Don Eugenio Reffo, che fu il con fondatore dei Giuseppini insieme a San Leonardo Murialdo, raccontava di avere accompagnato una volta Don Murialdo a visitare Don Bosco, di cui era grande amico e benefattore. Durante la conversazione tra i due Santi lui, Eugenio, che era un giovane studente seminarista, se ne stava appartato in un angolo della camera. Aspettava che Don Murialdo finisse di interloquire con Don Bosco; poi lo avrebbe riaccompagnato a casa. Intanto dal cortile sottostante giungeva il chiasso rumoroso dei ragazzi che giocavano animatamente, mescolato agli squilli sonori degli ottoni e delle trombe di una banda musicale che faceva le prove per una prossima esecuzione musicale. Il rullo della grancassa poi era insopportabile. Eugenio che non aveva mai ascoltato un simile mescolio di suoni ragionò fra di sé: « Se io fossi Don Bosco, non permetterei tanto baccano in un Oratorio, sia pure nelle ore di ricreazione… Non in commotione Dominus (Il Signore non si fa sentire nel baccano)». Questo era il suo pensiero segreto mentre dal cortile continuavano a salire quei suoni; ma il suo volto non rivelava nemmeno con un muscolo il fastidio che gli dava quel fracasso. Don Bosco che si trovava nell’angolo opposto della camera e che gli voltava le spalle, improvvisamente troncò il colloquio con Don Murialdo e venne difilato dinanzi al giovanotto: « Sì, sì – disse con un sorriso – credimi: Don Bosco ha ragione ». E intanto imitava col gesto delle mani il cozzo dei piatti e il rullo della grancassa. Poi aggiunse: « Cin-cin, bum-bum: i ragazzi, il Signore li vuole così. Gioco, allegria, frastuono… cin-cin, bum-bum… ogni cosa a suo tempo».
Don Bosco non esagerava quando sosteneva che la musica è congeniale al ragazzo. La musica esprime pensieri e sentimenti che il ragazzo non riuscirebbe a formulare, gli solleva e gli chiarifica i suoi stati d’animo.
I giovani rivelano un’intima affinità con il jazz, il pop, il rock… Jazz-pop e gioventù si alleano e si difendono, cioè vanno d’accordo e filano di pari passo. L’incomprensione che divide giovani e vecchi di fronte al jazz-pop è dovuta in gran parte al fatto che gli adulti non sanno che cosa sia la loro musica.
I giovani sanno distinguere molto bene, nelle loro riunioni, tra una forma scadente e deteriore di musica e la vera musica che come tale, va preso sul serio e rappresenta un autentico valore musicale. Non gli riesce difficile entusiasmarsi contemporaneamente per il jazz e per Vivaldi o Paganini: sanno cogliere i rapporti e le affinità delle due musiche in una sola intima esperienza spirituale. Un ragazzo si espresse così: « Perché mai la gioventù non dovrebbe amare la musica moderna? Per lo più gli adulti ascoltano musica classica, solo perché ci han fatto l’abitudine e perché non conoscono altro ». Occorre che i genitori e gli educatori abbiano l’umiltà di lasciarsi iniziare a questo genere di musica dai loro stessi ragazzi oppure frequentando corsi. Una volta superati i pregiudizi iniziali, anch’essi non faticheranno ad ascoltare, accanto a Vivaldi e a Paganini, della buona musica moderna.
C’è una qualità che tra le arti è propria soltanto della musica: la musica provoca un cordiale e gradevole affiatamento, cioè fa e costituisce comunità. Le altre arti sono solitarie: il mio dipinto, la mia poesia, il mio romanzo. Ma nella musica orchestrale o da banda noi condividiamo e sperimentiamo un invisibile e caldo legame di amore con gli altri.
Suonare insieme, appartenere a un’orchestrina, come il giocare insieme, è per il giovane la maniera più semplice e più facile di affiatarsi e di godere.
Educate fin da piccolo il ragazzo alla musica. Quand’è ancora fanciullo, fate che canti le canzoncine insieme con la mamma, che volti i fogli per chi suona il piano. Lasciate aperto l’uscio della sua camera perché la musica che sale dal pianterreno gli riempia l’anima di una stupenda magia. Addormentarsi con la musica, destarsi con la musica, son tutte sensazioni ed esperienze indimenticabili. «I canti dei ragazzi – diceva Don Bosco – vanno ascoltati non con le orecchie, ma col cuore».