Giovanni 10, 1-10: 1 In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4 E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6 Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. 7 Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: Io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Giovanni 10, 1-10
«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un`altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l`abbiano in abbondanza.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Il capitolo 9 di Giovanni, che presenta il miracolo del cieco nato, si conclude con un’accusa ai farisei guide cieche e falsi pastori. Il capitolo 10 nei versetti 1-21 presenta il vero pastore, che è Gesù. Il simbolismo della figura del pastore ha una grande importanza in tutto l’antico Oriente, dove spesso si paragona il sovrano ad un pastore e il suo popolo ad un gregge. La stessa cosa si verifica nel Vecchio Testamento, dove anche Dio che è il Signore unico del popolo, è detto pastore. Soprattutto due testi meritano di essere letti: il salmo 23 ed Ezechiele 34, 24-31. Nel Nuovo Testamento anche il Messia viene presentato come pastore. Il brano comprende due parabole e le loro spiegazioni: la parabola del buon pastore e del ladro e quella del buon pastore e del mercenario. La prima parabola, proposta oggi dalla liturgia descrive il vero pastore in contrapposizione ai briganti.
IN VERITA’ IN VERITA’ (1)
Con una espressione solenne:”in verità, in verità”, Gesù si rivolge ai Giudei, che entrano in scena al versetto 21.
CHI NON ENTRA NEL RECINTO (1)
“Recinto” indica uno spazio delimitato da pietre, lontano dalle abitazioni o anche un una specie di cortile adiacente la casa, chiuso da un muretto dove le pecore sono riunite per la notte. Il gregge nella tradizione profetica è Israele e la parola greca, qui tradotta con recinto, “aulè”, indicava il cortile del tempio dove si riuniva il popolo di Dio. Dice il Salmo 110: “ Noi siamo tuo popolo e gregge del tuo pascolo. Varcate le sue porte con inni di grazia, i suoi atri (= recinti) con canti di lode”.
PER LA PORTA (1)
La porta è la discriminante per individuare il pastore: egli entra nel recinto attraverso la porta, che il guardiano gli apre. Il ladro ed assassino non passa per essa, ma scavalca il muro per rubare ed uccidere.
IL GUARDIANO GLI APRE (3)
Quando il buon pastore viene al recinto (aulè) il guardiano lo fa entrare. Allora egli chiama (chiama una per una) le sue pecore per nome ed esse seguono il suo richiamo e vanno fuori al pascolo. Per poter entrare ed essere accolto ci vuole la fiducia reciproca, come è detto più avanti: “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” (14).
CONOSCONO LA SUA VOCE (4)
A differenza dei Farisei, il popolo di Dio riconosce Gesù come lo ha riconosciuto il cieco del nono capitolo.
UN ESTRANEO INVECE (5)
La voce estranea spaventa le pecore. Chi non è il pastore non è in grado di legarle a sé.
ESSI NON CAPIRONO (6)
Per coloro che conoscono il loro pastore (10, 27) il discorso è chiaro, invece coloro che non hanno capito nulla di lui, cioè i farisei presenti alla scena, percepiscono solo un discorso enigmatico. Per chi non ha fede il linguaggio di Gesù resta oscuro.
IO SONO LA PORTA (7)
Segue da 7 a 10 una meditazione sulla parabola. Gesù che è il buon pastore, è il punto di riferimento per l’ingresso delle pecore nell’ovile, che può simboleggiare la Chiesa.
PRIMA DI ME, SONO LADRI E BRIGANTI (8)
Il severo giudizio di Gesù riguarda i falsi messia che allora sorgevano in gran numero e i capi zeloti che avevano del Messia una concezione diametralmente opposta alla sua (vedi 18, 36) . Anche costoro trovarono degli adepti, ma le “pecore”, i seguaci di Gesù, non li seguirono.
IO SONO LA PORTA (9)
Qui la porta non è più quella dell’ovile, ma la sola realtà attraverso la quale “uno…sarà salvo”. E’ solo Gesù che dà la possibilità di appartenere alla comunità degli eletti e di ricevere i beni della salvezza. L’immagine della porta come salvezza la si trova nel salmo 118: “Questa è la porta del Signore; i giusti entrano attraverso essa“.
IL LADRO… IO SONO VENUTO (10)
L’azione del ladro ha lo scopo di distruggere e di perdere, quella di Gesù di donare la vita in pienezza. Tutta l’opera sua è sotto il segno della generosità divina: “laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20).
IO SONO IL BUONO PASTORE (11)
Segue la seconda parabola del “buon pastore”, non inserita nella nostra pericope liturgica, che descrive la differenza che passa tra il padrone del gregge e il servo mercenario. La parabola inizia come avviene varie volte nel 4 Vangelo con l’affermazione “io sono”, con la quale Gesù si manifesta come l’inviato di Dio, che esige un omaggio di fede. Egli si presenta come il “pastore”, il Messia, in cui si compiono le profezie, “il pastore buono”, perché in lui c’è la realizzazione perfetta della missione di pastore.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
ENTRARE PER LA PORTA
“In verità, in verità vi dico, chi non entra per la porta nell`ovile delle pecore, ma vi sale da qualche altra parte, è ladro e malandrino” (Gv 10,1). Essi avevano detto di non essere ciechi: e in effetti avrebbero potuto vedere, se fossero stati pecore di Cristo. Ma come potevano pretendere di avere la luce, coloro che si scagliavano con furore contro il giorno? E` proprio alla loro vana, superba e incurabile arroganza, che il Signore oppone questo discorso, nel quale noi possiamo trovare, se staremo attenti, salutari insegnamenti. Sono molti coloro che ordinariamente sono considerati uomini dabbene, uomini virtuosi, oppure donne irreprensibili e innocenti. Essi sembrano osservare tutti i comandamenti della legge, onorano i loro genitori, non commettono fornicazione, né omicidio, né furto, non rendono contro nessuno falsa testimonianza, e rispettano tutti gli altri precetti della legge e tuttavia cristiani non sono, e spesso con fierezza ci dicono, come quei farisei a Gesú: “Forse che anche noi siamo ciechi?” (Gv 9,40). Il Signore, nel passo del Vangelo che ci è stato letto oggi, parlando del suo gregge e della porta per cui si entra nell’ovile, suggerisce un paragone, per dimostrare la inutilità delle cose che fanno costoro, in quanto essi non sanno per qual fine le compiono. Dicano pure i pagani: Noi viviamo rettamente. Se non entrano per la porta, a che giova loro gloriarsene? Vivere rettamente deve assicurare a ciascuno il dono di vivere per sempre: e a chi non è dato di vivere per sempre, a che giova vivere rettamente? Costoro non possono neppure affermare di vivere nel bene, se per cecità non conoscono il fine che deve avere una vita onesta, oppure per orgoglio lo disprezzano. E nessuno può avere speranza vera e certa di vivere in eterno, se non riconosce che Cristo è la vita, e non entra per la porta nell’ovile. (Agostino, In Ioan. 45, 2.12; 46, 5 s.)
IL MERCENARIO
Il mercenario non fa qui la figura dell`uomo dabbene, ma tuttavia a qualcosa è utile: non si chiamerebbe mercenario se non ricevesse una mercede da chi lo ha assunto. Chi è dunque questo mercenario, che è insieme colpevole e utile? Che il Signore, fratelli, ci illumini, in modo che noi si intenda chi è questo mercenario, e non si divenga a nostra volta mercenari. Chi è dunque il mercenario? Vi sono alcuni nella Chiesa che sono preposti in autorità, e di cui l`apostolo Paolo dice: “Cercano gli interessi loro e non quelli di Cristo” (Fil 2,21). Che vuol dire: «cercano i loro interessi»? Vuol dire che il loro amore per Cristo non è disinteressato, non cercano Dio per Dio; cercano vantaggi e comodità temporali, sono avidi di denaro, desiderano gli onori terreni. Costoro che amano queste cose e per esse servono Dio, sono dei mercenari; non si tengano in conto di figli. Di essi il Signore dice: “In verità, vi dico che essi hanno già ricevuto la loro ricompensa” (Mt 6,5). Ascoltate ora perché anche i mercenari sono necessari. Molti sono coloro che nella Chiesa cercano vantaggi materiali, e tuttavia annunziano Cristo e per loro mezzo la voce di Cristo si fa sentire. Li seguono le pecore, che sentono non la voce del mercenario, ma per mezzo di questa la voce del pastore. Ascoltate cosa dice lo stesso Signore di costoro: “Gli scribi e i farisei sono seduti sulla cattedra di Mosè: fate ciò che dicono, ma non fate ciò che fanno” (Mt 23,2). In altre parole, egli dice: Ascoltate la voce del pastore per mezzo del mercenario. Sedendo sulla cattedra di Mosè, insegnano la legge di Dio; quindi per loro mezzo Dio insegna. Ma se essi vogliono insegnare le loro idee e non la Legge, non ascoltateli e non imitateli. Certamente costoro cercano i loro interessi, e non quelli di Gesú Cristo; tuttavia nessun mercenario ha mai osato dire al popolo di Cristo: occupati dei tuoi interessi e non di quelli del Signore. Quanto egli fa di male, non lo annunzia dalla cattedra di Cristo; il male che fa è nocivo certamente, ma non lo è il bene che dice. Cogli l`uva, ma stai attento alle spine. (Agostino, In Ioan. 45, 2.12; 46, 5 s.)
BISOGNO DEL SALVATORE
Le persone in buona salute non hanno bisogno del medico (cf. Mt 9,12 e parall.), almeno finché stanno bene; i malati al contrario richiedono la sua arte. Allo stesso modo, noi che in questa vita siamo malati di desideri riprovevoli, di intemperanze biasimevoli, di tutte le altre infiammazioni delle nostre passioni, abbiamo bisogno del Salvatore. Egli ci applica dolci medicamenti, ma del pari amari rimedi: le radici amare del timore bloccano le ulcere dei peccati. Ecco perché il timore, anche se amaro, è salutare. Noi, i malati, abbiamo bisogno del Salvatore; gli smarriti, di colui che ci guiderà; i ciechi, di colui che ci darà la vista; gli assetati, della sorgente di acqua viva, e coloro che ne berranno non avranno piú sete (cf.-Gv 4,14); i morti, abbiamo bisogno della vita; il gregge, del pastore; i bambini, del pedagogo; e tutta l`umanità ha bisogno di Gesú: per paura che, senza educazione, peccatori, cadiamo nella condanna finale; è necessario, al contrario, che siamo separati dalla paglia ed ammassati “nel granaio” del Padre. “Il ventilabro è nella mano” del Signore e con esso separa il grano dalla pula destinata al fuoco (cf. Mt 3,12). (Clemente di Aless., Paedagogus, 83, 2 – 84, 3)
PASTORE DEL GREGGE
Possiamo comprendere la suprema sapienza del santissimo Pastore e Pedagogo, che è il Signore di tutto e il Logos del Padre, quando impiega un`allegoria e si dà il nome di pastore del gregge (cf. Gv 10,2s); ma è anche il Pedagogo dei piccolini. E` cosí che egli si rivolge diffusamente agli anziani, attraverso Ezechiele, e dà loro il salutare esempio di una sollecitudine quanto mai accorta: “Io medicherò colui che è zoppo e guarirò colui che è oppresso; ricondurrò lo smarrito (Ez 34,16) e lo farò pascolare sul mio monte santo” (Ez 34,14). Tale è la promessa di un buon pastore. Facci pascere, noi piccolini, come un gregge; sí, o Signore, dacci con abbondanza il tuo pascolo, che è la giustizia; sí, Pedagogo, sii nostro pastore fino al tuo monte santo, fino alla Chiesa che si eleva, che domina le nubi, che tocca i cieli! (cf. Sal 14,1; Ap 21,2). “E io sarò”, egli dice, “loro pastore e starò loro vicino” (Ez 34,23), come tunica sulla loro pelle. Egli vuole salvare la mia carne, rivestendola con la tunica dell`incorruttibilità (cf. 1Cor 15,53); ed ha unto la mia pelle. (Clemente di Aless., Paedagogus, 83, 2 – 84, 3)
LE PORTE DEL VERBO
Quanto a voi, se desiderate davvero vedere Dio, prendete parte a cerimonie di purificazione degne di Dio, senza foglie di lauro, né nastri ornati di lana e di porpora; essendovi coronati di giustizia e con la fronte cinta delle foglie della continenza, occupatevi con cura di Cristo; poiché “io sono la porta” (Gv 10,9), dice egli in un certo passo; porta che occorre imparare a conoscere, se si vuol conoscere Dio, in modo tale che egli apra davanti a noi tutte le porte del cielo. Sono infatti ragionevoli, le porte del Logos, che la chiave della fede ci apre: “Nessuno conosce Dio, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo ha rivelato” (Mt 11,27). Questa porta chiusa fino ad ora, ne sono sícuro, rivela inoltre a chi la apre ciò che sta all`interno e mostra quel che non si poteva conoscere in precedenza, senza essere passati per il Cristo, unico intermediario che conferisce l`iniziazione rivelatrice di Dio. (Clemente di Aless., Protrepticon, I, 10, 2-3)
LA PORTA
La porta è il luogo di accesso, di ingresso, simbolo di ogni passaggio decisivo della vita. Poter entrare e uscire dalla porta significa avere libertà, trovarsi come in casa propria, in famiglia. Il ladro o il bandito sfonda la porta oppure entra dalla finestra. La “porta chiusa” è segno di difesa o di rifiuto. Insomma la porta è il simbolo di comunicazione o d’’incomunicabilità, di accoglienza o di rifiuto. Usando questa metafora Gesù si contrappone all’idea giudaica della legge come “siepe” che divide, separa, difende. Egli invece è una porta aperta. (Antonio Bonora)
IL RECINTO
Nel brano evangelico odierno domina l’immagine della porta. Dapprima la “porta” è quella del recinto dove si trovano le pecore. “Chi non entra per il recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore”. Gesù polemizza con i dirigenti religiosi giudaici. Il “recinto” è il popolo di Dio, nel quale sono entrati da padroni, da sfruttatori e ladri molti presunti “pastori rampanti”. Gesù invece è il pastore che entra nel “recinto” come in un luogo familiare, accolto e riconosciuto come una voce e un volto amico….Soltanto lui ha il diritto di entrare per la porta, perché egli solo è capace di portare la salvezza alle pecore. Egli vuole “condurre fuori” le pecore, non per disperderle e abbandonarle a se stesse, ma per guidarle ai pascoli verdeggianti; non vuole tenere chiuse le pecore nel recinto come in una prigione, senza libertà di movimento e senza ampi orizzonti. Gesù è il pastore che vuole condurre fuori, cioè liberare, offrire spazi inediti di libertà e di vita. (Bonora)
L’ASCOLTO
L’”ascolto” descrive totalmente l’atteggiamento umano di fronte alla Parola: è un ascolto intriso di fede e di preghiera. La radice dell’ascolto sta in quella fiducia e piena docilità di cuore che apre alla vita di Dio: la parola infatti, è un’esperienza aperta che proprio nell’ascolto comincia a produrre i suoi frutti. Perciò il centro dell’ascolto, il suo motore è l’amore, è l’esperienza di una profonda comunione che spinge a trasformare la nostra vita e a metterla in sintonia con la volontà di Dio. Costruita attorno alla Parola, la comunità appare costruita attorno a Cristo e al servizio della fede: in questo modo l’immagine del buon pastore che “conosce le sue pecore” e “le chiama per nome” si riversa in quella della comunità che solo attorno alla Parola trova la sua consistenza. (Gianni Colzani)
CHIAMATA E SEQUELA
“Il pastore chiama le sue pecore e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce” La parola di Gesù è anche parola di rivelazione, parola di Dio, parola viva. È la continua presenza di Gesù. Una parola è viva quando è presente chi parla: in questo senso la presenza di Gesù impedisce alla Parola di diventare libro, di diventare testo storico. Ora poiché la chiesa ha il privilegio di questa presenza, la Parola di Dio è per essa “spirito e vita”, è “lampada per i suoi passi e luce sul suo cammino “ (Sal 119, 105) . L’intera vita cristiana e comunitaria si raccoglie attorno alla Parola e vive in essa.
PROSPETTIVE
Il “pascolo” è chiamato “la vita”, e una vita “in abbondanza”. Gesù è venuto per donare la sua vita e per far capire che è questa la strada della vera libertà: lui è il pastore, la porta, l’ovile, il luogo che permette a ciascun uomo di costruire la propria salvezza, accogliendo la guida e l’esempio offerti da Gesù, conformandosi a lui. In questa pagina del Vangelo ci sono prospettive esaltanti: i rapporti con il pastore fatti di conoscenza intima e personale, la grande uscita verso la libertà e la vita, la sicurezza di avere una guida che cammina davanti a noi. La parabola può sembrare molto chiara e perfino facile, ma Giovanni mette ci mette in guardia dicendoci che “essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro”. C’è dunque da capire, o meglio da voler capire, cioè decidere di entrare nella prospettiva di Gesù, che è, come sempre, esigente e faticosa, ma insieme la sola strada aperta se si vuole essere autenticamente “pecore” del suo “gregge”. (Domenico Pezzini)
GESU’ E’ LA PORTA
Gesù è la porta che apre l’accesso a Dio, dà la possibilità di entrare nei veri pascoli della verità e dell’amore, offre il passaggio per incontrare ogni uomo come fratello. Tutte le altre porte prima o poi si chiudono o dietro di noi, imprigionandoci in un recinto soffocante come un carcere, oppure davanti a noi, lasciandoci delusi e soli senza vie di accesso alla felicità e alla vita. Gesù abolisce ogni recinzione e ogni porta che non sia lui stesso. Il recinto e la porta servono per custodire e proteggere le pecore. Egli è la porta per cui le pecore possano entrare e uscire liberamente, trovare rifugio e sicurezza, ma anche correre verso i pascoli. E’ la porta della salvezza, non quella delle prigione né quella della casa vietata. E’ la porta della libertà e della vita: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. (A. Bonora)
GESU GUIDA ALLA VITA
Gesù conduce, spinge fuori il gregge. Spinge i suoi fedeli fuori da una situazione di stallo, alla quale è fin troppo facile rassegnarsi. Egli “cammina davanti” alle pecore, si pone alla loro testa e ardimentosamente le guida dentro la realtà della storia, ove esse trovano per sé e apportano agli altri la “vita”. Come aveva fatto il Dio dell’esodo con il suo antico popolo, che precedeva con una colonna di nube e di fuoco e così lo guidava verso la terra della libertà e della salvezza, altrettanto fa il pastore del Vangelo. “ Egli vuole il suo popolo non nel riposo, ma in cammino, in esodo. Gesù è il pastore che trascina in avanti il suo popolo, verso il dono di sé e verso l’attesa di coloro che non lo conoscono ancora”. (Canalis)
IL PASTORE E IL GREGGE
Secondo il brano evangelico odierno, Gesù conduce le sue pecore fuori dal chiuso di un ambiente privo di luce e di foraggio fresco, “cammina davanti a loro e le pecore lo seguono. Per essere il loro pastore e per poter dare loro il suo amore, Gesù domanda ad esse due cose: “la conoscenza della sua voce” e la sua “sequela” domanda di riconoscere, cioè di discernere la sua voce dalle molte altre, simili ma equivoche. La sequela si gioca, certo, soprattutto nell’ascolto docile e obbediente della voce di Dio, ma la sequela di Cristo è preceduta e accompagnata dalla capacità di discernimento del messaggio cristiano, della “parola di verità del Vangelo”, da molti altri messaggi che gli assomigliano, e che tuttavia sono soltanto “favole e genealogie interminabili, che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede “ (1 Tm 1, 4). Le pecore seguono Gesù, il quale “per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione “ (1 Cor 1, 3°) . (Caporello)
GESU’ PASTORE NELL’ASSEMBLEA EUCARISTICA
Solo Gesù è il vero pastore. Nel Battesimo siamo stati salvati e guariti dal nostro pastore, siamo tornati a lui; e quando ci raduniamo in assemblea siamo invitati ancora a convertirci, sempre più profondamente e con maggior fedeltà al nostro pastore; ascoltando la sua parola, che ci viene annunziata noi riconosciamo la sua voce, e, nella fede, siamo illuminati sul mistero del Pastore vero che con il suo sacrificio riunisce le “pecore erranti”. Nella preghiera eucaristica rendiamo grazie al Padre per la morte-risurrezione di Cristo, mentre uniti al nostro pastore diventiamo in lui, “un solo corpo e un solo spirito” per formare il gregge dei salvati. Infine, nella comunione riceviamo “l’abbondanza di vita”, il corpo e il sangue di Cristo: egli stesso ci ha preparato una mensa e si è fatto cibo per noi. Con riconoscenza possiamo cantare: “il mio calice trabocca”, mentre la fede in colui “che è custode delle nostre anime” ci dà la certezza che berremo con lui questo calice nel Regno del Padre. Ma intanto la celebrazione diventa anche impegno di conversione continua per una vita autentica nell’ovile di Cristo. Come il Pastore, anche il cristiano deve andare in cerca delle pecore smarrite in un mondo sbandato (i poveri, i piccoli, gli infermi, gli increduli…) perché tutti possano riconoscere e seguire con verità colui che è “ la porta” che introduce alla salvezza e alla vita. (Messalino LDC)
GIORNATA MONDIALE DELLE VOCAZIONI
Nella domenica del “buon pastore” la Chiesa ricorda che c’è anche bisogno di “pastori” che guidino le singole comunità: vescovi, sacerdoti, diaconi, e celebra la “giornata mondiale delle vocazioni”. Dio si esprime nella storia con una varietà di chiamate, tutte importanti. Tutti siamo chiamati alla vita, alla fede, all’impegno di amore, a svolgere un ruolo nella comunità degli uomini. Il filosofo Mounier dice: “La persona è vocazione, cioè un progetto dinamico in permanente sviluppo, pensato da Qualcuno, che lo ha visto in armonia con tutti gli altri progetti, in un piano d’insieme.” Di fatto siamo tutti chiamati, ma non tutti allo stesso modo.
Alcuni sono stati chiamati dal Signore a prolungare nella Chiesa, nel gregge di Cristo proprio il compito di Gesù Buon Pastore. Nel sacerdozio, nel diaconato, nella vita religiosa, nell’associazionismo cristiano, nella vita missionaria. E’ una missione speciale. Ma per intraprenderla non si deve aspettare una prova dal cielo, una cartolina precetto. Tutti, giovani, ragazzi e adulti scoprono dentro di sé uno speciale orientamento, come dono di Dio. Infatti “prima di scegliere Dio si è scelti da Dio”. E questo orientamento, come ogni germoglio, può essere lasciato morire oppure portato a maturazione. Le vocazioni al sacerdozio, in particolare, tempo fa erano più numerose, c’è poi stata una crisi nelle vocazioni, ma da qualche tempo il loro numero ha ripreso a crescere su scala mondiale. Non tanto in Italia, purtroppo. Ma le vocazioni non mancano nemmeno oggi, forse manca la risposta. Don Bosco diceva che almeno il quindici per cento dei giovani che frequentavano le sue opere aveva la vocazione sacerdotale. Ragazzi e giovani sono chiamati a domandarsi se il Signore li chiama a qualche vocazione speciale. Si sa che la vita intera di un uomo dipende da due o tre si o no, pronunziati in gioventù. Ma questo non riguarda solo le vocazioni speciali, riguarda tutte le vocazioni: alla vita, alla fede, alla vita matrimoniale, al personale impegno verso i fratelli e all’impegno di carità nella Chiesa e nel mondo. Il Signore chiama. Attende la nostra risposta. (Enzo Bianco)
PREGHIERA (pregare la parola)
•O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita. (Colletta 4 di Pasqua A)
•Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. (Salmo 22, 1-4)
•Signore, siamo tutti ingannati, tutti in balia di briganti e rapaci: ci si vergogna di dirci pecore, invece siamo ancor più degradati: se tu parli di gregge è solo perché vuoi significare una realtà di pace; e di questo gregge veramente tu solo sei il pastore, che ci conduce al largo: tu solo via e porta di libertà e di salvezza. Signore, guardaci da tutti i ladri e mercenari. (David Maria Turoldo)
•Ti ringraziamo, Signore Cristo nostro pastore. Sei venuto perché abbiamo la vita in abbondanza. Tu sei la porta sempre aperta a tutti gli uomini; aprici la strada alla tua bontà infinita, al tuo amore universale e all’amore dei nostri fratelli.
•Ti preghiamo, Signore, per coloro che si ritrovano incerti e sbandati: scoprano in te la porta che conduce a libertà e trovino il coraggio di abbandonarsi a te con fiducia. (Domenico Pezzini)
•Spalanca le nostre porte, Signore, rompi i chiavistelli, elimina le nostre difese e i nostri privilegi di gente dabbene. Che il tuo Spirito apra una breccia nei nostri muri, perché la nostra comunità sia famiglia aperta a tutti. (Basilio Caballero)
•Suscita, Signore vocazioni di servizio tra di noi e dona sempre al tuo popolo pastori a misura del tuo amore. (Basilio Caballero)
•Signore Gesù, buon pastore delle nostre anime, tu ci conosci personalmente, e per condurci al Padre non hai posto limiti alle tue sofferenze. Non permettere che ci lasciamo sedurre dai falsi pastori, sempre pronti a ingannare le folle. Fa di ognuno di noi un vero pastore per i suoi fratelli smarriti nel deserto del mondo, perché tutti possiamo ritornare a te, vero pastore che ci conduci al Padre. (Charles Brethes)
•Signore, tu sei il buon pastore: che tutti ti riconoscano come colui che guida verso l’unità l’umanità dispersa.
•Signore Gesù, solo attraverso di te noi possiamo innalzare preghiere al Padre. Sei tu la porta del cielo che ci permetti di dialogare con Dio e di chiedere ciò di cui abbiamo bisogno. Donaci il regno innanzitutto, perché tu sei colui che ci conduce ai pascoli eterni.
•Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo è il rivelatore di Dio invisibile, è primogenito di ogni creatura, è il fondamento di ogni cosa. Egli è il maestro dell’umanità, è il Redentore… Egli è la luce e la verità, egli è la via la verità e la vita. Egli è il Pane, la fonte di acqua viva, per la nostra fame e per la nostra sete. Egli è il Pastore, la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. (Da una professione di fede di Paolo VI)
•Madre benedetta, quando ti pensiamo trasfigurata dal dolore invece che dalla gloria ci pare che tu ci prenda e ci dica: “Figli venite con me”. Di questo invito abbiamo bisogno per continuare a seguire Cristo, di questo invito abbiamo bisogno per continuare a sperare e a credere che il Figlio tuo è Salvatore vittorioso e che questa vittoria della sua risurrezione ce la offre sempre con una divina fedeltà ed anche con una divina onnipotenza. (Cardinal Ballestrero)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Ascoltiamo assiduamente Cristo buon pastore, presente nella sua Parola.