Don Bosco fin da fanciullo carezzò un grande sogno: diventare prete. « A Casteinuovo – scrisse più tardi nelle sue memorie – io da ragazzo vedevo parecchi buoni preti che lavoravano nel sacro ministero, ma non potevo contrarre con loro alcuna familiarità…». Se ne sfogava spesso con la mamma:
- Se io fossi prete, non farei così. Mi avvicinerei ai ragazzi, li riunirei, li amerei e mi farei amare…
- Che ci possiamo fare, Giovanni? – gli ribatteva la mamma. – Pensa che i preti di Castelnuovo hanno tante altre cose da fare. Vorresti che perdessero tempo anche con i ragazzi?
- E Gesù lo perdeva forse con i fanciulli che si raccoglievano attorno a lui? Se un giorno sarò prete, i ragazzi non mi vedranno mai passare così, accanto a loro, ma sarò sempre il primo a rivolgergli la parola.
Nell’agosto del 1831, Giovanni ebbe un sogno che gli riaccese tutti i suoi ideali. Raccontò: « Vidi venire una grande Signora che pascolava un gregge numeroso. Mi chiamò per nome e mi disse: «Vedi questo gregge, Giovannino? Io te lo affido». «Ma come farò, Signora, ad allevare tante pecore e tanti agnelli? Non ho un pascolo dove possa condurli». «Non temere, Giovanni. Io ti aiuterò ». Detto questo, scomparve ».
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Don Bosco realizzò il suo ideale perché sin da fanciullo lo aveva coltivato nel cuore. Insegnate al ragazzo che se non realizza in pieno le sue capacità, la vita gli diventerà annebbiata, sfocata, priva di significato, insopportabile. Tre pericoli lo minacciano: l’inerzia (o pigrizia), la mancanza di volontà e la sfiducia in se stesso.
Occorre insegnargli un metodo di autodisciplina che, a dire il vero, esige sacrificio e volontà.
Insegnategli a stabilire in modo specifico la meta o il traguardo a cui vuole arrivare. Non basta dire: «Voglio farmi una posizione», o «Voglio conseguire un diploma, una laurea». Il giovane deve stabilire con esattezza la meta da raggiungere e il tempo entro il quale la vuole raggiungere: «Voglio diventare elettrotecnico entro cinque anni», o «Voglio conseguire il titolo di perito in tre anni di Scuola serale». Un sistema pratico è quello di scrivere su un cartoncino il traguardo da raggiungere nel tempo stabilito e tenerselo ben in vista sul tavolo di studio: uno stimolo quotidiano alla volontà.
Insegnategli a servirsi dell’immaginazione per potenziare le proprie decisioni e la volontà di riuscire. I sogni a occhi aperti e i pii desideri non bastano; bisogna che il ragazzo accenda dentro di sé un desiderio fortissimo e ardente. Deve crearlo e alimentarlo con l’immaginazione che ha, per natura, fosforescente. La chiarezza dei propositi e l’intensità del desiderio sono gli ingredienti principali della formula numero uno per realizzarsi. Occorre trasmettere al proprio inconscio gli impulsi giusti. L’inconscio è una grande dinamo, ma è anche un computer che deve essere debitamente programmato. Se all’inconscio arrivano di continuo paure, incertezze, esitazioni, dubbi, sconforti, è difficile che esso risponda con qualcosa di costruttivo. Ma se a livello del pensiero cosciente sarà sempre mantenuto un obiettivo chiaro e distinto, prima o poi l’inconscio lo accetterà e comincerà a fornire idee, intuizioni e tutta l’energia necessaria.
Insegnategli che un grande ideale può influire sulla realtà. Per la maggior parte dei ragazzi è molto difficile capire che la forza più poderosa del mondo è una idea che abbia messo radici nella mente umana. Eppure è così. Papa Giovanni alla gioventù studentesca romana disse: « La vita è il compimento di un sogno di giovinezza. Abbiate ciascuno il vostro sogno da portare a meravigliosa realtà ».
“Educhiamo come Don Bosco” – Carlo De Ambrogio