Vegliare, sperare, gioire. Questi tre verbi possiamo dire siano le tre caratteristiche che l’Avvento, ultimo nato tra i tempi liturgici e tra i più corti (solo il tempo di Natale è ancora più corto), è chiamato a suscitare in noi.
Il tempo della speranza
Se il Triduo Pasquale è il centro dell’anno liturgico, il tempo di Avvento apre la scansione annuale del mistero di Cristo: la domenica successiva alla solennità di Cristo Re dell’Universo, noi, Chiesa di Dio pellegrini sulla terra, continuiamo il nostro cammino verso il Regno continuando a celebrare un tempo che ha una doppia caratteristica: prepara non solo alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, ma rappresenta anche il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.
L’Avvento è dunque il tempo in cui la Chiesa canta in maniera straordinariamente puntuale il senso sacramentale di tutto il suo agire liturgico: «annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta».
Cristo, infatti,
- verrà incontro a noi, nella sua gloria di Risorto, al termine dell’esistenza terrena di ognuno e al chiudersi delle vicende del mondo (sperare);
- viene però anche a rischiarare ogni giorno della nostra vita quotidiana, luminosamente celato nel volto dei fratelli, nei segni sacramentali, nelle parole di sapienza e di discernimento che ci offrono la Scrittura e la liturgia (vegliare):
- e questo è lo stesso Gesù che è già venuto «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4) e che la liturgia ci conduce perciò a commemorare attraverso una dialettica costante di “già e non ancora”, continuamente attenta a tutto il mistero del Signore, dalla sua venuta nella storia al suo ritorno alla fine dei secoli (gioire).
Quindi l’Avvento è un tempo di beata speranza oltre che di vigile attesa e del risveglio secondo S. Paolo: la tensione verso il Cristo che verrà non deve essere meno forte e sentita della memoria del Cristo già venuto. Se perdiamo di vista l’orizzonte ultimo delle cose e viviamo tutto l’Avvento come mera “preparazione al Natale”, come spesso purtroppo succede, finiremo per ricordare ma senza fare memoria del nostro Signore, venuto una volta per tutte, presente in mezzo ai suoi e che tornerà nella gloria «per giudicare i vivi e i morti».
La nostra attesa non serve ad aspettare la sua venuta, ma ad orientare il nostro sguardo nella giusta direzione della sua presenza. Colui che attende con pazienza vedrà che la presenza del Signore pian piano si fa più viva, la fede nell’attesa si rafforza, gli avvenimenti di ogni giorno acquistano un significato davanti al Signore, lui stesso - il Signore – ci sembra meno lontano, diviene più familiare… Colui che attende non resta deluso, vede gli indizi e continua a cercare con perseveranza. (S. Agostino)
Capire meglio: la struttura
La struttura riflette quello già detto fin qui:
- gli ultimi tempi: la prima domenica
- il “convertitevi” di Giovanni Battista: seconda domenica
- “sei tu colui che devi venire?”: la speranza della terza domenica (Gaudete)
- “nascerà da Maria”: la quarta domenica.
Maria, icona dell’attesa
Il tempo d’Avvento, infine, è anche il tempo liturgico più ricca di riferimenti alla Madre di Gesù, vera e propria icona della Chiesa che prima attende e poi contempla il suo Signore. Nell’arco di poche settimane vengono così proposti all’attenzione dei fedeli la solennità dell’Immacolata Concezione (8 dicembre), il ricordo dell’annuncio dell’angelo (20 dicembre) e della visita a Elisabetta (21 dicembre) e l’esplosione di gioia del Magnificat (22 dicembre): ma tutto il tempo, si può dire, vive di accenni e allusioni alla Vergine Madre, fino all’esplosione dei giorni dell’attesa immediata (17 al 24 dicembre), allorché sia i formulari delle messe che gli inni e le antifone della liturgia oraria si riempiono di richiami che, nel loro insieme, disegnano la figura di una vergine Figlia di Sion che assume a poco a poco i tratti della madre del Redentore:
«sotto questa luce, essa vien già profeticamente adombrata nella promessa, fatta ai progenitori caduti in peccato, circa la vittoria sul serpente (cfr. Gn 3, 15). Questa è la Vergine che concepirà e partorirà un figlio, il cui nome sarà Emmanuele (cfr. Is 7,14 e Mi 5,2-3; Mt 1,22-23). Essa primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da Lui la salvezza. E infine con lei, eccelsa Figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova Economia, quando il Figlio di Dio assunse da Lei la natura umana, per liberare coi misteri della sua carne l’uomo dal peccato» (LG 55)