili. Infatti è un’illusione amare Dio “che non vedo” e “non amare il prossimo che vedo” e che è tua immagine.
•Ti ringrazio, Signore, che hai elevato il comando della carità a primo comandamento, così mi è facile sapere se io sono cristiano o se non lo sono, se sono con te o contro di te, se appartengo a te o appartengo a me stesso.
•Ti prego, Maestro da’ un’impronta profonda alle mie convinzioni. E’ te che io intendo seguire e non altro: debbo quindi ad ogni costo impostare la mia vita come la esigi tu. Apri la mia mente a comprendere, sprona la mia volontà a fare. (Preghiere di Andrea Gasperino)
•Sulla strada dei tuoi comandamenti, Gesù, corriamo con la certezza che, se accoglieremo la tua parola. “ tu e il Padre verrete a noi”. Non temeremo più i giorni della sventura, né i nostri nemici; tu, Signore, nostro sostegno, sei fedele per sempre, oltre ogni sacrificio, oltre ogni olocausto. (Suore Clarisse)
•Sappiamo che il comandamento principale è: “ amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi”. Aiutaci, Signore perché cerchiamo sempre di capire quali sono per noi le esigenze di questo comandamento e che si tratta di un formidabile appello all’eroismo, al dono di noi stessi, alla santità,
•Signore, il tuo Figlio Gesù non si è mai stancato di proclamare la legge dell’amore. E’ una legge esigente. E tu conosci la nostra debolezza, la nostra viltà, il nostro egoismo. Donaci la forza dello Spirito Santo, che solo può permetterci di rispondere ai richiamo del tuo amore e di essere così testimoni della tua tenerezza verso tutti gli uomini, (Charles Berthes)
•Vergine Immacolata, tenerissima Madre… tu davvero ci ami come ci ama Gesù e per noi accetti di distaccarti da lui. Amare è dare tutto e offrire se stessi e tu l’hai dimostrato rimanendo nostro sostegno. Il Salvatore sapeva i segreti del tuo amore materno, l’immensa tua tenerezza. Rifugio dei peccatori, a te ci affida Gesù quando lascia la croce per attenderci in cielo… Tu che hai sorriso nel mattino della vita, vieni a soccorrermi ancora, perché si fa sera. (S. Teresa di Gesù Bambino)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Amiamo Dio, amiamo il prossimo come noi stessi.