Parroco,
[…] i sono stato in carcere[…]. Vabbè, me lo meritavo […] Però, insomma, là dentro non ci si redime, si diventa peggio. Il carcere è uno schifo e c’è di tutto che non posso scrivere. Mi sa che ce sta anche chi non se lo merita […] e poi si sta anche troppo stretti: si soffoca […]
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Caro “X”,
Per quel che ne so, non so darti torto: in carcere si sta male e spesso si diventa peggiori. Tant’è vero che le statistiche dicono che quasi il 70% di quelli che escono, tornano a delinquere e questo la dice lunga. È anche vero che si sta stretti. Ho letto su una rivista che la capienza totale delle carceri italiane si aggira attorno alle 50mila persone, ma la popolazione attuale dei detenuti è di oltre 58mila presenze. A questo punto mi viene da chiederle se questa giustizia “retributiva” con cui si paga, si espia il male provocato con un periodo di detenzione adeguato, se, secondo lei, sia esaustiva, cancelli la pena e restituisca la libertà al detenuto… Mi permetta di esprimere qualche perplessità. Non le pare che le vittime, chi ha subito, siano quasi assenti in questa faccenda. La domanda che mi frulla in testa è: come riparare il male che hanno subito le vittime? So di cacciami in un discorso difficile e decisamente complesso dalle implicazioni imprevedibili. A corti discorsi: c’è una giustizia “riparativa” volta a soddisfare in qualche modo le vittime? Le faccio un esempio fuori dal comune. L’assassino di Maria Goretti, la ragazzina che non ha voluto cedere alle sue voglie, scontata la pena volle riparare anche al danno fatto alla mamma della sua vittima. Andò a trovarla a Corinaldo, bussò alla porta della canonica dove la donna era stata assunta dal parroco come “perpetua”; mamma Assunta proprio lei venne ad aprire. “Assunta mi riconoscete?”. “Si, ti riconosco!”. “Potete perdonarmi?”. “Ti ha perdonato il Signore, ti ha perdonato Marietta, perché non dovrei perdonati io?”. E si abbracciarono. Lo so, non capita quasi mai così. Ma se capitasse spesso avremmo risolto un’infinita serie di problemi ed evitato tante sofferenze, avremmo gettato un po’ di luce in un mondo perennemente oscuro.