Prima Comunione – Predica della Missione – Don Calosso – Scuola di Murialdo
Io era all’età di anni undici, quando fui ammesso alla prima comunione (1). Sapevo tutto il piccolo catechismo; ma per lo più niuno era ammesso alla comunione se non ai dodici anni. Io poi, per la lontananza dalla chiesa (2), ero sconosciuto al parroco, e doveva quasi esclusivamente limitarmi alla istruzione religiosa della buona genitrice. Desiderando però di non lasciarmi andare più avanti nell’età senza farmi praticare quel grande atto di nostra santa religione, si adoperò ella stessa a prepararmi come meglio poteva e sapeva. Lungo la quaresima mi inviò ogni giorno al catechismo; di poi fui esaminato, promosso, e si era fissato il giorno in cui tutti i fanciulli dovevano fare pasqua (3).
In mezzo alla moltitudine era impossibile di evitare la dissipazione. Mia madre studiò di assistermi più giorni; mi aveva condotto tre volte a confessarmi (4) lungo la quaresima – Giovanni (5) mio, disse ripetutamente, Dio ti prepara un gran dono; ma procura di prepararti bene, di confessarti, di non tacer alcuna cosa in confessione. Confessa tutto, sii pentito di tutto, e prometti a Dio di farti più buono in avvenire. – Tutto promisi; se poi sia stato fedele, Dio lo sa. A casa mi faceva pregare, leggere un buon libro, dandomi que’ consigli che una madre industriosa sa trovare opportuni pe’ suoi figliuoli.
Quel mattino non mi lasciò parlare con nissuno, mi accompagnò alla sacra mensa, e fece meco la preparazione ed il ringraziamento, che il Vicario foraneo, di nome Sismondi (6), con molto zelo faceva a tutti con voce alta ed alternata. In questa giornata non volle che mi occupassi in alcun lavoro materiale, ma tutta l’adoperassi a leggere e a pregare. Fra le molte cose mia madre mi ripeté più volte queste parole: – O caro figlio, fu questo per te un gran giorno. Sono persuasa che Dio abbia veramente preso possesso del tuo cuore. Ora promettigli di fare quanto puoi per conservarti buono sino alla fine della vita. Per l’avvenire va sovente a comunicarti, ma guardati bene dal fare dei sacrilegi. Di’ sempre tutto in confessione; sii sempre ubbidiente, va volentieri al catechismo ed alle prediche; ma per amor del Signore fuggi come la peste coloro che fanno cattivi discorsi. –
Ritenni e procurai di praticare gli avvisi della pia genitrice: e mi pare che da quel giorno vi sia stato qualche miglioramento nella mia vita, specialmente nella ubbidienza e nella sottomissione agli altri, al che provava prima grande ripugnanza, volendo sempre fare i miei fanciulleschi riflessi a chi mi comandava o mi dava buoni consigli.
Una cosa che mi dava grave pensiero era il difetto di una chiesa o cappella dove andare a cantare, a pregare co’ miei compagni. Per ascoltare una predica oppure un catechismo, bisognava fare la via di circa dieci chilometri, tra andata e ritorno, o a Castelnuovo o nel paese vicino di Buttigliera (7). Questo era il motivo per cui si veniva volentieri ad ascoltare le prediche del saltimbanco.
In quell’anno (1826) una solenne missione (8) che ebbe luogo nel paese di Buttigliera, mi porse opportunità di ascoltare parecchie prediche. La rinomanza dei predicatori traeva gente da tutte parti. Io pure ci andava con molti altri. Fatta una istruzione ed una meditazione in sulla sera, lasciavansi liberi gli uditori di recarsi alle case loro.
Una d’aprile mi recava a casa in mezzo alla moltitudine, e tra noi eravi un certo D. Calosso di Chieri, uomo assai pio, il quale sebbene curvo da i quelle sere di gli anni, faceva quel lungo tratto di via per recarsi ad ascoltare i missionari. Desso era cappellano di Murialdo. Il vedere un fanciullo di piccola statura, col capo scoperto, capelli irti e inanellati camminare in gran silenzio in mezzo agli altri, trasse sopra di me il suo sguardo e prese a parlarmi così:
- Figlio mio, donde vieni? sei forse andato anche tu alla missione?
- Sì, signore, sono andato alla predica dei missionari.
- Che cosa avrai tu mai potuto capire! Forse tua mamma ti avrebbe fatta qualche predica più opportuna, non è vero?
- E’ vero, mia madre mi fa sovente delle buone prediche; ma vado anche assai volentieri ad ascoltare quelle dei missionari e mi sembra di averle capite.
- Se tu sai dirmi quattro parole delle prediche di quest’oggi io ti dò quattro soldi.
- Mi dica soltanto se desidera che io le dica della prima o della seconda predica.
- Come più ti piace, purché tu mi dica quattro parole. Ti ricordi di che cosa si trattò nella prima predica?
- Nella prima predica si parlò della necessità di darsi a Dio per tempo e non differire la conversione.
- E che cosa fu detto in quella predica? – soggiunse il venerando vecchio alquanto maravigliato.
- Me ne ricordo assai bene e se vuole gliela recito tutta.
- E senza altro attendere cominciai ad esporre l’esordio, poi i tre punti, cioè che colui il quale differisce la sua conversione corre gran pericolo che gli manchi il tempo, la grazia o la volontà. Egli mi lasciò continuare per oltre mezz’ora in mezzo alla moltitudine; di poi si fece ad interrogarmi così: – Come è tuo nome (9), i tuoi parenti, hai fatto molte scuole?
- Il mio nome è Giovanni Bosco, mio padre morì quando io era ancora bambino. Mia madre è vedova con cinque creature da mantenere. Ho imparato a leggere e un poco a scrivere.
- Non hai mai studiato il Donato (10), o la grammatica?
- Non so che cosa siano.
- Ameresti di studiare?
- Assai, assai.
- Che cosa t’impedisce?
- Mio fratello Antonio.
- Perché Antonio non vuole lasciarti studiare?
- Perché non avendo egli voluto andare a scuola, dice che non vuole che altri perda tempo a studiare come egli l’ha perduto (11); ma se io ci potessi andare, sì che studierei e non perderei tempo.
- Per qual motivo desidereresti studiare?
- Per abbracciare lo stato ecclesiastico.
- E per qual motivo vorresti abbracciare questo stato?
- Per avvicinarmi, parlare, istruire nella religione tanti miei compagni, che non sono cattivi, ma diventano tali, perché niuno di loro ha cura.
Questo mio schietto e, direi, audace parlare, fece grande impressione sopra quel santo sacerdote, che mentre io parlava non mi tolse mai di dosso lo sguardo. Venuti intanto ad un punto di strada, dove era mestieri separarci, mi lasciò con queste parole: – Sta di buon animo; io penserò a te e al tuo studio. Domenica vieni con tua madre a vedermi e conchiuderemo tutto. La seguente domenica ci andai di fatto con mia madre, e si convenne che egli stesso mi avrebbe fatto scuola una volta al giorno, impiegando il rimanente della giornata a lavorare in campagna per appagare il fratello Antonio. Questi si contentò facilmente, perché ciò dovevasi cominciare dopo l’estate, quando i lavori campestri non danno più gran pensiero.
Io mi sono tosto messo nelle mani di D. Calosso, che soltanto da alcuni mesi era venuto a quella cappellania (12). Gli feci conoscere tutto me stesso. Ogni parola, ogni pensiero, ogni azione eragli prontamente manifestata. Ciò gli piacque assai, perché in simile guisa con fondamento potevami regolare nello spirituale e nel temporale.
Conobbi allora che voglia dire avere una guida stabile, di un fedele amico dell’anima, di cui fino a quel tempo era stato privo. Fra le altre cose mi proibì tosto una penitenza, che io era solito fare, non adattata alla mia età e condizione. M’incoraggì a frequentar la confessione e la comunione, e mi ammaestrò intorno al modo di fare ogni giorno una breve meditazione o meglio un po’ di lettura spirituale. Tutto il tempo che poteva, nei giorni festivi lo passava presso di lui. Ne’ giorni feriali, per quanto poteva, andava servirgli la santa messa. Da quell’epoca ho cominciato a gustare (13) che cosa sia vita spirituale, giacché prima agiva piuttosto materialmente e come macchina che fa una cosa senza saperne la ragione.
Alla metà di settembre ho cominciato regolarmente lo studio della grammatica italiana, che in breve ho potuto compiere e praticare con opportune composizioni. A Natale ho dato mano al Donato, a pasqua diedi principio alle traduzioni dal latino in italiano e vicendevolmente (14). In tutto quel tempo non ho mai cessato dai soliti trattenimenti festivi sul prato o nella stalla d’inverno. Ogni fatto, ogni detto, e posso dire ogni parola del maestro serviva a trattenere i miei uditori.
Io mi reputava felice di essere giunto al compimento de’ miei desiderii, quando nuova tribolazione, anzi un grave infortunio troncò il filo delle mie speranze.
NOTE
(1) prima comunione. In generale i parroci piemontesi seguivano massime piuttosto rigide riguardo ai sacramenti. Lo stesso Cafasso, benché di vita notoriamente angelica e istruitissimo nella religione, a 13 anni non era ancora ammesso alla prima comunione.
(2) la lontananza dalla chiesa. La sua chiesa parrocchiale era quella di Castelnuovo, distante poco meno di cinque chilometri.
(3) pasqua. Nel 1826 cadeva al 26 marzo. Per lo più la festa della prima comunione si faceva o nei primi giorni della settimana santa o subito dopo Pasqua.
(4) mi aveva condotto tre volte a confessarmi. Don Barberis nei Processi (Proc. dioc., Summ., pag. 62) depose di aver udito da Mamma Margherita che era stato Giovannino a voler confessarsi tre volte.
(5) Giovanni. Cfr. p. 19, n. 64.
(6) Sismondi. Correggi Sismondo.
(7) Buttigliera. Era a poco più di metà strada fra i Becchi e Castelnuovo, ma più a oriente.
(8) solenne missione. Leone XII, che nel 1825 aveva pubblicato il Giubileo in Roma, lo estese poi nel 1826 al mondo. Nell’archidiocesi torinese, da cui il castelnovese dipendeva, erano stati disposti dall’Arcivescovo Chiaverotti i sei mesi dal 12 marzo al 12 settembre per l’acquisto dell’indulgenza. La missione di Buttigliera aveva per iscopo di prepararvi i fedeli.
(9) tuo nome. Senza l’articolo, come in piemontese, alla francese. Troveremo altrove dinanzi all’aggettivo possessivo la preposizione semplice invece di quella articolata.
(10) il Donato. Dall’antico grammatico latino del IV secolo Elio Donato prendevano il loro titolo vecchie grammatiche latine. Come diciamo tuttora il Galateo (da Galeazzo, latinamente Galataeus, Fiorimonte, Vescovo di Sessa Aurunca, al quale Monsignor Della Casa aveva dedicato il suo celebre trattatello) per indicare qualsiasi trattato di buona creanza, così il Donato divenne sinonimo di grammatica latina.
(11) come egli l’ha perduto. Andando qualche tempo a scuola.
(12) cappellania. Morialdo non era parrocchia, ma aveva un semplice cappellano dipendente dal Vicario Foraneo di Castelnuovo.
(13) gustare. Non sfugga all’attento lettore la forza di questo verbo, sfuggitogli dalla penna. Gustare è ben più che conoscere o sperimentare! E a quell’età vuoi dire assai.
(14) Vicendevolmente = viceversa.
(15) nella stalla. Cfr. p. 28, n. 34.