Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale. A questo mirano i riti preparatori che dispongono immeditamente alla comunione. Essi sono il Padre nostro, i riti della pace, e la frazione del pane.
Preghiera del Signore
Nella preghiera del Signore si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scorgono un particolare riferimento al pane eucaristico e si implora la purificazione dai peccati, così che realmente i santi doni vengono dati ai santi. Il sacerdote rivolge l’invito alla preghiera, che tutti i fedeli dicono insieme con lui. La collocazione del Padre nostro in questo punto della Messa, risale al 600 ed è opera di Gregorio Magno; prima probabilmente era collocato al termine della celebrazione.
Dopo il Pater, il Sacerdote recita una preghiera, chiamata “embolismo” (il termine proviene dal greco “en-ballein” = gettare dentro- inserimento), che chiede per tutta la comunità dei fedeli la liberazione dal potere del male e che sviluppa l’ultima domanda del Padre nostro (“liberaci dal male”); essa dice: “Concedi la pace ai nostri giorni……vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento.” E’ un testo nella cui stesura ha contribuito San Gregorio Magno. La risposta dell’assemblea: “Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria dei secoli” è stata inclusa nell’ultima riforma liturgica, ma esisteva nella Liturgia orientale ed è rintracciabile nella Didaché (70-90 dopo Cristo); è l’invocazione per una pace ecumenica.
Segue una preghiera per la pace nella Chiesa, per la quale si chiede “unità e pace”. S’intende la pace interiore della Chiesa in genere, del papa e del collegio episcopale, dei teologi e del magistero della chiesa, dei laici e dei sacerdoti, della comunità unita per la celebrazione eucaristica.
Rito della pace
Si continua col tema della pace, ma il rito cambia. Il sacerdote allarga le braccia e dice: “La pace del Signore sia sempre con voi”. Augura la pace alla comunità e le braccia allargate manifestano questo augurio. La Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana.
A questo punto della Messa la riforma liturgica del secolo scorso ha introdotto un segno di pace, perché i fedeli esprimano la comunione ecclesiale e l’amore universale, prima della comunione sacramentale. In Italia consiste normalmente in una stretta di mano tra i fedeli e in un abbraccio tra sacerdoti, ma in altre culture può essere un altro segno. Conviene che ciascuno dia la pace a chi gli sta vicino in modo sobrio.
Frazione del pane
Scambiata la pace, il sacerdote compie un rito importante, ma essendo meno vistoso e accompagnato da un’invocazione fatta a bassa voce, per lo più non è percepito dai fedeli. Egli spezza il pane eucaristico. E’ il gesto della frazione del pane compiuto da Cristo nell’ultima cena, che fin dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica. Significa che i molti fedeli, nella comunione dall’unico pane di vita, che è Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor 10, 167).
Nello spezzare il pane il sacerdote dice: “Il Corpo e il Sangue di Cristo, siano per noi cibo di vita eterna”, poi mette una parte dell’ostia nel calice, per significare l’unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell’opera della salvezza, cioè del Corpo di Cristo Gesù vivente e glorioso.
La frazione del pane è normalmente accompagnata dal canto o dalla recita dell’ “Agnello di Dio”. Le prime due invocazioni terminano con: “abbi pietà di noi” e la terza, con: “dona a noi la pace”.
Comunione
Il sacerdote, dopo la frazione del pane e l’Agnello di Dio si prepara, con una preghiera fatta a voce bassa e a mani giunte, a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue del Signore. Il Messale propone due preghiere a scelta: “Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che per volontà del Padre e con l’opera dello Spirito Santo, morendo hai dato la vita al mondo, per il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, liberami da ogni colpa e da ogni male, fa che sia sempre fedele alla tua legge e non sia mai separato da te”; ”La comunione con il tuo Corpo e il tuo Sangue, Signore Gesù Cristo, non diventi per me giudizio di condanna, ma per tua misericordia sia difesa e rimedio dell’anima e del corpo”. Anche i fedeli fanno una preparazione immediata, pregando in silenzio.
Quindi il sacerdote genuflette, prende l’ostia e la mostra ai fedeli, invitandoli al banchetto eucaristico: “Beati gli invitati alla cena del Signore. Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo”. E, insieme col popolo, esprime sentimenti di umiltà: “O Signore, non son degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola e io sarò salvato”.
Il Presidente rivolto all’altare dice sottovoce: “Il Corpo di Cristo mi custodisca per la vita eterna”. E con riverenza si comunica al Corpo di Cristo. Poi prende il calice e dice sottovoce: “Il Sangue di Cristo mi custodisca per la vita eterna”. E con riverenza si comunica al Sangue di Cristo. Prende poi la pisside e si porta verso i comunicandi. Nel presentare l’Ostia la tiene alquanto sollevata e dice: “Il Corpo di Cristo”; il comunicando risponde: “Amen” e riceve la comunione nella bocca o sulle mani. In alcune circostanze è consentito ricevere la comunione sotto le due specie. Ciò si può fare bevendo al calice; in questo caso il comunicando, dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, va dal ministro che dice: “Il Sangue di Cristo” e risponde: “Amen”, poi il ministro porge il calice che lo stesso comunicando accosta alle labbra con le sue mani, beve un po’ dal calice, lo restituisce e si allontana; il ministro asterge con il purificatorio il labbro del calice. La comunione sotto le due specie si può fare anche per intinzione; in questo caso il comunicando, tenendo la patena sotto il mento, va dal sacerdote, che prende l’ostia, ne intinge una parte nel calice e mostrandola dice: “Il Corpo e il Sangue di Cristo”, il comunicando risponde: “Amen”, dal sacerdote riceve in bocca il Sacramento e poi si allontana.
Mentre il Sacerdote assume il sacramento inizia il canto di comunione, che deve essere adatto alla circostanza e che si protrae durante la distribuzione del Sacramento ai fedeli. Se non ci sono canti, un lettore o il sacerdote stesso recita l’antifona di comunione.
Terminata la distribuzione della comunione il sacerdote, o un altro ministro, asterge la patena e il calice dicendo: “Il Sacramento ricevuto con la bocca sia accolto con purezza nel nostro spirito, o Signore, e il dono a noi fatto nel tempo sia rimedio per la vita eterna”. Segue un momento di silenzio in cui si medita sul grande dono ricevuto e si ringrazia l’Ospite divino. Questo ringraziamento è certamente insufficiente, esso deve continuare dopo la Messa, nella vita.
Per completare la preghiera del popolo di Dio e per concludere il rito di comunione, il sacerdote recita l’orazione dopo la comunione, nella quale invoca i frutti del mistero celebrato. Il popolo fa sue le intenzione rispondendo: “Amen”.