Questa opera fu visitata da don Bosco due volte, l’I e il 6 marzo 1858, su invito del Papa, dato che non era soddisfacente il metodo educativo usato dai rettori dell’Ospizio. Ecco un piccolo fattarello avvenuto durante la seconda visita del Santo:
La mattina del 6 marzo D. Bosco accompagnato dalla famiglia De Maistre e dal Ch. Rua, si recò a visitare il magnifico Ospizio di S. Michele in Ripa. Il Cardinale Tosti, che li attendeva, avea imbandito per loro una sontuosa colaziuncola, alla quale però D. Bosco e i suoi amici non presero parte. Una leggera refezione era stata loro servita prima di uscir di casa, e non volevano mancare alla legge del digiuno.
Allora il Cardinale ebbe la degnazione di accompagnarli per ogni piano e sala dell’Ospizio, seguito da uno dei direttori. Quivi i giovani apprendevano le arti meccaniche e le arti liberali. Quelli che si occupavano nelle prime avevano i loro opificii per calzolai, sarti, fabbri ferrai, falegnami, tintori, cappellai, sellai, ebanisti. Molti lavoravano in una tipografia e in una legatoria di libri. Pio IX, a fine di beneficare questo Ospizio, avevagli concesso il privilegio, in forza del quale soltanto colà potevansi stampare i libri scolastici, che si usavano in tutti gli stati Pontificii.
Quelli che accudivano alle arti liberali, sotto la direzione di abili maestri, ed erano il maggior numero, davano opera alla fabbricazione dei tappeti ed arazzi del genere di quelli dei gobelins, come pure all’intaglio in legno, alla pittura, alla scultura, all’incisione in camei, in rame e di medaglie.
D. Bosco passava di laboratorio in laboratorio. Era già stato fatto consapevole dell’andamento di quella casa dal conte De Maistre e da varii signori romani laici ed ecclesiastici, i quali si lamentavano che gli amministratori avevano alquanto eluso lo scopo di quella fondazione. Infatti l’Ospizio, invece di ricoverare giovani tutti poveri, manteneva fanciulli anche di famiglie benestanti coi redditi della carità, e figli e nipoti d’impiegati e di personaggi molto autorevoli qui ricevevano la loro educazione. Perciò inevitabili le preferenze e le gelosie.
Il vitto giornaliero della comunità era abbondante di carne e di vino, e i prudenti facevano osservare che la maggior parte degli alunni non avrebbero potuto onestamente procurarsi tale imbandigione quando fossero usciti dall’Ospizio.
Alle arti meccaniche, trascurate perchè umili e che avrebbero dovuto assicurare il pane alla gran maggioranza dei ricoverati, erano preferite le arti liberali, perchè recavano più lustro allo stabilimento, specie gli arazzi ed i tappeti che ornavano i palazzi dei varii principi. Dava causa eziandio a lamentanze il sistema repressivo adoperato per mantenere la disciplina fra i giovani; e si infliggevano punizioni corporali antiquate, non troppo severe, ma che avvilivano il trasgressore dei regolamenti.
In quella stessa mattina gli amici avevano cercato di indurre D. Bosco a tentar la prova per far cessare quei disordini, col palesare al Cardinale Presidente le voci per Roma diffuse contro certi amministratori dell’Opera Pia. D. Bosco però non credette doversi immischiare in questioni di tal genere.
Tuttavia egli osservava ogni cosa: i giovani, i capi d’arte, gli istitutori ed assistenti; esaminava con qual perfezione si eseguissero i lavori; interrogava gli uni e gli altri, con quella finezza bonaria, che era tutta sua propria, in modo da potersi dar ragione dello spirito dominante: e notava nella sua mente ciò che parevagli più degno di considerazione. Vide intanto pareti e pavimenti tersi come specchi: fiorente la sanità degli alunni, assidua la vigilanza degli assistenti, insegnata con amore la scienza del catechismo, fissati i giorni per i sacramenti della Confessione e della Comunione. Ad ogni classe poi di alunni veniva impartita un’istruzione letteraria conveniente al loro stato.
Egli adunque constatò che, se vi era qualche difetto più o meno grave, dal quale non va esente nessuna opera umana, pure un gran bene ne risultava a vantaggio dei figli del popolo. Non però tutto quello che poteva aspettarsi; infatti non gli sfuggiva l’impaccio e l’evidente timore che manifestavasi in molti alunni, quando i superiori comparivano in mezzo a loro, oppure quand’essi dovevano recarsi a render conti negli uffici della direzione, Ciò faceva male a D. Bosco, perchè l’indole dei fanciulli romani era espansiva ed affettuosa; quindi pensava al modo di dare una lezione pratica a que’ superiori, del suo sistema nell’educare; e il destro gli venne agevole.
Mentre D. Bosco si aggirava per que’ immensi locali, accompagnato dal Cardinale e da qualche superiore subalterno, si udì zufolare e poi cantare. Ed ecco un giovanetto che discendeva lo scalone, e che ad uno svolto si trovò all’improvviso alla presenza del Cardinale, del suo Direttore e di D. Bosco. Il canto gli morì subito in bocca e stette col berretto in mano e colla testa bassa.
- È questo, dissegli il Direttore, il profitto degli avvisi e delle lezioni che vi sono date? Screanzato che siete! Andate al vostro laboratorio ed aspettatemi per ricevere la meritata punizione. E lei sig. D. Bosco, scusi …..
- Che cosa? replicò D. Bosco mentre quel giovane si era allontanato. Io non ho nulla da scusare, e non saprei in che abbia mancato quel poveretto.
- E quel zufolare villano non le sembra un’irriverenza?
- Involontaria però; e lei, mio buon signore, sa meglio di me che S. Filippo Neri era solito a dire ai giovani che frequentavano i suoi Oratorii: – State fermi se potete! E se non potete, gridate, saltate, purchè non facciate peccati. Io pure esigo, in certi tempi della giornata, il silenzio; ma non bado a certe piccole trasgressioni cagionate dall’irriflessione; del resto lascio a’ miei figliuoli tutta la libertà di gridare e cantare nel cortile, su e giù per le scale: soglio raccomandarmi soltanto che mi rispettino almeno le muraglie. Meglio un po’ di rumore che un silenzio rabbioso o sospetto… Ma ciò che ora mi fa pena è che quel povero figliuolo sarà in grave fastidio per la sua sgridata…. nutrirà qualche risentimento…. Non le sembra che sia meglio che lo andiamo a consolare nel suo laboratorio?
Quel Direttore fu tanto cortese da aderire al suo desiderio, e come furono nel laboratorio, D. Bosco chiamò a sè quel giovane, che dispettoso e avvilito cercava di nascondersi, e: – Amico, gli disse, ho una cosa da dirti, Vieni, qui che il tuo buon superiore te lo permette.
Il giovane si avvicinò e D. Bosco proseguì:
- Ho accomodato tutto, sai; ma con un patto che d’ora in avanti sii sempre buono, e che siamo amici. Prendi questa medaglia e per compenso dirai un’Ave Maria alla Madonna per me.
- Il giovane vivamente commosso baciò la mano che gli presentava la medaglia e disse:
- Me la metterò al collo, e la terrò sempre per sua memoria.
I suoi compagni, che già sapevano il caso succeduto, sorridevano, e salutavano D. Bosco che attraversava quella vasta sala, mentre il Direttore faceva il proponimento, di non più rimproverare alcuno tanto forte per un nonnulla; e ammirava l’arte di D. Bosco per guadagnarsi i cuori.
MB V, 842-846