Con questo primo articolo iniziamo ad analizzare una categoria di canti che abbiamo chiamato “gli intoccabili”. Questo aggettivo è mal digerito da molti, perché qualcosa di “intoccabile” sembra che limiti la propria “fantasia”… In questo caso, è invece garanzia di un serbatoio di ricchezza inesauribile. “Intoccabili” perché, in ossequio al principio per cui nella S. Messa la musica è “testo che si fa musica”, perchè parte integrante e non corollario o colonna sonora, questi brani sono scritti, esattamente così come sono, direttamente nel Messale. Quindi fanno parte della S. Messa in primis come testo, e non vanno modificati o alterati o integrati, perché sono essi stessi già completi così come sono. Nel trasformarsi in canto, il testo deve quindi rimanere così com’è. Cambiarlo, contrariamente a quanto si pensi, priva l’assemblea di un tesoro che è invece destinato direttamente ad essa.
GLORIA
Il Gloria è il canto degli angeli nella notte di Natale: la nascita di Cristo annunciata ai pastori e da loro a tutta la terra. Il testo attualmente usato nell’inno, è nella prima parte preso direttamente dal Vangelo di Luca, a cui poi sono state aggiunte nei secoli altre parti. Il testo completo è:
Gloria a Dio nell’alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Noi ti lodiamo,
ti benediciamo,
ti adoriamo,
ti glorifichiamo,
ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa,
Signore Dio, Re del cielo,
Dio Padre onnipotente.
Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo,
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre;
tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi;
tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica;
tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore,
tu solo l’Altissimo:
Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.
e nell’Ordinamento Generale del Messale Romano, si specifica chiaramente che il testo di questo inno non può essere sostituito con nessun altro. E’ già autoesplicante, ricco, vero. Non c’è alcun bisogno di parafrasi o altro. Però sicuramente è un inno lungo, e cantarlo di seguito richiederebbe una variazione melodica che non tutti possono facilmente memorizzare; una soluzione che può essere un buon compromesso è farlo in forma “responsoriale”, con un “ritornello” da ripetere tutti e poi tre o quattro strofe che cantano il cantore o il coro. Attenzione: devono rispettare fedelmente il testo. Quindi niente stelle mare tramonti e quant’altro. E l’Amen finale è parte integrante dell’inno (alcuni lo omettono).
In Avvento e in Quaresima non si canta, come segno di “assenza”, di qualcosa che manca, che sarà completato dal Natale e dalla Pasqua.
CREDO
Il Credo, o Professione di fede, è uno snodo centrale nella struttura della Celebrazione Eucaristica. Fa da congiunzione tra la Liturgia della Parola, appena conclusa, e il rito dell’Offertorio. E’ una risposta alla Parola di Dio appena ascoltata, che sfocia poi nell’offerta a Dio del Suo Figlio. E’ il sunto e il centro della nostra fede. Dodici articoli, dodici apostoli. Per questo è tutta l’assemblea che lo recita, o al massimo si ha l’alternanza sacerdote (o guida)/assemblea. Il canto ovviamente segue la stessa regola.
Tuttavia non è usuale sentirlo cantare, sia per la lunghezza, che richiederebbe per ogni versetto una melodia differente e quindi di difficile memorizzazione, sia per non appesantire troppo la lunghezza della Messa. Nelle Messe solenne sarebbe invece consigliabile cantarlo. Come? Una soluzione potrebbe essere la stessa a volte d’uso per il Gloria: si individua un “ritornello”, un versetto da ripetere dopo alcuni articoli del credo (di norma quelli “omogenei” di argomento). Richiede, tuttavia, una certa pratica.
SANTO
Il Santo è un inno che fa parte ed è la conclusione della “preghiera eucaristica”, che introduce il momento centrale della Celebrazione Eucaristica, cioè il momento in cui il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo, evento chiamato “transustanzazione”.
Il testo del Santo è scritto nel Messale, ed è il seguente:
“Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Osanna nell’alto dei cieli.”
Poiché la musica liturgica è testo che si fa musica, è questo il testo che va cantato (che troviamo in Ap 4, 8, e in Sal 118, 26), non altre parafrasi o aggiunte. Fondamentale poi è il “Trisaghion”, cioè il tre volte Santo. Quindi i “santi” che hanno un numero di acclamazioni “santo” diverso, non sono il testo in canto, e quindi non vanno usati in questo contesto (per esempio il tanto in voga “santo zaire” (osanna eh), che nella lingua originale è corretto, ma nella traduzione viene falsato.
Poiché il Santo deve obbligatoriamente essere recitato dall’assemblea, allo stesso modo il canto deve essere cantato dall’assemblea, mai solo dal cantore o dal coro. Ci può essere un’alternanza coro (o cantore)/assemblea, soprattutto su “i cieli e la terra” e il “benedetto colui che viene”, ma l’Osanna va necessariamente cantato da tutti.