Don Bosco afferma che Michele Magone (uno dei tre giovani modello di cui il Santo scrisse la vita) era sensibilissimo a ogni favore che riceveva. E racconta, tra gli altri, questo episodio.
Michele, dopo un anno trascorso all’Oratorio con Don Bosco, preferì non recarsi a passare le vacanze al paese perché, diceva, « a casa troverei i pericoli di prima ». Don Bosco volle premiare tanta virtù e condurlo con pochi altri al Colle natio per fargli « godere un po’ di campagna ».
« Per la strada – scrive Don Bosco – fummo sorpresi dalla pioggia e giungemmo a Chieri tutti inzuppati nell’acqua. Ci recammo dal cav. Marco Gonella, il quale con bontà suole accogliere i nostri giovani che sono di andata o di ritorno da Castelnuovo d’Asti. Egli ci somministrò quanto occorreva per gli abiti; di poi ci apprestò una refezione che se da una parte era da signore, dall’altra trovò un appetito corrispondente.
Dopo qualche ora di riposo ripigliammo il cammino. Percorso un tratto di strada, Magone rimase indietro dalla comitiva. Uno dei compagni, pensando che fosse per stanchezza, gli si avvicinava, quando si accorse che bisbigliava sotto voce.
- Sei stanco, gli disse, caro Magone, non è vero? Le tue gambe sentono il peso di questo viaggio?
- Oh no: stanco niente affatto; andrei ancora sino a Milano.
- Che cosa dicevi ora che andavi parlando sotto voce
- Recitavo d Rosario di Maria SS. per quel signore che ci ha accolti tanto bene; io non posso ricompensarlo altrimenti e perciò prego il Signore e la Madonna affinché moltiplichino le benedizioni sopra di quella casa, e le donino cento volte tanto di quello che ha dato a noi».
« E’ difficile dire – commenta don Lemoyne nelle Memorie Biografiche di Don Bosco – quanto Magone fosse grato per ogni favore ricevuto. Non rare volte stringeva affettuosamente la mano a Don Bosco e, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime, diceva: «Io non so come esprimere la mia riconoscenza per la grande carità, che mi ha usato con l’accettarmi nell’Oratorio. Cercherò di ricompensarla con la buona condotta e pregando il Signore che benedica Lei e le sue fatiche».
Basta spesso una sola parola per ricompensare di tutto: la parola grazie: Don Bosco nell’educare i ragazzi insisteva in tre suggerimenti:
di ringraziare sempre tutti quelli che ci stanno vicini e che ci facilitano l’esistenza con il loro lavoro, non soltanto con un gesto distratto, ma con qualche espressione di interesse personale;
di ricordare ogni giorno il valore preziosissimo di ogni minuto di vita e di mostrare la riconoscenza a Dio non soltanto con qualche preghiera di riconoscenza, ma di fare il possibile per vivere con l’anima in grazia;
di apprezzare la grande grazia di essere nati in una famiglia cristiana e di ricambiare col dare gioia ai propri cari con una condotta buona di vita.
Ringraziate mentre la vostra gratitudine è ancora fresca e viva. Non rimandate il vostro grazie.
La riconoscenza non è facile. La gratitudine comporta vari scalini, uno più bello dell’altro.
C’è il grazie generico per i benefici ricevuti.
C’è il grazie generoso per le sofferenze e per il dolore, che fanno maturare l’anima e la arricchiscono di pregio.
C’è il grazie spontaneo per quello che noi riceviamo da qualsiasi persona. Ogni persona buona che noi avviciniamo ci arricchisce e dobbiamo esserle riconoscenti.
E c’è un grazie ancora più bello: è l’essere riconoscenti a Dio per la possibilità che ci è data di aiutare gli altri; ringraziarlo per la gioia di poter donare qualcosa agli altri.
La gratitudine rallegra le persone che ci stanno accanto e di rimbalzo rende noi stessi più felici. C’è nel Vangelo una frase commovente: «Gesù sobbalzò di gioia sotto l’azione dello Spirito Santo e disse: Ti ringrazio, o Padre, Signore del Cielo e della terra…”