Da mesi veniamo proponendo le principali mosse dell’arte di educare. Siamo partiti dal “seminare”, siamo passati all’ “aspettare”, al “parlare” al “risplendere”… ed eccoci all’ “ascoltare”. Sì, ascoltare i figli perché l’ascolto è una delle più belle facce dell’amore. Perché forse non vi è via migliore per imparare a fare i genitori che quella di “sentire” i figli. A sentire i figli non si sbaglia mai. A sentire i figli non abbiamo che da guadagnarci. I figli (specialmente se bambini) ci dicono subito quello che pensano. Lo dicono chiaro e tondo. Per questo un loro giudizio, una loro opinione, può valere dieci anni di inchieste. Si noti che parliamo di ‘bambini’, non di ‘adolescenti’. Le parole degli adolescenti, infatti, possono essere filtrate dal loro punto di vista, talora interessato. Le parole dei bambini, invece, sono senza filtri. Dietro ad esse ci siamo noi, in presa diretta, c’è il nostro modo di comportarci, il nostro modo di educare. Subito qualche esempio per provare che non stiamo andando per farfalle.
Walter (nove anni) fotografa il papà: “Se rido, quando c’è la partita, papà scoppia!”.
Forte è Monica (otto anni): “Papà, vorrei che quando mangi, non sputi nel piatto!”.
Molto acuta è Stefania di sette anni appena: “Per la mamma la cosa più brutta del mondo è strisciare sulla cera dell’anticamera. Per il papà è quando non trova i suoi wafer”.
Che cosa vogliamo di più per convincerci che i bambini non sono cretini, non sono babbuini? Minori sì, minorati no! I piccoli hanno le loro opinioni, i loro giudizi sinceri, severi e veri. Perché, allora, non ascoltarli?
Ha tutte le ragioni la pedagogista Patricia Holland a ricordarci che “sarebbe bene che i bambini venissero ‘ascoltati’, tanto quanto sono ‘guardati’”. D’accordo al 100%! I bambini li guardiamo troppo (fino a non lasciarli respirare!) e li ‘ascoltiamo’ poco. Ebbene, questa è l’occasione per ascoltarli. Leggete ciò che segue! Una sola nota: non ingurgitare, ma sorseggiare, messaggio dopo messaggio, e ‘ruminare’.
A LORO LA PAROLA
“A te mamma ho una cosa sola da dirti: che gridi troppo!”. (Marco, sei anni)
“Quando a sera torna a casa mio papà mi sembra di essere in vacanza”. (Maria, sette anni)
“Mia nonna è come un aspirapolvere: ogni cosa che si poggia per due minuti sul tavolo è sparita!”. (Loredana, otto anni)
“Appena c’è il telegiornale papà si mette a gridare: ‘ladroni!’, ‘codardi!’, ‘banditi!’”. (Nicola, otto anni)
“Quando ti recito la lezione, mamma, i tuoi occhi sono sfavillanti e si vedono i tuoi denti bianchi”. (Lorenzo, otto anni)
“Tu mamma dici sempre le bugie. Esempio: la sera quando vado a letto, mi dici: ‘Mi lavo i denti e poi ti faccio compagnia’ e poi non vieni mai. Capisco che sei stanca, ma io preferirei che mi dicessi che non ne hai voglia!”. (Laura, dieci anni)
“Io mi arrabbio quando tu mamma mi dici che se nascevo femmina, tu mi chiamavi Michela e poi cominci a chiamarmi Michela”. (Franco, undici anni)
“Tu mamma sei stata brava a sposare papà!”. (Walter, otto anni)
“La mia mamma fa la casalinga e così deve mantenere anche mio papà che lavora soltanto”. (Margherita, sette anni)
“A tavola papà sgrida sempre la mamma perché la bistecca è troppo dura. Io ci rimango male perché le grida di papà mi rovinano la digestione”. (Alessandro, nove anni)
IN CONCRETO
Non diciamo al figlio: “Lasciami in pace. Sono troppo occupato. Cosa vuoi ancora?”. Sediamoci vicino. Concentriamo la nostra attenzione tranquilla su di lui. Non sbirciamo continuamente l’orologio. Guardiamolo in faccia. Non si ascolta solo con le orecchie, ma con tutto se stessi. Si ascolta con lo sguardo, con gli occhi accoglienti che fanno capire che lui, il figlio, rappresenta per noi il mondo. Ascoltiamolo con il cuore. Dicono che l’amore sia cieco. Niente di più falso! Certe notizie le dà solo il cuore, non la mente! Ascoltiamolo con simpatia, anche se non siamo d’accordo sui suoi hobby, su alcune sue stranezze. Non interrompiamolo tutti i momenti, lasciamo che si sfoghi, si sciolga. Rispondiamo a tono alle eventuali domande. Se tale sarà il nostro ascolto, non solo regaleremo al figlio un’ottima medicina psichica (l’ascolto è sempre terapeutico!), ma anche una straordinaria esperienza di incontro umanizzante, cioè educante: incontro indimenticabile e più efficace di mille parole. Le parole si possono dimenticare, gli abbracci no! Ascoltare è abbracciare!
I DUE AMICI
Tanti anni fa vivevano in Cina due amici. Uno era molto bravo a suonare l’arpa, l’altro era molto bravo ad ascoltarlo. Quando il primo suonava o cantava una canzone che parlava di montagna, il secondo diceva: “Vedo la montagna come se l’avessi davanti!”. Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, quello che ascoltava diceva, estasiato: “Sento scorrere l’acqua tra le pietre!”. Ma un triste giorno l’amico che ascoltava si ammalò e morì. Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più! Esistiamo, veramente, solo se qualcuno ci ascolta!
(Tratto da IL BOLLETTINO SALESIANO – Autore PINO PELLEGRINO)