Attilio Torresini
(Venezia 1884 – Roma 1961)
ha lasciato nel Tempio di Don Bosco:
1. Bassorilievo dell’altare di S. Francesco di Sales
2. Bassorilievo dell’altare di S. Domenico Savio
La prima formazione avviene presso il padre, marmista. Studia al Museo Artistico Industriale e poi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Si trasferisce a Roma nel 1914 e prende uno studio a Villa Strohl-fern, dove ritornerà dopo il conflitto e che lascerà solo negli ultimi anni di vita.
Espone alle Biennali di Roma; con il gesso “Arianna dormiente” partecipa alla Fiorentina primaverile del 1922. Nel 1926 è presente alla XV Esposizione di Venezia, e nello stesso anno La dormiente e “Testa muliebre” sono scelte da Margherita Sarfatti per la I Mostra del Novecento italiano.
Ancora la Sarfatti lo invita alla mostra romana dei “Dieci artisti del Novecento italiano” in occasione della XCIII Esposizione Amatori e Cultori (1927). Tra il 1928 e il 1930 partecipa alla XVI e XVII Biennale di Venezia, alla I Mostra del Sindacato laziale a Roma, alla II Mostra del Novecento italiano a Milano. Partecipa in seguito alle maggiori mostre italiane e ha una sala personale alla IV Quadriennale del 1943. Il suo lavoro, frattanto, si è orientato verso una maggiore severità arcaizzante. Nel 1965 la IX Quadriennale allestisce una retrospettiva con un gruppo di bronzi del 1958-62.
Tra gli scultori attivi a Roma tra le due guerre è certamente il più vicino alla svolta “purista” dei pittori della prima fase della scuola romana. La poesia intima, garbata, dei suoi ritratti e dei suoi nudi configura una struttura compositiva libera sia dai residui delle stilizzazioni Liberty sia da ogni tipo di retorica monumentale.
Lorenzo Gigotti
(Roma, 1908 – 1994)
ha lasciato nel Tempio di Don Bosco:
1. Quadro di sant’Anna
2. Sedici vetrate della cupola grande
3. Due vetrate sulle porte di ingresso
Allievo di Ferruccio Ferrazzi all’Accademia di Belle Arti di Roma, fa il suo esordio nei primi anni ’30 nel segno di un raffinato parallelismo con la Scuola Romana.
Successivamente, in linea con le nuove tendenze del realismo europeo, la sua pittura si caratterizza per l’assoluto verismo della composizione e per l’impasto materico che ricorda la pennellata di Mario Mafai, artista molto amato da Gigotti. Immediatamente apprezzato dalla critica, è da subito presente a tutte le Sindacali e alle Quadriennali di Roma – a partire dagli anni ‘30 fino al termine degli anni ’60. Nel ’44, su invito di Gino Severini, aderisce al Comitato Promotore della LAAF. Nel 1948 espone alla XXIV Biennale di Venezia.
La ricerca artistica di Gigotti è continua e improntata ad una grande capacità evocativa, che pone in primo piano soprattutto l’uso del disegno e la sperimentazione segnica del colore, e che lo porterà alla scelta aniconica a partire dagli anni ‘60. Legato all’ambiente culturale romano, Gigotti ebbe sempre un notevole riscontro critico, grazie soprattutto alle recensioni e ai saggi di Cipriano Efisio Oppo, Libero De Libero – sempre molto attento all’evoluzione dell’opera di Gigotti – Fortunato Bellonzi, Virgilio Guzzi, Francesco Arcangeli, Ennio Francia, e molti altri.
Di notevole interesse è anche l’attività dell’artista nel campo della vetrata, dell’affresco e del mosaico. Si evidenziano in tale ambito le opere realizzate nella Chiesa di S. Eugenio a Roma (1951); nella Cattedrale di San Paolo del Brasile (1952); nella Chiesa di S. Gottardo in Corte a Milano (1956); presso il CTO di Firenze e di Padova; nella Sala dei Congressi del C.T.O. della Garbatella a Roma. Ricordiamo inoltre la grande impresa eseguita nella Chiesa di San Giovanni Bosco a Roma, per la quale aveva già realizzato, nel 1958, la pala con Sant’Anna. Le vetrate del tamburo della cupola grande, portate a compimento nel 1963, rappresentano un ciclo impegnativo e complesso dal punto di vista della realizzazione e dell’iconografia. Per quanto riguarda l’attività didattica, oltre all’insegnamento presso la romana Accademia di Belle Arti, nel 1974 l’artista viene incaricato di dirigere la “Scuola libera del nudo” presso la stessa Accademia.
Lorenzo Gigotti è presente nel tempo a tutte le maggiori rassegne d’arte e premi di pittura nazionali – quali il Premio Marzotto, Premio Modena, Premio Michetti, Premio Villa S. Giovanni ed altri ancora – dove ottiene prestigiosi riconoscimenti.
Per i dieci anni dalla scomparsa del Maestro, è stato costituito a Roma l’Archivio Lorenzo Gigotti per la raccolta della documentazione storica e per la salvaguardia e la promozione dell’opera dell’artista.
Antonio Venditti
(Monteroduni 1914 – 1981)
Ha lasciato nel Tempio di don Bosco:
7. San Giuseppe Cafasso
25. Bassorilievo altare
Antonio Venditti è nato a Monteroduni nel 1914.
Ha studiato a Napoli presso l’Accademia delle Belle Arti diplomandosi in scultura nel 1938. A quegli anni risale la sua prima attività di scultore che gli consente di vincere molti premi nelle nostre giovanili regionali e nazionali. Nel 1940 già espone alla Biennale di Venezia e alle manifestazioni artistiche più importanti quali la Triennale di Milano e la Triennale d’Oltremare di Napoli.
Dal 1947 al 1949 espone con i componenti del Gruppo Sud.
Nel 1950 con Barisani, De Fusco e Tatafiore formano il gruppo di arte astratta concreta napoletana e nel 1953 firma con loro il manifesto del M.A.C. ( Movimento Arte Concreta) in occasione di una mostra allestita presso la galleria “MEDEA” di Napoli. Dal 1953 ordinario di scultura decorativa presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.
Dal 1955 opera nella ricerca di una nuova figurazione. Le sue opere figurano in raccolte pubbliche e private in Italia e all’Estero. Muore nel 1981.
Luigi Montanarini
(Firenze 1906-Roma 1998)
Ha lasciato in basilica:
19 e 53 Due vetrate a metà della chiesa
Nasce a Firenze da Stefano e da Maria Cianchi. Nel 1925, durante una delle frequenti visite agli Uffizi, incontra casualmente e conosce il pittore Maurice Denis. Nello stesso anno effettua il suo primo soggiorno in Francia.
Nel 1927 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Firenze e comincia il legame artistico ed affettivo con Felice Carena, suo maestro di Pittura. Dimostra subito grande amore per i classici e per i maestri dell’Ottocento, da Courbet a Paul Cézanne e Pierre-Auguste Renoir.
Quattro anni più tardi consegue il Diploma di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e compie il suo secondo viaggio in Europa. Visita due volte l’Olanda dove rinnova il suo interesse per Rubens, Van Gogh e Rembrandt.
Successivamente visita Zurigo e si recca per la seconda volta a Parigi, dove conosce Gino Severini e rinsalda la sua amicizia con Alberto Magnelli, conosciuto a Firenze. Nella stessa città incontra e frequenta vari artisti fra cui Picasso ed ha numerosi scambi con i pittori Jacques Villon e Alfred Manessier.
Nel 1932 vince il Pensionato Artistico Nazionale per la sezione Pittura insieme a Pericle Fazzini, che vince il premio nella sezione Scultura.
Aderisce alla Scuola romana (novecento) insieme alla quale espone alla Galleria “La Cometa” di Roma. Conosce Corrado Cagli, Giuseppe Capogrossi, Afro Basaldella, Mirko Basaldella, Emanuele Cavalli, Alberto Ziveri e Mario Mafai. Stringe amicizia con Emilio Villa, Guido Piovene e Alfonso Gatto.
L’anno seguente, alla fine della guerra, fonda assieme a Pericle Fazzini, Enrico Prampolini, Joseph Jarema e Virgilio Guzzi, l’ Art Club con sede in via Margutta 53. Conosce e frequenta Lionello Venturi, ritornato in Italia dopo l’esilio del periodo fascista.
L’anno 1956 segna l’inizio del suo periodo informale.
Nel 1965 diventa direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Roma e membro dell’UNESCO, cariche che manterrà fino al 1976.
Luigi Montanarini muore e Roma il 7 gennaio 1998, nella sua casa di via di Monserrato.
Marcello Avenali
(Roma 1912-1981)
Ha lasciato in basilica:
15. Quadro altare Angelo custode
62. 16 vetrate cupola grande
Dalla precoce attitudine al disegno, che lo spinge alla iscrizione alla Accademia delle Belle Arti nel 1929, scaturisce la produzione dei primi anni ’30, caratterizzata da un cospicuo numero di disegni e dipinti ad olio, ove la figura umana viene ad assumere una importanza centrale: uno stile deciso, con immagini dai contorni morbidi e dai colori spesso freddi, ma sapientemente sfumati nei toni, sempre vellutati (Alba, 1938).
Pur riscontrandosi nella sua opera gli elementi tipici del movimento del Novecento, è presente tuttavia nel giovane Avenali un nucleo primigenio di ricerca che verrà sperimentato nel tempo fino alle estreme conseguenze. L’epoca ed il gusto del tempo inseriscono Avenali nella schiera degli artisti incaricati di decorare edifici pubblici e non vi è dubbio che la suggestione alla esperienza muralista iniziata negli anni ’40 sia accompagnata dalla sua profonda ammirazione per l’opera intellettuale ed artistica di Mario Sironi che Avenali conoscerà a Cortina nel 1950 e con il quale intratterrà sempre un rapporto di salda amicizia.
L’adesione spirituale alla Scuola Romana, le frequentazioni con gli artisti che come lui avevano studio a Villa Strohl-Fern conducono Avenali in quegli anni ad una pittura più tonale, su una campitura cromatica più larga e su un effetto più espressionista (Case tra gli alberi, 1949). Notevole negli anni ’50 una ulteriore originale deviazione stilistica che porterà l’Artista sia ad affrontare ardui problemi tecnici e stilistici, sia ad elaborare una serie di vedute di Roma, incentrate sugli aspetti barocchi, architettonici e scultorei della città (Piazza Navona, 1952): le immagini di questo periodo sono la prova indiscutibile di un superamento della veduta paesaggistica colta dal vivo ed impregnata di partecipazione emotiva; esse introducono nel percorso intellettuale di Avenali la motivazione di andare oltre l’immagine reale. La partecipazione alla VII edizione della Quadriennale di Roma de 1955-56 vede l’Artista giungere ad un “realismo post-cubista, tutto in bilico tra realtà ed astrazione” (L. Trucchi): progressivamente l’oggetto viene a perdere la sua conformazione fisica ma non la concretezza della sua presenza, ed il colore costruisce cose e spazio con la stessa intensità.
Iniziano negli anni ’60 le prime prove dell’uso del collage di carta, nei quali Avenali si abbandona a giochi compositivi di grande suggestione che negli anni ’70 raggiungono una nuova tappa creativa, con i famosi ritagli di stoffa e carta incollati e tenuti insieme da punti metallici (Senza titolo, 1970). Le sempre nuove sperimentazioni non fanno tuttavia dimenticare all’Artista la figura, di nuovo esaltata in grandi e piccole composizioni: Avenali si concentra in un muto dialogo con la modella, alla ricerca di una mai esaurita sensualità, di una profonda intimità che nello stesso tempo in cui scopre e delinea il corpo femminile lo profana e lo abbrutisce, svelandolo nella caducità delle sue forme. Si giunge così all’ultimo periodo della vita dell’Artista quando, abbandonata la sperimentazione materica, egli si concentra sulla figura femminile, vista come indispensabile compagna di vita e al tempo stesso come temibile allegoria di depravazione e disfacimento fisico.
Emilio Greco
(1913-1995)
Ha lasciato nel Tempio di don Bosco:
13 e 14 Bronzi e bassorilievo nel battistero
Uno dei più interessanti artisti del nostro Novecento. Il riconoscimento internazionale di Greco come scultore arrivò nel 1956 con il Gran Premio per la Scultura alla Biennale di Venezia; la sua biografia fu segnata da innumerevoli mostre e premi, ed oggi le sue opere sono esposte nei più prestigiosi musei del mondo, dalla Tate Gallery di Londra, l’Hermitage di San Pietroburgo, il Puskin di Mosca, all’Open-Air Museum di Hakone in Giappone, dai musei americani, ai musei Vaticani e alle Gallerie d’Arte Moderna di Roma, Milano, Venezia, Firenze.
Ma il nome di Greco rimane indissolubilmente legato al monumento a Pinocchio nel Parco di Collodi (1956) e ad altre committenze prestigiose, come i bassorilievi per la chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio (1960-61), le Porte del Duomo di Orvieto (1961-64) e il monumento funebre a Giovanni XIII in Vaticano (1965-67).
Goffredo Verginelli
(Roma 1911-Albano 1972)
Ha lasciato nel Tempio di don Bosco:
23. Bassorilievo altare di S. M. D. Mazzarello
Nato a Roma il 18 settembre 1911. Ha frequentato la Scuola Industriale di Roma e poi l’Accademia di Belle Arti. Dal 1930 inizia la sua partecipazione a mostre collettive e personali con medaglie, xilografie, disegni, sculture, ottenendo significativi riconoscimenti. Dopo la seconda guerra mondiale riprende l’attività artistica nel campo della grande e piccola scultura, e nello stesso tempo insegna all’Accademia di Belle Arti. Nell’ultimo decennio della sua vita, prepara anche modelli per monete dello Stato Italiano e porta a compimento opere di grande mole, come monumenti pubblici, portali e arredamenti di chiese in Italia e all’estero. Suoi lavori sono presso collezionisti e in raccolte pubbliche e private. E’ morto nel 1972 ad Albano Laziale. Anche il nipote Sergio, nell’ambito della sua attività artistica, si è dedicato all’esecuzione di medaglie.
Virgilio Guzzi
(Bari 1902 – Roma 1978)
Ha lasciato nel Tempio di don Bosco:
46. Vetrate sotto tribune lato nord
Virgilio Guzzi nasce a Molfetta, in provincia di Bari, il 23 dicembre del 1902, da Domenico ed Evelina Pedullà.
Nel 1908 si trasferisce insieme alla sua famiglia a Napoli.
Nel 1912 la famiglia Guzzi è a Roma, dove Virgilio frequenta il ginnasio e il liceo e continua a coltivare la sua passione per il modellato, colorando e ritagliando in cinque anni più di quattromila soldatini di carta, testimonianza dell’epoca della Grande guerra. Virgilio a Roma frequenta la Galleria Borghese e la Galleria d’Arte Moderna, considerando il museo la sua grande scuola.
Nel 1922 studia lettere e filosofia all’Università di Roma, dipinge il suo primo Autoritratto e inizia a scrivere numerosi racconti e novelle conservati in Archivio.
Nel 1924 inizia a frequentare la galleria di Bragaglia.
Nel 1925 pubblica il racconto drammatico Padre Sergio ed esegue le illustrazioni per Il canzoniere dei bimbi di Luisa Nason.
Tra il 1926 ed il 1927 consegue la laurea con tesi intitolata L’insegnamento di Michelangelo e inizia a lavorare all’Enciclopedia Italiana. Per un breve periodo compie il servizio militare.
Dopo aver pubblicato Il comandante, un breve saggio sul D’Annunzio, inizia ad esporre le sue opere a Roma, Atene, Padova e arriva così a pubblicare il suo primo libro: Pittura Italiana Contemporanea – Origini e aspetti, recensito, tra gli altri, da Alberto Neppi.
Continua intanto ad esporre i suoi lavori anche a Milano, a Firenze, a Venezia, a Napoli, e all’estero, diventando lentamente uno degli artisti più impegnati e più richiesti per conferenze e collaborazioni professionali.
Virgilio Guzzi muore a Roma il 9 novembre 1978.