Non c’è dubbio che un mondo senza padri è un mondo che ha inquilini umanamente più poveri. Almeno una volta all’anno dovrebbe essere fatto obbligo parlare del padre in tutte le riviste sensibili all’arte educativa, come la nostra. I padri sono, con le madri, i protagonisti decisivi dell’impianto di un uomo nuovo. Se non li rivalutiamo, faremo poca strada! Sì, proprio oggi, nel momento in cui la donna ‘lascia la casa’ per il lavoro e la professione, è necessario che i padri tornino a casa. La loro presenza è decisiva!
Il pedagogista Norberto Galli (1926) taglia corto: “Ormai ne sappiamo quanto basta per comprendere che il bambino per evolversi in modo armonioso deve poter interagire con entrambi i genitori”. Perché quel “deve”? La ragione ci pare molto chiara e forte: perché un’educazione senza papà è un’educazione a metà (lo stesso vale per la mancanza della madre). È da sapere, infatti, che l’Uomo completo ha due facce: la faccia femminile e la faccia maschile. Per non crescere scompensato, il figlio deve poter confrontarsi con tutte e due! Insomma, arrendersi alla mancanza del papà (o della mamma) è arrendersi al fallimento del figlio. Privare un figlio della figura paterna (o materna) è un reato pedagogico! Parole esagerate? Non più di tanto, se si pensa al danno psicologico subìto dalla mancanza della figura paterna.
La mamma può guidare l’automobile come il papà, la mamma può aggiustare un elettrodomestico meglio del papà…, ma papà è un’altra cosa.
Il padre è meno protettivo della madre. Lo conferma la psicologa Luigia Camaioni (1947-2004): “Il padre interviene positivamente ed incoraggia il bambino più spesso della mamma; a sua volta il bambino si diverte di più a giocare con il padre che con la madre”. ”Il padre è quello che quando ti insegna ad andare in bicicletta sta a qualche metro di distanza e ti dice: “Se hai bisogno io sono qua, ma tu vai da solo!” (Alessandro D’Avenia, insegnante).
Il padre gioca in ‘made’ maschile. La mamma, in genere, parlotta con il bambino. Il papà prende il piccolo tra le braccia e lo lancia in alto…
Il padre dà maggior sicurezza, anche in situazioni difficili. Alessandro (otto anni) confida: “Mio padre al mare mi porta anche dove non si tocca e mi dice: ‘appoggiati disteso!’. Io so che lui mi tiene e in tutto quel mare non ho paura… Io sto come un pesce con suo padre quando nessuno li pesca”.
Il padre è meno ansioso: apre al mondo. Uno dei massimi esperti in materia, Serge Lebovici, non ha dubbi: “Senza la figura paterna, sarebbe molto più difficile per il bambino staccarsi dalla madre e quindi nascere una seconda volta”. C’è del vero in questo caustico giudizio dello scrittore-poeta francese Christian Babin (1951): “È bene per il fanciullo avere i suoi due genitori, ciascuno dei quali lo protegge dall’altro: il padre per preservarlo da una madre troppo divorante; la madre per preservarlo da un padre troppo sovrano!”.
Il padre è meno sensibile alle contrarietà. La madre vibra al primo cenno di macchia d’unto.
Il padre, in genere, si preoccupa meno della salute del piccolo. Le madri che al primo starnuto già lo vedono al camposanto!
La nota giornalista Costanza Miriano all’intervistatore che le domandava se padre e madre, secondo lei, hanno un ruolo diverso nell’educazione dei figli, rispondeva a tutto tondo: “Assolutamente sì! La madre è l’accoglienza, il padre il senso della realtà. La madre è il pavimento che sorregge, il padre è il muro che protegge, ma anche limita. La madre insegna a vivere, il padre a morire. La madre rende il nido accogliente, il padre dà il coraggio di lasciarlo”.
Niente sarebbe più facile che proseguire nel mettere a confronto il doppio stile umano: maschile e femminile. Il poco detto, ci pare, comunque, sufficiente per concludere che non di sola mamma può vivere il figlio che voglia crescere Uomo. Non c’è dubbio che un mondo senza padri è un mondo che ha inquilini umanamente più poveri. Il poco detto vuole essere, oggi soprattutto, un invito ad approfondire il discorso per prepararci mentalmente a difenderci da quella che attualmente è l’insidia più pericolosa nei confronti della famiglia eterosessuale: il tentativo di alcune lobby di annullare le differenze naturali dei due sessi.
Il papà di Madre Teresa di Calcutta
“Mio padre si chiamava Kole Bojaxhiu. Dato che faceva il commerciante, era sempre in giro per l’Europa. Quando tornava a casa radunava tutti i figli attorno a sé e raccontava quello che aveva visto e fatto. Era un uomo severo e da noi pretendeva molto. Ma era anche molto generoso. Donava a tutti cibo e denaro senza farsi notare, né vantarsi”. Diceva sempre: “Dovete essere generosi con tutti come Dio è stato generoso con noi: ci ha dato tanto, tanto, per cui fate del bene a tutti!”. Una volta mi ha detto: “Figlia mia, non prendere né accettare mai un boccone di pane, se non è diviso con gli altri”. Un’altra volta mi disse: “L’egoismo è una malattia spirituale”.
Il papà di Enzo Biagi, scrittore
“Di mio padre ricordo la grandissima generosità, l’apertura e la disponibilità verso tutti. Non è mai passato un Natale – ed il nostro era un Natale modesto – senza che alla nostra tavola non sedesse qualcuno che se la passava peggio di noi. Non è mai arrivato in ritardo allo stabilimento. E io ho imparato che bisogna fare ogni giorno la propria parte”.
Il papà di Giovanni Paolo II
Mio padre è stato meraviglioso e quasi tutti i miei ricordi di infanzia e di adolescenza si riferiscono a lui. Era così esigente con se stesso da non aver bisogno di mostrarsi esigente con suo figlio. Il suo esempio era sufficiente per insegnare la disciplina e il senso del dovere. Era un uomo eccezionale!”.
Il papà di Claudio, 19 anni
“Mio padre è stato bocciato un anno alle Medie e a scuola non era uno dei migliori. Ora, con tutto quello che ha dovuto affrontare nel lavoro, si è come illuminato. Lui è sempre lì pronto a correggerti, ad aiutarti. Quando stai facendo un lavoro, ti mostra un’altra possibilità di fare quella cosa. In famiglia è come una fonte di salvezza”.
(tratto da “IL BOLLETTINO SALESIANO” – Autore: PINO PELLEGRINO)