Caro parroco,
Per quanto mi riguarda, l’educazione religiosa mi è stata impartita in ambiente di preti e mi ricordo le cose belle che ci raccontavano, ma anche di cose meno belle… I preti/educatori a volte erano dolci, a volte si arrabbiavano, ti “mandavano a quel paese”, e qualcuno sparava senza ritegno anche parolacce. Quando predicavano ti facevano due p… che non ti dico, e vagavano, vagavano senza mai dire cose che ti toccavano sul vivo. Mi ricordo che nelle confessioni mi si chiedeva il numero di certi peccati. Non ho mai capito il perché, forse il numero stabiliva la quantità di avemmarie da dire per penitenza?
Caro sig. “G”.
Non pretenda l’impossibile da uomini come tutti gli altri uomini: i preti non sono manichini programmati in un certo modo, hanno sentimenti, soffrono disagi, subiscono paure, spesso patiscono agorafobie, possono avere difficoltà di eloquio e di colloquio. I preti e i religiosi sono, sì, “chiamati” per servire il popolo di Dio, cioè la Chiesa, e non per fare ciò che più loro aggrada, ma anch’essi hanno il loro carattere (burbero o caloroso o cauto o cordiale o deciso o diffidente o franco o impulsivo, o freddo, ecc. ecc.), e possono avere fobie, tic, incubi, repulsioni, ecc. Sono uomini con modi di agire propri, dipendenti dalla sensibilità e dalle propensioni di ciascuno, oltre che, si spera, dalla loro preparazione teologica, sensibilità apostolica, competenza pastorale. Occorre accettarli come sono.
Quanto alle omelie. Le prediche rivolte a un massa di gente non possono essere “ad personam”, perché la platea non è composta da una persona, ma decine o centinaia, come capita nella nostra basilica. L’importante è che si capisca quello che dice, non che imiti l’uno o l’altro, fosse anche il papa. Papa Bergoglio è così, papa Wojtyła era molto diverso, papa Ratzinger era ancora diverso… A te piace più papa Francesco, a qualche altro più Giovanni Paolo II, ad altri ancora più Benedetto XVI. Le sensibilità sono diverse. Lasci dunque a ciascuno la sua e pensi alla sostanza, non ai modi di presentarla.
Quanto infine al numero dei peccati. Beh, in effetti un tempo era di moda chiederlo e aveva una sua giustificazione: un conto è un chicco di grano un altro conto è un sacco di grano! Non è questione di quantità di avemmarie da dire come penitenza, ma di peso, un peso che in realtà misura la capacità e la volontà di resistenza del penitente.