Marco 13, 24-32: 24 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, 25 le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. 26 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. 28 Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29 Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. 30 In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, ne gli angeli nel cielo ne il Figlio, eccetto il Padre».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 13, 24-32
In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell`uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall`estremità della terra fino all`estremità del cielo. Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l`estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto poi a quel giorno o a quell`ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
I 37 versetti del capitolo 13 denominati discorso escatologico (da “escatos = estremo, ultimo e “logos” = discorso) sono il più lungo discorso di Gesù, che troviamo nel Vangelo di Marco, un discorso testamento, fatto ai discepoli in privato (3), ma rivolto a tutti (37), con le ultime raccomandazioni. Gesù dice che verranno tempi difficili, di persecuzione, di falsi profeti, di turbamenti, che occorre vigilare; e che alla fine egli tornerà glorioso nella parusia. Tutto ruota intorno a questo concetto: i discepoli devono vigilare, stare attenti, stare in guardia, osservare, badare. Il discorso è noto dall’antichità per l’oscurità, e anche oggi nonostante numerosi studi, resta oscuro: per la sua origine: è di Gesù o è composizione posteriore; per il tema: Gesù parla della fine del mondo o anche di Gerusalemme, dato che alcuni tratti descrittivi sembrano riguardare la guerra giudaica del 70 (vv 1-2.14 e ss), mentre altri riguardano la fine dei tempi; per il tempo della fine del mondo, dal momento che alcune frasi affermano vicina la venuta del Signore (29.30.36), altre la predicono lontana (7.10); per lo stile si tratta di una piccola apocalisse o ha solo tratti apocalittici?
I versetti 24-32 trattano della parusia e della fine dei tempi. Parusia. (“parousia = presenza, venuta) era un termine tecnico usato per la venuta del sovrano in una località o del Signore che viene in aiuto. Della venuta di Javhe (teofania) si parla spesso nel VT, ma alla radice della parusia del NT sta la venuta del Figlio dell’uomo di Daniele 7, 13. Nel Nuovo Testamento la parusia avviene nella gloria del Padre e con la presenza degli angeli, come un lampo, perché improvvisa e splendente. Gesù perciò invita alla vigilanza. Il contorno richiama quello di Daniele 7, dove la venuta del Figlio dell’uomo è l’ultimo atto della storia, l’instaurazione del Regno, l’assoggettamento di ogni potenza nemica. Negli ambienti paolini la parusia o “giorno del Signore” è un concetto più sviluppato, ma sostanzialmente identico; tra l’altro Paolo in 1 Cor 11, 26 dice che l’Eucaristia è la proclamazione della morte e della parusia. La parusia è anche chiamata (es 1 Cor, 1-7; ! Pt 1, 7 ss) rivelazione (“apocaliypsis”) o epifania (“epiphaneia”) (1 Gv 2, 28). Quanto al tempo nel NT e nella Chiesa primitiva troviamo espressioni e atteggiamenti di difficile composizione. Gesù dice che il tempo lo conosce solo il Padre e non lo rivela ma dice anche che avverrà prima che siano esaurite le città d’Israele (Mt 10, 23) o che sia passata questa generazione (lo leggiamo oggi in Mc 13, 30). Perciò invita alla vigilanza. Anche Paolo dichiara di non conoscere il tempo, ma una serie di testi del NT suggeriscono che essa sia un fatto imminente tanto che sembra che la parusia sarebbe presto avvenuta e sembra che questa fosse l’impressione di quella Chiesa primitiva. Di tutto ciò si danno varie interpretazione: alcuni pensano che i testi dei Sinottici si riferiscano alla caduta di Gerusalemme, altri che Gesù non abbia dato precisazioni di tempo ma che la Chiesa primitiva avesse la speranza che la parusia fosse imminente e in quel mondo geograficamente e storicamente limitato la cosa doveva sembrare possibile. La parusia e tutte le verità di questo discorso sono presentate con una cornice apocalittica, e in particolare per quanto riguarda la cornice della parusia prendendo lo spunto non da Gesù ma da Daniele 7. Perciò i particolare non vanno presi alla lettera, ma visti in funzione del messaggio che portano. E il messaggio presenta la fede cristiana che la storia va verso un termine e verso un giudizio definitivo, che Dio sarà proclamato e il male definitivamente sconfitto. Di per sé queste verità non hanno bisogno di contorno, esse però ci sono state tramandate con uno stile letterario allora assai conosciuto e detto apocalittico.
Lo stile apocalittico ha avuto inizio a metà del V secolo avanti Cristo, dopo la caduta del Regno di Giuda. Ha avuto un grande sviluppo nel periodo della persecuzione di Antioco IV Epifane nel secondo secolo avanti Cristo; la decadenza dello stile avviene nel 300, ma gli ultimi testi sono del nono secolo d. C.. Nella Bibbia troviamo brani specialmente in Ezechiele (38-39), in Isaia (24-27), in Zaccaria (9-14), in Daniele, nell’Apocalisse. Lo stile è molto diffuso fuori della Bibbia. Nell’apocalittica predominano simboli, sogni, visioni, sconvolgimenti cosmici, esseri fuori della normalità, colori, numeri, che rimandano a significati allora ben conosciuti.
Quanto alla composizione del discorso escatologico si possono fare varie supposizioni. Una è la seguente: Gesù, al termine della sua attività, nella prospettive della fine imminente, ha rivolto ai discepoli in una specie di discorso di addio, alcune istruzioni e raccomandazioni. Marco, prendendo le parole di Gesù, ha elaborato l’attuale discorso ispirandosi a modelli dell’apocalittica giudaica e scrivendolo quindi in stile apocalittico.
DOPO QUELLA TRIBOLAZIONE (24)
Siamo al punto culminante di tutto il discorso e il brano si presenta staccato dalla parte precedente. Fin qui Marco aveva parlato della distruzione di Gerusalemme, ora parla della conclusione della storia. Il passaggio senza soluzione di continuità dalla guerra giudaica al giudizio finale fa parte del genere apocalittico, che parla di fatti lontani nel tempo come fossero vicini, completamente indifferente alla distanza temporale. La sovrapposizione dei due avvenimenti è motivato dal fatto che la caduta di Gerusalemme manifesta e anticipa il giudizio di Dio, che accompagna tutta la storia e che si rivelerà in pienezza alla fine.
IL SOLE SI OSCURERA’ (24)
Secondo lo stile apocalittico gli astri perdono la luce, l’albero del mondo crolla, perché ormai marcio, le stelle cadono come frutti maturi, tutto l’ordine del mondo è distrutto. Come risulta dal contesto e da altri scritti apocalittici queste immagini enunciano primieramente una verità teologica: Dio metterà fine a questo mondo (non è detto come), chiamerà gli uomini a giudizio e ci sarà un nuovo mondo. Tenebre e caos vanno considerati come due elementi che danno avvio al giudizio universale. Ci sono degli esegeti che però non leggono in questi versetti un’indicazione della fine del mondo, ma ci vedono l’avvento del Regno messianico, concepito come il sorgere di un nuovo mondo.
IL FIGLIO DELL’UOMO (26)
“Figlio dell’uomo” rimanda a Daniele 7, 3, le nubi costituiscono il corteo di Dio, la “grande potenza e gloria” rafforza l’idea della divinità del Figlio. La parusia è l’elemento decisivo dell’escatologia: Cristo ritorna come giudice, salvatore e perfezionatore supremo del mondo.
ANGELI A RIUNIRE (27)
Al contrario di altri testi (Ap 20, 10; “ Ts 2, 8) non sono qui ricordati il giudizio e l’annientamento di satana e dell’anticristo, ma solo il raduno degli eletti. La fine del mondo non è motivo di ansia ma di fiducia e sicurezza e la realizzazione della piena comunione di tutti con il Signore.
DAL FICO IMPARATE (28)
La parabola del fico è una similitudine molto comprensibile in Israele, dove il fico mette le foglie soltanto quando la temperatura e sufficientemente elevata e prelude con sicurezza all’estate.
COSI’ ANCHE VOI (28)
La parabola non intende proporsi come strumento per capire i segni premonitori, ma è un invito alla riflessione, a stare attenti, a comportarsi bene, come leggiamo nel v. 31. “State attenti, vegliate”.
QUESTE COSE… E’ VICINO (28)
Le “cose” sono gli avvenimenti della guerra giudaica, la profanazione e la distruzione del tempio. Esse sono segno della fine del mondo e del ritorno di Cristo (“ è vicino “).
NON PASSERA’ QUESTA GENERAZIONE (30)
Se “generazione” (gheneà) è inteso in senso temporale allora indica la generazione di quel tempo, e siamo in una visione di vicinanza della parusia, come nella parabola del fico. La distruzione del tempio rientra già nel giudizio escatologico divino. Fino al XVI secolo però il termine “generazione “ fu inteso come “razza”, insieme di tutti gli uomini, come sinonimo di “genere umano”.
IL CIELO E LA TERRA (31)
L’affermazione ha valore assoluto per tutte le parole di Gesù, il quale deve aver pronunziato questa frase più di una volta (Mt 5, 18; Lc 16, 17). Qui dovrebbe confermare la certezza della frase precedente, ovvero di tutte le cose affermate in questo discorso.
GIORNO E L’ORA (32)
Viene detto che è impossibile conoscere in anticipo il giorno e l’ora, che resta un mistero ed è a conoscenza solo del Padre. Qualunque spiegazione si dia al versetto 30, è chiaro che nessuno può sapere se la parusia sarà imminente o lontana.
NEPPURE IL FIGLIO (32)
Questo inciso deve aver creato non poche difficoltà ai primi cristiani, se alcuni copisti lo tralasciarono nel testo parallelo di Matteo (24.36), e in seguito ai tempi dell’arianesimo, ma è autentico. Intanto asserisce che Gesù è Figlio ed è superiore agli angeli. Quanto al “non sapere” di Gesù, Agostino pensa che significhi che non era compito di Gesù rivelarlo, per alcuni protestanti si tratterebbe di una conseguenza della kenosis. Ma la spiegazione più logica è quella di Alonzo Diaz: che attribuisce al termine “conoscere” un valore semitico e quindi qui non si tratterebbe di una conoscenza speculativa, ma di un sapere che equivale a prendere l’iniziativa e disporre di quel giorno, e questo è prerogativa del Padre.
MEDITAZIONE (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
IL SIGNORE VIENE PER REGNARE
Viene il Salvatore non per essere nuovamente giudicato, ma per chiamare in giudizio quelli che lo condannarono. Egli, che tacque la prima volta quando fu giudicato, lo ricorderà agli scellerati che osarono crocifiggerlo, dicendo: “Questo facesti, e tacqui” (Sal 49,21). Per la divina economia, venne allora ad ammaestrare gli uomini con la persuasione; ora invece per regnare su di loro a forza, anche se non lo vogliono. (Cirillo di Gerusalemme, Catech., 15, 1-3)
IL MONDO SARA’ RINNOVATO
Viene dunque il Signore nostro Gesú Cristo dai cieli; viene nella gloria alla fine di questo mondo, nell`ultimo giorno; ci sarà infatti la fine di questo mondo e il mondo creato sarà rinnovato. Infatti la corruzione, il furto, l`adulterio e ogni specie di delitto si è effuso sulla terra e nel mondo si è mescolato sangue al sangue, affinché perciò questa mirabile dimora non resti oppressa dall`iniquità, se ne va questo mondo perché ne sia inaugurato uno migliore. Vuoi una dimostrazione di ciò dai detti scritturistici? Odi Isaia che dice: “Il cielo si avvolgerà come una pergamena e tutte le stelle cadranno come le foglie dalla vite, come cadono le foglie dal fico” (Is 34,4). E il Vangelo dice: “Il sole si oscurerà la luna non darà piú il suo splendore e gli astri cadranno dal cielo” (Mt 24,29). Non affliggiamoci come se noi soli dovessimo finire: anche le stelle finiscono, ma forse di nuovo risorgeranno. Il Signore arrotola i cieli, non per distruggerli, ma per farli risorgere piú belli. Ascolta il profeta David che dice: “In principio tu, Signore, hai fondato la terra, e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu rimani” (Sal 101,26). (Cirillo di Gerusalemme, Catech., 15, 1-3)
NON CONOSCENZA COME UOMO
Affermano alcuni che nessuno, neanche il Figlio, ma il solo Padre, conosca l`ultimo giorno. Ma com`è possibile che la Sapienza ignori anche una sola delle cose che sono, che l`ignori il creatore e rinnovatore dei secoli, colui che è il fine di tutte le cose create, che conosce le cose di Dio, come lo spirito dell`uomo conosce ciò che ha in se stesso? Che c`è al mondo di piú pieno e perfetto di questa conoscenza? E com`è possibile che quello stesso che conosce tutto ciò che precede un evento e ne conosce esattamente lo svolgimento, non ne conosca poi ora? E` come se uno dicesse di sapere tutto ciò che è innanzi a un muro e di non saper nulla del muro, o come se uno conoscesse la fine di un giorno, ma ne ignorasse il principio della notte seguente. E` fuor di dubbio che Cristo, come Dio, conosce l`ora della fine del mondo, ma, poiché qui si parla di Figlio senza alcun riferimento, possiamo ritenere che questa ignoranza la si possa attribuire alla umanità del Cristo, senza coinvolgere la sua divinità. (Gregorio di Nazianzo, Oratio, 30, 15, 1-3)
Certo, quando nel Vangelo dice di sé, come di uomo: “Padre viene l`ora, glorifica tuo figlio” (Gv 17,1), mostra chiaramente che egli conosce, come Verbo, l`ora in cui verrà la fine di tutte le cose, ma che l`ignora come uomo. Perché è proprio dell`uomo ignorare, particolarmente cose di questa specie. Ma questo è un tratto di singolare benevolenza del Salvatore. Fattosi uomo, infatti, non si vergogna di accusare la sua ignoranza di uomo. Non disse: “Neanche il Figlio di Dio lo sa” (Mc 13,32), perché non sembrasse che la divinità lo ignorasse; ma solo: “neanche il Figlio”, perché si capisse che parlava dell`ignoranza del Figlio nato dagli uomini. (Atanasio, Contra Arian., 3, 43)
CONOSCE SOLO IL PADRE
E` irragionevole, pertanto, che voi, tronfi di alterigia, affermiate con audacia che si possano conoscere i misteri mirabili di Dio, dal momento che lo stesso Signore, il Figlio di Dio in persona, ammise che solo al Padre era dato conoscere il giorno e l`ora del giudizio, dicendo espressamente: “Quanto poi a quel giorno o a quell`ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mc 13,32). Se dunque la conoscenza del giorno lo stesso Figlio non ebbe remore a riferirla al Padre, ma disse semplicemente quel che è vero, neppure noi dobbiamo averne nel riservare a Dio quelle cose che superano le nostre possibilità di giudizio. “Nessuno”, infatti, “è superiore al proprio maestro” (Mt 10,24; Lc 6,40). (Ireneo di Lione, Adv. haer., II, 28, 6)
ATTESA DEL RITORNO
«Vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi». L’attesa messianica di un «ritorno» caratterizza sia la speranza d’Israele che quella cristiana. In realtà però un insieme di «ritorni» riempiono quest’attesa. Noi aspettiamo il ritorno del Figlio dell’uomo, Israele aspetta il ritorno di tutti i suoi figli (fra i quali siamo anche noi) verso la terra promessa e Gerusalemme; ma soprattutto è Dio che aspetta il nostro «ritorno»: ritorno al suo servizio, ritorno a Dio attraverso la conversione. Il vero e grande segno della venuta del Messia non si deve cercare in eventi catastrofici o spettacolari, ma nell’umile ritorno a Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima; è questo che ci permette pure di ritornare gli uni verso gli altri attraverso la riconciliazione e l’amore reciproco; allora Dio viene fino a noi e ci rende capaci di confessare con fiducia: «Di nuovo verrà per giudicare, con misericordia, i vivi e i morti». (Giovanni Nervo)
GIORNO DELLA VENUTA
Al centro della liturgia odierna sta il giorno del Signore, quello annunciato e atteso dall’antico testamento e da Israele, quello che costituisce però anche l’attesa della Chiesa: il giorno della risurrezione per il giudizio ultimo, il giorno della venuta del Figlio dell’uomo, il giorno della» fine di questo mondo che passa. (Giovanni Nervo)
GESU PRESENTE, RITORNERA VISIBILENTE
Le parole di Gesù, riferite da Marco, ci aiutano a rinnovare la nostra fede in alcuni punti fondamentali. Il Signore Gesù ritornerà visibilmente. Egli è venuto: «II Verbo si è fatto carnee ha abitato in mezzo a noi». Egli è misteriosamente, ma realmente, presente nell’Eucaristia, nella sua parola, nei sacramenti, nella comunità riunita nel suo nome, nei poveri Ritornerà alla fine del tempo: «Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza». Egli ritornerà per ciascuno di noi, al termine della nostra vita, ma in modo invisibile; allora, alla fine del tempo, ritornerà visibilmente. In quel giorno «riunirà i suoi eletti dai quattro venti»: è la nostra risurrezione a immagine della sua risurrezione gloriosa. (Antonio Bonora)
RISORGEREMO
Questa è una realtà di solito poco presente nella nostra mente, nei nostri discorsi, nei nostri progetti. Pensiamo piuttosto con tristezza allo sfacelo del nostro corpo con la morte o meglio cerchiamo di rimuovere questo pensiero perché ci fa paura. Rivestiamo le tombe dei nostri cari di marmo e le ricopriamo di fiori quasi per stendere un impossibile velo sulla realtà della morte. La parola di Gesù rompe quel velo: risorgeremo! È la grande speranza cristiana. Il corpo è gettato nella tomba, come il grano nei campi: rifiorirà a primavera. Per questo chiamiamo il cimitero “camposanto”. E cimitero significa “dormitorio”: il luogo dove si dorme la notte del tempo per risvegliarci all’alba della risurrezione. (Antonio Bonora)
GIUDIZIO UNIVERSALE
Il Signore Gesù ritornerà per giudicare tutti gli uomini: il giudizio universale, mirabilmente e simbolicamente rappresentato da Michelangelo nella Cappella Sistina. Il giudizio personale avverrà al termine della vita, quando il Signore verrà per ciascuno di noi: ma il giudizio di fronte a tutti avverrà per tutti in quel giorno. Il Signore ci ha detto anche su che cosa saremo giudicati: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere». Saremo giudicati sulla carità. Tutti: cristiani, musulmani, ebrei, credenti e non credenti, cittadini e governanti. (A. Bonora)
FINE DEL MONDO
La fine del mondo esula dalla storia. È detto che avverrà, ma nessuno può dire quando: è il segreto del Padre e nessuno, neanche il Figlio, ne può svelare il mistero. Quanto alle modalità, esse vengono presentate in un linguaggio apocalittico, usato da Gesù come involucro dentro il quale fa passare alcuni contenuti: il Padre ha messo nelle mani del Figlio le sorti del mondo e i destini della storia; perciò tutto non finisce in questa vita; soprattutto la morte dolorosa di Gesù e le persecuzioni che i discepoli dovranno sopportare, non saranno la fine. La conclusione sarà la risurrezione di Gesù e la sua glorificazione: egli verrà a prenderci e a portarci con sé; ci è richiesto di vivere nella fiduciosa attesa. (G.Pasini)
IN ATTESA DELLA SUA VENUTA
Giunti ormai al termine dell’anno liturgico, la Chiesa ci fa rivolgere lo sguardo di fede verso la venuta finale del Signore Gesù. Con un affresco apocalittico, tracciato con i colori e le ombre smaglianti e terrificanti del genere letterario giudaico comune ai tempi di Gesù, l’evangelista Marco ci presenta la venuta finale del Figlio dell’uomo sulle nubi, con grande potenza e gloria. L’universo intero è sconvolto, sempre secondo la visione apocalittica, dalla venuta del Salvatore: egli riunirà i suoi eletti dai quattro venti portando a compimento il piano di salvezza di Dio. Nessuno sa quando scoccherà quest’ora ultima e decisiva per la storia del mondo e dell’umanità. Ma il cristiano conosce già il Signore risorto e glorioso che alla fine verrà. L’attesa cristiana non è soltanto aspettativa di un futuro ignoto e indefinito, ma tensione piena di fiducia e di speranza in una persona viva già ora presente nella Chiesa. L’atteggiamento della Chiesa può quindi esser riassunto nell’acclamazione liturgica: “ Proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. (Antonio Bonora)
PROVVISORIETA’
Dobbiamo prendere coscienza che viviamo nella provvisorietà, ma con un mandato da parte di Dio di precisa responsabilità. Egli ci affida il mondo la natura, i beni: ogni offesa alla natura, prima che un errore ecologico, è uno sgarbo fatto a Dio e al dono del creato. Soprattutto ci affida le persone e ci chiede di rapportarci reciprocamente con amore, di costruirci come famiglia. Su questo e sull’attenzione da riservare specialmente ai più poveri, egli si riserva di giudicarci. Il vivere nella provvisorietà, non significa disprezzare la vita terrena, ma considerarla un periodo di prova, e quindi di passaggio da non assolutizzare; significa considerare la morte non come una tragedia, la fine di tutto, ma come passaggio verso la vita definitiva. (Giuseppe Pasini)
INCONTRO AL SIGNORE
Noi non attendiamo un tempo o un luogo, ma andiamo incontro ad una persona, a un evento personale, dove la nostra libertà, quella personale e quella degli uomini tutti, saranno compiute nel Signore Gesù…. La speranza del cristiano ha un volto preciso: è il volto del Signore risorto, che viene “con grande potenza e gloria”, cioè che manifesta il suo povero e indifeso amore crocifisso trasfigurato nella risurrezione come il senso ultimo, definitivo della vita e della storia. E così lo costituisce come salvezza e giudizio: salvezza e liberazione per coloro che credono, per i santi, i giusti, i martiri, la comunità cristiana; giudizio per coloro che hanno preteso di disegnare lo spazio della manifestazione divina con l’orizzonte delle loro pretese, i persecutori, gli increduli, gli ingiusti. (F. Giulio
Brambilla)
INTERROGATIVI
Noi proclamiamo che Cristo è risuscitato e che anche noi risusciteremo con lui. Questa fede nella vita dell’aldilà ispira la nostra condotta nella vita presente? Viviamo noi veramente nell’attesa del ritorno glorioso di Cristo? Non ci siamo forse insidiati nel benessere di questa terra, come non dovessimo lasciarla più? Le prove di quaggiù ci fanno comprendere la fragilità delle cose terrene? Ci orientiamo verso la ricerca dei valori eterni?
PREGHIERA (pregare la parola)
•Spesso ci pervade un senso di timore di fronte a qualcosa che ci si pone come interrogativo. Per difenderei dall’incognito ci rifugiamo nel passato che ci appare come sicurezza. Contempliamo le grandi pietre del tempio (cf. Mc 13,1-4) che sono la testimonianza certa del nostro impegno: «Maestro, guarda che pietre e che costruzione». Maestro, guarda la nostra fede e la nostra preghiera: hanno costruito un grande tempio; guarda, Gesù, di cosa siamo capaci!
•«Vedi queste grandi costruzioni? – dice Gesù – non rimarrà qui pietra su pietra che non sia distrutta ». Il dubbio ci assale, «come un oscuro terrore», mentre il buio sopraggiunge. L’angoscia «come mai c’era stata prima» ci attanaglia; la certezza a cui eravamo ancorati è distrutta. Ci sentiamo sospesi in una danza di luci e di ombre e tutto appare sfumato. Tutto è frantumato. Davvero, Signore, «nelle tue mani è la nostra vita». Concedici di non rinchiuderci nella superficialità di quella che vediamo o sentiamo. Concedici che l’angoscia non scenda sul nostro cuore come morsa di ghiaccio.
•Dobbiamo lasciare che la tua parola, come fiaccola ardente, passi nella nostra vita e bruci ogni incredulità. Ci siamo riempiti di pietre grandi per giustificare i nostri passi dubbiosi su una “Via” che si fa amico, che ci cammina accanto, unica sicurezza in cui porre tutta la nostra fiducia. Gesù, non lasciare che il freddo calcolo della nostra mente soffochi il tiepido calore di quella lucerna che tu ci hai acceso in cuore e che mai spegnerai, neppure quando il vento gelato dell’orgoglio soffierà su di essa.
•«Dal fico imparate la parabola: quando il suo ramo si fa tenero e mette le foglie voi sapete che l’estate è vicina». Gesù, la nostra vita è quel fico, che giace ai margini della strada, dove tu passi e ripassi. Al tuo passaggio tu bussi al nostro cuore e noi vediamo l’impercettibile muoversi di qualcosa dentro che si è come sbloccato. I rami duri e congelati dall’inverno si distendono, «diventano teneri» e mettono germogli. Sappiamo che, quando viene il primo tepore primaverile pare che tutto rinasca. Così è per la nostra vita, a volte, attanagliata nell’angoscia e nella solitudine nebbiosa e fredda di un ritmo monotono e abitudinario.
•Tutti i giorni camminiamo per le nostre strada, rassegnati che essi ci portino lentamente verso la fine; ma tu, Gesù, nostro «principio e fine», vieni «come sole che sorge dall’alto» e che riscalda silenziosamente i rami scheletriti del nostro vivere, solo apparentemente vicino alla morte.
•Quel tuo tepore, caldo e discreto, fa vibrare le nostre fibre più intime e genera in noi un nuovo movimento di vita. È quel tuo sereno abbraccio che scongela le nostre resistenze più forti e ci spiega alla luce sempre crescente del tuo amore che si offre e perdona «una volta per sempre». Quella lucerna, fioca ma sempre viva, ardente sulla mensa del tuo dono, ci fa sentire la gioia dell’incontro intimo e profondo con te. Se noi, seduti al banchetto della tua parola e del tuo sacrificio, mangiamo «l’unica oblazione», allora ricominceremo a ridondare di foglie e «l’estate sarà vicina».
•«Non sappiamo in quale giorno verrà il Signore», ma egli verrà, passerà a cercare i frutti dolci per la sua fame d’amore (cf. Me ll,12ss). Non permettere, Gesù, che nell’attesa i nostri cuori si appesantiscano e il sonno della morte si abbatta su di noi. Non lasciare, che,«non conoscendo l’ora e il giorno», siamo tanto superficiali da permettere che le tue parole scivolino via.
•Se la tribolazione e la sofferenza «ci oscureranno il sole e lo splendore della luna», se ci dovesse sembrare che tutto intorno sia sconvolto, concedici, Signore glorioso e potente, di rimanere fermi nella fede e di continuare a credere che tu verrai a cogliere i nostri frutti. «Proteggici o Dio, in te troviamo rifugio, tu sei la nostra eredità»; berremo il calice che tu hai bevuto, il calice amaro della nostra umanità.
•Verrai, Signore, sacerdote «assiso alla destra di Dio», fatto per noi oblazione e sacrifìcio per essere nostro perdono e «sarà gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra». Insegnaci a saper leggere i tuoi segni nella nostra vita e donaci di essere fecondati dalla tua parola che non passa mai, per «servirti fedelmente e accogliere il frutto di una eternità beata» (orazione sulle offerte) dove con te, in te e per te, «splenderemo come le stelle per sempre». (Preghiere di Suore clarisse)
•O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno. (Colletta 33 perannum B)
•Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non posso vacillare. Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, ne lascerai che il tuo santo veda la corruzione. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra. (Dal Sal.15)
•Intanto voi vegliate con fede paziente, sempre in attesa perché viene sempre: siate voi stessi il segno che viene, avendo voi il cuore già oltre le cose: e tutti vedano che il vostro viaggio è verso l’estate, verso il sole. (David Maria Turoldo)
•Te, o Maria, lo Spirito Santo ha indicato come l’onore supremo; sei piaciuta alla fonte di ogni cosa, al Creatore di tutto, allo Spirito Artefice divino. Hai attirato a te lo Sposo, il quale ti custodirà intatta la tua verginità. Tu risplendi, o Vergine, nella bellezza, e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto abitazione di Dio; per questo esso sarà successivamente e sente dalla corruzione, destinato all’eccelsa vita, partecipe della gloria eterna. (San Germano, VIII sec.)
•Gesù, noi sappiamo che tu sei la «vita eterna», «resa visibile» a noi: non c’è domani che possa spaventarci se tu «ci indichi il sentiero della vita». Gesù, noi sappiamo che se in te viviamo i nostri nomi sono «scritti sul libro della vita» e ci «risveglieremo dalla polvere» in cui la morte ci avrà prostrati. Gesù, noi crediamo che tu «non ci abbandonerai nel sepolcro» della nostra quotidianità che ci inghiotte come un inverno senza sole.
•Ave, regina, fanciulla amorosa, stella marina che non stai nascosta, luce divina, virtù graziosa, bellezza formosa; di Dio sei sembianza! Tempio sacro, ornato vascello annunziato da san Gabriele, Cristo si è incarnato nel tuo bel seno, frutto novello con grande gioia. Fresca riviera ornata di fiori, tu sei la speranza di tutti i colori: altissima luce col grande splendore, sei, dolce amore, in te abbiamo consolazione. (Laudario di Cortona, sec. XIII)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Viviamo sempre in una vigilante attesa.