Caro parroco,
Quest’anno avete parlato tanto e state ancora parlando del bicentenario di Don Bosco (vedo che ci sono ancora i grandi pennoni sulla facciata della nostra grande chiesa). È una bella cosa, sì, ma lei non deve dimenticare che il suo don Bosco ha per l’appunto duecento anni, che non sono bazzecole. Ne conviene? Allora, come potete dire, l’ho sentito affermare da lei, che è attuale, che è più moderno di certi moderni, ecc.?
(e-mail firmata)
Caro prof.
è vero che egli è figlio del suo secolo, l’Ottocento. È vero che è morto da 127 anni. Ma è forse morta l’educazione? Se così fosse i professori come lei non sarebbero più educatori, sarebbero semplicemente dei “trasmissori” (mi passi l’orrendo vocabolo), dei canali che cercano (e quasi mai ci riescono) di far passare delle nozioni, delle tecniche, dei metodi didattici che oggi si possono apprendere con tutta comodità dovunque, basta possedere un computer o un tablet o uno smartphone. Oggi si viaggia con l’enciclopedia universale in tasca che insegna di tutto con metodi ultramoderni. Che poi sia oro colato quello che si legge… beh, questa è un’altra storia.
Un collega che si dichiarava ateo un giorno mi è venuto a trovare [ero ancora direttore de “Il Bollettino Salesiano”] e nel corso della conversazione che spaziava dall’educazione all’economia, alla religione, alla filosofia, alla politica… a un certo punto sbottò: “Dio? Ma che Dio! Dio non sa niente di politica!”. Gli ho semplicemente risposto: “Si vede da come i nostri politici fanno politica!”.
Il parroco