Preparazione dei doni
Prima di tutto si prepara l’altare, o mensa del Signore, che è il centro della liturgia eucaristica, ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il Messale e il calice; si portano all’altare pane nella patena e vino, che diventeranno il corpo e il sangue di Cristo; il sacerdote o il diacono li riceve in luogo opportuno e adatto e li depone sull’altare. Si possono fare anche offerte in denaro, o presentare altri doni per i poveri o per la Chiesa, portati dai fedeli o raccolti in Chiesa, che vengono deposti in luogo adatto, fuori dalla mensa eucaristica. Il corteo di chi reca i doni, viene chiamato “processione offertoriale”. Il canto di offertorio accompagna la processione e si protrae fino a quando i doni sono deposti sull’altare. E’ possibile accompagnare i riti dell’offertorio col canto anche se non si svolge la processione con i doni.
Offerta dei doni
Accolti i doni, ha luogo la “piccola elevazione”: il sacerdote alza leggermente la patena con l’ostia verso il cielo, simbolo della trascendenza di Dio, che non può essere legato a nessuno spazio e dice: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo, dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te perché diventi per noi cibo di vita eterna” e il popolo risponde: “Benedetto nei secoli il Signore”. Deposta la patena sull’altare, il sacerdote versa nel calice il vino con un po’ d’acqua e dice: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”. Con l’acqua unita al vino è richiamato il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio che ha assunto la natura umana per unire la nostra a quella divina.
L’unione dell’acqua al vino ha una lunga storia; era presente da tempo nella Messa quando se ne è occupato il Concilio di Firenze (1438) per confermarla, dopo che i monofisiti l’avevano abolita in coerenza con la loro convinzione che in Cristo ci sarebbe la divinità pura, non mischiata; è intervenuto il Concilio di Trento (1545) dato che Martin Lutero aveva respinto l’aggiunta dell’acqua perché l’opera umana non pregiudicasse la pura opera divina e la riforma liturgica posteriore al Vaticano II l’ha confermata. Questo rito è anche particolarmente esigente, perché indica anche che l’offerente dovrebbe dissolversi come una goccia d’acqua nel vino del sacrificio di Cristo.
Poi il sacerdote eleva al cielo il calice, come ha fatto per l’ostia e dice: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino frutto della vite e del lavoro dell’uomo, lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza”. E l’assemblea risponde: “Benedetto nei secoli il Signore”.
Nelle due benedizioni è indicato il senso dell’offerta e il come sarà raggiunto il fine dell’unione con la vita divina : l’offerta è destinata a diventare quel cibo, che ci unirà a Dio in una vita beata, operando la nostra salvezza. I testi delle due benedizioni sono della riforma della liturgia dopo il Concilio Vaticano II e sono stati composti con la collaborazione personale di Paolo VI, partendo dalla “berakha”, la preghiera conviviale degli ebrei.
Lavami, Signore
Nelle messe solenni, dopo le due elevazioni, vengono incensati i doni posti sull’altare, l’altare e la croce, per significare che l’offerta della Chiesa e la sua preghiera si innalzano come incenso al cospetto di Dio. Dopo anche il sacerdote, in ragione del suo sacro ministero, e il popolo, per la sua dignità battesimale, ricevono l’incensazione dal diacono o da un altro ministro.
Quindi il sacerdote si lava le mani ai lati dell’altare, dicendo in silenzio: “Lavami, Signore da ogni colpa, purificami da ogni peccato”, che è una citazione tratta dal salmo 50. Qualunque possa essere stato il primo motivo che ha fatto introdurre nella Messa questo rito, oggi ha un carattere penitenziale. Con esso il sacerdote esprime il desiderio di purificazione interiore, ripetendo la richiesta di perdono.
Orazione sulle offerte
Deposte le offerte sull’altare e compiuti i riti che accompagnano questo gesto, il sacerdote invita i fedeli ad unirsi a lui nella preghiera e pronunzia l’orazione sulle offerte: si conclude così la preparazione dei doni e ci si prepara alla preghiera eucaristica. L’invito del sacerdote avviene con la seguente o con una simile formula: “Pregate o fratelli (orate fratres), perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre onnipotente”. L’assemblea risponde: “Il Signore riceva dalla tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa chiesa”. Segue la preghiera sulle offerte fatta dal Sacerdote, cui l’assemblea risponde con: “Amen”.
Nell’invito e nella risposta dei fedeli: “mio e vostro sacrificio”, “riceva dalle tue mani”, vengono sottolineate sia la partecipazione dei fedeli al sacrificio, sia nella sua celebrazione la funzione originale ed unica del sacerdote. I motivi della preghiera sulle offerte sono soprattutto che i doni si trasformino in sacramento di salvezza, ci ottengano il premio della vita eterna, ci santifichino e diventino principio di vita nuova.