«Con la cortesia si conquistano i cuori », soleva dire Don Bosco. E aggiungeva: « La cortesia è il fiore della carità cristiana ».
Per documentare queste sue espressioni, una sera raccontò ai ragazzi un suo incontro con un certo cavalier Provera a San Salvatore nel Monferrato.
Don Bosco stava attraversando quel paese accompagnato da parecchi signori, fra cui il parroco; parlavano della popolazione tanto buona e tanto piena di venerazione per Don Bosco. A un tratto dissero: « Uno solo è ostile a Don Bosco: è il più ricco del paese, un uomo che da anni non mette piede in chiesa: il cavalier Provera ».
Hanno appena terminato quelle parole, che il cavaliere viene avanti per la stessa strada. Uno che stava vicino a Don Bosco ammiccò: « Quello è il mangia-preti ».
Don Bosco aspettò che il cavaliere gli venisse vicino, poi lo abbordò togliendosi cortesemente il cappello. Il cavaliere contraccambiò il saluto e, un po’ stupito, un po’ scocciato, si fermò. Don Bosco allora allungò la mano per stringere quella del cavaliere. Il cavaliere ricambiò. Don Bosco approfittò dell’occasione per fare breccia:
– Mi dicono che lei è il cavalier Provera – iniziò con amabilità incantevole.
– Esattamente.
– Lei allora porta uno dei cognomi più onorati e stimati a Torino, perché mi ricorda un santo sacerdote che proveniva dai Provera di Mirabello.
– Anche mio nonno veniva dai Provera di Mirabello – rispose il cavaliere, lusingato.
Affascinato da tanta cortesia, così squisita e sincera, il cavaliere invitò Don Bosco a casa sua per offrirgli un rinfresco. Don Bosco accettò al volo, benché avesse altri impegni urgenti; e intrattenne il cavaliere con una conversazione scoppiettante di aneddoti. Stava per congedarsi quando gli fece questa dichiarazione:
– Senta, cavaliere: io intendo mettermi sotto la sua protezione. Lei è di una gentilezza meravigliosa a mio riguardo. Le confido una cosa: sono venuto a San Salvatore per vedere se mi era possibile trovare una casa per aprirvi un collegio; avrei bisogno del suo appoggio.
– Dice davvero? – interloquì il cavaliere entusiasta. – Ne sono lietissimo. Anzi le laccio subito un’offerta. Visiti questa mia casa. Se può servirle, gliela regalo.
Don Bosco si era conquistato un amico. « Vedete? – commentava ai ragazzi – La cortesia cattura tutti i cuori ».
Ogni adolescente va educato alla cortesia verso gli altri. Il ragazzo, così profondamente individualista e persino egoista, fa con gusto il tirocinio della vita sociale.
° Lo psicologo Peck mette in risalto tre tendenze principali negli adolescenti: una forza crescente del proprio io, con tutte le caratteristiche di una personalità razionale, integrata, emozionalmente matura; una forza crescente della propria coscienza: i principi morali diventano sempre più forti, interiorizzati e capaci di guidare la condotta; e una capacità crescente di amare: è qui che bisogna far leva per inserire il ragazzo nella società degli adulti. Occorre educarlo all’amore, cioè al rispetto degli altri, alla donazione di sé, alla cortesia.
° Don Bosco diceva che per educare occorrono tre cose:
«Amorevolezza, Ragione e Religione». Gli psicologi notano che è la madre ad avere sullo sviluppo del carattere e della personalità l’influsso maggiore. Il padre invece è insostituibile per educare nell’adolescente un carattere sano e per frenare la troppa emotività del ragazzo. La cortesia, il ragazzo la impara d’istinto dai suoi genitori e, in secondo luogo, dai suoi insegnanti ed educatori. I ragazzi fanno ciò che fanno i loro genitori, non ciò che dicono.
«E’ cortesia – diceva Don Bosco – mostrarsi riconoscenti per tutti i benefici che si ricevono».