III. L’urgenza dell’educazione cristiana oggi
14. La Chiesa si sente direttamente interpellata dalla domanda educativa, perché essa è là dove si tratta dell’uomo, essendo “l’uomo la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione” (Redemptor Hominis, 14). Ciò comporta evidentemente un vero amore di predilezione per la gioventù.
Andiamo ai giovani: ecco la prima e fondamentale urgenza educativa. “Il Signore mi ha mandato per i giovani”: in questa affermazione di san Giovanni Bosco scorgiamo la sua opzione apostolica di fondo, che s’indirizza ai giovani poveri, a quelli di estrazione popolare, a quelli più esposti ai pericoli.
Giova ricordare le stupende parole che don Bosco rivolgeva ai suoi giovani e che costituiscono la genuina sintesi della sua scelta di fondo: “Fate conto che quanto io sono, sono tutto per voi, giorno e notte, mattino e sera, in qualunque momento. Io non ho altra mira che di procurare il vostro vantaggio morale, intellettuale e fisico” (“Memorie biografiche di S. Giovanni Bosco”, vol 7, 503). “Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo e per voi sono disposto anche a dare la vita” (Domenico Ruffino “Cronache dell’Oratorio di S. Francesco di Sales”, Romae, Archivio Salesiano Centrale, quad 5, 10).
15. A tanto dono di sé per i giovani, in mezzo a difficoltà talvolta estreme, Giovanni Bosco perviene grazie ad una singolare e intensa carità, ossia in forza di un’energia interiore, che unisce inseparabilmente in lui l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Egli riesce così a stabilire una sintesi tra attività evangelizzatrice ed attività educativa.
La sua preoccupazione di evangelizzare i giovani non si riduce alla sola catechesi, o alla sola liturgia, o a quegli atti religiosi che domandano un esplicito esercizio della fede e ad essa conducono, ma spazia in tutto il vasto settore della condizione giovanile. Si situa, dunque, all’interno del processo di formazione umana, consapevole delle deficienze, ma anche ottimista circa la progressiva maturazione, nella convinzione che la parola del Vangelo deve essere seminata nella realtà del vivere quotidiano per portare i giovani ad impegnarsi generosamente nella vita. Poiché essi vivono un’età peculiare per la loro educazione, il messaggio salvifico del Vangelo li dovrà sostenere lungo il processo educativo, e la fede divenire elemento unificante e illuminante della loro personalità.
Ne conseguono alcune scelte. L’educatore dovrà avere una speciale sensibilità per i valori e le istituzioni culturali, acquistando un’approfondita conoscenza delle scienze umane. In tal modo la competenza raggiunta diverrà valido strumento per sostenere un programma di efficace evangelizzazione. In secondo luogo, l’educatore dovrà seguire uno specifico itinerario pedagogico che, mentre puntualizza la dinamica evolutiva delle facoltà umane, suscita nei giovani le condizioni di una libera e graduale risposta.
Egli si preoccuperà inoltre di ordinare tutto il processo educativo al fine religioso della salvezza. Tutto questo esige ben più che l’inserimento nel cammino educativo di alcuni momenti riservati all’istruzione religiosa e all’espressione culturale; comporta l’impegno assai più profondo di aiutare gli educandi ad aprirsi ai valori assoluti e ad interpretare la vita e la storia secondo le profondità e le ricchezze del Mistero.
16. L’educatore deve, dunque, avere la chiara percezione del fine ultimo, poiché nell’arte educativa i fini esercitano una funzione determinante. Una loro visione incompleta o erronea, oppure la loro dimenticanza, è anche causa di unilateralità e di deviazione, oltre che segno di incompetenza.
“La civiltà contemporanea tenta di imporre all’uomo – come dicevo all’Unesco – una serie di imperativi apparenti, che i loro portavoce giustificano ricorrendo al principio dello sviluppo e del progresso. Così, per esempio, al posto del rispetto per la vita, l’«imperativo» di sbarazzarsi della vita e di distruggerla; al posto dell’amore, che è comunione responsabile di persone, l’«imperativo» del massimo di godimento sessuale, al di fuori da ogni senso di responsabilità; al posto del primato della verità nell’azione, il «primato» del comportamento di moda, del soggettivo e del successo immediato” (“Allocutio ad eos qui conventui Consilii ab exsecutione internationalis organismi compendiariis litteris UNESCO nuncupati affuere”, 13, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1646).
Nella Chiesa e nel mondo la visione educativa integrale, che vediamo incarnata in Giovanni Bosco, è una pedagogia realista della santità. Urge ricuperare il vero concetto di “santità”, come componente della vita di ogni credente. L’originalità e l’audacia della proposta di una “santità giovanile” è intrinseca all’arte educativa di questo grande Santo, che può essere giustamente definito “maestro di spiritualità giovanile”. Il suo particolare segreto fu quello di non deludere le aspirazioni profonde dei giovani (bisogno di vita, di amore, di espansione, di gioia, di libertà, di futuro), e insieme di portarli gradualmente e realisticamente a sperimentare che solo nella “vita di grazia”, cioè nell’amicizia con Cristo, si attuano in pieno gli ideali più autentici.
Una simile educazione esige oggi che i giovani siano forniti di una coscienza critica che sappia percepire i valori autentici e smascherare le egemonie ideologiche che, servendosi dei mezzi della comunicazione sociale, catturano l’opinione pubblica e plagiano le menti.
17. L’educazione, che secondo il metodo di don Bosco favorisce un’originale interazione fra evangelizzazione e promozione umana, richiede al cuore e alla mente dell’educatore precise attenzioni: l’assunzione di una sensibilità pedagogica, l’adozione di un atteggiamento paterno e materno insieme, lo sforzo di valutare quanto accade nella crescita dell’individuo e del gruppo secondo un progetto formativo che unisca in sapiente e vigorosa unità la finalità educativa e la volontà di ricercarne i mezzi più idonei.
Nella società moderna gli educatori devono prestare particolare attenzione ai contenuti educativi storicamente più rilevanti, di carattere umano e sociale, che maggiormente si intrecciano con la grazia e le esigenze del Vangelo.
Forse, mai come oggi, educare è diventato un imperativo vitale e sociale insieme, che implica presa di posizione e decisa volontà di formare personalità mature. Forse, mai come oggi, il mondo ha bisogno di individui, di famiglie e di comunità che facciano dell’educazione la propria ragion d’essere e ad essa si dedichino come a finalità prioritaria, alla quale donano senza riserve le loro energie, ricercando collaborazione e aiuto, per sperimentare e rinnovare con creatività e senso di responsabilità nuovi processi educativi. Essere educatore oggi comporta una vera e propria scelta di vita, a cui è doveroso dare riconoscimento ed aiuto da parte di quanti hanno autorità nelle Comunità ecclesiali e civili.
18. L’esperienza e la saggezza pedagogica della Chiesa riconoscono uno straordinario significato educativo alla “famiglia”, alla “scuola”, al “lavoro” e alle varie “forme associative” e di gruppo. E questo un tempo di rilancio delle istituzioni educative e di richiamo all’insostituibile ruolo educativo della “famiglia”, che ho avuto modo di tratteggiare nella esortazione apostolica Familiaris Consortio. Resta, infatti, determinante, nel bene e, purtroppo, a volte anche nel male, l’educazione (o la non educazione) familiare e, d’altra parte, resta sempre indispensabile educare le giovani generazioni ad assumere fin dall’ambiente familiare la responsabilità di interpretare il quotidiano secondo il perenne insegnamento del Vangelo, senza trascurare le esigenze del necessario rinnovamento.
La centralità della famiglia nell’opera educativa è oggi uno dei problemi sociali e morali più gravi. “Che fare – ricordavo all’UNESCO – perché l’educazione dell’uomo si realizzi soprattutto nella famiglia? . . . Le cause di successo o di insuccesso nella formazione dell’uomo mediante la sua famiglia si situano sempre all’interno stesso del fondamentale ambiente creativo di cultura, che è la famiglia, ed insieme a un livello superiore, quello della competenza dello Stato e dei suoi organi” (“Allocutio ad eos qui conventui Consilii ab exsecutione internationalis organismi compendiariis litteris UNESCO nuncupati affuere”, 12, die 2 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1645).
Accanto all’azione educativa della famiglia si deve sottolineare quella della “scuola”, capace di aprire orizzonti più vasti e universali. Nella visione di Giovanni Bosco la scuola, oltre a promuovere lo sviluppo nella dimensione culturale, sociale e professionale dei giovani, deve fornire loro una efficace struttura di valori e di principi morali. Se così non fosse, risulterebbe impossibile vivere e agire in modo coerente, positivo e onesto in una società caratterizzata da tensione e conflittualità.
Fa parte, inoltre, della grande eredità educativa del santo piemontese il suo interesse preferenziale per il mondo del lavoro, al quale i giovani vanno accuratamente preparati. È cosa di cui oggi si sente l’urgenza, pur nelle profonde trasformazioni della società. Condividiamo con don Bosco la preoccupazione di dotare le giovani generazioni di una competenza professionale e tecnica adeguata, così come hanno lodevolmente testimoniato per oltre cento anni le scuole di arti e mestieri e i laboratori diretti con encomiabile perizia dai Salesiani Coadiutori. Condividiamo la sua preoccupazione di favorire una sempre più incisiva educazione alla responsabilità sociale, sulla base di una accresciuta dignità personale (cf. Laborem Exercens, 6), a cui la fede cristiana non solo dona legittimità, ma conferisce anche energie di incalcolabile portata.
Infine, è da rilevare l’importanza data dal santo alle “forme associative” e di gruppo, in cui cresce e si sviluppa il dinamismo e l’iniziativa giovanile. Animando molteplici attività, egli creava ambienti di vita, di buon uso del tempo libero, di apostolato, di studio, di preghiera, di gioia, di gioco e di cultura, dove i giovani potevano ritrovarsi e crescere. I notevoli cambiamenti del nostro tempo rispetto al secolo XIX non esimono l’educatore dal rivedere situazioni e condizioni di vita, dando il necessario spazio allo spirito di creatività tipico dei giovani.
19. Considerando poi i bisogni della gioventù di oggi ed insieme richiamando il messaggio profetico di don Bosco, l’amico dei giovani, non si può dimenticare che oltre – anzi, dentro – qualsiasi struttura educativa, si rendono indispensabili quei tipici “momenti educativi” del colloquio e dell’incontro personale: correttamente utilizzati, essi diventano occasione di vera guida spirituale. È quanto faceva il santo esercitando con particolare efficacia il ministero del sacramento della Riconciliazione. In un mondo tanto frammentato e pieno di messaggi contrastanti, è un vero regalo pedagogico offrire al giovane la possibilità di conoscere e di elaborare il proprio progetto di vita, alla ricerca del tesoro della propria vocazione, dalla quale dipende tutta l’impostazione della vita. Sarebbe incompleta l’opera educativa di colui che ritenesse sufficiente soddisfare le necessità pur legittime della professione, della cultura e anche del lecito svago, senza proporre al loro interno, come fermento, quelle mete che Cristo stesso presentò al giovane del Vangelo, e sulle quali anzi commisurò la gioia della vita eterna o la tristezza del possesso egoistico (cf. Mt 19, 21 s).
L’educatore ama ed educa veramente i giovani quando propone loro ideali di vita che li trascendono ed accetta di camminare con loro nella faticosa maturazione quotidiana della loro scelta.
Conclusione
20. In questa “memoria” centenaria di san Giovanni Bosco, “padre e maestro della gioventù”, si può dire con ferma convinzione che la Provvidenza divina invita tutti voi, membri della grande Famiglia Salesiana, come anche i genitori e gli educatori, a riconoscere sempre più l’inderogabile necessità della formazione dei giovani, assumendone con rinnovato entusiasmo i compiti per assolverli con la dedizione illuminata e generosa che fu propria del santo.
Tra gli educatori mi rivolgo in modo speciale, e con la viva sollecitudine che nasce dalla gravità del problema, al clero impegnato direttamente nel sacro ministero, poiché la formazione della gioventù li interpella particolarmente. Sono ben convinto – e ne ho la continua prova negli incontri con i giovani, che ho immancabilmente durante i miei viaggi pastorali – che vi è una fioritura di iniziative, che vanno verso la gioventù per darle una formazione cristiana integrale; ma non si può dimenticare che essa è oggi in preda a pericoli e sfide, ignote ad altre epoche, come la droga, la violenza, il terrorismo, l’immoralità di molti spettacoli cinematografici e televisivi, la diffusione della pornografia. Tutto ciò richiede che, nella cura pastorale, sia data un’attenzione prioritaria alla gioventù mediante appropriati metodi e con inventiva di iniziative. La mente e il cuore di don Bosco possa suggerire anche ai sacerdoti le forme adatte da seguire. La gravità della posta in gioco esige una accresciuta presa di coscienza, sulla quale saremo giudicati dal Signore. I giovani tornino ad essere la cura principale dei sacerdoti! Ne va di mezzo l’avvenire della Chiesa e della società. Sono ben consapevole, benemeriti educatori, delle difficoltà a cui andate incontro e delle delusioni che a volte dovete provare. Non scoraggiatevi nel percorrere questa privilegiata via dell’amore che è l’educazione. Vi conforti l’inesauribile pazienza di Dio nella sua pedagogia verso l’umanità, esercizio incessante di paternità rivelata nella missione di Cristo, maestro e pastore, e nella presenza dello Spirito Santo, inviato a trasformare il mondo.
La nascosta e potente efficacia dello Spirito è diretta a far maturare l’umanità sul modello di Cristo. Egli è l’animatore della nascita dell’uomo nuovo e del mondo nuovo (cf. Rm 8, 4-5). Così la vostra fatica educativa appare come un ministero di collaborazione con Dio e sarà certo feconda.
Il vostro e nostro santo soleva dire che “l’educazione è cosa di cuore” (“Memorie biografiche di S. Giovanni Bosco”, vol 16, 447) e che bisogna “far passare Iddio nel cuore dei giovani non solo per la porta della chiesa, ma della scuola o dell’officina” (“Memorie biografiche di S. Giovanni Bosco”, vol 6, 815-816). È appunto nel cuore dell’uomo che si rende presente lo Spirito di verità, come consolatore e trasformatore: egli entra incessantemente nella storia del mondo attraverso il cuore dell’uomo. E, come ho scritto nell’enciclica Dominum et Vivificantem, anche “la via della Chiesa passa attraverso il cuore dell’uomo”; anzi essa “è il cuore dell’umanità”; “col suo cuore, che in sé comprende tutti i cuori umani, essa chiede allo Spirito Santo «la giustizia, la pace e la gioia dello Spirito», in cui, secondo san Paolo, consiste il Regno di Dio” (Dominum et Vivificantem, 67). Con la vostra opera, carissimi educatori, voi state compiendo uno squisito esercizio di maternità ecclesiale (Gravissimum Educationis, 3).
Abbiate sempre davanti a voi Maria santissima come la più alta collaboratrice dello Spirito Santo, la quale fu docile alle sue ispirazioni e per questo divenne Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Ella continua nei secoli “ad essere una presenza materna, come indicano le parole di Cristo pronunciate sulla croce: «Donna, ecco tuo figlio»; «Ecco tua madre»” (Redemptoris Mater, 24).
Non distogliete mai lo sguardo da Maria; ascoltatela quando dice: “Fate quello che Gesù vi dirà” (Gv 2, 5). Pregatela anche con quotidiana premura, perché il Signore susciti di continuo anime generose, che sappiano dire di sì al suo appello vocazionale.
A lei io affido voi e insieme con voi affido tutto il mondo dei giovani, affinché essi, da lei attratti, animati e guidati, possano conseguire, con la mediazione della vostra opera educativa, la statura di uomini nuovi per un mondo nuovo: il mondo di Cristo, Maestro e Signore.
Con la mia benedizione apostolica.
Data a Roma, presso san Pietro, il 31 gennaio, nella memoria di san Giovanni Bosco, nell’anno 1988, decimo del nostro pontificato.
Con la mia benedizione apostolica.
Data a Roma, presso san Pietro, il 31 gennaio, nella memoria di san Giovanni Bosco, nell’anno 1988, decimo del nostro pontificato.