CANTO: TU SEI MISERICORDIA
Tu sei misericordia, tu sei la verità
e se io ti seguirò, la tua croce prenderò,
se cadrò tu mi solleverai.
TU SEI MORTO PER ME
E RISORTO PER SEMPRE,
COL TUO SANGUE VERSATO
TU MI HAI PURIFICATO,
DAL NEMICO CHE OPPRIME
TU MI HAI RISCATTATO,
DALLA MORTE MI HAI LIBERATO.
Tu sei la mia vittoria, tu sei la libertà,
hai sofferto per amore,
mi hai donato la salvezza,
al mio grido tu risponderai.
Tu sei la mia dimora, solo in te riposerò,
il tuo spirito di vita mi darà
consolazione,
la mia anima tu sazierai.
1. RITO DI INTRODUZIONE
Antifona d’ingresso
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 105,3-4)
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
La misericordia del Padre,
la pace del Signore nostro Gesù Cristo,
la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
E con il tuo spirito.
Fratelli e sorelle, il tempo santo della Quaresima è momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio. Alla luce della Parola del Signore, riconosceremo la nostra colpa e invocheremo la sua pace.
Lasciamoci riconciliare con il Padre per incamminarci con cuore rinnovato per le strade del mondo e riconoscere e cantare le meraviglie dell’amore sconfinato di Dio.
In spirito di preghiera disponiamoci all’ascolto della Parola: è Dio che ancora parla alla sua Chiesa e le rivela la salvezza confermandola nel patto d’amore e di vita che la Pasqua di Cristo ha sancito per sempre.
Preghiamo:
Dio onnipotente e misericordioso, che hai disposto la tua benevolenza verso i peccatori quando riconoscono prontamente i loro peccati, vieni in soccorso di quanti sono caduti, e abbi pietà di quanti si sono pentiti, perché la grandezza della tua misericordia sciolga quanti sono avvinti dalla catena delle colpe. Per Cristo nostro Signore. Amen.
2. LITURGIA DELLA PAROLA
Prima lettura
Dal libro dell’Èsodo (Es 32,7-14)
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostràti dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Parola di Dio
Salmo responsoriale (Sal 105)
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.
Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia erba.
Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.
Ed egli li avrebbe sterminati,
se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.
Canto al Vangelo (Gv 3,16)
Gloria e lode a te, o Cristo, Verbo di Dio!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Gloria e lode a te, o Cristo, Verbo di Dio!
Vangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 5,31-47)
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Parola del Signore
3. ESPOSIZIONE
CANTO: CANTA O LINGUA IL GLORIOSO MISTERO
Canta, o lingua, il glorioso mistero
del glorioso corpo e del prezioso sangue
che il Re dei popoli frutto generoso
effuse per salvare il mondo.
A noi dato da Vergine pura,
nato per noi dimorò nel mondo,
dopo aver sparso del suo Verbo il seme
compì il mirabile disegno.
ADORIAMO IL MISTERO
DEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE.
ADORIAMO IL MISTERO
DEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE.
Sedendo a mensa nell’ultima cena
con i suoi fratelli celebrò la Pasqua
e donò ai Dodici con le proprie mani
se stesso in cibo per amore.
Il Verbo s’è fatto carne per noi,
con la sua Parola cambia il pane in
carne,
e diventa il vino sangue del Signore,
la fede basta a un cuore puro.
Un così grande mistero adoriamo
e l’antica legge ceda al rito nuovo.
All’insufficienza dei nostri sensi
offra soccorso a noi la fede.
Al Padre e al Figlio sia lode e onore,
giubilo, potenza e benedizione,
e la stessa gloria sia al Santo Spirito,
che da entrambi procede.
Amen.
4. LITURGIA PENITENZIALE
CANTO: BEATITUDINI
BEATI, BEATI I POVERI,
PERCHÉ DI ESSI È IL REGNO.
BEATI, BEATI GLI AFFLITTI,
PERCHÉ SARAN CONSOLATI.
Chi vuole seguir la mia strada
rinneghi se stesso e mi segua,
accolga ogni giorno la croce
che salva e redime ogni uomo.
BEATI, BEATI I MITI,
EREDITERANNO LA TERRA.
BEATO CHI HA FAME DELLA GIUSTIZIA,
PERCHÉ SARÀ CERTO SAZIATO.
Il grido del povero sale
al Padre che vede ogni cosa:
il suo orecchio ascolta,
ricorda il dolore del misero.
BEATI I MISERICORDIOSI,
PERCHÉ TROVERANNO IL PERDONO.
BEATO OGNI UOMO DAL CUORE PURO,
PERCHÉ VEDRÀ IL SUO SIGNORE.
Beato chi porta la pace,
sarà vero figlio di Dio.
Vi lascio la pace del cuore,
che dona una luce di gioia.
BEATI I PERSEGUITATI
A CAUSA DELLA MIA GIUSTIZIA.
GIOISCA, ESULTI CHI SPERA IN ME,
PERCHÉ GRANDE È LA VOSTRA GIOIA.
5. CONSIGLIARE I DUBBIOSI E DAR DA MANGIARE AGLI AFFAMATI
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 21, 1-19)
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
CANTO: NON DI SOLO PANE
NON DI SOLO PANE VIVE L’UOMO,
MA DI OGNI PAROLA CHE VIENE DA
DIO,
T’HA NUTRITO DI MANNA NEL
DESERTO
IL TUO SIGNORE.
Ricordati di tutto il cammino
che il tuo Dio ti ha fatto percorrere
per quarant’anni nel deserto
per metterti alla prova,
per metterti alla prova.
Ti ho condotto nel deserto,
ma il tuo abito non è logoro.
Non sono consumati i tuoi sandali
perché io sono il Signore,
Jahwè il tuo Dio.
Comprendi dunque nel tuo cuore
riconosci che il tuo Signore
corregge come un padre i suoi figli
li punisce con amore,
con la misericordia.
“In questo brano più che un’apparizione di Gesù risorto viene narrata la resurrezione dei discepoli. Nel racconto, infatti, il passaggio dalla notte al mattino, dunque dalle tenebre alla luce, è accompagnato da un altro decisivo passaggio: quello dall’ignoranza («I discepoli non sapevano che era Gesù») alla conoscenza di Gesù(«Sapevano bene che era il Signore»). Se questo è il mutamento fondamentale, alla sua luce possono essere letti anche il passaggio dalla pesca infruttuosa («In quella notte non presero nulla») alla pesca abbondante («Gettarono la rete e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci») e quello dall’assenza di cibo alla partecipazione al pasto preparato da Gesù stesso. Ma cosa ci dice più in profondità questo racconto? I discepoli hanno già incontrato il Signore risorto a Gerusalemme due volte, nel primo giorno della settimana, eppure nonostante queste conferme della resurrezione sembrano ancora bisognosi di incontrarlo: la fede non è mai acquisita per sempre, è sempre un evento, un divenire che può conoscere una crescita ma anche contraddizioni e regressioni, le quali rischiano di vanificare le esperienze di fede vissute in precedenza… Sul mare di Galilea troviamo Simon Pietro, Tommaso, […] Natanaele […], i figli di Zebedeo e altri discepoli anonimi. Non si precisa il giorno, ma viene soltanto detto che questi discepoli erano sette, cioè una comunità il cui numero narra la totalità e l’universalità. Simon Pietro prende l’iniziativa della pesca e gli altri decidono di seguirlo, di partecipare a quell’impresa che rappresenta la missione della comunità; con grande decisione e convinzione essi affermano: «Veniamo anche noi con te». Tutti insieme escono dunque in mare aperto, «ma in quella notte non presero nulla» (ibid.)… A seguito di questa pesca infruttuosa i discepoli si apprestano a tornare verso la spiaggia, «quando ormai giunge il mattino». Sulla spiaggia c’è Gesù, anche se i discepoli non lo sanno: come Maria di Magdala, lo incontrano ma non sanno che è lui … Ed ecco che Gesù prende l’iniziativa e chiede: «Piccoli figli, non avete nulla da mangiare?». Egli si rivolge loro con un appellativo affettuoso, paterno e materno insieme – teknía, piccoli figli –; è come se dicesse: «Non temete, non vi ho lasciati orfani, privi di me», compiendo così la promessa fatta in occasione dei discorsi di addio. Gesù è lo stesso ma è anche diverso, per questo i discepoli non lo riconoscono e gli rispondono laconicamente: «No, non abbiamo nulla». In tal modo essi confessano la loro mancanza, il loro essere immersi in una situazione negativa, priva di sbocchi… A questo punto Gesù sollecita ancora i discepoli: «Gettate la rete sul lato destro della barca e troverete»: sono parole che richiedono fede, pronta obbedienza, sono un comando e una promessa alla quale Pietro e i suoi compagni subito aderiscono. E non appena eseguono quest’ordine ecco che la rete diviene stracolma di pesci, ma essi sono di nuovo preda della loro debolezza e povertà: «non avevano la forza per tirarla su» (ibid.)… È allora che il discepolo amato, colui che al solo vedere la tomba vuota aveva creduto, riconosce in quell’evento l’azione e lo stile di Gesù e subito grida agli altri: «Ho Kýrios estin! È il Signore!». Il discepolo amato, il credente che ha esperienza dell’amore del Signore, colui che ha posato il capo sul grembo di Gesù quasi a mettersi in ascolto del suo cuore, sa leggere i segni e diventa capace di riconoscere Gesù, rispondendo con l’amore al suo preveniente: «È il Signore!». Sì, siamo condotti a contemplare la barca della chiesa in mezzo ai flutti della storia, a mettere in conto anche la possibilità di missioni senza frutto, di evangelizzazioni senza risultato; nello stesso tempo, però, questa pagina ci spinge a credere che, se la missione avviene in obbedienza al Signore, nella docilità alle sue indicazioni e nella ricerca della sua volontà, allora vi è abbondanza di frutti, allora si è resi davvero «pescatori di uomini».” (Enzo Bianchi)
Per la riflessione personale:
• Amo Dio con i fatti più che con le parole? Mi interesso delle iniziative che la parrocchia propone a favore di chi ha bisogno o è in difficoltà (per esempio attraverso la raccolta di generi alimentari o di vestiario)? Aiuto, secondo le mie possibilità, chi è senza lavoro o lo ha perso? Sono premuroso verso i miei familiari?
• Conduco una vita onesta? Sono facile a dire il falso e la bugia? Cerco di raggiungere uno scopo corrompendo?
• Sul campo del lavoro o nella cerchia di amici: ho il coraggio di manifestare la mia fede? Di illuminare chi sta per procurare aborto? Di aiutare chi si è allontanato dalla pratica religiosa o dalla fede?
RIPETIAMO INSIEME: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
• Perdonaci, Signore, per le nostre esitazioni, le paure, il rispetto umano che a volte ci trattiene dal dare un consiglio… e preferiamo chiuderci nel nostro ormai diffuso: “pensa ai fatti tuoi”. Tu invece, Signore, hai pensato solo ai fatti nostri. Preghiamo.
• Perdonaci, Signore, quando preferiamo noi stessi agli altri, i nostri problemi a quelli del nostro prossimo, la nostra salute a quella del nostro vicino, i nostri dubbi a quelli di chi ci interpella per avere una parola di chiarimento alle proprie perplessità e titubanze. Preghiamo.
• Aiutaci, Signore, ad avere il santo coraggio di privarci di qualche alimento per regalarlo a chi a volte vediamo frugare nei cassonetti del supermercato, dove si ammucchia alla rinfusa e senza igiene quanto è rimasto invenduto. Preghiamo.
• Aiutaci, Signore, ad avere il santo coraggio di non rifilare ai poveri sempre e solo quello che ci avanza, ma di condividere ogni tanto quello che abbiamo comperato per noi con qualcuno che è molto meno fortunato di noi. Preghiamo.
6. INSEGNARE AGLI IGNORANTI E E DAR DA BERE AGLI ASSETATI
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4, 5-41)
Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 1Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: «Io non ho marito».Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?» Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: «Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura»? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parolae alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
CANTO: MOSTRAMI SIGNORE
MOSTRAMI SIGNORE IL SENTIERO
DELLA VITA,
SEI SOLO TU IL MIO UNICO BENE.
SEI LA MIA PARTE DI EREDITÀ,
NELLE TUE MANI
È LA MIA VITA.
Dio dei Padri, Signore di salvezza,
tutto hai creato con la tua Parola.
Con la Sapienza hai creato l’uomo,
per la tua Gloria, Signore.
Dammi la Sapienza che siede accanto a te,
lei sa quel che piace ai tuoi occhi, Signore.
Mandala dai cieli altissimi,
dal tuo trono di Gloria.
Io saprò cosa più ti è gradito,
la tua Sapienza conosce ogni cosa,
mi guiderà ogni giorno,
mi proteggerà dal male.
Gesù, affaticato per il viaggio, sedeva al pozzo di Sicar. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. È una donna senza nome, che ci rappresenta, che assomiglia a tutti noi. È la sposa che se n’è andata dietro ad altri amori, e che Dio, lo sposo, vuole riconquistare. Non con minacce o rimproveri, ma con l’offerta di un più grande amore, esponendosi con l’umiltà di un povero che tende la mano «ho sete», di chi crede che può ricevere molto da ogni altro uomo. Dammi da bere. Dio ha sete, ma non di acqua: ha sete della nostra sete, ha desiderio del nostro desiderio. Lo sposo ha sete di essere amato. E ci insegna che c’è un mezzo, uno soltanto, per raggiungere il cuore profondo di ciascuno. Non il rimprovero o l’accusa, ma un dono, il far gustare un di più di bellezza, un di più di vita, come fa Gesù: Se tu conoscessi il dono di Dio a te. Perché Dio non chiede, dona: una sorgente intera in cambio di un sorso d’acqua. Ti darò un’acqua che diventa in te sorgente. Quest’acqua viva è l’energia dell’amore di Dio. Se lo accogli, diventa qualcosa che ti riempie, tracima, si sprigiona da te, come una sorgente che zampilla “per la vita”, che fa maturare la vita, la rende autentica e indistruttibile, eterna. In te, ma non per te: la sorgente è più di ciò che serve alla tua sete, è per tutti, senza misura, senza calcolo, senza fine. Vai a chiamare colui che ami. Quando parla con le donne, va diritto al centro, al pozzo del cuore. Solo fra le donne Gesù non ha avuto nemici, il suo è il loro stesso linguaggio, quello dei sentimenti, del desiderio, della ricerca di ragioni forti per vivere. Non ho marito. E Gesù: hai detto bene, erano cinque. Ma non istruisce processi, non cerca indizi di colpevolezza, cerca indizi d’amore; non le chiede di mettersi prima in regola, le affida un dono; si fida e non pretende di decidere per lei il futuro. Messia di suprema delicatezza, volto bellissimo di Dio. Che cosa si vede da quel luogo, dal pozzo di Sicar? Il monte Garizim, con il tempio dei samaritani; e attorno cinque alture su cui i coloni stranieri, che hanno ripopolato Samaria, hanno eretto cinque templi ai loro dei. Il popolo è andato dietro a cinque idoli, come la donna a cinque uomini. Storia, simbolo, popolo, persona, tutto si intreccia per convergere all’essenziale: lo Sposo cerca la sposa perduta. La donna percepisce l’offerta di questa energia d’amore, ne è contagiata, corre in città, ferma tutti per strada: c’è uno che dice tutto di te! Lui conosce il tutto dell’uomo: c’è in ognuno una sorgente di bene, un lago di luce, più forte del male, fontane di futuro. Gesù: lo ascolti e nascono fontane. In te, per gli altri. (Ermes Ronchi).
Per la riflessione personale:
- Se l’ignoranza delle vie di Dio è uno dei mali più evidenti nella nostra Europa e forse anche nella mia spiritualità: cosa sto facendo o mi propongo di fare per aprirmi alla verità che cambia e salva la mia vita e cosa sono disposto -come dice il salmo 50 “ agli erranti insegnerò le tue vie” - a fare e proporre nella parrocchia, nella associazione, nel posto di lavoro per far conoscere il volto di Dio e la sua misericordia ?
- Nel lungo e faticoso esodo nel deserto il Dio ricco di misericordia fa sgorgare dalla roccia l’acqua che è vita, Gesù alla Samaritana chiese l’acqua per dissetarsi ma offri l’acqua per la vita eterna e con essa la SOREGENTE – la sua persona - che si offre come conoscenza, come invito a bere l’acqua della vita e quindi come porta e l’amore in persona. E io, oggi , come e chi cerchero’ di dissetare anche prima di dissetare me stesso ?
Ripetiamo insieme: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
• Gesù, hai scelto 12 persone perché apprendessero da te l’arte di insegnare, poi li hai inviati. Anche noi siamo tuoi, siamo gli apostoli del III millennio. Perdonaci quando non evangelizziamo e dacci la forza di non tirarci indietro e il coraggio di affrontare le insidie del mondo. Preghiamo.
• In Italia molti soffrono la sete, non di acqua, ma di affetto: vecchi soli e abbandonati, bimbi senza famiglia, persone emarginate e stanche. Perdonaci, Signore, se non dedichiamo loro il tempo l’affetto necessario. Preghiamo.
• Gesù, che ti sei fatto Pane per noi, ci mettiamo in ascolto, parlaci con il tuo Vangelo, aiutaci a custodire ogni tuo insegnamento e donaci il coraggio di trasmettere con la vita e la parola quanto abbiamo imparato da te. Preghiamo.
• Milioni di persone non dispongono di acqua potabile, ma nel sottosuolo c’è, fresca e potabile. Dar da bere agli assetati può significare fornire i mezzi per scavare pozzi. Ce lo chiedono in coro i missionari. Sei dunque tu, Signore, attraverso la loro voce, che ci chiedi da bere “Avevo sete e mi avete dato da bere”. Aiutaci a dissetarti nei poveri. Preghiamo.
7. AMMONIRE I PECCATORI E VESTIRE GLI IGNUDI
Dal secondo libro di Samuele (2 Sam 12, 1-25)
Il Signore mandò il profeta Natan a Davide e Natan andò da lui e gli disse: «Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero;ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia. Un ospite di passaggio arrivò dall’uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell’uomo povero e ne preparò una vivanda per l’ospite venuto da lui». Allora l’ira di Davide si scatenò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte.Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa di Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi avrei aggiunto anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l’Hittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Hittita. Così dice il Signore: Ecco io sto per suscitare contro di te la sventura dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un tuo parente stretto, che si unirà a loro alla luce di questo sole; poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole».Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore (l’insulto sia sui nemici suoi), il figlio che ti è nato dovrà morire». Natan tornò a casa. Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide ed esso si ammalò gravemente. Davide allora fece suppliche a Dio per il bambino e digiunò e rientrando passava la notte coricato per terra. Gli anziani della sua casa insistevano presso di lui perché si alzasse da terra; ma egli non volle e rifiutò di prendere cibo con loro. Ora, il settimo giorno il bambino morì e i ministri di Davide temevano di fargli sapere che il bambino era morto, perché dicevano: «Ecco, quando il bambino era ancora vivo, noi gli abbiamo parlato e non ha ascoltato le nostre parole; come faremo ora a dirgli che il bambino è morto? Farà qualche atto insano!». Ma Davide si accorse che i suoi ministri bisbigliavano fra di loro, comprese che il bambino era morto e disse ai suoi ministri: «E’ morto il bambino?». Quelli risposero: «E’ morto». Allora Davide si alzò da terra, si lavò, si unse e cambiò le vesti; poi andò nella casa del Signore e vi si prostrò. Rientrato in casa, chiese che gli portassero il cibo e mangiò. I suoi ministri gli dissero: «Che fai? Per il bambino ancora vivo hai digiunato e pianto e, ora che è morto, ti alzi e mangi!». Egli rispose: «Quando il bambino era ancora vivo, digiunavo e piangevo, perché dicevo: Chi sa? Il Signore avrà forse pietà di me e il bambino resterà vivo. Ma ora che egli è morto, perché digiunare? Posso io farlo ritornare? Io andrò da lui, ma lui non ritornerà da me!». Poi Davide consolò Betsabea sua moglie, entrò da lei e le si unì: essa partorì un figlio, che egli chiamò Salomone. Il Signore amò Salomone e mandò il profeta Natan, che lo chiamò Iedidià per ordine del Signore.
CANTO: SE AVESSI MAI COMMESSO
Se avessi mai commesso
il peggiore dei crimini,
per sempre manterrei la stessa fiducia,
poiché io so che questa moltitudine di
offese,
non è che goccia d’acqua
in un braciere ardente (x2)
Oh se potessi avere
un cuore ardente d’amore,
che resti il mio sostegno
non m’abbandoni mai,
che ami tutto in me,
persino la mia debolezza,
e non mi lasci mai,
né il giorno né la notte (x2)
Non ho trovato mai, creatura capace,
d’amarmi a tal punto e senza morire,
di un Dio ho bisogno,
che assunta la mia natura,
si faccia mio fratello,
capace di soffrir (x2)
Io so fin troppo bene che le nostre
giustizie,
non hanno ai tuoi occhi il minimo
valore,
ed io per dare un prezzo
ad ogni mio sacrificio,
gettare lo vorrei nel
tuo divino cuore (x2)
No, Tu non hai trovato
creatura senza macchia,
dettasti la tua legge
tra i fulmini del cielo,
e nel tuo sacro cuore,
Gesù mi nascondo,
non tremo perché sei
la sola mia virtù (x2)
Dovremo ricordarci anzitutto che i primi peccatori da ammonire siamo noi stessi, che ogni giorno pecchiamo! Sappiamo bene per esperienza personale che l’ammonizione, la correzione non ci fa certo piacere, ma ci fa bene. Ma cos’è oggi il peccato? Il peccato è dentro di noi, come ci ricorda il Signore Gesù: dal di dentro, dal cuore dell’uomo escono i propositi di male. Cristo è venuto non a condannare, ma a salvare; è venuto per i malati, non per i sani; per i peccatori, non per i giusti, perché ascoltino e si convertano. Nessuno è senza peccato, fa capire Gesù quando perdona la donna adultera. Il nostro impegno di “ammonire i peccatori” è il contrario del modo di ragionare umano (“Pensa per te!”), e riflette le parole di Gesù sulla correzione fraterna, eco dell’invito profetico ad avvertire il malvagio. Abbiamo una personale responsabilità verso gli altri davanti a Dio. La correzione fraterna non è giudizio, ma è servizio di amore e di verità al fratello. Qualche volta corriamo il rischio di tacere il male e diventarne complici; invece dovremmo «correggere con dolcezza». Inoltre compito dei cristiani è quello di essere coscienza critica e grido profetico di denuncia del male; di quel peccato che è fondamentalmente rifiuto di Dio e degli altri: voler far senza Dio. Nella luce dello Spirito Santo è importante invocare il dono del discernimento, per distinguere il bene dal male e per imparare, secondo la tradizione della Chiesa, a distinguere il peccato dal peccatore. Il male, infatti, non è cadere: il male è non rialzarsi dal peccato, quando siamo ammoniti. Gesù ammonisce gli apostoli a non portare con sé due tuniche e ci richiama: «E per il vestito, perché vi preoccupate?». Lui stesso, prima di essere crocefisso, viene denudato come un malfattore, spogliato delle vesti: un’ingiuria, quasi uno spogliarlo della sua dignità di uomo, di Figlio di Dio, con cui egli fino in fondo si mette alla pari con chi non ha nulla, neppure un vestito per coprirsi. Noi siamo forse troppo abituati a guardare al corpo nudo di Cristo in croce. Un corpo spogliato, denudato è bello solo per chi ama veramente, altrimenti è brutto e anche sporco. Non solo l’amore passionale lo rende bello, ma anche l’amore affettuoso di chi si china su un corpo piagato, su un fratello o una sorella che hanno bisogno di tutto: dal neonato all’anziano, dall’ammalato al “diversamente abile”; per lavare quel corpo e rivestirlo, per ridargli dignità e freschezza. L’Antico Testamento ci ricorda che l’essere umano nasce senza nulla; diversamente dagli animali, ha bisogno di cibo ma anche di vestito; ci presenta inoltre il richiamo della legge e dei profeti a soccorrere chi è senza un vestito. Ricordiamo infine che dal giorno del Battesimo con la veste bianca, noi siamo «rivestiti di Cristo», come il figliol prodigo accolto dal padre con il vestito più bello. (Don Luigi Viviani)
Per la riflessione personale:
- Spesso siamo testimoni di gesti, di discorsi, di comportamenti non retti, che recano danno al prossimo, commessi nell’ombra, per non essere smascherati alla luce del sole. Come reagisco quando assisto a questi atti? Sono sempre propenso a far ragionare colui che sta per commettere o ha già commesso l’errore?
- Atti di bullismo nelle scuole, nelle comitive, soprattutto tra gli adolescenti sono sempre più frequenti. Con la diffusione dei social network ha preso piede anche un’altra forma di bullismo, quella virtuale, anche detta cyber bullismo. Contrasto questo genere di atti, o mi unisco ai bulli per rimanere nella massa e sentirmi parte del gruppo?
- Ci sono molti gruppi e organizzazioni che si occupano di raccogliere i vestiti e distribuirli a chi ne ha bisogno, come la caritas. Contribuisco nel mio piccolo a queste raccolte, con vestiti utilizzabili e non vecchi e rovinati? Spendo tanti soldi per vestiti che poi restano inutilizzati nell’armadio?
- Il vestito è una delle caratteristiche che distingue l’uomo dall’animale. Contribuisce a conferirgli quella dignità che gli è propria. Rispetto la dignità del mio prossimo? Lo giudico per come si veste, per le firme che indossa o per i negozi che frequenta?
Ripetiamo insieme: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
- Perdonaci Signore per i troppi timori che ci assalgono quando dovremmo e vorremmo intervenire – come fece il profeta Natan con il re Davide – in situazioni contro la morale (bestemmie, imprecazioni, maledizioni, insulti, ricatti, ecc…) e noi zitti per non comprometterci e restare in pace. Preghiamo.
- Perdonaci Signore quando stentiamo a donare qualcosa a chi non ha niente, attanagliati dal dubbio che chi chiede lo fa per mestiere o per truffa e non per necessità. Preghiamo.
- Aiutaci Signore a ritrovare in noi stessi il coraggio di essere tra gli altri testimoni di onestà, di sincerità e di buone maniere, che troppi sembra che abbiano dimenticato
- Aiutaci Signore a resistere dal fare sfoggio a indumenti firmati, di monili preziosi, eanche per risparmiare qualcosa per chi è vestito di soli stracci. Preghiamo.
8. CONSOLARE GLI AFFLITTI E ALLOGGIARE I PELLEGRINI
Dal libro dell’Esodo (Es 2, 11-22)
In quei giorni, Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c’era nessuno, colpì a morte l’Egiziano e lo seppellì nella sabbia.Il giorno dopo, uscì di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: “Perché percuoti il tuo fratello?”. Quegli rispose: “Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l’Egiziano?”. Allora Mosè ebbe paura e pensò: “Certamente la cosa si è risaputa”. Poi il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo. Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: “Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta?”. Risposero: “Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge”. Quegli disse alle figlie: “Dov’è? Perché avete lasciato là quell’uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!”. Così Mosè accettò di abitare con quell’uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Gherson, perché diceva: “Sono un emigrato in terra straniera!”.
CANTO: BENEDICI IL SIGNORE
BENEDICI IL SIGNORE, ANIMA MIA,
QUANT’È IN ME BENEDICA IL SUO
NOME;
NON DIMENTICHERÒ TUTTI I SUOI
BENEFICI,
BENEDICI IL SIGNORE, ANIMA MIA.
Lui perdona tutte le tue colpe
e ti salva dalla morte.
Ti corona di grazia e ti sazia di beni
nella tua giovinezza.
Il Signore agisce con giustizia,
con amore verso i poveri.
Rivelò a Mosè le sue vie, ad Israele
le sue grandi opere.
Il Signore è buono e pietoso,
lento all’ira e grande nell’amor.
Non conserva in eterno il suo sdegno e
la sua ira
verso i nostri peccati.
Come dista oriente da occidente
allontana le tue colpe.
Perché sa che di polvere siam tutti noi
plasmati, come l’erba i nostri giorni.
Benedite il Signore voi angeli
voi tutti suoi ministri
beneditelo voi tutte sue opere e domini
benedicilo tu, anima mia.
“Come Abramo, Mosè esce dalla sua patria e dalla sua parentela per una strada nuova che gli verrà indicata da Dio. Un nuovo inizio o una fuga arrendevole dettata dalla delusione e dallo sconforto? Nessuno può attribuirsi una missione prima che sia Dio stesso a conferirgliela: non si può aiutare gli altri soltanto facendo appello alla propria istintiva generosità. Nella terra di Madian Mosè deve trovare la sua più profonda identità per aprirsi alla chiamata di Dio: dunque non una fuga ma, un allontanamento forzato dettato dall’esigenza di ritrovare sé stesso. Mosè non scappa in preda alla paura, al contrario; corre verso i luoghi dell’anima, il deserto interiore per preparare il suo spirito alla missione della liberazione definitiva. Non rifugge le relazioni anzi, ne cerca altre, migliori, vere, perché nella relazione e nel confronto sperimenta l’amorevolezza di un Dio che non lo abbandona e che continua a vegliare sul suo eletto. Non possiamo cercare Dio nella solitudine, soprattutto quando questa è imposta dalla sfiducia e dalla delusione: il nostro Dio è Dio di relazione, come ci ha insegnato Gesù, che si lascia trovare da chi lo cerca con cuore sincero. Quando guardiamo al nostro prossimo con occhi nuovi, siamo già nella strada di novità tracciata da Dio. Quel Dio che come già conosceva Mose avendolo predestinato conosce anche noi e ci chiama alla relazione con Lui.” (Mov. Imp. Ed. di A.C.)
Per la riflessione personale:
- Se mai un’opera di misericordia è, oggigiorno, talmente bistrattata, fino a capovolgere i valori sociali, questa si riferisce all’accoglienza e all’ospitalità. Mi sono assuefatto all’dea che ci troviamo in un’epoca di “emergenza” e quindi quei valori di una volta, oggi non possono contare più? La storia è piena di grandi migrazioni, a volte ben più numerose dell’attuale; ma credo che un conto è la storia e un altro è il fenomeno che mi coinvolge personalmente? Ho mai riflettuto che la terra non appartiene a nessuno di noi, ma ci è stata data da Dio come dono da condividere anche con gli altri suoi figli?
- Apriamo “Centri di Ascolto” nelle Parrocchie che si ritengono più sensibili e più avanzate. Mi succede di indirizzare lì quanti conosco che si trovano in difficoltà, con la falsa coscienza di aver fatto un’opera buona senza avvertire di essermi scaricato di un mio impegno cristiano? Prova a farci caso: in una conversazione con qualcuno che vuol essere consolato o almeno solo ascoltato, le parole che dico sono più di quelle che ascolto? O, a esser sincero, il tentativo di confortare, riuscirebbe a rasserenare me stesso?
Ripetiamo insieme: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
- Perdonaci, Signore, per quando non abbiamo saputo piangere con chi era nel pianto, non abbiamo saputo soffrire con chi era nella sofferenza, non abbiamo saputo dire una buona parola a chi aveva bisogno di ascoltarla. Preghiamo.
- Perdonaci, Signore, per quando abbiamo chiuso la porta in faccia a chi aveva bisogno, quando ci chiudiamo nelle nostre sicurezze e abbiamo paura che vengano infrante, per quando non accogliamo chi cerca Te. Preghiamo.
- Perdonaci, Signore, per quando rifiutiamo di vedere la sofferenza, e pensiamo che toglierla sia il solo modo di aiutare. Preghiamo.
- Aiutaci, Signore, ad aprire la porta a chi cerca Te, ad aprire il nostro cuore ad ascoltare il suo. Preghiamo.
- Aiutaci, Signore, a saper entrare nella sofferenza altrui, come tu sei entrato nella nostra. Preghiamo.
- Aiutaci, Signore, ad ascoltare Te e a lasciarci consolare da Te, per poter a nostra volta ascoltare gli altri e consolarli. Preghiamo.
9. PERDONARE LE OFFESE E VISITARE GLI INFERMI
Dal Vangelo secondo Luca 37 (Lc 10, 29-37)
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fà lo stesso».
CANTO: TARDI T’AMAI
TARDI T’AMAI, BELLEZZA INFINITA,
TARDI T’AMAI, TARDI T’AMAI,
BELLEZZA COSÌ ANTICA E COSÌ NUOVA.
Eppure, Signore,
tu eri dentro me ma io ero fuori;
deforme com’ero guardavo la bellezza
del tuo creato.
Eri con me e invece io,
Signore non ero con te;
le tue creature mi tenevano lontano,
lontano da te.
Tu mi chiamasti e quella tua voce
squarciò la sordità;
tu balenasti e fu dissipata
la mia cecità.
Tu emanasti il dolce tuo profumo:
di te ho fame e sete:
tu mi hai toccato
ed ora io anelo alla tua pace.
“Come a costui si avvicinò pieno di compassione il Samaritano, che versandogli sulle ferite olio e vino lo fasciò, lo condusse all’albergo e si prese cura di lui, così a risanare le ferite del genere umano è necessario che appresti la sua mano Gesù Cristo, di cui il Samaritano era l’immagine. Questi sono appunto l’opera e il compito che la Chiesa rivendica per sé come erede e custode dello spirito di Gesù Cristo. (…) Perciò vi preghiamo, Venerabili Fratelli, e vi scongiuriamo per le viscere di carità di Cristo, adoperatevi il più possibile non solo per indurre i fedeli a voi affidati a deporre gli odii e a condonare le offese, ma anche per promuovere con maggiore intensità tutte quelle opere di cristiana beneficenza, che siano di aiuto ai bisognosi, di conforto agli afflitti, di presidio ai deboli, e che arrechino insomma un soccorso opportuno e molteplice a tutti coloro che hanno riportato dalla guerra i maggiori danni. Desideriamo che voi esortiate specialmente i vostri sacerdoti, come ministri di pace, affinché siano assidui in questo che è il compendio essenziale della vita cristiana, cioè nell’inculcare l’amore verso i vicini, anche se nemici, e « fatti tutto a tutti » precedano gli altri con l’esempio, muovano guerra ovunque all’odio e all’inimicizia, sicuri di fare cosa graditissima all’amantissimo Cuore di Gesù e a colui che, quantunque indegnamente, ne fa le veci in terra. ” (LETTERA ENCICLICA ”PACEM, DEI MUNUS PULCHERRIMUM” DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XV)
Per la riflessione personale:
- Di fronte alla morte di tante persone nelle guerre o nelle strage, che cosa chiedo al Signore per loro nella mia preghiera quotidiana? Se non sono presenti che cosa decido oggi nei loro confronti?
- In quest’anno della misericordia dove siamo chiamati a scoprire l’amore di Dio per ciascuno, a dimenticarsi per gli altri, che cosa faccio in maniera concreta per beneficiare tutti quelli che hanno lasciato questo mondo?
Ripetiamo insieme: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
- Perdonaci Signore per i sentimenti di odio che proviamo verso chi ci ferisce, chi ci usa violenza anche solo verbale, verso chi ci rende vittime di ingiustizia e non sappiamo aprire i nostri cuori ad una comprensione reciproca, al perdono, alla riconciliazione. Preghiamo.
- Perdonaci Signore per essere spesso troppo distratti, troppo indaffarati, forse anche insensibili, indifferenti ed egoisti tanto da non vedere né riconoscere le sofferenze fisiche e morali che affliggono i nostri fratelli. Preghiamo.
- Aiutaci Signore a non voler mai restituire il male e le offese ricevute; aiutaci a non covare risentimento, astio e rancore verso chi ci ha feriti; aiutaci a non considerarlo “il nemico da combattere”, aiutaci ad essere misericordiosi come Tu sei e a perdonare come Tu ci perdoni. Preghiamo.
- Aiutaci Signore a trovare il tempo, la voglia e la forza per tentare di confortare e consolare anche uno solo dei fratelli malati che vivono accanto a noi; aiutaci a sapergli donare almeno un abbraccio ed un sorriso. Preghiamo.
10. SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE E VISITARE I CARCERATI
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18, 35-43)
Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli risposero: «Passa Gesù il Nazareno!».Allora incominciò a gridare: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò: «Che vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io riabbia la vista». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio.
CANTO: DOVE LA CARITA’
DOVE LA CARITÀ È VERA E SINCERA, LÀ
C’È DIO .
DOVE LA CARITÀ PERDONA E TUTTO
SOPPORTA.
DOVE LA CARITÀ BENIGNA
COMPRENDE E NON SI VANTA,
TUTTO CREDE ED AMA E TUTTO SPERA
LA VERA CARITÀ.
Ci ha riuniti in uno l’amore di Cristo:
esultiamo e rallegriamoci in lui,
Temiamo ed amiamo il Dio vivente
ed amiamoci tra noi con cuore sincero.
Quando tutti insieme noi ci raduniamo
vigiliamo che non sian divisi i nostri
cuori,
non più liti, non più dissidi e contese
maligne,
ma sia sempre in mezzo a noi Cristo
Signore.
Noi vedremo insieme con tutti i beati
nella gloria il tuo volto, Gesù Cristo Dio,
gioia immensa, gioia vera noi vivremo
per l’eternità infinita dei secoli. Amen.
“Sino al momento in cui passa Gesù, il cieco era rimasto a mendicare. Silenzioso, come ciascuno di noi, forse inconsapevolmente, si trova a mendicare silenzioso, senza sussulti o grida, sulla strada dei giorni, dove scorrono le relazioni, le cose da fare, e i pensieri e le decisioni. Chiediamo, semplicemente, vita, felicità, affetto, dignità. Tutti abbiamo dentro un desiderio inappagato che ci muove a mendicare: “L’uomo aspira ad una gioia senza fine, vuole godere oltre ogni limite, anela all’infinito” (J. Ratzinger, Luce del mondo, p. 95). Il Catechismo rintraccia il fondamento del desiderio: “Mediante la creazione Dio chiama ogni essere dal nulla all’esistenza. Anche dopo aver perduto la somiglianza con Dio a causa del peccato, l’uomo rimane ad immagine del suo Creatore. Egli conserva il desiderio di colui che lo chiama all’esistenza.” (n. 2566). Si tratta del desiderio che muove il cieco, immagine dell’uomo ferito dal peccato, incapace di tutto eppure spinto a superare la sua situazione, il limite imposto da quegli occhi chiusi sul mondo. Malamente, accontentandosi forse, cedendo a compromessi grossolani, eppure, in quella mano tesa, si fa presente il gemito di un cuore che, custode del seme divino deposto dal Creatore, conserva il desiderio, balbetta la nostalgia della perfezione e pienezza di Colui che lo ha chiamato all’esistenza dal nulla.
Il nostro mendicare di ogni giorno è la traccia di questa nostalgia fatta desiderio. Mendichiamo, e in questo, Dio alimenta e sostiene il nostro desiderio, accompagnandoci, perdonandoci e tirandoci su quando, deboli e feriti, ci volgiamo a idoli e menzogne. Anche se ce ne stiamo seduti a mendicare, Dio sta preparando lo scrigno dove depositare la fede. Per questo anche quanto, nella nostra vita, ci sembra fallimentare, meschino e abietto ha un valore immenso. La stessa Grazia donata al cieco: trovarsi in quel luogo, su quella strada alle porte di Gerico, in quel momento, a quell’ora. Così è per ciascuno di noi. Desideriamo e mendichiamo, e non ci rendiamo conto che tutta la storia spesa a stendere la mano, ci ha preparato e condotto ad essere puntuali ad un appuntamento che Lui ha preso, da sempre, con noi. Anche attraverso la debolezza e le cadute intrecciate al nostro povero mendicare. Anzi, proprio attraverso l’esperienza dell’estrema indigenza, Dio scrive, lettera dopo lettera, la sua dichiarazione d’amore, il suo invito all’appuntamento nel quale donarsi totalmente. Possiamo guardare con fiducia a questa nostra vita mendicante. Il Signore è in cammino, è vicino a noi, passa proprio accanto a quel metro quadro di strada che definisce la nostra vita di oggi. Passa Gesù, è arrivato il Messia. Ce lo annunciano quelli che ”camminano avanti”, il Popolo in procinto di entrare in Gerico, coloro che vanno “ciascuno diritto davanti a sé”.
Certo, lo stupore è grande, come la tentazione di star zitto e non disturbare. Dentro e fuori di noi i pensieri, i consigli, il buon senso, il “religiosamente corretto”, ci vogliono indurre a tacere. Un mendicante cieco è sempre, agli occhi legalistici e moralistici, un indegno: reca impresso nella sua cecità il segno del disordine del peccato; è un fallito, un pigro, preferisce starsene seduto aspettando da fuori l’aiuto che dovrebbe procurarsi da sé. E invece il cieco continua, ”ancora più forte” del moralismo, dei sensi di colpa, dei rimorsi. Prende forza dalla sua debolezza e dalla fede seminata all’ascolto della predicazione – “Passa Gesù Nazareno!” – innescando la scintilla capace di schiudergli la salvezza. Tutto è Grazia! Perfino quel suo stare là… La fede era dentro di Lui, è bastato il passaggio di Gesù ad accenderla, a decodificarla in un grido, a professarla con semplici parole, umili perché vere: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. E quel grido ferma il passaggio di Gesù. E’ il potere della fede fatta preghiera. Occorre che Gesù si accorga di lui e si fermi. Occorre che la scintilla della fede raggiunga Cristo, lo tocchi, scenda al suo cuore e “liberi”la sua commozione, la sua pietà. Perché l’appuntamento cui siamo destinati si traduca in un avvenimento reale, è necessario dare del “tu” a Gesù: la mia preghiera mendicante lo rende un “tu” per me, Qualcuno che ha relazione con me, con la mia vita. “Si trovano l’uno di fronte all’altro: Dio con la sua volontà di guarire e l’uomo con il suo desiderio di essere guarito. Due libertà, due volontà convergenti: “Che vuoi che io ti faccia?”, gli chiede il Signore. “Che io riabbia la vista!”, risponde il cieco. “Va’, la tua fede ti ha salvato”. Con queste parole si compie il miracolo. Gioia di Dio, gioia dell’uomo” (Benedetto XVI).
Ora è “vicino” a Lui e si accorge che quell’Uomo era un mendicante come lui. E’ Cristo che mendica la fede del cieco, il suo bisogno, come il nostro; come sulla Croce, ha sete del nostro abbandono, ha sete di donarci l’acqua viva; mendica il poter offrire la pietà mendicata. Diceva Mons. Giussani che “L’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”.”Che vuoi che io faccia per te?”. Questa domanda è oggi rivolta a ciascuno di noi. Possiamo riacquistare la vista per vedere Lui, il “tu” che dà compimento ad ogni nostro desiderio. Si aprono gli occhi e si può, finalmente contemplare il volto di Cristo, e scoprire che, da sempre, era impresso in noi e nella nostra storia.”
Per la riflessione personale:
1a) Abbiamo tutti visto in TV la reporter ungherese che sgambetta un rifugiato facendolo capitombolare con il figlioletto in braccio…
- Sono molesti e fastidiosi anche per noi i disgraziati che fuggono dalle bombe, dalla fame, dal terrore e tentano di entrare nel nostro paese, dove sognano una vita diversa, relazioni pacifiche, possibilità inedite?
1b) Tutti i giorni incappiamo in casa, al lavoro, per strada e perfino in chiesa, in persone petulanti, importune, invadenti, indelicate che se “attaccano bottone” non ti fanno parcheggiare una parola…
- Quali reazioni, quali pensieri, quali giudizi affiorano nella mente e nel cuore? Siamo convinti che agli occhi di Dio anche l’indifferenza, la freddezza, la noncuranza sono vizi, mentre, al contrario, la pazienza è una virtù?
2a) Abbiamo anche visto più volte Papa Francesco visitare i carcerati, trattarli da uomini non da colpevoli, dialogare con loro come si fa con gli amici…
- Quali sono i sentimenti che si affollano dentro di noi di fronte a questa prossimità affettiva del pontefice verso gli scarti della società? Qual è il nostro giudizio?
2b) Non di rado si sente parlare di articolo 41 bis che connota il carcere duro; non solo ma abbiamo anche ascoltato notizie di suicidi, di forti proteste, di carcere minorile, ecc.
Abbiamo mai pensato di visitare un carcere? Siamo mai andati a trovare un detenuto? Che idea abbiamo della pena carceraria? Siamo sicuri che sia un correttivo?
Ripetiamo insieme: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
- Perdonaci, Signore, per quando non sappiamo sopportare chi abbiamo vicino, o lo sopportiamo in modo falso e ipocrita. Preghiamo.
- Perdonaci, Signore, per quando non riusciamo a entrare nelle problematiche altrui, chiusi nei nostri problemi e nei nostri pensieri. Preghiamo.
- Perdonaci, Signore, per quando viviamo nel nostro mondo perfetto, e non ci facciamo sconvolgere la vita da altre storie, altre persone, altre umanità. Preghiamo.
- Aiutaci, Signore, a saper andare incontro agli altri, li dove essi sono. Preghiamo.
- Aiutaci, Signore, a vedere negli altri il Tuo volto, e a trattarli come fossi Tu. Preghiamo.
- Aiutaci, Signore, a non camminare mai da soli, per ricordarci che ognuno dei Tuoi figli è unico, irripetibile e amato da te. Preghiamo.
11. PREGARE DIO PER I VIVI E PER I MORTI E SEPPELLIRE I MORTI
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11, 1-45)
Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.Quand’ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?».Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo».Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s’è addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!».Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era gia da quattro giorni nel sepolcro.Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà».Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà».Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell’ultimo giorno».Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?».Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama».Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:«Dove l’avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto.Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, gia manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni».Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.
CANTO: QUESTO E’ IL MIO COMANDAMENTO
QUESTO È IL MIO COMANDAMENTO
CHE VI AMIATE COME IO HO AMATO
VOI,
COME IO HO AMATO VOI.
Nessun ha amore più grande
di chi dà la vita per gli amici,
voi siete miei amici
se farete ciò che vi dirò.
Il servo non sa ancora amare
ma io v’ho chiamato miei amici
rimanete nel mio amore
ed amate il Padre come me.
Io pregherò il Padre per voi
e darà a voi il Consolatore
che rimanga sempre in voi
e vi guidi nella carità.
“Vari sono i comportamenti di Gesù di fronte alla morte. Ha pianto sulla tomba dell’amico Lazzaro e lo ha risuscitato; troviamo anche il comportamento di Gesù di fronte alla morte di due giovani con la risurrezione della figlia di Giairo e del ragazzo di Nain. Come cristiani siamo invitati, inoltre, a tener conto delle modalità della sepoltura di Gesù: cosparso di unguenti, avvolto in una sindone e deposto in un sepolcro nuovo scavato nella roccia, chiuso da una pietra; con la cura e l’attenzione delle donne e di Giuseppe d’Arimatea. La sepoltura di Gesù fa parte del kerigma (annuncio) della Chiesa primitiva. Il Nuovo Testamento ci offre anche la testimonianza della sepoltura di Giovanni Battista e di Stefano. Già nell’Antico Testamento è presentata l’attenzione e la cura per i morti e la loro sepoltura. La mancanza di sepoltura è un segno di disprezzo e di maledizione. La nostra società vive un certo disagio verso la morte e verso i morti e cerca di allontanare la questione, di relegarla lontano, nascosta, dimenticata. Seppellire i morti è espressione di pietà umana, ma anche testimonianza della nostra fede nella vita piena ed eterna in Dio. Dobbiamo estrema cura a tutto quello che è attorno alla morte con delicatezza e umanità, senza fretta e in spirito di fede e di speranza, con l’attenzione a non ingannare i moribondi e con vera carità offrire loro i Sacramenti. Oggi si corre il rischio di seppellire senza esequie cristiane anche chi è battezzato e, viceversa, di pretendere i funerali cristiani per chi non è battezzato. La pratica della visita al cimitero, sopratutto nel giorno del Signore, è testimonianza della nostra fede nella risurrezione. Anche la preghiera è un’opera, ma noi facciamo fatica a vederla come tale; ci sembra una cosa spirituale, non pratica. Anche pregare è fare, è compiere un’azione. Essa è una concreta e squisita forma di carità, espressione di amore; a volte non possiamo far altro che affidare una persona, una situazione, alla misericordia di Dio. La liturgia ci educa alla preghiera e ci fa dire: “Ricordati, Signore”. Tocca a noi pregare non al posto degli altri, ma per gli altri, soprattutto invocando lo Spirito Santo. Pregare significa avere a cuore una persona, metterla nelle mani di Dio. Pregare è caricarci degli altri, dei loro pesi, della loro storia, della loro vita. Quanti esempi di preghiera per gli altri nella Bibbia. L’esempio più bello e significativo, vincolante per noi, è quello di Gesù che pregava sempre e apparteneva a un popolo che sapeva pregare. Gesù pregava per quanti incontrava sul suo cammino; prega fin sulla croce. Gesù prega anche per me! La Beata Teresa di Calcutta diceva: “La preghiera è per te una sorgente per amare”. Benedetto XVI nella Spe Salvi scrive: “Pregare non significa uscire dalla storia e ritirarsi nell’angolo privato della propria felicità” e “nel pregare deve sempre esserci questo intreccio tra preghiera pubblica e preghiera personale”.
Per la riflessione personale:
- Lo “spettacolo” quotidiano che la televisione ci ammannisce dai campi di battaglia di tutto il mondo, dovrebbe farci inorridire per i corpi straziati di tanti uomini, donne e bambini (per i soldati sembra che la cosa sia ovvia e naturale). Ci ho fatto, ormai, il callo? Mi sono anestetizzato e non mi fanno più effetto? Per puro caso ci scappa una preghierina? Magari solo un Requiem…”?
- Nell’antichità il seppellire i morti era un impegno etico di primaria importanza; basta solo ricordare la tragedia di Antigone, presso i Greci e il libro di Tobia presso gli Ebrei. La partecipazione ai funerali, si è ridotta ai soli parenti, magari solo quelli stretti, o a quelli che, per un motivo o un altro, hanno una qualche risonanza mediatica. Mi succede di partecipare ai funerali di qualcuno che non conosco? E la mia visita ai cimiteri è relegata al giorno dei morti, e solo alla tomba dei miei conoscenti?
Ripetiamo insieme: Dalla durezza del cuore, liberaci, o Signore!
- Perdonaci Signore, per tutte le volte in cui non ci siamo fatti prossimo, non abbiamo mostrato un reale interessamento gli uni per gli altri, nella compassione, nel mutuo aiuto, nell’amore reciproco, ad immagine della sollecitudine che Tu nutri per noi. Preghiamo.
- Perdonaci Signore perché di fronte alla perdita di una persona cara ci chiudiamo nel nostro dolore, dimentichiamo che Tu piangi con noi, come piangesti per Lazzaro e che la Tua misericordia è infinita. Preghiamo.
- Perdonaci Signore, i nostri mari sono diventati cimiteri senza lapidi dove chi fugge dalla guerra e dalla disperazione in cerca di una nuova vita trova la morte. Preghiamo.
- Aiutaci perché la nostra preghiera sia come “uno slancio del cuore, un grido di amore nella prova”, attenta alle necessità e ai bisogni dell’altro, sia la nostra tenera richiesta di abbandonarci alla tua volontà. Preghiamo.
- Aiutaci a trovare nella preghiera per i defunti la convinzione che l’amore è più forte della morte e che i legami intessuti tra i credenti non vengono interrotti dalla morte, ma con la preghiera si ravvivano continuamente. Preghiamo.
- Aiutaci a pregare e piangere per i morti che non conosciamo, per i martiri delle guerre, per quelli di cui solo tu conosci il nome e che nessuno seppellirà. Preghiamo.
12. REPOSIZIONE
CANTO: TANTUM ERGO
Tantum ergo sacramentum veneremur
cernui,
et antiquum documentum novo cedat
ritui,
praestet fides supplementum sensuum
defectui.
Genitore Genitoque, laus et jubilatio,
salus, honor, virtus quoque sit et
benedictio.
Procedenti ab utroque compar sit
laudatio.
Amen.
Padre santo,
che nella tua bontà ci hai rinnovati
a immagine del tuo Figlio,
fa’ che tutta la nostra vita
diventi segno e testimonianza
del tuo amore misericordioso.
Amen.
13. RITO DI CONCLUSIONE
Il Signore guidi i vostri cuori nell’amore di Dio
e nella pazienza del Cristo.
Amen.
Possiate sempre camminare nella vita nuova
e piacere in tutto al Signore.
Amen.
E la benedizione di Dio onnipotente,
Padre e Figlio e Spirito Santo,
discenda su di voi e con voi rimanga sempre.
Amen.
Fratelli,
abbiamo sperimentato che Cristo è tutto per noi:
medico quando siamo feriti,
giustizia quando siamo schiacciati dall’iniquità,
vita se temiamo la morte,
luce nelle nostre tenebre,
pane nella nostra fame.
Andate in pace.
Rendiamo grazie a Dio.
CANTO: VENITE BENEDETTI
VENITE, BENEDETTI DAL PADRE MIO,
E RICEVETE IL REGNO PREPARATO PER
VOI,
PERCHÉ MI AVETE ACCOLTO IN OGNI
POVERO
OFFRENDO LA MIA MISERICORDIA.
Ero affamato e mi avete nutrito,
ero assetato e mi avete saziato,
quando chiedevo sapienza e verità
voi me le avete donate.
Quando ero nudo mi avete vestito,
ero pellegrino e mi avete ospitato,
ero smarrito nel buio del peccato
e voi mi avete accolto.
Ero ammalato e mi consolaste,
ero carcerato e mi visitaste
condividendo dolore ed afflizione,
portando a tutti il perdono.
Quando vivevo il dolore e la morte,
quando il buio riempiva il cuore,
condivideste il mio pianto e la mia
angoscia
offrendo la vostra preghiera.