Un giorno Don Bosco incrociò un ragazzo sedicenne.
- Ho ricevuto una tua lettera e ti sottoscrivi: Infelice. Oh, e perché?
E quel ragazzo, con voce sconsolata, gli rispose:
- Che vuole? Non sono contento di me stesso. Vorrei essere buono ma trovo troppe difficoltà.
- Vuoi proprio guarire? – incalzò Don Bosco. – Fa’ così: tu da molte sere non vieni più a salutarmi, te ne stai solo e il demonio ti tiene, lui, compagnia. Se tu mi ascolti farai così: cominciando da questa sera mi verrai a salutare e io non mancherò di dirti ciò che fa bene per la tua anima.
- Lo farò, Don Bosco.
- Ti assicuro che non sarai più infelice.
Alla sera, il ragazzo attese che si spegnessero tutte le luci e rimanesse accesa solo quella di Don Bosco. Bussò alla stanzetta di Don Bosco, udì la voce morbida che lo invitava a entrare, gli augurò la buona notte e poi, all’improvviso, scoppiò in un singulto:
- Vorrei confessarmi. Ma quando?
- Domani mattina.
- Ma non sarebbe meglio stasera? Non la disturbo?
- Anzi.
In ginocchio quel ragazzo sentì scorrere sulla sua anima il sangue di Gesù e gli entrò nel cuore l’alta marea della gioia.
- Vedi, mio caro – gli confidò Don Bosco – Poco tempo fa avevo fatto un sogno. Ti vedevo con gli occhi bendati andare diritto verso uno spaventoso burrone.
Io tentavo di fermarti, ma tu mi davi calci per tenermi lontano. Ora invece…
Il ragazzo confidò in seguito a un amico: « Quella sera, in cameretta, Don Bosco mi diede letteralmente un grosso dono e un grande ideale: la gioia che è Cristo ».
I giovani non sono mai stati così istruiti, agevolati e ricchi di talento come oggi. Perché allora sono tanto insicuri, infelici e scontenti?
A un famoso cantante fu chiesto durante una intervista televisiva quale fosse la sua ricetta per la felicità. «Io non sono felice – rispose.
- Sono profondamente solo ». Poi si alzò e cantò: « Vivo in questo vecchio mondo di peccato, che gioia non dà, lottando da solo contro le tentazioni. A chi posso volgermi se non al Signore? ». Quel giovane esprimeva l’ansiosa ricerca della gioventù moderna. « Io vorrei – scrisse uno dei più celebri uomini d’oggi – che i Dieci Comandamenti e il Discorso della Montagna del Vangelo di San Matteo venissero letti ogni mattina nelle scuole di tutto il mondo ». I giovani vogliono un ideale.
I giovani d’oggi sono assetati di gioia. E intuiscono che la gioia nasce dalla dedizione a una grande causa da servire. La parola che con maggior frequenza ricorre tra gli studenti oggigiorno è « impegno ». Senza che se ne rendano conto i giovani fanno tesoro delle parole di Gesù: « Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l’anima? ». Un gruppo di cosiddetti hippies scoprì in un raduno giovanile che Gesù Cristo è una realtà vivente, un Qualcuno di veramente vivo. Fu l’inizio di una profonda trasformazione. « Adesso lo capiamo – dissero – Quel Gesù che noi credevamo di emulare facendo crescere la barba e portando i calzari, non si era isolato dalla vita: aveva un programma, una causa e dedicò la sua vita al Regno di Dio e all’aiuto dei poveri. Noi vogliamo somigliare a lui. È incredibile come possa sembrare bello il mondo quando lo si guarda dal di fuori del proprio Io».
Per avere la gioia, i giovani hanno bisogno di fede. Un ragazzo decise alla vigilia della maturità scientifica di lasciare gli studi. E quando suo padre gliene chiese il motivo, si sentì rispondere: « Be’, papà, la verità è che ti detesto ». Costernato, il padre aveva insistito: « Ma perché? Ti ho dato tutto ». E il figlio: « Esatto. Tu mi hai dato tutto, ma non qualcosa in cui credere». I giovani hanno bisogno di una fede che impegni e trasformi la loro vita: ed è quanto Cristo può dare. Gesù lanciò un ideale stupendamente affascinante: il Regno di Dio. Ma subito aggiunse: « Convertitevi e credete al Vangelo ». Lo stesso faceva Don Bosco: prima metteva a posto l’anima con un bagno di grazia e di gioia e poi proiettava i ragazzi nel futuro di Dio.
(da EDUCHIAMO COME DON BOSCO – Carlo De Ambrogio)