A partire dal Triduo pasquale, come dalla sua fonte di luce, il tempo nuovo della risurrezione permea tutto l’anno liturgico del suo splendore. Progressivamente, da un versante e dall’altro di questa fonte, l’anno è trasfigurato dalla liturgia. Esso costituisce realmente l’anno di grazia del Signore. L’Economia della salvezza è all’opera nello svolgersi del tempo, ma dopo il suo compimento nella pasqua di Gesù e nell’effusione dello Spirito Santo, la conclusione della storia è anticipata, « pregustata », e il regno di Dio entra nel nostro tempo. Per questo la Pasqua non è semplicemente una festa tra le altre: è la « festa delle feste », la « solennità delle solennità », come l’Eucaristia è il sacramento dei sacramenti (il grande sacramento). Sant’Atanasio la chiama « la grande domenica », come la Settimana santa in Oriente è chiamata « la grande Settimana ». Il mistero della risurrezione, nel quale Cristo ha annientato la morte, permea della sua potente energia il nostro vecchio tempo, fino a quando tutto gli sia sottomesso.
L’anno liturgico è il dispiegarsi dei diversi aspetti dell’unico mistero pasquale. Questo è vero soprattutto per il ciclo delle feste relative al mistero dell’incarnazione (Annunciazione, Natale, Epifania) le quali fanno memoria degli inizi della nostra salvezza e ci comunicano le primizie del mistero di Pasqua.
« Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, e contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere ». Quando, nel ciclo annuale, la Chiesa fa memoria dei martiri e degli altri santi, essa « proclama il mistero pasquale » in coloro « che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati; propone ai fedeli i loro esempi, che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo, e implora per i loro meriti i benefici di Dio ». (dal “Catechismo della Chiesa Cattolica)
Il “tempo ordinario” è un tempo liturgico un pò particolare: apparentemente “noioso”, ordinario appunto, molto lungo, sembra un pò un riempitivo tra i restanti tempi forti dell’anno: Avvento-Natale, Quaresima-Pasqua. Quasi come i giorni feriali tra due domeniche. Ma la Chiesa, che La Pasqua è la festa fondamentale del culto cristiano: tutto l’anno liturgico trae da essa l’origine. La singolarità del mistero pasquale non sta nel fatto che Gesù ha compiuto un’opera straordinariamente grande e sovrumana, ma nell’aver assunto le esperienze più profonde dell’uomo e “Quaranta giorni in preparazione alla Pasqua”. Questa la definizione di Quaresima, che anche i più lontani conoscono. Quaranta giorni per arrivare a “a una vita rinnovata a immagine del Signore che risorge”. Il Tempo di Quaresima quindi è un cammino, “Si è manifestata la gloria di Dio”: grande è il significato del Tempo di Natale. Tempo corto, il più corto di tutti, ma densissimo. Sembra quasi che la Chiesa voglia rispecchiare la dinamica della vita di tutti i giorni, in Vegliare, sperare, gioire. Questi tre verbi possiamo dire siano le tre caratteristiche che l’Avvento, ultimo nato tra i tempi liturgici e tra i più corti (solo il tempo di Natale è ancora più corto), è chiamato a suscitare in noi. Cade il 2 febbraio, esattamente 40 giorni dopo il Natale: è la festa liturgica della “Presentazione di Gesù al al Tempio”, narrata nel vangelo di Luca (2,22-40), e popolarmente detta “candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo Siamo entrati, quasi senza accorgercene, nel nuovo anno Liturgico. La Chiesa ci propone di rimetterci nella veglia, di interrogarci se siamo pronti ad accogliere il Signore che viene a illuminare e guidare le nostre vite, e a conformare la nostra