Laboratorio Mamma Margherita
Mamma Margherita, la madre di Don Bosco.
Laboratori “Mamma Margherita” fra storia e attualità
Nel 1846 la mamma di don Bosco, Margherita Occhiena, dietro il pressante invito di suo figlio, lasciò l’amata casetta dei Becchi per trasferirsi nella nascente opera di don Bosco a Torino, dove aiutare Giovannino nell’accogliere i primi “oratoriani”. Attirati dal cuore paterno di don Bosco molti orfani bussarono alla porta di Valdocco e presto Margherita divenne la “Mamma” di tutti quei poveri giovani così come il figlio ne era divenuto il “Padre”. Dopo la morte di Mamma Margherita, altre signore premurose e generose si adoperano per dare ospitalità, cucinare, lavare, stirare, rattoppare… insomma per tutte le attività proprie di una mamma.
Don Bosco scriveva nel 1847: “ai Cooperatori Salesiani si è aggiunta la categoria delle cooperatrici, donne di famiglia cospicue e delicate che lavano, rattoppano camicie e calzoni dei poverelli”. Successivamente anche Madre Mazzarello riuniva le prime Figlie di Maria Ausiliatrice per cooperare nel rammendare, rattoppare e tenere in ordine i vestiti dei ragazzi di Don Bosco e delle orfane di Mornese.
Nelle prime case salesiane si lavorava spesso in grandi ristrettezze economiche e le zelatrici o patronesse (così vennero chiamate le signore) raccoglievano soldi e cose utili organizzando “mostre missionarie”, allora molto popolari, per sostenere un’opera così grandiosa in costante espansione. Già dal 1950 si prende coscienza del Regolamento dei Cooperatori, ben definito da Don Bosco e le signore sentono forte l’esigenza di appartenere alla Famiglia Salesiana e chiedono di far parte dei Cooperatori: da quegli anni i Laboratori saranno dedicati a “Mamma Margherita” e diffusi in tutta Italia con questa cara denominazione.
L’iniziativa negli anni subì un certo calo, ma rifiorì intorno al 1970 con l’apertura delle case salesiane alla presenza femminile. Si organizzarono vere e proprie stanze di lavoro dove si confezionavano paramenti sacri, tovaglie per altari, tuniche per prime comunioni, abitini per battesimi, corredini per neonati; si producevano liquori e marmellate; si praticavano taglio, cucito, uncinetto, maglia… la carità è vissuta con tenerezza e sollecitudine, si cercava di prevenire e prevedere le necessità.
L’incremento di questi operosi Laboratori fu tale che si pensò ad un Convegno nazionale. I primi furono convocati a Torino, ma poi, dal 1990 furono celebrati a Roma – presso varie strutture ospitanti – e nel 2000, anno del Grande Giubileo, ci fu il sesto… e così via fino ad oggi. Le Mamme Margherita appartengono a tutte le fasce sociali, a tutti i livelli culturali, a moltissime e diverse professioni e a tutte le età: di loro si potrebbe dire quello che Raoul Follerau diceva di se stesso: ”da 50 anni ho sempre 20 anni”.
I Laboratori possono definirsi “oasi di salesianità e fucina di carità”, in essi si esplica “un’attività contemplativa e una contemplazione orante”.