Dagli scritti di Paula Hoesl
Il Vangelo tace. La Chiesa sola ci parla, ma io credo nelle sue parole. Io credo con lei, Vergine Maria, che l’eternità ti abbia accolta come una regina e che sulla tua fronte china, Gesù stesso abbia posto la corona che ti era destinata. E’ il momento del tuo trionfo, il momento in cui davanti agli angeli ed ai santi, in uno splendore di luce che i nostri occhi non potrebbero sopportare, hai preso il posto sopra tutte le creature. Regina degli Angeli. Regina degli Apostoli. Regina dei Martiri.
Per fissare la mia mente che stenta molto a concentrarsi dopo le fatiche della giornata, io mi sforzo di vederti come sei rappresentata nelle più belle tele degli artisti; tutta bianca e incorporea come nelle celesti visioni del Beato Angelico. Sei tu la figliola di Gioacchino e di Anna, tu quella piccola Maria che cercava sempre l’ombra per passare inosservata? Sei tu la sposa di Giuseppe, il falegname, che lavava la biancheria alla fontana e preparava i pasti per la famigliola? Il Signore ha esaltata l’umiltà della sua ancella. Ecco che lo splendore che era nascosto in te agli occhi degli uomini, come ogni vero splendore, risplende per tutta l’eternità in un torrente di luce.
Io non ho altro da fare che contemplarti e ringraziarti di essere cosi bella. Il giorno è finito, dopo le inevitabili agitazioni, le delusioni, le fatiche. Ho bisogno di bellezza e di luce. Non ho che da chiudere gli occhi e tu sei là, per sempre. Lungo tutte queste tappe ho camminato dietro a te e ho messo i miei passi sulle tue orme.
Con te ho imparato che bisogna dire sì a tutte le richieste del Cielo;
amare la povertà nei giorni difficili; offrire i propri cari al Signore; cercare Gesù nelle lacrime quando lo perdo col peccato. Con te ho seguito la strada di dolore di Colui che anch’io voglio chiamare il « mio Gesù » perché è mio come tuo. Tu hai camminato accanto a me come una sorella maggiore, ed ho goduto nel camminare con te, spalla contro spalla, perché come me e prima di me hai conosciuto la mia vita, le gioie, i dolori, ed il monotono ripetersi dei più umili servizi. Questa sera io contemplo non una sorella ma una madre, mia madre. Non lontana e avvolta nell’abbagliante luce celeste, ma vicina e presente a me. Perché sei Regina, tu sei
Madre.