Luca 23, 35-43: 35 In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36 Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano:37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il rè dei Giudei». 39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40 L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41 Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 23, 35-43
In quel tempo il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C’era anche una scritta, sopra il suo capo: “Questi è il re dei Giudei”. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
L’intelaiatura generale del racconto di Luca circa la crocifissione si può trovare nella tradizione di Matteo e di Marco. Ma il terzo evangelista ha operato anche modifiche e ha inserito elementi nuovi in modo che la figura del morente assume i tratti tipici del martire che con la sua fedeltà e la forza della sua preghiera ottiene la salvezza per i suoi persecutori. Luca rilegge tutti i particolari della crocifissione e morte di Gesù attraverso la griglia dei passi biblici, in particolare dei salmi.
CROCIFISSERO LUI E DUE MALFATTORI (33)
Il luogo della crocifissione è citato solo nella traduzione greca: luogo del cranio e non nella dizione semitica: Golgota. La crocifissione tra due malfattori ricorda Isaia 53, 12: “E fu annoverato tra i malfattori”.
PADRE PERDONALI (34)
E’ la prima delle sette parole di Gesù in croce (di cui una si trova solo in Marco e Matteo, tre solo in Luca e tre solo in Giovanni). Dall’alto della croce Gesù non si preoccupa tanto di sé (Luca tralascia il grido “Dio mio, Dio mio” e lo sostituisce col grido di fiducia: “Padre nelle tue mani”), quanto degli altri, chiedendo perdono e offre l’esempio del perdono delle offese. Alcuni manoscritti hanno censurato questa prima preghiera, che sembrava troppo indulgente nei confronti dei Giudei. Ma il perdono è lo stile di Gesù e questa è l’ultima proposta di conversione ai Giudei, prima della sua morte. Del resto negli Atti ritorna il tema dell’ignoranza da parte degli ebrei (Atti 3, 17; 13, 27).
DIVISE LE VESTI (34)
Un particolare che Luca riferisce sulla scorta di Marco e, come lui, vi riconosce l’adempimento del Salmo 21, 19: “Si dividono le mie vesti e sul mio vestito gettano la sorte”.
IL POPOLO (35)
I presenti si possono suddividere in tre categorie. Il popolo che sta a guardare in silenzio e che, secondo Luca, non ha un ruolo attivo nella crocifissione, ma è andato al Golgota come ad un spettacolo, come si usava fare allora, è impotente davanti all’esecuzione e sarà il primo a cogliere il senso di quella morte e a dare segni di conversione: “Se ne tornavano percuotendosi il petto”.(48)
I CAPI (35)
I capi invece sfidano Gesù per l’ultima volta e lo deridono per la sua pretesa messianica. Attraverso loro si risente la tentazione del deserto.
I SOLDATI (36)
I soldati, che fanno eco alla provocazione dei capi e lo scherniscono: “Se tu sei il re dei Giudei salva te stesso”. Anche l’aceto può essere interpretato come un scherno, così pure la scritta: “Questi è il re dei Giudei”.
UNO DEI MALFATTORI (39)
Lo scherno è completato anche da quello di uno dei compagni di supplizio. Ma tutto questo clima ostile prepara l’annunzio paradossale della salvezza che si trova al centro del racconto.
MA L’ALTRO (40)
In croce Gesù non salva se stesso ma il malfattore pentito. Egli è il salvatore che salva i peccatori che si convertono e confidano in lui. Il malfattore pentito si rivolge a Gesù, chiamandolo per nome in segno di semplicità e fiducia; da lui attende non una salvezza momentanea ma eterna; intravede che Gesù con la sua morte sta per entrare nel suo regno messianico.
GLI RISPOSE (42)
La risposta di Gesù non solo sostiene, ma realizza le attese dell’orante. Ogni parola di Gesù ha forte significato: “oggi” è una parola tipica di Luca: la troviamo per esempio usata dall’Angelo a Betlemme (2, 11) nella Sinagoga di Nazaret (4,21), in casa di Zaccheo (19,9); L’ “oggi” è il tempo della morte e e risurrezione e conclude la missione di salvezza intrapresa da Gesù, rivolta al buon ladrone, e dice che l’ “oggi” della salvezza è giunta per lui; “sarai con me” indica l’esaltazione dei giusti con Dio per l’eternità; anche Paolo dice che la gioia dei beati consiste soprattutto nell’essere con il Signore (1 Ts 4,17). Dicendo “con me” Gesù rivela la sua realtà divina, “Paradiso” è parola di origine persiana, è usata solo qui nel NT e significa “giardino”; nei libri ebraici dell’epoca indica la felicità dei giusti nell’aldilà, secondo uno scritto del tardo giudaismo (Testamento di Levi 18, 10) il Messia avrebbe aperto le porte del Paradiso: è quanto Gesù promette al buon ladrone.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
CRISTO RE
La regalità di Cristo non è solo una funzione di comando, ma è tutto il suo mistero profondo e insondabile. Cristo, rispetto al Padre, è la sua immagine perfetta, è il suo Figlio, quindi ha il dominio e la sovranità in dimensioni divine, senza limiti e scadenze. Rispetto a noi è il primogenito di tutte le creature, vanta cioè un’anteriorità assoluta. Lui c’era quando ancora nessun essere creato esisteva. Anzi a Lui tutte le cose devono l’esistenza e la conservazione. Tutti gli enti dell’universo cosmico hanno Lui come fine e ragione ultime della loro realtà e attività: “Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e tutte sussistono in Lui”. E’ capo della Chiesa, in quanto ne è la guida e la causa di vita. E’ la “primizia dei risuscitati”, per il fatto che i morti risusciteranno in virtù della sua risurrezione. Cristo ha la pienezza assoluta di tutti i valori di natura e di grazia. Cristo è la pace universale in quanto per mezzo di Lui gli uomini si riconciliano con Dio e diventano amici tra di loro. (Vincenzo Raffa)
GESU’ E IL REGNO
Al centro della preghiera del Signore c’è l’invocazione: “Venga il tuo Regno”. Si tratta di un tema dominante nel Vangelo: Gesù inizia la sua predicazione con questo annuncio: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino” (Mc 1, 15). Il senso ultimo della frase è questo: Il Regno è qui, perché sono qui io. Il Regno è Gesù. Annunciare Gesù è annunciare il Regno. Ed è proprio questa la missione essenziale della Chiesa: annuncia il Regno, mentre annuncia Gesù. Ma di che regno si tratta? E’ a questa domanda che risponde la Liturgia oggi. L’investitura regale di Gesù si svolge intorno alla croce, che appare come il trono improvvisato del Messia (Vangelo). Un secondo aspetto del Regno è lumeggiato nella seconda lettura. Paolo, dopo aver affermato la supremazia di Cristo nell’ordine della creazione, afferma la sua supremazia nell’ordine della Redenzione, in quanto con il sangue della sua Croce, Egli riconcilia a sé tutte le cose, componendole nella pace. E’ l’unità perfetta e definitiva del Popolo di Dio, che Davide aveva prefigurato creando attorno a sé l’unità d’Israele. (1° Lettura) (M. Magrassi)
RE CHE SALVA CON IL SUO SACRIFICIO
La Croce e la morte di Cristo si verificano all’insegna della sua regalità. L’innalzamento sulla croce è l’esaltazione gloriosa del Cristo, l’ora della sua morte è quella della sua gloria. La sua sconfitta coincide con la sua vittoria. Dice il prefazio della festa: “Hai consacrato sacerdote eterno e re dell’universo il tuo unico Figlio, perché, sacrificando se stesso, immacolata vittima di pace sull’altare della croce, operasse il mistero della redenzione e, assoggettate al suo potere tutte le creature, offrisse alla tua maestà infinità il regno eterno e universale. La sovranità, il dominio, la potenza del Cristo si identificano con il suo programma di universale restaurazione. Più gli uomini entrano nella sfera della redenzione e più si allarga il Regno di Cristo e si afferma la sua regalità. Non è errato dire che il mistero di Cristo re è il mistero della vera, più grande promozione umana a gloria di Dio. (V. Raffa)
RE CHE GUIDA DA MORTE A VITA
La festa di Cristo re è anche la festa di Cristo Crocifisso. Non si comprende il regno senza la croce e questa richiama la morte. La vita di Gesù è tutta una tensione verso questo momento supremo, vissuto da lui come la prova massima del suo amore per gli uomini. Era l’unico che poteva sottrarsi all’inderogabile appuntamento con la morte, eppure ha preferito condividere fino in fondo la solidarietà con i fratelli. Ma la morte di Cristo non è un episodio di cronaca nera, è una “buona notizia”: la passione, raggiunto il culmine nella condanna alla croce e poi nella morte infamante, si trasforma in un trionfo. La vita vince la morte. E Cristo è re che, passando per la morte, conduce tutti alla vita.
IL TRONO DELLA CROCE
Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, riappacificando con il sangue della croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli (Col 1, 19-20). Dal corpo umiliato di Gesù, il Padre ha fatto fiorire il Regno, come uno stelo che germoglia dal seme, che si dissolve nel terreno. Morendo Gesù trionfa e la croce è il suo trono. Per questo gli antichi raffiguravano la Croce con un Cristo maestoso e incoronato di gloria: “Cristo vincitore”. (Mariano Magrassi)
CRISTO RE DI PERDONO
I termini Re e Messia risuonano intorno alla croce in frasi beffarde e provocanti. In questa situazione, Gesù compie un gesto veramente regale e assicura al malfattore pentito l’ingresso nel regno del Padre. Gesù dirà parole di perdono: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Gesù quindi esercita e manifesta la sua regalità non nell’affermazione di un potere dispotico, ma nel servizio di un perdono che tende alla riconciliazione. Egli è il primogenito di tutte le creature e come tutte le cose sono state create da Lui, così “piacque a Dio di riconciliare in se stesso tutte le cose, stabilendo la pace nel sangue della sua croce”. Cristo è re, perché, perdonando e morendo per la remissione del peccati, crea una nuova unità fra gli uomini. Spezzando la spirale dell’odio offre la possibilità di un nuovo futuro. (Messalino LDC)
DAL POTERE DELLE TENEBRE AL REGNO DI CRISTO
Il potere delle tenebre può tradursi nei nostri egoismi, nelle nostre presunzioni, nei nostri sogni di grandezza, nella ricerca di onori, nella fame di soldi, nella libertà assoluta di disporre a piacimento del proprio tempo, delle proprie energie, secondo i desideri del momento, nel potere del peccato che promette realizzazione e dà schiavitù. Cristo propone un’altra regalità, che indica una via alla vita a volte a noi incomprensibile, ma che lui ha percorso per primo; è la via della libertà, che è autentica solo se segue la verità indicata da Dio, e la via che non scarta la croce, quando è necessaria, per essere uomini veri. Solo accettando la sua regalità l’uomo realizza se stesso in pienezza.
SPERANZA E ATTESA DI UN TRIONFO
Concludendo l’anno liturgico, la celebrazione della regalità di Cristo propone alla nostra meditazione il punto verso cui, agli occhi della fede sta camminando fin d’ora la storia dell’umanità. Non celebriamo un trionfo, ma la speranza e l’attesa di un trionfo. La stranezza di questa festa è che la regalità di Cristo è affermata nel Vangelo al momento meno indicato, quando Gesù è in balia di Pilato e dei capi ebrei, quando è ridotto all’impotenza su una croce, su cui spicca un atto d’accusa: “Questi è il re dei Giudei”. E’ chiaro che tra l’idea di re che è nella testa della gente e ciò che ne pensa Gesù c’è una bella differenza. La gente vuole il capo che faccia sfoggio di potenza. L’idea di re è da sempre unita all’idea di potere. Il popolo sta a vedere: è la partecipazione distratta ad uno spettacolo consueto o l’osservazione di chi è interessato a come vanno a finire le cose. Capi e soldati deridono Gesù, perché per gli uni e per gli altri le sua affermazioni sono parole vuote, pretese di un illuso. I due malfattori fanno due richieste: uno dei due dice: “salva te stesso, e anche noi”. A lui interessa solo sfuggire alla morte e si capisce. Gesù non salva il ladrone e non se stesso, eppure è re. Salvando se stesso avrebbe dimostrato di essere forte, secondo la mentalità comune. Rinunziando a salvarsi dimostra di essere buono, cioè re secondo la mentalità di Dio. La sua è la forza dell’amore e del dono di sé. Anche l’altro malfattore si rivolge a Gesù: “ Ricordati di me quando sarai nel tuo regno”; nemmeno chiede di essere liberato dalla morte. E’ l’unica persona che intuisce che dentro Gesù c’è l’inizio di un mondo nuovo, che la vera forza è l’innocenza e che in quel Nazzareno c’è tale un abisso di bontà che deve esistere davvero il Regno che ha annunziato. Gesù, che sta morendo in croce, da vero re lo esaudisce. Il regno della salvezza e del perdono è già cominciato, e fin sulla croce, alle soglie della sua morte, Gesù continua a salvare chi si accosta a lui con fiducia, continua ad introdurre i salvati nel suo regno. ( Riflessioni di Domenico Pezzzini)
TESTIMONIANZE
- Dobbiamo nuovamente imparare ad articolare la domanda: “Chi è Gesù”. Tutto il resto distrae. (Kasemann)
- Il Redentore dell’uomo Gesù Cristo è centro del Cosmo e della storia…Gesù è la via principale della Chiesa. Egli stesso è la nostra via alla casa del Padre ed è anche la via a ciascun uomo. (G. Paolo 2°)
- Cristo c’è. Egli basta per ogni tempo. (G. Paolo 2°)
- Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo, Gesù svela pienamente l’uomo all’uomo. (G. et Spes 22)
- Quest’uomo umile non è soltanto l’araldo del Regno, ma ne è anche il re. Egli stesso è il Regno. Chi vede Lui vede il Padre. (C. Olandese)
- Gesù può dire che il Regno è vicino, anzi è presente, perché Egli viene ad inaugurare quel nuovo rapporto tra Dio e gli uomini che prima di lui era solo sperato: infatti Egli annunzia da parte di Dio un’ inaudita volontà di perdono e riconciliazione, di amicizia e gratuita fraternità, una solidarietà e una presenza nuova di Dio accanto agli uomini. (Cat. Giovani 65)
- “Se la terra è stata resa degna di portare Gesù, se un uomo come Gesù ha potuto vivere in essa, allora la vita vale la pena di essere vissuta anche da parte nostra. Se Gesù non fosse vissuto, la nostra vita, nonostante tutti gli altri che noi conosciamo, veneriamo e amiamo, sarebbe priva di senso. Tutto ciò che a buon diritto possiamo ottenere e implorare da Dio, si trova in Gesù Cristo. (Bonhoeffer)
- Una lunga tradizione ci ha portato ad associare l’idea di Dio a molti concetti. Di tutti il meno usuale è quello di un Dio che si manifesta nella debolezza e nell’impotenza di una morte ingiuriosa e ingiusta. Il “Dio crocifisso” è molto lontano dall’idea di un Dio onnipotente e onnisciente. (Carlo Bresciani)
- Quando io guardo la meravigliosa croce su cui il principe della gloria morì, io considero perdita ogni mio ricco guadagno e dispregio tutta la mia superbia. (Gandhi)
IL PARADISO APERTO A UN LADRO
Vuoi vedere un’altra sua opera meravigliosa? Oggi ci ha aperto il paradiso, ch’era chiuso da piú di cinquemila anni. In un giorno e in un’ora come questa, vi portò un ladro e cosí fece due cose insieme: aprí il paradiso e v’introdusse un ladro. In questo giorno ci ha ridato la nostra vera patria e l’ha fatta casa di tutto il genere umano, poiché dice: “Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43). Che cosa dici? Sei crocifisso, hai le mani inchiodate e prometti il paradiso? Certo, dice, perché tu possa capire chi sono, anche sulla croce. Perché tu non ti fermassi a guardare la croce e potessi capire chi era il Crocifisso, fece queste meraviglie sulla croce. Non mentre risuscita un morto, o quando comanda ai venti e al mare, o quando scaccia i demoni, ma mentre è in croce, inchiodato, coperto di sputi e d’insulti, riesce a cambiar l’animo d’un ladro, perché tu possa scoprire la sua potenza. Ha spezzato le pietre e ha attirato l’anima d’un ladro, piú dura della pietra e l’ha onorata, perché dice: “Oggi sarai con me in paradiso”. Sí, c’eran dei Cherubini a custodia del paradiso; ma qui c’è il Signore dei Cherubini. Sí, c’era una spada fiammeggiante, ma questi è il padrone della vita e della morte. Sí, nessun re condurrebbe mai con sé in città un ladro o un servo. L’ha fatto Cristo, tornando nella sua patria, v’introduce un ladro, ma senza offesa del paradiso, senza deturparlo con i piedi d’un ladro, accrescendone anzi l’onore; è onore, infatti, del paradiso avere un tale padrone, che possa fare anche un ladro degno della gioia del paradiso. Quando infatti egli introduceva pubblicani e meretrici nel regno dei cieli, ciò non era a disonore, ma a grande onore, perché dimostrava che il padrone del paradiso era un cosí gran Signore, che poteva far di pubblicani e meretrici persone cosí rispettabili, da meritare l’onore del paradiso. Come, infatti, ammiriamo maggiormente un medico, quando lo vediamo guarire le piú gravi e incurabili malattie, cosi è giusto ammirare Gesú Cristo, quando guarisce le piaghe e fa degni del cielo pubblicani e meretrici. Che cosa mai fece questo ladro, dirai, da meritar dopo la croce il paradiso? Te lo dico subito. Mentre per terra Pietro lo rinnegava, lui in alto lo proclamava Signore. Non lo dico, per carità, per accusare Pietro; ma voglio rilevare la magnanimità del ladro. Il discepolo non seppe sostenere la minaccia d’una servetta; il ladro tra tutto un popolo che lo circondava e gridava e imprecava, non ne tenne conto, non si fermò alla vile apparenza d’un crocifisso, superò tutto con gli occhi della fede, riconobbe il Re del cielo e con l’animo proteso innanzi a lui disse: “Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno” (Lc 23,42). Per favore, non sottovalutiamo questo ladro e non abbiamo vergogna di prendere per maestro colui che il Signore non ebbe vergogna di introdurre, prima di tutti, in paradiso; non abbiamo vergogna di prender per maestro colui che innanzi a tutto il creato fu ritenuto degno di quella conversazione che è nei cieli; ma riflettiamo attentamente su tutto, perché possiamo penetrare la potenza della croce. A lui Cristo non disse, come a Pietro: “Vieni e ti farò pescatore d’uomini” (Mt 4,19), non gli disse, come ai Dodici: “Siederete sopra dodici troni per giudicare le dodici tribú d’Israele” (Mt 19,28). Anzi neanche lo degnò d’una parola, non gli mostrò un miracolo; lui non vide un morto risuscitato, non demoni espulsi, non il mare domato; eppure lui innanzi a tutti lo proclamò Signore e proprio mentre l’altro ladro lo insultava…Hai visto la fiducia del ladro? La sua fiducia sulla croce? La sua filosofia nel supplizio e la pietà nei tormenti? Chi non si meraviglierebbe che, trafitto dai chiodi, non fosse uscito di mente? Invece non solo conservò il suo senno, ma abbandonate tutte le cose sue, pensò agli altri e, fattosi maestro, rimproverò il suo compagno: “Neanche tu temi Dio?” (Lc 23,40). Non pensare, gli dice, a questo tribunale terreno; c’è un altro giudice invisibile e un tribunale incorruttibile. Non t’affannare d’essere stato condannato quaggiú; lassú non è la stessa cosa. In questo tribunale i giusti a volte son condannati e i malvagi sfuggono la pena; i rei vengono prosciolti e gli innocenti vengono giustiziati. Infatti i giudici, volenti o nolenti, spesso sbagliano; poiché per ignoranza o inganno o per corruzione possono tradire la verità. Lassú è un’altra cosa. Dio è giudice giusto e il suo giudizio verrà fuori come la luce, senza tenebre e senza ignoranza…Vedi che gran cosa è questa proclamazione del ladro? Proclamò Cristo Signore e aprí il paradiso; e acquistò tanta fiducia, che da un podio di ladro osò chiedere un regno. Vedi di quali beni la croce è sorgente? Chiedi un regno? Ma che cosa vedi che te lo faccia pensare? In faccia hai una croce e dei chiodi, ma la croce, egli dice, è simbolo di regno. Invoco il Re, perché vedo il Crocifisso; è proprio del re morire per i suoi sudditi. Questo stesso disse: “Il buon pastore dà la vita per le sue pecore” (Gv 10,11). Dunque, anche un buon re dà la vita per i sudditi. Poiché dunque diede la sua vita, lo chiamo Re. “Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”. (Giovanni Crisostomo, Hom. de cruce et latrone, 2 s.)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Dio Padre, che ci hai chiamati a regnare con te nella giustizia e nell’amore, liberaci dal potere delle tenebre; fa che camminiamo sulle orme del tuo Figlio, e come lui doniamo la nostra vita per amore dei fratelli. (Colletta 34 perannunm C)
•O Gesù, Figlio dell’uomo, cui è dato potere, gloria e regno dal Dio altissimo e a cui tutti i popoli, nazioni e lingue prestano onore e servizio; tu solo, o Cristo, siedi sovrano con un potere che non tramonta mai e con un regno che non sarà mai distrutto. (Serve di Maria: preghiera con riferimento a Dan 7, 13-14)
•Grazie Gesù, tu non hai esitato ad assumere la condizioni di noi, poveri mortali; hai sofferto per amore l’umiliazione della croce e la morte, comune retaggio del nostro peccato: ma proprio per questo sei stato esaltato e ti è stato dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome. In cielo, sulla terra e sotto terra ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua proclami che tu solo sei il Signore. A gloria di Dio Padre. (Serve di Maria:preghiera ispirata a Fil 2, 7-11)
•Sei diventato figlio di Maria, o Figlio di Dio, nostro Salvatore, e ti sei lasciato inchiodare sulla croce tu, il Dio incarnato, per salvare gli afflitti e prendere in pietà i peccatori, tu, potente e buono. Dona il pentimento a tutti quelli che sperano in te, affinché di gran cuore ti servano con i salmi e con le preghiere. Uniti al ladrone noi ti gridiamo con lui: “Ricordati di noi nel tuo regno”. (Romanio il Melode)
•A te cantiamo il canto nuovo dei redenti, Agnello immolato che hai riscattato per Dio con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e ne hai costituito un regno. A te gloria e potenza, o Re dei secoli. (Ap 5, 9.13)
•Veramente tu sei degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione. (Ap. 5, 12)
•Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza. E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto e proclamiamo insieme la tua lode. (Prefazio Domenica di Passione)
•O Trinità, il luogo in cui ti riveli a noi è la Croce. Là ci è donato tutto l’amore del Padre; là il Figlio, nella maniera più radicale dice si al Padre, dice a noi e al Padre l’amore totale del suo infinito “sì”. O Trinità, incastonami nell’intima dinamica della Passione di Gesù per farmi entrare a far parte del circolo di vita del tuo amore. (Klaus Hemmerle)
•Padre che consegni il tuo unico Figlio per noi; Figlio che vivi il supremo abbandono della Croce, Paraclito, che unisci il Padre donante e accogliente al Figlio morente e in lui alla passione del mondo, Trinità del dolore, Dio nascosto del Venerdì santo, donaci di prendere ogni giorno la croce dell’abbandono e di offrirla con te in una comunione più grande. (Bruno Forte)
•O Gesù redentore, immagine del Padre, luce d’eterna luce, accogli il nostro canto. Per radunare i popoli nel patto dell’amore distendi le tue braccia sul legno della croce. Dal tuo fianco squarciato effondi sull’altare i misteri pasquali della nostra salvezza (Dall’Inno di Lode della Settimana santa).
•Di gioia grondino i cieli altissimi, battan le mani la terra e il mare: Cristo risorto ci dà la certezza che sia distrutta la morte per sempre. Quella sua morte e passione di morte già del peccato ha segnato la fine; avanza intatta la tua potenza, egli, lo schiavo, ha portato vittoria. Egli è primizia alla nostra salvezza; ora i fratelli, credendo, son certi che sorgeranno anch’essi da morte, della sua via beata avran parte. (Turoldo)
Vexilla Regis prodeunt
Del Re s’avanza il vessillo, brilla il mistero della Croce su cui la Vita soffrí la morte, e con la morte diede la vita.
Egli, ferito da crudel punta di lancia, per lavarci dalle macchie dei peccati, fece sgorgare acqua e sangue.
Compiuto è quello che profetò David con fedele carme dicendo alle nazioni: Dio regnò dal legno.
Albero leggiadro e splendido, ornato della porpora del Re, scelto come degno sostegno a toccare membra sí sante.
O te beata, dalle cui braccia pendé il prezzo del mondo, divenuta bilancia del corpo, che strappò la preda all’inferno.
O Croce, unica speranza, salve! In questo tempo di passione accresci la grazia ai giusti, togli i peccati ai rei.
Te, o Trinità, fonte di salute, lodi ogni spirito; a coloro ai quali doni la vittoria della Croce, aggiungi il premio. Cosí sia. (Venanzio Fortunato)
Crux fidelis
O Croce sempre fedele, sei l’unico albero glorioso. Nessuna selva ne produce uguali, per fronde, fiori e ceppo.
Amato legno, che regge i dolci chiodi e il dolce peso. Ogni lingua canti la corona di vittoria di una lotta gloriosa, e proclami del trofeo della Croce il famoso trionfo: poiché il Redentore del mondo, benché immolato, ha vinto.
Del primo uomo ingannato, quando assaggiò il frutto proibito e precipitò nella morte, ha avuto pietà il Creatore: e fin da allora ha stabilito che un albero riparasse il danno dell’altro albero.
Il disegno della nostra salvezza comportava questa impresa: che la sapienza divina superasse la scienza del traditore sempre operante; e cosí traesse la salute da dove il nemico aveva recato il danno.
E quando si compì il tempo prestabilito da Dio, fu inviato dal seno del Padre il Figlio, creatore del mondo: ed egli venne tra noi incarnato dal seno della Vergine.
Fa udire la sua voce il Bambino dato alla luce nella misera stalla; la vergine Madre avvolge e ricopre con panni le piccole membra, e cosí con strette fasce a Dio cinge le mani e i piedi.
Compiuti ormai i trenta anni, terminata la vita mortale, liberamente alla passione si offre il Redentore: l’Agnello sul tronco della Croce viene innalzato per il sacrificio.
Abbeverato di fiele, cade in agonia: spine, chiodi e lancia hanno trafitto l’amabile corpo e ne sgorgano acqua e sangue: è un torrente che deterge terra, mare, cielo e mondo.
Piega i rami, albero svettante, allenta le tue fibre tese; quella rigidità si fletta che la natura ti ha dato: e tendi con morbido tronco le membra del Re celeste.
O albero, tu solo sei stato degno di essere altare alla vittima per il mondo, e di essere l’arca porto di salvezza per il mondo in naufragio: tu, cosparso del sangue prezioso versato dal corpo dell`Agnello.
Alla Trinità beata sia gloria sempiterna, uguale al Padre e al Figlio: e allo Spirito sia pari onore; all’Uno in tre Persone dia lode l’universo. Amen. (Venanzio Fortunato)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Leviamo lo sguardo in alto a Cristo re dell’universo che chiama ogni uomo a regnare con lui.