Luca 9, 18-24: 18 In giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19 Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20 Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «II Cristo di Dio». 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». 23 Poi, a tutti, diceva: 24 «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».
(Bibbia Cei; versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 9, 18-24
Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: «Chi sono io secondo la gente?». Essi risposero: «Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò: «Ma voi chi dite che io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio». Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. «Il Figlio dell`uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.
(Bibbia Cei; versione 1971)
Esegesi
Professione di fede di Pietro
L’interrogativo sull’identità di Gesù, che incuriosiva la gente e inquietava Erode (9, 7-9), viene posto da Gesù stesso agli apostoli, che tentano, nella persona di Pietro, un approccio al mistero del maestro, nettamente distinto dalle opinioni popolari.
A PREGARE (18)
Che si tratti di un momento importante del dialogo tra Gesù e i discepoli lo si capisce dal fatto che Gesù “ si trovava in un luogo appartato a pregare”. La preghiera infatti scandisce i momenti decisivi della missione pubblica di Gesù.
CHI DITE CHE IO SIA? (19)
Dopo che gli apostoli dicono a Gesù le varie opinioni della gente nei suoi riguardi (Giovanni, Elia, uno dei profeti), Gesù vuole conoscere cosa pensano loro di lui. E’ una domanda che gli apostoli si erano posta spesso.
IL CRISTO DI DIO (20)
Pietro, a nome di tutti, dichiara con chiarezza che per loro è il Messia promesso, l’Unto, il Cristo. Il titolo si riallaccia alla profezia di Isaia: “ Lo spirito del Signore Iddio è sopra di me, perché il Signore mi ha dato l’unzione; mi ha inviato a dar la buona novella ai poveri”. (Is 61, 1)
NON RIFERIRLO (21)
Gesù proibisce agli apostoli di ripetere alla gente la confessione di Pietro. Essa infatti aveva bisogno di un complemento essenziale: il Figlio dell’uomo doveva venire ucciso.
Primo annunzio della passione
Il culmine della manifestazione della dignità messianica di Cristo è seguita dalle predizioni della passione; esse fanno comprendere di che natura è il messianismo di Gesù.
DEVE SOFFRIRE MOLTO (22)
Gesù dice che egli deve soffrire, morire, risorgere; non si tratta di avvenimenti fatali, ma di fatti necessari al piano divino di salvezza. Dio porta a compimento la sua volontà salvifica, attraverso una serie di eventi storici, che solo in parte dipendono dalla volontà degli uomini.
IL TERZO GIORNO (22)
Il primo annunzio della passione fa corpo con i molti altri disseminati nel vangelo di Luca (cf 9, 44; 12, 50; 17, 25; 18, 31-33; 22, 37; 24, 7; 25, 27). Il mistero della passione e morte è possibile accettarlo alla luce della risurrezione.
VUOL VENIRE (23)
Seguono cinque detti di Gesù. Il primo riguarda il vero discepolo. Questi è uno che segue Gesù. E poiché Gesù va verso la passione e la morte, anche il discepolo deve essere pronto a percorre la via della passione e della morte per amor suo. E’ necessario rendere una testimonianza da cristiani in tempo di persecuzione, anche fino al martirio, ma la croce va presa ogni giorno, essa è la legge permanente della vita cristiana e non una soluzione di emergenza.
SALVARE LA PROPRIA VITA (24)
Il secondo detto riguarda il valore del sacrificio della vita. Lo spirito di rinunzia deve arrivare fino al sacrificio della vita per Cristo (per me); chi agisce così salva la vita. Non qualunque sacrificio della vita è capace di salvarla, ma quello che ha per ispirazione Cristo e il suo Vangelo.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
CONFESSIONE DI PIETRO
“Ed egli disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Il Cristo di Dio»” (Lc 9,20). Non è senza interesse l`opinione della folla: gli uni credevano che fosse risorto Elia, che ritenevano dovesse tornare, altri che fosse risorto Giovanni, che sapevano che era stato decapitato, o qualcuno degli antichi profeti (cf. Lc 9,19; cf. Mt 16,14). Ma cercare i motivi di queste diverse opinioni è al di sopra delle nostre forze: diverse sono le opinioni e la prudenza di ciascuno. Del resto, se è stato sufficiente all`apostolo Paolo non conoscere altro che Cristo Gesú e questo crocifisso (cf. 1Cor 2,2), che cosa debbo desiderare io di conoscere piú del Cristo? In questo solo nome è espressa la divinità, l`Incarnazione, la fede e la Passione. E sebbene gli apostoli lo sappiano anche loro, Pietro risponde a nome di tutti: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Egli ha riassunto ogni cosa, esprimendo la natura e il nome che comprende la somma delle virtù… Credi dunque nel modo in cui ha creduto Pietro, per poter essere anche tu beato, e meritare anche tu di sentirti dire: “Perché non la carne e il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,17). La carne e il sangue possono, infatti, rivelare solamente ciò che è terrestre; mentre chi parla in spirito dei misteri, non si fonda sugli insegnamenti della carne e del sangue, ma sull`ispirazione divina. Non appoggiarti quindi sulla carne e sul sangue, per non finire col prendere ordini dalla carne e dal sangue, e divenire tu stesso carne e sangue… Pietro non ha aspettato di sapere l`opinione del popolo, ma ha espresso subito la sua dicendo: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Colui che è, è sempre, non comincia ad essere, né finisce di essere. Ebbene, la bontà di Cristo è grande: egli dona ai suoi discepoli quasi tutti i suoi nomi. “Io sono” – egli ha detto – “la luce del mondo” (Gv 8,12): e questo nome di cui egli si gloria, lo ha dato ai suoi discepoli dicendo: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). “Io sono il pane vivo” (Gv 6,51) ha detto, “e tutti noi siamo un solo pane” (1Cor 10,17). Ancora: “Io sono la vera vite”, dice di sé (Gv 15,1), e a te dice: “Ti ho piantato come una vite fruttuosa, tutta vera” (Ger 2,21). Cristo era la pietra: “Bevevano infatti dalla pietra spirituale che li accompagnava, e la pietra era Cristo” (1Cor 10,4); e Cristo non rifiuta la grazia di questo nome al suo discepolo affinché anch`egli sia Pietro, in modo che abbia della pietra la solidità della costanza, la fermezza della fede. Sforzati anche tu di essere pietra. Cercala in te questa pietra, non al di fuori di te. La tua pietra è la tua azione, la tua pietra è il tuo spirito. Sopra questa pietra si costruisce la tua casa, in modo che nessuna tempesta, scatenata dagli spiriti malvagi, possa rovesciarla. La tua pietra è la fede, e la fede è il fondamento della Chiesa. Se tu sarai pietra, sarai nella Chiesa, perché la Chiesa poggia sulla pietra. Se sarai nella Chiesa, le porte dell`inferno non prevarranno contro di te. Le porte dell`inferno sono le porte della morte, e queste non possono essere le porte della Chiesa. Ma che cosa sono allora le porte della morte, ossia le porte dell`inferno, se non le diverse specie di peccato? Se tu avrai fornicato, avrai varcato le porte della morte. Se ferisci la buona fede altrui, ti apri le porte dell`inferno. Se hai commesso un peccato mortale, sei entrato per le porte della morte. Ma Dio ha il potere di farti uscire dalle porte della morte, a condizione che tu proclami le sue lodi alle porte della figlia di Sion (cf. Sal 9,14). Invece le porte della Chiesa sono quelle della castità, quelle della giustizia, che il giusto è solito varcare dicendo: “Apritemi le porte della giustizia, ed io, entrato in essa, loderò il Signore” (Sal 117,19). E come la porta della morte è la porta dell`inferno, cosí la porta della giustizia è la porta di Dio: “Questa” – infatti – “è la porta del Signore, i giusti vi entreranno” (Sal 117,20). Fuggi perciò l`ostinazione nel peccato, in modo che le porte dell`inferno non possano prevalere: se infatti il peccato sarà il tuo padrone, la porta della morte trionfa. (Ambrogio, In Luc., 6, 93 s. 97-99)
LA RINUNZIA A SE STESSO
Il Signore ci dice di rinunziare alle cose nostre, se vogliamo andare con lui, perché quando andiamo alla prova della fede, dobbiamo affrontare gli spiriti maligni. Ma questi spiriti non posseggono niente di questo mondo. Dobbiamo lottare, perciò, nudi contro nudi. Perché se uno combatte vestito contro uno che è nudo, facilmente viene gettato a terra, perché ha piú modo di essere afferrato. Che cosa sono, infatti, tutte le cose terrene, se non dei vestiti del corpo? E, allora, chi va a combattere col diavolo, si spogli, se non vuol soccombere. Non possegga nulla in questo mondo, o non sia attaccato a nulla, non cerchi piaceri nelle cose periture, perché ciò di cui si copre, non diventi strumento della sua caduta. E neanche basta lasciar le cose nostre; bisogna lasciar noi stessi. Ma che vuol dire lasciar noi stessi? Dove andremo fuori di noi, se lasciamo noi stessi? O chi è che va, se uno lascia se stesso? Ma una cosa siamo nella caduta del peccato e un`altra nella genuina creazione, una cosa è ciò che abbiam fatto di noi stessi e altra è ciò che siamo stati fatti. Sforziamoci, allora, di lasciare quello che abbiam fatto di noi stessi col peccato e di restare quello che siamo stati fatti attraverso la grazia. Ecco, chi è stato superbo, se convertendosi a Cristo è diventato umile, questo ha lasciato se stesso. Se un lussurioso s`è ridotto alla continenza, questi ha rinnegato se stesso. Se un avaro ha smesso di agognar ricchezze e lui, che rapiva l`altrui, ha imparato a donare il suo, senza dubbio questi ha lasciato se stesso. E` ancora lui, quanto a natura, ma non è piú lui, quanto a peccato. Perciò fu scritto: “Converti gli empi e non saranno piú” (Pr 12,7). Gli empi convertiti non sono piú, non quanto alla loro essenza, ma quanto alla colpa di empietà. Allora, dunque, lasciamo noi stessi, quando evitiamo ciò che era il nostro uomo vecchio e ci sforziamo d`essere l`uomo nuovo. Riflettiamo come aveva rinnegato se stesso Paolo, quando diceva: “Non sono piú io che vivo” (Gal 2,20). Era finito il persecutore ed era cominciato a vivere il pio predicatore. E aggiunge subito: “Ma vive il Cristo in me”; come se volesse dire: Io sono morto, perché non vivo secondo la carne, ma essenzialmente non sono morto, perché spiritualmente vivo in Cristo. Dica, dunque, la Verità: “Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso” (Lc 9,23). Se uno non rinunzia a se stesso, non s`avvicina a chi è sopra di lui e non prende ciò che è fuori di lui, se non sacrifica se stesso. I broccoli devono essere trapiantati, per sviluppare; cioè, sono sradicati per crescere. I semi marciscono in terra, per moltiplicarsi. Mentre sembra che perdano ciò che erano, ricevono ciò che non erano. (Gregorio Magno, Hom., 32, 2)
LASCIA TUTTO E TROVERAI TUTTO
Sii persuaso che tu devi vivere come chi sta per morire; e che quanto piú uno muore a se stesso, tanto piú comincia a vivere per Dio. Nessuno è atto a comprendere le cose di Dio se non si sarà sottoposto a tollerare per Cristo le avversità. Nulla vi è di piú gradito a Dio, nulla vi è di piú salutare per te in questo mondo, che patire volentieri per Cristo. E se ti fosse lasciata libertà di scelta, ti converrebbe piuttosto desiderare di soffrire contrarietà per amore di Cristo, che esser deliziato da tante consolazioni; perché, cosí, saresti piú simile a Cristo e piú conforme ai santi; infatti il nostro merito e la perfezione del nostro stato non consiste nell`avere molte soavi consolazioni, ma piuttosto nel saper sostenere i grandi dolori e le avversità…Figlio, tu non potrai mai possedere una perfetta libertà fino a quando non avrai rinnegato te stesso completamente. Sono incatenati tutti coloro che posseggono dei beni contro la povertà; coloro che sono egoisti, avari, curiosi, girovaghi, sempre alla ricerca di ciò che è piacevole, non di ciò che si riferisce a Gesú Cristo; quelli che sempre costruiscono e compongono un edificio che non si reggerà. Perirà infatti tutto ciò che non è nato da Dio. Ritieni bene questa massima, breve ma densa: Lascia tutto e troverai tutto. Lascia la cupidigia e troverai la quiete. Rumina bene questa cosa nella tua mente e quando l`avrai penetrata capirai tutto. (De imitatione C., 2, 12, 14; 3, 32, 1)
«VOI, CHI DITE CHE IO SIA?»
Quante parole su Gesù di Nazaret sono state dette nel corso della storia? Le opinioni e le ipotesi su di lui riempiono intere biblioteche e oggi sono anche oggetto di film, musical, canzoni. Nel passato, le idee su di lui hanno diviso popoli e talvolta sono purtroppo anche servite a certi tipi di potere per cercare di guadagnare maggiori consensi. Non è del resto una novità: già durante la stessa vita di Gesù, le opinioni su di lui variavano da un generico entusiasmo all’attesa febbrile di un Messia potente e vittorioso. Ogni tempo, anche il nostro, corre sempre il rischio dì capire Gesù secondo le proprie idee e attese, e così magari di mutilarlo o stravolgerlo. Le diverse opinioni di simpatia e di ammirazione non raggiungono la sua identità. Ecco allora la domanda: «Voi, chi dite che io sia?»: un interrogativo che ci inchioda ad una necessaria risposta, da dare oggi, nel nostro oggi personale e comunitario. «Chi sono io per te?», ci ripete Gesù. «Un uomo grande e interessante? un vero giusto? un profeta, magari anche scomodo? Uno al di fuori di ogni schema? e poi?». (Umbero Proch)
«IL FIGLIO DELL’UOMO DOVRÀ SOFFRIRE MOLTO»
Tutti i Vangeli sinottici aggiungono alla predizione della passione l’annotazione che l’Inviato di Dio «dovrà soffrire molto» (Mt 14,21; Mc 8,31; le 9,22),. II senso immediato della frase è chiaro. Di fronte alle attese giudaiche di un messianismo terreno potente e trionfante sugli oppressori, e anche di fronte alla mentalità dei discepoli che poteva ancora credere in un «Cristo di Dio» facilmente vittorioso fra due ali di folla, le parole di Gesù non concedono spazio a progetti umani. Il «Figlio dell’uomo», il «Cristo di Dio», dovrà patire, essere rigettato e morire, per poter essere glorificato (nella risurrezione) (v. 22). Egli dovrà essere inghiottito dall’abisso della solitudine e della morte, abbandonato al suo destino proprio da chi lo avrebbe dovuto accogliere. E l’annuncio della croce, che qui non è solamente ombra temuta e combattuta, ma la via da percorrere, il punto logico di arrivo di tutta una vita: Gesù deve morire solo e abbandonato. Tuttavia, «portare la propria croce» è prima di tutto accettare di seguire il Cristo di Dio sofferente e non subito vittorioso, perseguitato e non invece osannato, disponibile al martirio e non agli onori, spesso oggetto di violenza e non di giustizia. «Portare la propria croce» è accettare di vivere come Gesù, di seguirlo sulla via dell’umiltà, della mitezza, della semplicità. La croce è soprattutto l’amore donativo assoluto, che accetta anche la morte, il perdere se stessi per amore. Ed è anche quella sofferenza, piccola o grande, che, toccando nel vivo la nostra carne, ci fa capire, talvolta brutalmente, che non siamo noi il centro dell’universo e che noi non siamo onnipotenti. È poi anche quello «smettere di pensare continuamente a noi stessi»
(«rinnegarsi») e arrivare invece a donare il nostro tempo, a dare una parola, un gesto, una presenza, un sorriso o anche una rinuncia difficile, un impegno per la dignità di qualcuno, una parola di giustizia che ci rivela e ci scomoda, o una fedeltà che ci costa profondamente. «Prendere la propria croce» è per noi, in sintesi, vivere come Gesù; detto con parole di s.Paolo, è «avere in noi gli stessi atteggiamenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5). (Umberto Proch)
SOFFERENZA DEL FIGLIO DELL’UOMO
È il mistero del dolore che si affaccia all’orizzonte dell’uomo. Molteplici sono i volti del dolore e altrettanti sono gli interrogativi, a volte disperati, di fronte allo spettacolo, proprio e altrui, di una umanità gravemente ferita. L’esperienza della sofferenza è ambigua: può essere interrogativo senza risposta, allontanamento dalla fede e da un Dio percepito come assurdo, ma può anche essere scoperta d’amore di colui che per primo «ha sofferto molto» (v. 22), riscattando così, nella sua sofferenza, quella dell’intera umanità. C’è, dunque, un dolore salvifico e fecondo, illuminato dal mistero pasquale di Cristo; si tratta di una sofferenza accettata, pregata e offerta. (Luigi Ciputt)
La risposta magari è la medesima di Pietro: «II Cristo di Dio» Ma poi, quello che più conta. oltre a sapere e proprio perché si sa, la domanda di Gesù diventa: «Mi accetti nella tua vita come il tuo Messia, l’unico, o ne cerchi altrove qualcun altro?». Si tratta, cioè, di uscire allo scoperto e di chiederci con onestà se noi permettiamo a Cristo di fare il Cristo per noi, in tutte le espressioni della nostra esistenza. Il che vuoi dire tante cose. Ad esempio la nostra speranza è collocata in lui? le difficoltà e i problemi del nostro vivere personale, familiare, sociale sono illuminati dal suo giudizio? il nostro lavoro per costruire una storia di giustizia e di pace è affidato alla sua potenza? (Giovanni Saldarini)
LA SEQUELA
La «sequela» definisce il cristiano. Chi vuole essere discepolo di questo «Cristo» deve seguire le sue orme sulla sua strada, quella della croce. L’evangelista Luca attualizzando il tema per il suo tempo lo universalizza («E a tutti diceva:…») e lo cala nel quotidiano («…prenda la sua croce ogni giorno e mi segua». (v. 23) La sequela di Gesù sulla via della croce è dunque la norma dell’esistenza cristiana, per tutti e non solo per alcuni, e va vissuta nelle condizioni normali della vita di ogni giorno. Occorre però ricordare che si tratta di assumere lo statuto della vita di Gesù: qui si parla della croce «di Gesù». La croce da prendere ogni giorno è quella di un’esistenza progettata non sulla logica della «conservazione di sé», ma su quella della «consegna di sé», al servizio della stessa missione del Cristo, che ora è affidata alla Chiesa, che è fatta appunto da coloro che «vogliono andare dietro a Cristo» (v. 23): disposti a perdere la vita come Cristo perché gli altri siano salvati da Cristo, essi salvano anche la propria vita (y. 24). (G. Saldarini)
CROCE E RISURREZIONE
A questo punto si arriva a capire che la croce non è un brutto incidente nel disegno di Dio, ma gli è essenziale. In qualche modo è la via obbligata di un Dio che decide di salvare un’umanità fin dalle origini peccatrice, lasciandosi coinvolgere nella sua storia, perché da sempre pensata in Cristo. Il «”deve” soffrire molto» (v. 22) implica una necessità teologica e non semplicemente storica. Per la stessa ragione non può mancare la risurrezione {v. 22), poiché la via messianica non può essere semplicemente l’amore rifiutato, ma «deve» essere l’amore vittorioso. Una risurrezione, quindi, come conseguenza della croce, perché è proprio accettando la debolezza di un amore che non scende dalla croce che si permette ad esso di manifestarsi in tutta la sua forza vittoriosa (la risurrezione). (Giovanni Saldarini)
IL MESSIA SOFFERENTE
Nel brano di Luca è riferito il primo annuncio della passione, preceduto dal dialogo tra Gesù e i discepoli sulla sua identità, e seguito da una breve istruzione, rivolta a tutti, sulle condizioni della sequela. All’opinione popolare, che tende a classificare Gesù tra i profeti e gli uomini prestigiosi, corrisponde la proclamazione messianica dei discepoli. Gesù vi contrappone l’immagine di un messia sofferente, umiliato e ucciso e alla fine riabilitato da Dio. Seguire questo messia comporta un prezzo di fedeltà e perseveranza che può essere anche molto alto. Ma questa è la condizione per la salvezza. (L. Chieregatti)
UNA SCELTA DI FEDELTÀ E DI AMORE
Ma deve essere preliminarmente chiarito il senso della «croce». Non si tratta del dolore o della sofferenza in sé, quel dolore e sofferenza che sono connessi con il limite dell’esistenza umana: malattia, stress, invecchiamento, ecc. Non rientra per sé nella categoria della croce neppure quell’insieme di sofferenze che derivano dal contesto della convivenza sociale, dove si scontrano interessi diversi che provocano situazioni conflittuali. Queste sono sofferenze che ogni uomo e donna possono esperimentare prescindendo dalla loro fede e appartenenza religiosa. In qualche caso queste tribolazioni derivano dai propri altrui e altri difetti e mancanze, o addirittura sono il frutto diretto dell’ingiustizia umana più o meno organizzata. La sofferenza incomincia a diventare «croce» quando interviene una scelta di fedeltà e di amore: di fedeltà a Dio e di amore ai fratelli. Non è casuale che Gesù, annunciando il suo destino doloroso di messia umiliato e ucciso, ricorra all’immagine del «figlio dell’uomo». Si tratta di quel personaggio misterioso che da una parte è incaricato di esercitare il giudizio di Dio, e dall’altra è il rappresentante dei perseguitati a causa della loro fedeltà. (D. Pezzini)
LA CROCE DISVELA GESU’
La croce è proprio la chiave ultima che ci disvela il mistero di Gesù. Solo quando i credenti « alzano gli occhi verso colui che hanno trafitto », Dio rivela in Gesù la sua intima natura, che è “Amore”. Cristo è venuto a rivelare il Padre in termini umani. Ora la nostra esperienza ci dice che il “test” infallibile dell’amore è accettare di soffrire per la persona amata. Si possono dare milioni senza amare, ma senza amare non si può dare la vita. Quando Massimiliano Kolbe si offre per il forno crematorio, al posto di un compagno di prigionia, nessuno può più dubitare del suo amore. Senza la croce di Gesù, sarebbe stato possibile avere l’intima certezza che Dio davvero ci ama? Avremmo potuto obiettargli: « Tu dici di amarci, ma a te amare non costa nulla, mentre noi non possiamo amare senza pagare di persona. Paolo invece guarda la croce ed esclama: « Mi ha amato ed ha dato se stesso per me ». Davanti alla Croce, il dubbio non è più possibile. Gesù lo ha detto in termini ancor più stringenti: « Nessuno ha un amore più grande di chi da la vita per colui che ama ». Nulla meglio della croce ci rivela chi è Gesù.
E in Lui Dio rivela la sua natura intima che è amore. È una scoperta stimolante. Non posso essere “cristiano”, se non entro in questa logica della croce. Cristo— diceva Paolo — bisogna conoscevo crocifisso. E poi imitarlo. S. Caterina ha annotato acutamente: « Da uno puoi chiedere quanto ama, non più ». (Mariano Magrassi)
CHI DITE CHE IO SIA
Quando Pietro proclama: «Tu sei il Messia di Dio», probabilmente crede dì aver ormai scoperto tutto. Ma è ben lontano dall’immaginare che il « consacrato di Dio » dovrà essere devastato dalle sofferenze della passione, rifiutato e ucciso proprio dai capi religiosi. Rivelandolo in questo momento, Gesù risponde con una doccia fredda al pronunciamento entusiastico di Pietro. Conosciamo da un’altra pagina evangelica la reazione dell’apostolo: « Questo non ti accadrà mai ». E invece proprio quello “doveva” accadere. Sembra che Gesù dica. Sai cosa vuoi dire essere Cristo? Vuoi dire camminare verso la Croce. Per scoprire
Cristo personalmente ognuno di noi deve ripercorrere per intero tutto il lungo cammino percorso dagli apostoli. Molti di noi purtroppo credono di conoscerlo già. Si accontentano di una conoscenza superficiale del racconto evangelico, e con questo credono di sapere tutto su Cristo. (Mariano Magrassi)
DOMANDA RIVOLTA A NOI
Se Gesù ponesse a noi oggi questa domanda: «La gente chi dice che io sia?» che cosa risponderemmo? Chi è Gesù Cristo per gli uomini che guidano la vita politica, per i grandi quotidiani, per gli uomini della radio, della televisione, della economia, del cinema, dell’arte? Chi è Gesù per gli uomini e le donne che al mattino vanno al lavoro, che alla domenica vanno allo stadio, per i giovani che affollano le discoteche? Forse dovremmo rispondere: la gran parte della gente, almeno apparentemente, non sa chi tu sia, non ti conosce neppure, comunque vive come se tu non ci fossi; sebbene siano stati tutti battezzati nel tuo nome. E se Gesù insistesse: «E voi chi dite che io sia?». Al di là delle frasi fatte e delle formule imparate, chi è per me Gesù Cristo? È la persona che mi ha amato e ha dato se stesso per me? Che mi ama ed è presente sempre nella mia vita? Che mi aspetta in fondo al mio cammino? Che significato ha per noi e per la nostra vita la partecipazione al mistero della morte e della risurrezione di Cristo? Noi viviamo immersi in questo mistero come singole persone, come famiglie, come popoli, ma concretamente accettiamo di riprendere la nostra croce ogni giorno insieme con Lui? (Luigi Chieregatti)
SEGUACI DEL MESSIA SOFFERENTE
È il mistero del dolore che si affaccia all’orizzonte dell’uomo. Molteplici sono i volti del dolore e altrettanti sono gli interrogativi, a volte disperati, di fronte allo spettacolo, proprio e altrui, di una umanità gravemente ferita. L’esperienza della sofferenza è ambigua: può essere interrogativo senza risposta, allontanamento dalla fede e da un Dio percepito come assurdo, ma può anche essere scoperta d’amore di colui che per primo «ha sofferto molto» (v. 22), riscattando così, nella sua sofferenza, quella dell’intera umanità. C’è, dunque, un dolore salvifico e fecondo, illuminato dal mistero pasquale di Cristo; si tratta di una sofferenza accettata, pregata e offerta. (Luigi Ciputt)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Ha sete di te. Signore, l’anima mia. O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua. Cosi nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria. Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode. Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani. Mi sazierò come a lauto convito, e con voci di gioia ti loderà la mia bocca. Quando penso a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe l’anima mia e la forza della tua destra mi sostiene. (Dal salmo 62)
•Signore Gesù, fa’ che ti amiamo con quell’amore ardente che ha fatto dire a san Paolo: «Io non voglio sapere altro che Cristo crocifisso». Solo così potremo camminare volentieri dietro a te portando ogni giorno la nostra croce. (C. Berthes)
•Fa’ di noi, o Padre, i fedeli discepoli di quella sapienza che ha il suo maestro e la sua cattedra nel Cristo innalzato sulla croce, perché impariamo a vincere le tentazioni e le paure che sorgono da noi e dal mondo, per camminare sulla via del calvario verso la vera vita. (Colletta della domenica)
•Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. (Colletta della domenica)
•Signore, che ami teneramente come figli tutti gli uomini, che sei venuto in terra per riunirci in un’unica fede e in un unico amore, che fai di noi un solo corpo e un solo spirito nel Cristo. (Berthes)
•Gesù, noi ti conosciamo da tempo, ma è bene ritrovare oggi la tua domanda che ci interpella su cosa pensiamo di te: che la nostra risposta abbia la rapidità dell’entusiasmo e la ponderatezza di chi sa che da ciò che risponde dipende poi come decide di vivere. Gesù, ci sono tante immagini di te nella testa delle persone, e alcuni vengono anche a chiedere a noi come ti vediamo: fa’ che sappiamo rispondere con la semplicità della fede e con la serietà della vita. Gesù, noi desideriamo venire dietro a te, siamo qui per questo, ma facciamo fatica a portare la tua croce ogni giorno: ricordaci, ogni volta che pensiamo a te, che se vogliamo salvare e dare senso alla nostra vita dobbiamo saperla spendere come hai fatto tu con la tua. (Preghiere di Domenico Pezzini)
•O Gesù, nel tuo sacrificio noi siamo diventati figli di Dio e fratelli tra noi. Lo sappiamo fin dalla nostra infanzia, ma nei fatti quante divisioni esistono, e tutti però pretendiamo di possederti in esclusiva, salvo a mettere in dubbio il tuo amore e la tua stessa esistenza quando il dolore bussa alla nostra vita. Perdonaci, Signore, e ancora una volta, venuto in noi, aiutaci a vivere, giudicare, servire e amare come Te, convinti che solo così la vita vale la pena di essere vissuta.
•O Madre benedetta! Quando ti pensiamo così, trasfigurata dal dolore invece che dalla gloria, ti chiamiamo con più dolcezza, con più tenerezza, con più commozione e ci pare che tu ci prenda e ci dica: «Figli, venite con me». Di questo invito abbiamo bisogno per continuare a seguire Cristo, di questo invito abbiamo bisogno per continuare a sperare e a credere che il Figlio tuo è Salvatore vittorioso e che questa vittoria della sua risurrezione ce la offre sempre con una divina fedeltà ed anche con una divina onnipotenza. O Madre, aiutaci a credere fino in fondo che il Figlio tuo è Salvatore! O Madre, aiutaci a sperare fino in fondo che il Figlio tuo è il Signore della vita e della morte! O Madre, aiutaci soprattutto ad accenderci il cuore perché l’incontro con Cristo diventi esperienza più viva e più trasfigurante della nostra esistenza! Abbiamo il cuore pieno di desideri, abbiamo la mente piena di intenzioni, abbiamo la vita attraversata da tante preoccupazioni, da tante incertezze, da tanti incubi, da tante angosce, ma tu sei la Madre. (Card. Ballestrero)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Ricordiamo sempre quanto ci dice Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.