Luca 15, 1-3. 11-32: 1 In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 11 Ed egli disse loro questa parabola: 12 «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spettai Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13 Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, parti per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17 Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20 Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22 Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23 Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. 25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27 Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28 Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora usci a supplicarlo. 29 Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31 Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 15, 1-3. 11-32
Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola….«Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l`anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E` tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Nel Vangelo di Luca il capitolo 15 sta al centro del viaggio verso Gerusalemme (9, 51-19, 28) e di tutto il terzo vangelo e contiene la quintessenza del messaggio annunziato da Luca, chiamato l’evangelista della misericordia. Dopo i versetti 1-3 di ambientazione, Luca presenta le due parabole gemelle, della “pecorella smarrita” (47) e della dramma perduta. (8-10). Segue la parabola del “figliol prodigo” che è meglio definire del “padre misericordioso” (11-32) proposta dalla liturgia della 3 domenica di Quaresima C. Le tre parabole difendono l’atteggiamento di Maestro che perdona i peccati degli uomini, abbatte le barriere religiose, chiama i miseri al Regno e rivela il vero volto di Dio, che ama, crea a salva.
I PUBBLICANI E I PECCATORI (1)
Già in 5, 30 e in 7, 34 abbiamo trovato l’abbinamento pubblicani-peccatori; gli esattori pubblici erano infatti assimilati ai peccatori pubblici, esclusi, secondo la mentalità ebraica, dalla salvezza.
Gesù va da loro, ma qui sono loro che vanno da Gesù e Luca generalizzando dice che c’erano “tutti”. Gesù va contro corrente, contro il principio fermo dei rabbini: “ L’uomo non si accompagni a un empio, neppure per condurlo allo studio della legge” e contro la loro convinzione che Dio non può amare un peccatore se non dopo la sua conversione. Gesù smentisce questa convinzione e questa prassi e dice con le parabole che egli non fa altro che portare avanti e incarnare storicamente un atteggiamento tipico di Dio, già rivelato nell’AT.
I FARISEI E GLI SCRIBI (1)
I farisei e gli scribi mormorano in nome del loro senso di purità: Gesù infatti trattando con i pubblicani, e soprattutto mangiando con loro, contraeva impurità. Prendono posizione anche in nome di Dio, perché il frequentare quella gente sembrava una cosa indegna di un inviato di Dio.
ALLORA GLI DISSE QUESTA PARABOLA (2)
Si fa cenno ad una sola parabola, ma Gesù ne dirà tre; (pecorella smarrita, dramma perduta e padre misericordioso) perché forse la fonte primitiva conteneva solo la prima.
UN UOMO AVEVA DUE FIGLI (11)
Questa parabola, narrata solo da Luca, è composta da due parti che non si possono separare, perché per una equilibrata comprensione del messaggio è necessario tener presente il comportamento dei due figli. La conosciamo come parabola del “ figliol prodigo”, ma può esser denominata dei “due figli”, o, meglio, del “padre misericordioso”.
DAMMI LA PARTE (13)
Questa richiesta non è ancora peccaminosa (cf Sir 33, 20-24) Secondo la legge ebraica la parte reclamata per un figlio minore era la metà di quella del maggiore.. (Vedi Dt 21, 17; Lev 25, 23; Sir 33, 20-24). Il peccato del giovane per alcuni sta nel fatto di aver dilapidato i beni del padre, per altri nella sua vita immorale, per altri nel fatto che egli vuole essere indipendente da suo padre, come Adamo da Dio.
VIVENDO IN MODO DISSOLUTO (13)
La caduta del minore è sottolineata da alcune espressioni: “vivendo da dissoluto” e con le “meretrici”, come dirà poi il maggiore, finendo per “pascolare i porci”, situazione degradante e di impurità legale (Lv 11, 7; Dt 14, 8) per gli ebrei, perché era un servizio presso stranieri e con i porci, costretto a “saziarsi con le carrube”, segno di estrema miseria. Il massimo di miseria per l’ambiente biblico è evocato in questa situazione di schiavitù, di fame e solitudine, fuori della patria.
ALLORA RIENTRO’ IN SE STESSO (17)
Il soliloquio non esprime grandi sentimenti di pentimento. Al centro della parabola non stanno queste riflessioni. La parabola non intende offrire un paradigma dell’evoluzione psicologica del giovane dal peccato alla conversione. Anzi egli è così poco convertito che intende sfruttare ancora una volta la situazione familiare. C’è in lui ancora tanto equivoco e interesse: è disposto a barattare la sua condizione di figlio con il pane per sopravvivere e del padre conserva un falso concetto.
PADRE HO PECCATO (18)
Tuttavia vi è l’indicazione di un itinerario: dalla constatazione della miseria al riconoscimento della colpa, (“ho peccato”) all’intuizione della bontà del padre (“nella casa del padre mio”) alla consapevolezza delle dimensione verticale del peccato (“contro il cielo e contro di te”), alla decisione di tornare a casa (“mi leverò e andrò”) alla disposizione di fare penitenza (“trattami come uno dei tuoi garzoni”), all’effettiva partenza (“ partì e s’incamminò”)
IL PADRE LO VIDE (20)
Vero centro della parabola è l’amore del padre Il padre previene ogni atteggiamento del figlio ed esprime le premure dell’amore di Dio: è lui che prende l’iniziativa e non lascia neppure che il figlio finisca la conversazione. “ Quando era ancora lontano”, commosso gli corre incontro, facendo un gesto sconveniente anche tra persone di pari grado: gli si getta al collo e lo bacia, con grande tenerezza e affetto e in segno di perdono, lo reintegra totalmente nella situazione di prima; gli dà la veste in segno di distinzione, l’anello, che comprende il sigillo con cui segnare gli atti ufficiali a nome del padre, i calzari, che denotano un uomo libero, uccide il vitello grasso e indice una grande festa.
QUESTO MIO FIGLIO ERA MORTO (24)
Questo padre è simbolo di Dio, il cui amore non viene meno nei confronti di quelli che si allontanano, il cui perdono è una vera restaurazione, una nuova creazione(Salmo 50, 10). Dio gioisce per la conversione dei peccatori (15, 7.10). Questo figlio era morto. E morto dirà Luca in 9, 50 è colui che non ha trovato la via del Regno. Nel giudaismo questo termine è applicato agli empi; nel NT viene applicato più specificatamente a quelli che non hanno parte alla vita di risorti che Gesù dona.
Itineraio del minore
La caduta: dammi, partì, sperperò, a servizio, carrube, porci; il ripensamento: rientrò in sé, mi leverò, ho peccato, trattami; la svolta per opera del padre: vestito, calzari, tornato a vita, festa.
IL FIGLIO MAGGIORE (25)
Entra in scena un nuovo personaggio, che richiama i farisei di 15, 2. Le reazioni di questo figlio maggiore sono quelle dei “giusti” che compiono coscienziosamente il loro dovere. Nel cuore del maggiore c’è gelosia e disprezzo nei riguardi di colui che rifiuta di chiamarlo suo fratello e che indica come:“tuo figlio” e c’è falso giudizio del genitore che non riconosce come padre, ma ritiene un despota, che lo schiavizza (“tu non mi hai dato mai un capretto”)
IL PADRE ALLORA USCI’ A PREGARLO (28)
Si staglia netto il contrasto tra il figlio maggiore e il padre. E anche qui il padre dimostra la stessa bontà e lo stesso amore, che non disarma di fronte al comportamento del figlio. E sempre il padre che prende l’iniziativa e invita il maggiore alla festa.
TUO FRATELLO ERA MORTO (32)
E’ la stessa dichiarazione del v. 24, con il cambiamento di “mio figlio” in “tuo fratello”. Il padre vuole assicurare l’unità tra i due suoi figli, li vuole di nuovo fratelli. “ Qui finisce la parabola, che resta aperta. Entrerà oppure no il maggiore? La parabola è lasciata anche aperta alla libertà di ogni lettore.
Itinerario del maggiore
la sua posizione: si indigna, non vuole entrare, tuo figlio, nulla per me; il comportamento del padre: gli va incontro, gli dà spiegazioni. Non si conosce la conclusione.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
PARTI PER UN PAESE STRANIERO
Non credere che il padre sia in colpa perché ha dato il patrimonio al piú giovane: non si è mai troppo giovani per il Regno di Dio, e la fede non sente il peso degli anni. In ogni caso colui che ha domandato il patrimonio si riteneva capace di possederlo: Dio volesse che egli non si fosse mai allontanato dal padre, e non avesse ignorato gli inconvenienti della sua età! Ma poi se ne partí per un paese straniero – necessariamente dissipa il suo patrimonio chi si allontana dalla Chiesa -; lasciando la casa e la patria, “se ne partí per un paese straniero, in una regione lontana” (Lc 15,13). Non c`è luogo piú remoto di quello in cui va chi va lontano da sé, e si allontana non per lo spazio, ma per i costumi, si separa non per la distanza ma per i desideri, e, come se mettesse in mezzo l`onda dei piaceri mondani, con la sua condotta spezza ogni legame. Chiunque infatti si separa da Cristo è un esule dalla sua patria, diventa cittadino del mondo…..La regione lontana è dunque quella dell`ombra della morte; ma noi che abbiamo per spirito dinanzi al volto il Cristo Signore (cf. Lam 4,20), viviamo nell`ombra di Cristo. Per questo la Chiesa dice: “Nella sua ombra sedetti desiderosa” (Ct 2,3). Quello, vivendo nella lussuria, ha sciupato ogni ornamento proprio della sua natura: ebbene tu, che hai ricevuto l`immagine di Dio e che sei simile a lui, guardati bene dal rovinarla con una irragionevole e degenerata condotta. Tu sei opera di Dio… (Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)
VENNE LA CARESTIA
Venne la carestia in quella regione” (Lc 15,14): carestia non di pane e cibo, ma di buone opere e di virtù. Esiste un digiuno peggiore di questo? In verità chi si allontana dalla Parola di Dio è affamato, perché “non di solo pane vive l`uomo, ma di ogni parola di Dio” (Lc 4,4). Se ci si allontana dalla fonte siamo colti dalla sete, si diventa poveri se ci si allontana dal tesoro, si diviene sciocchi se ci si allontana dalla sapienza, si distrugge infine se stessi allontanandosi dalla virtù. E` quindi naturale che costui cominciò a sentirsi in gravi ristrettezze, in quanto aveva abbandonato i tesori della sapienza e della scienza di Dio e la profondità delle ricchezze celesti (cf.{Col 2,3}). Egli cominciò a sentire la miseria e a soffrire la fame, perché niente è abbastanza per la prodiga voluttà. Sempre patisce la fame, chi non si sa nutrire degli alimenti eterni… “E bramava di riempirsi il ventre di carrube” (Lc 15,16). I lussuriosi non hanno infatti altro desiderio che di riempirsi il ventre, perché “il ventre è il loro dio” (Fil 3,19). E a simili uomini quale cibo è piú adatto di questo che è, come le carrube, vuoto di dentro, di fuori è molle, ed è fatto non per alimentare, ma per gravare il corpo, e che è piú pesante che nutriente?… (Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)
TORNATO IN SE
“Allora, tornato in sé. (Lc 15,17). E` ben vero che ritorna in sé, poiché si era allontanato da sé. Chi torna infatti al Signore torna in sé, mentre chi si allontana da Cristo rinnega sé. «Quanti pani hanno in abbondanza i mercenari di mio padre!»” (Lc 15,17)….. O Signore Gesú, se tu ci togliessi le carrube e ci donassi il pane, tu che sei il dispensiere nella casa del Padre! Se tu ti degnassi anche di accoglierci come mercenari, anche se veniamo sul tardi! Tu infatti assumi mercenari anche all`undicesima ora, e ti compiaci di pagare un`eguale mercede (cf. Mt 20,6-16), eguale mercede di vita, non di gloria; non a tutti infatti è «riservata la corona di giustizia», ma a colui che può dire: “Ho combattuto la buona battaglia” (2Tm 4,7ss)… (Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)
PADRE HO PECCATO
Padre ho peccato contro il cielo e dinanzi a te” (Lc 15,18). Ecco la prima confessione della colpa, rivolta al creatore della natura, all`arbitro della misericordia, al giudice del peccato. Sebbene egli sappia tutto, Dio tuttavia attende dalla tua voce la confessione, infatti “è con la bocca che si fa la confessione per la salvezza” (Rm 10,10). Solleva il peso della propria colpa colui che spontaneamente se ne carica: taglia corto all`animosità dell`accusa chi previene l`accusatore confessando: infatti “il giusto nell`esordio del suo discorso, è accusatore di se stesso” (Pr 18,17). E d`altra parte sarebbe vano tentar di dissimulare qualcosa a colui che su nessuna cosa può trarre in inganno; non rischi niente, a denunziare ciò che sai esser già noto.(Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)
MEGLIO E’ CONFESSARE
Meglio è confessare, in modo che per te intervenga Cristo, che noi abbiamo come avvocato presso il Padre (cf. 1Gv 2,1), per te preghi la Chiesa, e il popolo infine per te pianga. E non aver timore di ottenere. L`avvocato ti garantisce il perdono, il patrono ti promette la grazia, il difensore ti assicura la riconciliazione con l`amore paterno. Credi dunque, perché il Signore è verità, e sii tranquillo, perché il Signore è potenza. Egli ha un fondamento per intervenire a tuo favore; altrimenti sarebbe morto inutilmente per te. E anche il Padre ha ben ragione di perdonarti, perché ciò che vuole il Figlio lo vuole anche il Padre. (Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)
TI VIENE INCONTRO IL PADRE
Ti viene incontro colui che ti ha sentito parlare nell`intimo della tua anima; e mentre tu sei ancora lontano, egli ti vede e ti corre incontro (cf. Lc 15,20). Egli vede nel tuo cuore, e corre a te perché niente sia di ritardo, ti abbraccia, anche. Nel venirti incontro è chiara la sua prescienza; nell`abbracciarti si manifesta la sua clemenza e il suo amore paterno. Si getta al collo, per sollevare colui che giaceva in terra carico di peccati, per sollevarlo verso il cielo in modo che possa cercarvi il suo autore. Cristo si getta al tuo collo, per liberare la tua nuca dal giogo della schiavitú, e mettervi il suo giogo soave (cf. Mt 11,30). Non ti sembra che egli si sia gettato al collo di Giovanni, quando Giovanni riposava sul suo petto, con la testa rovesciata all`indietro? Per questo egli vide il Verbo presso Dio, perché si era innalzato verso altezze sublimi. Il Signore si getta al collo, quando dice: “Venite a me, voi cbe siete affaticati, e io vi darò sollievo; prendete su di voi il mio giogo” (Mt 11,28-29). E` in questo modo che egli ti abbraccia, se tu ti converti. (Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)
IL PRIMOGENITO
Come cristiani forse è più facile identificarci con il primogenito, il figlio rimasto in casa, con una sua idea gretta e possessiva di Dio. «Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando», quindi non posso accettare di essere messo alla pari con uno che «ha divorato i tuoi averi con le prostitute». Qui non si supera il rapporto «legale» con Dio: si sta davanti a lui come al Grande Ragioniere che tiene i conti in perfetto ordine. Non si capisce che le ragioni dell’amore sono diverse dalle ragioni della legge, non si vuole rischiare l’avventura oltre ciò che è prescritto, lungo il cammino senza fine della gratuità. E non capire Dio significa rifiutare gli altri. (Domenico Pezzini)
RIVEDERE L’IDEA DI DIO
Il primo passo di ogni conversione è proprio nel rivedere l’idea che ci facciamo di Dio: non è un controllore esoso e vendicativo, ma una casa accogliente dove si fa festa con musica e danze. Se uno si convince di questo capirà anche che per arrivarci vale la pena di fare qualsiasi cosa. E che è una meraviglia che ci si arrivi in tanti, ci si arrivi tutti. (Domenico Pezzini)
NUOVA EVANGELIZZAZIONE
In questa parabola c’è il cuore della “nuova evangelizzazione”. Sono tanti quelli che si sono allontanati dalla casa del Padre: bambini che hanno ricevuto la prima comunione, la cresima e poi non si sono più visti; giovani che frequentavano il patronato e oggi hanno perduto i contatti con la comunità cristiana; rottura di ponti nel periodo della contestazione; problemi all’interno delle coppie e delle famiglie (separazioni, aborti, discordie profonde). Sono quelli che il Padre aspetta. Sono quelli di cui se ci ritroviamo nelle vesti del fratello maggiore, siamo portati a dire: “Quelli non sono dei nostri”. Come potrebbero ritornare se non si sentissero attesi e amati, ma giudicati e respinti? In essi potrà sorgere più facilmente la nostalgia del ritorno se c’è in noi la nostalgia della loro presenza, che si può manifestare concretamente nel pensiero, nella preghiera, nei messaggi, nei rapporti coltivati sempre con sincerità e amore. Questa è la “buona notizia”, questa è la verità che siamo chiamati a comunicare ai nostri fratelli. (Giovanni Nervo)
STORIA DI NOSTALGIA E DI AMORE PATERNO
Il vangelo è una “buona notizia” che Dio annunzia a tutti gli uomini per mezzo di Gesù Cristo, è la speranza di salvezza, di accoglienza, di vita per gli esclusi e i lontani. Il figlio che si allontana da casa è simbolo dei lontani. Egli si illude di trovare la felicità nella piena autonomia lontano dal padre e cade nella miseria e nella schiavitù di un straniero, si riduce a condurre porci, gli animali immondi per gli ebrei. Questo giovane rappresenta la storia di ogni uomo che si allontana da Dio. La nostalgia però della casa paterna rimane nel fondo di ogni cuore umano. Sant’Agostino che aveva fatto quest’esperienza lo dice con efficacia: “Signore, ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Il padre lo attende sempre, gli va incontro, lo accoglie senza riserve, lo riabilita completamente davanti a tutti. Il padre ha lo stesso amore per il fratello maggiore che non capisce nulla del dramma di suo fratello né del cuore del padre. Tutti possiamo trovarci poco o tanto nella situazione del figliol prodigo: l’illusione di poter costruire la felicità per un’altra strada lontano dal padre, fuori dalla legge di Dio. Seguono le amarezze, le delusioni, le schiavitù. Gran parte dell’infelicità umana ce la costruiamo noi con le nostre mani, quando ci allontaniamo da Dio e dal suo piano d’amore. Può seguire la nostalgia della casa paterna: non ancora forse per amore, ma per uscire dalla disperazione. O possiamo invece ritrovarci nella situazione del fratello maggiore: tutto a posto, gente di Chiesa, che va alla Messa e che osserva i digiuni, ma con il cuore chiuso senza amore. Per un caso o per l’altro questa parabola ci rivela il volto vero di Dio, il cuore di Dio. (Giovanni Nervo)
IL RITRATTO DEL PADRE
Questo padre rispetta la libertà del secondogenito: gli dà quello che gli spetta e lo lascia andare. Ma evidentemente per tutto il tempo in cui questo figlio è lontano non cessa di pensare a lui: lo mostrano tutti quei segni di amore eccessivo con cui lo accoglie al ritorno. Gli corre incontro mentre è lontano, facendo un gesto che era considerato sconveniente anche tra persone di pari grado, figurarsi di un padre rispetto ad un figlio! Lo abbraccia, lo bacia, con il cuore pieno di tenerezza, gli blocca le parole al punto in cui il figlio avrebbe detto: “trattami come uno dei tuoi garzoni”. Infine lo reintegra totalmente nella situazione di prima: gli dà la veste in segno di distinzione, l’anello, che comprende il sigillo con cui segnare gli atti ufficiali in nome dell’autorità del padre, i calzari, che solo gli uomini liberi potevano portare (gli schiavi non avevano diritto), fa uccidere il vitello grasso e vuole musica e danze, perché è una grande festa. Per lui questo ragazzo è ancora e sempre suo figlio, anzi, adesso lo è in modo più chiaro, perché il rapporto non è più giuridico: prima era uno che aveva diritto a una parte del patrimonio; ora, che ha avuto questa parte, è soltanto un essere amato e beneficato, senza che ne abbia alcun diritto, e questo è il vero rapporto filiale secondo Dio. Il padre è tale perché ama gratuitamente, il figlio è tale non per le sue qualità, ma perché è amato da un padre dal cuore smisurato. Con il primogenito il comportamento del padre è analogo; anche per lui è il padre che esce di casa e gli va incontro e cerca di persuaderlo con buone parole, e mentre lui non riconosce più un rapporto di fraternità (non dice “mio fratello”, ma “tuo figlio”, come quando un bimbo fa disperare e il marito o la moglie dicono all’altro: guarda cosa fa “tuo figlio”!), il padre insiste nell’affermare come indistruttibile tale rapporto: lo chiama “figlio mio”, gli dice “ tuo fratello era morto ed è risuscitato”. Questo è dunque il modo di amare del padre: una gratuità assoluta che si esprime nel dare di propria iniziativa, senza che niente possa bloccare il flusso di questo dono, proprio perché questo donarsi è la sua stessa natura, se smettesse di fare così non esisterebbe più. (Domenico Pezzini)
RIFLESSIONI SULLA PARABOLA
Il Padre è il vero protagonista della parabola: lui attende il ritorno, lui offre e dona il perdono al secondogenito ormai disposto ad accettarlo e la salvezza. al primogenito chiuso nella propria sicurezza Quando ha inizio il racconto i figli, di cui parla la parabola, appaiono tutti e due peccatori, esternamente in modo diverso, ma fondamentalmente allo stesso modo. Tutti e due hanno la convinzione che fuori della casa del padre si stia meglio; uno va via, l’altro ci resta con rammarico. In seguito il secondogenito capisce che la fedeltà al padre non è schiavitù ma liberazione, il primogenito invece non ha ripensamenti, si crede giusto e non ama né il padre, né il fratello. Le motivazioni del pentimento del secondogenito non sono proprio nobilissime, spingono tuttavia a riflettere, a tornare al padre, a confessare il peccato, ad essere disponibile al perdono, che solo il padre può dare.
Chi desidera liberarsi da Dio che è Padre, forse non si rende conto che al posto di Dio si insediano gli idoli dittatoriali: soldi, piaceri, potere, mode, ecc. che la fanno da padroni assoluti rendendo l’uomo schiavo, talora dorato, ma sempre schiavo. Anche oggi è abbastanza comune il desiderio di liberarsi da ogni riferimento a Dio ritenuto ingombrante, in nome di motivazione nobili: libertà, coscienza, personalità, realizzazione, ecc..
Simili al primogenito e ai farisei sono anche certi cristiani perbene che si scandalizzano di tanta misericordia di Dio. Loro hanno le carte in regola, gli altri e solo gli altri sono peccatori da emarginare e punire. Non possiamo sentirci giusti se non tentiamo di fare del mondo una casa, ove nessuno sia estraneo e se non imitiamo il Padre nel perdonare chi sbaglia. Non possiamo riconciliarci con Dio se non ci riconciliamo con i fratelli. Il banchetto che il padre fa per i figlio peccatore è figura del convito eucaristico, preparato da Dio per i figli che si riconciliano a lui. Dio è Padre dei giusti e dei peccatori e vuole salvi gli uni e gli altri. Il peccato è rifiuto e disprezzo dell’amore di Dio. L’amore misericordioso del Padre supera ogni barriera.
PREGHIERA (pregare la parola)
•Al presente, ti supplico con lui: «Padre, contro di te ho peccato e contro il cielo; non son piú degno che tu mi chiami figlio, fa` di me l`ultimo dei tuoi salariati». Rendimi degno del piú puro e santo bacio del Padre tuo così buono. Sotto il tetto della sala di Nozze ti piaccia ricevermi di nuovo. (Nerses Snorhalí, Jesus, 19-25, 591-600)
•E la veste iniziale della quale briganti di strada mi spogliarono, rivestimene ancora come ornamento di Sposa preparata. L`anello regale, che d`autorità è il segno, fa` ch`io lo riporti nella mano destra, per non deviare mai piú verso sinistra. E come protezione dal Serpente metti scarpe ai miei piedi perché non urtino la tenebra, ma la sua testa schiaccino. (Nerses Snorhalí, Jesus, 19-25, 591-600)
•Al sacrificio del vitello grasso, che sulla Croce per noi s`è immolato e al sangue uscito per la lancia dal costato donde usciva il ruscello della vita, fammi partecipare nuovamente, come nella parabola del figlio prodigo, per mangiare il pane che dà vita, per bere alla tua celeste coppa. (Nerses Snorhalí, Jesus, 19-25, 591-600)
•Accoglimi tra le braccia per esser da Te curato, o Sublime; rendimi degno del tuo santo bacio. Dammi la carne del vitello grasso; il vin che è sulla Croce fammi bere; allieta lo stuol degli angeli, perch`io morto la vita ho ritrovato. (Nerses Snorhalí, Jesus, 19-25, 591-600)
•Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto”. (Salmo 50. 1-6)
•Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, e mia grandissima colpa. (Confiteor)
•Confesserò quello che so e quello che non so di me: perché anche quanto so di me, lo conosco per tua illuminazione; e quanto non so di me lo ignorerò fino a quando la mia tenebra non diventerà come il meriggio alla luce del tuo volto. (Agostino: Confessioni X, 1)
•Padre ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. (Lc 15, 21)
•O Dio, Padre buono e grande nel perdono, accogli nell’abbraccio del tuo amore tutti i figli che tornano a te con animo pentito; ricoprili delle splendide vesti di salvezza, perché possano gustare la tua gioia nella cena pasquale dell’Agnello. (Colletta 4 Quaresima C)
•Padre santo e misericordioso, che ci hai creati e redenti. Tu che non abbandoni gli erranti, accogli i penitenti che ritornano a te
•Tu che ci rinnovi con il perdono, o Padre, ascolta il grido dei tuoi poveri: fa che, liberati da ogni male, noi guardiamo a te con volto raggiante.
•Rivelaci, Signore, la profondità del tuo amore di Padre, affinché torniamo a te e siamo accolti e perdonati.
•Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: “ Confesserò le mie colpe” e tu hai rimesso la malizia del mio peccato. (Salmo 31)
•Ecco, Dio è la mia salvezza, io confiderò, non temerò mai; perché mia forza e mio canto è il Signore, egli è la mia salvezza. (Is 12, 2-4)
•O Dio, che nella grandezza della tua misericordia da peccatori ci trasformi in giusti e dalla tristezza del peccato ci fai passare alla gioia della vita nuova, assistici con la potenza del tuo Spirito, perché accogliendo il dono della giustificazione mediante la fede, perseveriamo fino al giorno di Cristo Signore. (Rituale Penitenza)
•Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato. Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non c’è inganno. (Salmo 31, 1)
•O Dio nostro Padre che ci hai riconciliato a te con la remissione dei peccati, fa che impariamo a perdonare l’un l’altro le nostre offese e diventiamo operatori di pace nel mondo. (Rito della penitenza)
•O Santa Madre del Redentore, porta dei Cieli, stella del mare, soccorri il tuo popolo che anela a risorgere. Tu, che accogliendo il saluto dell’angelo, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, Madre sempre Vergine, pietà di noi peccatori. (Liturgia romana)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Crediamo che Dio non smette mai di amarci e affidiamoci sempre al suo amore.