Caro don,
Dopo questo mio breve sfogo forse non vorrà più vedermi […] ma le voglio lo stesso dire che voi preti siete un po’ farfalloni […] e non sono sola a pensarla così.
(lettera firmata)
Gentile Signora,
Tralascio il resto della lettera, perché ribadisce quanto detto nella prima frase, anzi nella seconda. Noi preti, signora, siamo uomini. Come tutti: con pregi e difetti (non sto a profetizzare se sono più i difetti o i pregi, lascio l’incombenza a Dio che “mi conosce meglio di quanto io conosca me stesso” (spero che s. Agostino voglia scusarmi se gli ho rubato una frase magistralmente vera!). Dunque, signora, non considerateci santi da altare, non lo siamo, siamo tutti peccatori, come ricorda ogni tanto papa Francesco, mettendo anche se stesso nella fila di quelli che hanno bisogno del perdono di Dio, sicuro, come lo siamo tutti, che Lui perdona settanta volte sette. Lottiamo ogni giorno la vita, come lei e come tutti del resto, camminiamo insieme verso la meta ultima che non è la morte ma la vita, crediamo alla vita oltre la vita. La nostra strada non è più liscia di quella degli altri, anzi a volta è più complessa e pesante. Abbiamo bisogno di essere sostenuti da quelli che dobbiamo sostenere. E credo che tanto basti.