Il domani, domenica 28 marzo, D. Bosco col Ch. Rua, entrò nella Basilica di S. Pietro molto prima che incominciassero le funzioni.
Il Conte Carlo De Maistre lo accompagnò alla tribuna de’ diplomatici, ove eragli preparato il posto. Al suo fianco stava un milord inglese protestante, meravigliato a quella solennità di riti. A un certo punto un cantore soprano della cappella Sistina cantò una parte da solo, ma così bene che Don Bosco ne fu commosso fino alle lagrime e quel milord era rimasto come estatico. Terminato quel canto il milord si volse a Don Bosco ed esclamò in latino:
- Post hoc paradisus! – Quel signore dopo qualche tempo si convertì al cattolicismo e poi fu prete e Vescovo.
Come il Papa ebbe benedette le palme, venuto il proprio turno, il corpo diplomatico, sfilò verso il trono del Pontefice, ed ogni ambasciatore e ministro ricevette la palma dalle sue mani.
Anche D. Bosco e il Ch. Rua s’inginocchiarono ai piedi del Pontefice ed ebbero la palma.
Così Pio IX volle. E non era D. Bosco un ambasciatore dell’Altissimo?
Il Card. Marini, che era uno dei due Cardinali diaconi assistenti al trono, perché D. Bosco potesse assistere da vicino, anche nella cappella Sistina a tutte le altre funzioni della settimana santa, se lo prese come caudatario.
Così il servo di Dio, in veste violacea, stette quasi a fianco del Papa nel tempo dell’intero cerimoniale, e potè gustare i canti gregoriani e le musiche dell’Allegri e del Palestrina.
Nel giovedì vide pontificare la messa dal Cardinal Mario Mattei come il più anziano dei Vescovi Suburbicarii; seguì il Pontefice che processionalmente portava il SS. Sacramento alla Cappella Paolina per riporlo nell’urna ivi preparata; lo accompagnò sulla loggia vaticana dalla quale Roma attendeva la solenne benedizione; assistè in due vastissime gallerie del palazzo alla lavanda dei piedi fatta dal Papa a tredici sacerdoti, e alla loro cena commemorativa, servita dallo stesso Vicario di Gesù Cristo.
A proposito del venerdì santo così leggiamo in un opuscolo stampato in Parigi nel 1883 col titolo Dom Bosco à Paris par un ancien Magistrat, (a pag. 66): “A Roma un magistrato francese stava inginocchiato vicino ad un sacerdote il giorno di venerdì santo nella cappella Paolina adorando Gesù in Sacramento nel Santo Sepolcro. Il magistrato era accompagnato da un signore italiano, che nell’uscire gli disse: – Avevate vicino a voi D. Bosco, un santo, il Vincenzo De’ Paoli di Torino”. Sabato santo pontificava il Cardinale Francesco Gaude.
IL GIORNO DI PASQUA
Il 4 aprile le salve d’artiglieria dal Castel S. Angelo annunciavano l’aurora del giorno di Pasqua.
Pio IX scendeva verso le dieci nella Basilica in sedia gestatoria e cantava la S. Messa. Dopo i pontificali egli doveva benedire secondo il solito urbi et orbi dalla loggia di S. Pietro. Sfilò il corteggio dei Vescovi e dei Cardinali e salì alla loggia.
D. Bosco col Card. Marini ed un Vescovo restò per un istante vicino al davanzale, coperto di un magnifico drappo, sul quale erano stati deposti tre aurei triregni.
Il Cardinale disse a D. Bosco: “Osservate quale spettacolo!”. D. Bosco girava sulla piazza gli occhi attoniti. Una folla di 200.000 persone stava accalcata colla faccia rivolta alla loggia. I tetti, le finestre, i terrazzi di tutte le case erano occupati.
L’esercito francese riempiva una parte dello spazio compreso tra l’obelisco e la scalinata di S. Pietro. I battaglioni della fanteria pontificia stavano schierati a destra e a sinistra. Indietro, la cavalleria e l’artiglieria. Migliaia di carrozze erano ferme alle due ali della piazza, vicino ai portici del Bernini, e nel fondo presso le case.
Specialmente su quelle a nolo stavano in piedi gruppi di persone che parevano dominare la piazza. Era un vociare clamoroso, un calpestio di cavalli, una confusione incredibile. Nessuno può farsi un’idea di tale spettacolo.
D. Bosco, che aveva lasciato il Papa nella Basilica nell’atto che venerava le esposte reliquie insigni, credeva che avrebbe tardato a comparire. Assorto nel contemplare tanta gente di ogni nazione, a un tratto s’accorge che i due prelati sono scomparsi, e vede a destra e a sinistra le stanghe della sedia gestatoria che gli era sopraggiunta alle spalle senza che se ne avvedesse. Si trovò allora in una posizione difficile; stretto fra la sedia e la balaustra, appena poteva muoversi; tutto intorno alla sedia stavano pigiati i Cardinali, i vescovi, i cerimonieri e i sediari, sicché non vedeva un varco per uscirne.
Rivolgere il viso al Papa era sconvenienza; voltargli le spalle un’inciviltà; rimanere nel centro del balcone una ridicolaggine. Non potendo far di meglio, si volse di fianco; allora la punta di un piede del Papa posava sulla sua spalla. In quel mentre un silenzio solenne regnò sulla piazza in modo che si sarebbe potuto udire il ronzío di una mosca che vola. Gli stessi cavalli stavano immobili.
D. Bosco, per nulla turbato, attento ad ogni minimo incidente, osservò che un solo nitrito, e il suono di un orologio che batteva le ore, si fece udire mentre il Papa seduto recitava alcune preghiere di rito.
Egli intanto, visto che il pavimento della loggia era sparso di frondi e di fiori, si curvò, e raccogliendo alcuni di que’ fiori li metteva tra i fogli del libro che aveva in mano.
Finalmente Pio IX si alzò in piedi per benedire: aperse le braccia, sollevò al Cielo le mani, le stese sulla moltitudine, la quale curvò la fronte, e la sua voce nel cantare la formola della benedizione, sonora, potente, solenne si udiva al di là di piazza Rusticucci e dalla soffitta del palazzo degli scrittori della Civiltà Cattolica.
La folla rispose alla benedizione del Papa con una immensa calorosa ovazione.
Allora il Card. Ugolini Giuseppe lesse in latino il Breve dell’indulgenza plenaria e subito il Card. Marini lesse lo stesso Breve in lingua italiana.
D. Bosco si era inginocchiato, e quando si rialzò la sedia ed il Papa erano scomparsi. Tutte le campane suonavano a festa, tuonava continuamente il cannone da Castel Sant’Angelo, le musiche militari facevano risuonare le loro trombe.
Il Card. Marini allora, accompagnato dal caudatario, discese e andò alla sua carrozza. Ma appena questa si mosse, D. Bosco sentissi preso dal male prodotto da quel moto e gli si rivoltava lo stomaco. Sofferse alquanto; ma non potendo più resistere, manifestò al Cardinale quel suo incomodo. Per consiglio del Cardinale, salì in cassetta col cocchiere; ma continuando il malessere, scese per caminare a piedi. Essendo in veste paonazza, sarebbe stato oggetto di meraviglia o di scherno, se avesse attraversato Roma tutto solo; allora il segretario, anche buonissimo prete e gentile, scese di carrozza e lo accompagnò al palazzo del Cardinale.
Era scomparso quel momentaneo disturbo cagionato dalla commozione provata in quel mattino, ma non cessò così presto l’ilarità di tanti suoi amici piemontesi, fra i quali Tamietti Giovanni di Cambiano, che lo avevano visto sulla loggia Vaticana. Quando lo incontrarono:
- Ma bravo, gli dicevano, ma bene. Faceva una bella figura così esposto a tutta la piazza!
E D. Bosco apriva il suo libro e mostrava loro i fiori che lassù aveva presi, i quali disseccati conservò sempre, cari ricordi di quel giorno.
Ma a questi fiori raccolti da D. Bosco ai piedi del Papa, al piede di Pio IX sulla spalla di D. Bosco non si potrebbe dare un significato non oscuro?
[dalle Memorie Biografiche - Vol. V°]