«Conosco una splendente corona di fiori che rende bello chiunque la porta – diceva Don Bosco ai ragazzi nell’estate del 1871. – La corona è composta di cinque fiori, cioè di cinque virtù, alle quali si allacciano tutte le altre. I fiori sono: il giglio, la purezza; la viola, l’umiltà; la rosa, la carità; il girasole, l’obbedienza; il mughetto, la fede».
Di questa meravigliosa corona di fiori – racconta il biografo di Don Bosco – il Santo in diverse occasioni parlò spesso, sia ai suoi ragazzi che nella predicazione agli adulti. E quando ne parlava, il suo volto si illuminava; una radiosa bellezza di cielo pareva sfavillargli negli occhi, e si irradiava per contagio in chi lo stava ad ascoltare.
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Il giovane è estremamente sensibile alla bellezza. «Tutto ciò che esiste è bello», dicevano già i filosofi medioevali. Ciò è verissimo, perché ogni essere proviene da Dio, che non è soltanto la suprema Verità e il sommo Bene, ma anche la più fascinosa Bellezza. La vera bellezza è una fusione armoniosa di bellezza spirituale interiore e di avvenenza fisica. Il «mondo» – vale a dire il mondo dei rotocalchi, del cinema, della televisione, delle boutiques d’alta moda, della pubblicità – esalta troppo facilmente la bellezza esteriore e la scinde dal suo polo spirituale, cioè la bellezza interiore. Nel celebre sogno di Don Bosco a Lanzo in cui vide il suo ex alunno Domenico Savio, il Santo descrive in maniera impareggiabile il fascino della bellezza suggestiva di quell’adolescente in perfetta armonia con la luce incantevole della sua anima verginale.
In Paradiso, dove il bello, il buono e il vero sfavilleranno in eterna armonia, non ci sarà più nessun difetto fisico: ogni corpo risorto sarà quindi perfetto.
Una malattia contagiosa di oggi: la bruttezza. Oggi si vedono degli adolescenti e degli uomini tendere al brutto: vagolano scarmigliati e malvestiti, veri beats ossia scarafaggi. La ragione profonda di questa depravazione estetica è proprio nella disarmonia spirituale o psichica. L’anima in subbuglio per qualche crisi o per un moto di rivolta e di protesta esige la coerente rispondenza anche nel corpo, trascurato e depresso. Come per contagio anche molti ragazzetti, ancor semplici e buoni, si trascurano nel vestito e nella capigliatura solo per il vezzo di imitare i più grandi, neppur sospettando l’intima tensione che sta sotto a quell’orrido. L’ostentazione del brutto negli adolescenti e nei grandi è sempre un indice di disarmonia o di contrasto fra il vero, il buono e il bello. E’ una malattia che si guarisce solo curando lo spirito, come appunto faceva Don Bosco. La serenità dell’anima, la pace del cuore, la vittoria sulla passione, la gioia del dovere, si rifletterebbero subito anche nel volto e nell’ armonia di tutto il corpo, ma soprattutto nella vivezza dell’occhio, definito da Gesù «la lucerna del corpo». Bellezza e occhio sono due coordinate in stretta relazione tra loro. Solo in un secondo tempo la bellezza può anche diventare una tentazione. Diceva uno psicologo: «Purezza e avvenenza sono come due sorelle che hanno nostalgia una dell’altra».
L’educatore deve sapere che il desiderio di essere bello è un postulato naturale dell’adolescente. E’ quindi indispensabile parlare al giovane della bellezza. E facendolo, occorre insistere nel chiamare bellezza più la componente spirituale che quella corporea. Quest’ultima è caduca. Dice un proverbio: «Bellezza è come un fiore che nasce e presto muore». Bisogna anche ribadire che un compagno bello non sempre è anche buono; occorre ricordare ai ragazzi che le qualità spirituali non possono mai venire sostituite dalla bellezza fisica. Nell’adolescente pulsa l’idea primordiale che la creatura bella debba essere necessariamente anche buona; e ogni ragazzo desidera quindi realizzare nella sua personcina questo armonioso ideale. Perciò egli vuole poter costatare che effettivamente all’educatore stanno a cuore le due componenti: ciò che è buono e ciò che è bello.
Il vero educatore cura l’armonia di tutta la persona. Nella lingua dei Vangeli, come del resto già nel greco classico, i tre aggettivi bello-buono-vero sono molto spesso tre sinonimi. Per esempio «il buon pastore» è detto nel testo greco «il bel pastore» e in italiano si dovrebbe tradurre «il vero pastore» come contrapposto al prezzolato, che è pastore solo di nome. L’educatore vero (in greco si direbbe il bell’educatore) deve quindi saper creare l’armonia dei tre valori divini che ornano simultaneamente l’anima e il corpo: verità, bontà e bellezza. Gesù ci ha detto: « La verità vi farà liberi » (Giov. 8,32). E la libertà ci affranca non solo da ciò che è male, ma anche da ciò che è brutto. San Paolo infatti nell’inno alla carità (1 Cor. 13) non ha timore di affermare che essa non è «sgraziata», non si rende «antipatica».
“Educhiamo come Don Bosco” – Carlo De Ambrogio