Matteo 13, 1-23: 1 Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2 Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. 3 Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5 Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7 Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8 Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9 Chi ha orecchi, ascolti». 10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14 Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15 Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca !” 16 Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17 In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! 18 Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19 Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, vie ne il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21 ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22 Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 13, 1-23
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un`altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c`era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un`altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un`altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell`abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani. Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l`udirono! Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l`uomo che ascolta la parola e subito l`accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l`inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dá frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dá frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Nel Vangelo di Matteo troviamo cinque grandi discorsi. Abbiamo già incontrato nella liturgia dell’anno A il discorso della Montagna (c 5-7) e quello della missione (capo 10); il capitolo 13 è chiamato “discorso in parabole”. Seguono il discorso della comunità. (cap. 18) e quello escatologico (c 24-25).
Il capitolo 13 di 53 versetti, inizia con la parabola del seminatore, seguono altre sei parabole sul regno. In esse Gesù espone sotto vari aspetti il mistero del regno di Dio e le sue vicissitudini, mistero di fede nella gioiosa accettazione dei discepoli e mistero di incredulità nel rifiuto del popolo eletto. La parabola è uno dei mezzi espressivi più caratteristici impiegati da Gesù per esporre ai suoi contemporanei il suo insegnamento.
QUEL GIORNO (1)
L’espressione non è un’annotazione temporale, ma è stata creata dall’evangelista per raccogliere in un’unità letteraria gli insegnamenti parabolici impartiti dal Signore in circostanze diverse e poste in un’unica giornata, la “giornata delle parabole”.
USCI DI CASA (1)
Gesù va incontro alla folla. L’annotazione va in certo senso avvicinata all’inizio della parabola dove leggiamo: “Il seminatore uscì a seminare” (4). In molti passi Matteo parla di “casa”, ma è sempre difficile stabilire se è quella di Gesù, di Matteo e di un altro. “Casa” è il luogo della riunione e dell’insegnamento ai discepoli. Certamente “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (8, 14), ma non si può immaginare che Gesù sia sempre vissuto all’aria aperta; egli ha certo conosciuto momenti di riposo al riparo di un tetto.
IN PARABOLE (3)
Parabola, dal greco “parabolè” vuol dire: paragone, discorso per similitudine. Può definirsi un racconto fittizio, ma verosimile, che serve ad illustrare un insegnamento morale o una verità dottrinale mediante un paragone. La parabola ha scopo di chiarire e in essa ciò che conta è la sostanza dell’insegnamento. Affine alla parabola è l’allegoria, che è una serie di metafore in cui ogni elemento ha un suo significato e che ha lo scopo di velare la verità. Ma trattandosi di forme letterarie affini, è comprensibile che nelle parabole evangeliche si infiltrino spesso elementi allegorici.
IL SEMINATORE USCI’ (4)
Il seminatore è il protagonista del racconto. Il fatto che sia indicato
come “il” e non come “un” seminatore sta forse ad indicare che dietro a questa storia simbolica. si nasconde Gesù, che, uscito dal Padre, è venuto nel mondo a gettare il seme salvifico dei suoi insegnamenti.
UNA PARTE DEL SEME (5)
Il centro del racconto è la semina. Questa in tre casi non ha effetto, (strada, luogo sassoso, spine) ma alla fine produce un raccolto abbondante (cento, sessanta, trenta).
SULLA STRADA… (5)
I particolari sono più comprensibili in ambiente palestinese, sia per il suolo del luogo, sia per la tecnica più o meno primitiva, e sottolineano gli insuccessi registrati fino ad allora da Gesù. Ma il significato della parabola sta nella riuscita finale in cui alla triplice infruttuosità succede la triplice fruttuosità del seme, tanto grande che nei terreni palestinesi non è pensabile. Con probabilità Gesù raccontò la parabola nel contesto dell’insuccesso della sua missione, verosimilmente alla fine della sua predicazione nella Galilea e dice che, nonostante l’insuccesso ripetuto, c’è del seme che produce frutto abbondante. Il regno di Dio, nonostante l’apparente fallimento iniziale, alla fine trionferà. Si può dire che questa è una parabola di fiducia.
CHI HA ORECCHI (9)
Frase ammonitrice, caratteristica di Gesù, che esorta gli uditori a ricercare il senso vero, nascosto delle sue parole (cf 11, 15). La stessa frase, accolta dalla Chiesa, è ricordata in ognuna delle sette lettere ammonitrici, che Cristo indirizza alla Chiesa. “ Chi ha orecchi ascolti quello che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2, 7,11 e seguenti).
PERCHE’ PARLI IN PARABOLE (10)
Per questa domanda degli apostoli il vangelo di Marco (4,10-12) ha una risposta secca: perché così ha voluto Dio da sempre: “ a voi è stato confidato il mistero del Regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché guardino ma non vedano, ascoltino ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato”. Il Vangelo di Matteo invece nella risposta è come se dicesse: ma perché Dio ha deciso così? E dice: perché gli apostoli sono in atteggiamento di disponibilità e di apertura, “quelli di fuori” invece restano chiusi.
VOI-LORO (11)
L’opposizione sottolinea l’aspetto misterioso del dono di Dio. A tutti è presentato lo stesso progetto, ma gli uni, (voi) vi aderiscono, gli altro (loro) lo rigettano; questi “loro” sono meglio indicati da Marco con “gli altri”, “quelli di fuori”, che nel linguaggio paolino sono i pagani o i giudei infedeli; Luca dice “i rimanenti” (Lc 8, 10). L’asserzione che sembra enunciare una predestinazione “ante previsa merita” va compresa alla luce del linguaggio biblico e orientale, che tutto rapporta alla causalità divina non escluse le stesse colpe degli uomini (cf 1 Sam 16,15), e in base al contesto in cui è messa bene in risalto la responsabilità dell’uomo che accetta o rifiuta di comprendere i misteri del Regno.
COSI A CHI HA (12)
Il detto, che è un proverbio popolare, sarà utilizzato da Gesù ma con un’applicazione diversa nella parabola dei talenti (25, 29). Il proverbio riguarda il fatto che nella vita ordinaria tutto va ai ricchi, che sono nell’abbondanza, mentre si toglie ai poveri il poco che hanno. Qui “chi ha” è il discepolo del regno che entra nel mistero, “chi non ha” è Israele, che rischia di perdere tutto. Il riferimento è al misterioso piano della salvezza che Dio svela a chi le disposizioni necessarie (docilità, generosità, disposizioni che sono anche dono di Dio) e nasconde a chi ne è sprovvisto.
PERCHE’ PUR VEDENDO (13)
E’ la tipica disposizione d’animo tanto spesso rimproverata nell’AT al popolo eletto e chiamata “indurimento del cuore”, disposizione che impedisce di percepire ed intendere nel loro vero valore i ripetuti richiamo di Dio. Tale disposizione è presentata da Matteo come il motivo, la causa (oti = perché) dell’insegnamento di Gesù in parabole e cioè il velamento della verità. Marco e Luca dicono, invece, “affinché (in greco “ina”: affinché vedendo non vedano, udendo non odano), da intendere naturalmente alla luce del linguaggio biblico, come in Isaia 6, 9-10 nel testo ebraico.
PROFEZIA (13)
La profezia di Isaia è quella di 6, 9-10, che è il testo classico dell’incredulità d’Israele, e che i primi cristiani, sull’esempio di Cristo, utilizzano per dare una spiegazione al doloroso enigma del rifiuto da parte dei Giudei del messaggio evangelico (cf Gv 12, 40; At 28, 26). Mettendo i suoi contemporanei alla pari con quelli di Isaia, Gesù condanna la loro ostinazione. La predicazione di Isaia e ancor più quella di Gesù contenevano una vivace chiarezza; la cecità consiste nel chiudere gli occhi a tanto splendore: non l’oscurità, ma la vivida luce ha accecato i Giudei.
MA BEATI (15)
E’ un grido di gioia, in antitesi a quel che si è constato nel v. 13. I discepoli sono benedetti perché hanno il cuore puro. A loro è dato di vedere e di ascoltare.
MOLTI PROFETI (17)
Sono gli uomini dell’Antica Alleanza che anelavano con tutta l’anima di vedere i tempi messianici della salvezza.
VOI DUNQUE INTENDETE (18)
Inizia la spiegazione della parabola. E’ facile riconoscere che la spiegazione si muove su un piano diverso da quello della parabola stessa. L’interesse non è più incentrato sull’esperienza del predicatore, ma sul comportamento degli uditori di fronte alla parola, che viene “seminata” in loro. Il linguaggio diventa quello proprio dell’allegoria. E siamo all’interpretazione allegorica per la vita della chiesa e il comportamento dei credenti e le sfumature interpretative riflettono la situazione concreta della chiesa apostolica.
TUTTE LE VOLTE (19)
L’accento è posto sui quattro tipi di terreno su cui cadono i semi. Il primo terreno (quello lungo la strada) sono quelli che non accolgono mai “la parola del regno”, che, nell’applicazione che ne fa la Chiesa, è il messaggio apostolico rivolto al mondo sia giudaico che pagano.
NON LA COMPRENDE (19)
Uno non l’accoglie quando si mostra refrattario ad assimilare il contenuto dell’annunzio e a tradurne nella vita pratica le esigenze morali. In questa situazione si nasconde la misteriosa azione del “nemico” che Matteo chiama “il maligno”, Luca, “il demonio” (8,12 e Marco, “satana” (4, 15). Il maligno si adatta alla situazione che trova in coloro che vuole allontanare da Dio. E il seme cade in persone superficiali, che sono come una strada, cioè come un terreno senza profondità.
NEL TERRENO SASSOSO (20)
Seguono “tre terreni”, ossia due tipi di persone, di cui, più che indicare le caratteristiche, vengono indicate la cause che le fanno agire in modo negativo nei confronti dell’annunzio del Regno. Così il secondo “terreno”, quello “sassoso”, indica le prove, gli attacchi, le persecuzioni, che scuotono le convinzioni e fanno capitolare.
TRA LE SPINE (22)
Il terzo terreno è quello “tra le spine”, che indicano le passioni, le ricchezze, le illusioni del mondo, che mobilitano le forze vive dell’uomo e soffocano le sue ispirazioni divine, così la persona soccombe (resta scandalizzato) e il peccato uccide la vita (Rm 7, 5).
SU TERRA BUONA (23)
La terra buona è il tipo del vero cristiano, come già quello del vero israelita (cf Gv 1, 47) che, in pio e riverente ascolto della parola di Dio, si mostra pronto ad accoglierla per farla fruttificare per la vita eterna.
ORA IL CENTO (23)
Il seminatore ha seminato in modo eguale in tutti i cuori, ma ognuno rende secondo le sue opere.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
SULLA STRADA, IN LUOGO SASSOSO, SULLE SPINE
Il seminatore è unico ed ha sparso la sua semente in modo equo, senza fare eccezione di persone; ma ogni terreno, da se stesso, ha mostrato il suo amore con i propri frutti. Il Signore manifesta cosí con la sua parola che il Vangelo non giustifica per forza, senza il consenso della libertà; le orecchie sterili che egli non ha privato della semente delle sue sante parole ne sono la prova. “La semente cadde sul bordo della strada” (Mt 13,19), ecco una cosa che è l`immagine stessa dell`anima ingrata, di colui che non ha fatto fruttificare il proprio talento ed ha disprezzato il proprio benefattore (cf. Mt 25,24-30). La terra che aveva tardato ad accogliere il suo seme, è divenuta luogo di passaggio per tutti i malintenzionati; cosí non vi fu piú posto in essa per il padrone, perché vi potesse entrare da lavoratore, ne potesse rompere la durezza e spargervi il suo seme. Nostro Signore ha descritto il maligno sotto i tratti degli uccelli, poiché il maligno ha portato via il seme (cf. Mt 13,19). Egli ha voluto indicare cosí che il maligno non prende per forza la dottrina che è stata distribuita nel cuore. Nell`immagine che egli ha proposto, ecco che in effetti la voce del Vangelo si pone alla porta dell`orecchio, come il grano alla superficie di una terra che non ha nascosto nel suo seno ciò che è caduto su di essa; infatti non è stato permesso agli uccelli di penetrare nella terra alla ricerca di quel seme che la terra aveva nascosto sotto le sue ali. “E quella parte che era caduta sui sassi” (Mt 13,20); Dio che è buono manifesta cosí la sua misericordia; quantunque la durezza della terra non fosse stata rotta dal lavoro, nondimeno egli non l`ha privata del suo seme. Questa terra rappresenta coloro che si estraniano dalla dottrina di Nostro Signore, come quei tali che hanno detto: “Quella parola è dura; chi può intenderla?” (Gv 6,60). E come Giuda; infatti egli ha ascoltato la parola del Maestro ed ha messo i fiori per l`azione dei suoi miracoli, ma al momento della tentazione, è divenuto sterile. Il terreno spinoso (cf. Mt 13,22), nonostante il grano ricevuto, ha ceduto la propria forza ai rovi e agli spini. Buttando audacemente il suo seme su una terra ribelle al lavoro altrui, il padrone ha manifestato la sua carità. Nonostante il predominio dei rovi, egli ha sparso a profusione il suo seme sulla terra, perché essa non potesse avere scusanti. (Efrem, Diatessaron, 11, 12-15.17 s.)
SULLA TERRA BUONA
La terra buona e ubertosa (cf. Lc 8,8) è immagine delle anime che agiscono secondo verità, alla maniera di coloro che sono stati chiamati ed hanno abbandonato tutto per seguire Cristo…Nonostante una volontà unanimemente buona che ha ricevuto con gioia il seme dei beni, la terra buona e ubertosa produce in modi diversi, dove «il trenta», dove «il sessanta», dove «il cento»; tutte le parti della terra fanno crescere secondo il proprio potere e nella gioia, alla stregua di coloro che avevano ricevuto “cinque talenti” e ne hanno guadagnati “dieci, ciascuno secondo la sua capacità” (cf. Mt 25,14-30). Colui che rende «il cento» sembra possedere la perfezione dell`elezione; egli ha ricevuto il sigillo di una morte offerta in testimonianza per Dio. Quelli che rendono «il sessanta», sono coloro che sono stati chiamati e che hanno abbandonato il proprio corpo a dolorosi tormenti per il loro Dio, ma non sono arrivati al punto di morire per il loro Signore; tuttavia restano buoni fino alla fine. «Il trenta», è la misura quotidiana della buona terra; sono coloro che sono stati eletti alla vocazione di discepoli e sui quali non si sono levati i tempi della persecuzione; sono tuttavia coronati dalle loro opere buone, proprio come una terra è coronata dal suo frutto, ma non sono stati chiamati al martirio e alla testimonianza della loro fede. (Efrem, Diatessaron, 11, 12-15.17s.)
COSTANZA NELLA SEMINA
Per qual motivo, ditemi, la maggior parte della semente si perde? Non è certo per colpa del seminatore, ma della terra che accoglie i semi, dell`anima cioè che non ascolta. Perché Gesú non dice esplicitamente che i pigri hanno accolto i chicchi seminati, ma li hanno lasciati beccare dagli uccelli, i ricchi li hanno soffocati e coloro che vivono nel lusso e nelle vanità li hanno lasciati seccare? Cristo non vuole colpirli con troppa veemenza, per non gettarli nella disperazione, ma lascia la dimostrazione e l`applicazione alla coscienza dei suoi ascoltatori. E del resto, ciò accade non solo al seme, di cui una parte si perde, ma accadrà poi anche alla rete. La rete infatti prende molti pesci inutili. Gesú senza dubbio narra questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli ed insegnar loro che, quand`anche la maggior parte di coloro che riceveranno la parola divina si perdesse, non devono per questo avvilirsi. La stessa cosa accadde anche al Signore; ma egli, pur prevedendo chiaramente ciò che sarebbe successo, non per questo rinunziò a seminare. Ma come è concepibile – mi direte voi – che si semini sugli spini, sul terreno roccioso e lungo la via? Vi rispondo che la cosa sarebbe assurda, se si trattasse della seminagione terrena che si fa in questo mondo: è invece assai lodevole il fatto, dato che si tratta delle anime e della dottrina divina. Verrebbe certamente ripreso il contadino che disperdesse in questo modo la semente. Il terreno roccioso non può infatti divenire terra buona, né la via può cambiare, e gli spini restano sempre tali. Ma non è cosí nell`ordine spirituale. Le pietre possono mutarsi e diventare terra fertile, la via piú battuta può non esser piú calpestata e aperta a tutti i passanti, ma divenire campo produttivo, e anche le spine possono sparire per lasciar crescere e fruttificare in tutta libertà il grano seminato. Se questi cambiamenti fossero stati impossibili, il Signore non avrebbe seminato. E se in tutti non è avvenuta tale trasformazione, la colpa non è del seminatore, ma di coloro che non hanno voluto cambiar vita. Il seminatore ha compiuto quanto dipendeva da lui; ma se gli uomini non hanno corrisposto alla sua opera, non è responsabile il seminatore che ha testimoniato un cosí grande amore per gli uomini. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 44, 3 s.)
PERCHE SI PERDE TANTO SEME?
Notate ora, vi prego, che la via della perdizione non è una sola, ma varie e ben differenti e lontane l`una dall`altra. E` chiaro che le anime paragonate alla «via» sono i negligenti, i tiepidi, i trascurati. Coloro invece che sono raffigurati nel «terreno roccioso» sono semplicemente i deboli. Dichiara infatti Cristo: “Il seme caduto in suolo roccioso raffigura colui che, udita la parola, subito la riceve con gioia; non avendo però radice in se stesso ed essendo incostante, venuta una qualsiasi tribolazione o persecuzione a cagione della parola, subito ne prende scandalo (Mt 13,20-21). E ancor prima dice: Quando uno ode la parola della verità ma non la intende, viene il maligno e rapisce dal suo cuore ciò che è stato seminato. Costui è simboleggiato nel seme caduto lungo la via” (Mt 13,19). Non è però la stessa cosa trascurare e lasciar perdere l`insegnamento divino, quando nessuno ci molesta o ci perseguita e quando invece ci sovrastano prove e tentazioni; e ancor meno degni di perdono di questi sono coloro che vengono raffigurati nelle «spine». Se vogliamo dunque evitare che qualcosa di simile ci capiti, ricopriamo le parole di Dio con il fervore della nostra anima e con il ricordo incessante della nostra memoria. Se il diavolo si sforza di rapircelo, dipende da noi rendere vani i suoi sforzi. Se il seme si secca, ciò non accade per eccesso di calore – Gesú non dice che è il caldo a produrre questo effetto, ma il fatto di non aver radice. Se poi la parola divina viene soffocata, non è per colpa delle spine, ma piuttosto di coloro che le hanno lasciate crescere. E` possibile infatti, solo che tu voglia, impedire la crescita di questi cattivi germogli e usare, come è giusto e utile, delle ricchezze. Ecco perché il Signore non parla semplicemente del «mondo», ma delle «preoccupazioni di questo mondo» e non accusa genericamente la ricchezza, ma denunzia «la seduzione delle ricchezze». Non accusiamo dunque le cose in sé stesse, ma la nostra corrotta intenzione, la nostra cattiva volontà. (Giovanni Crisostomo, In Matth. 44, 3 s)
LA SEMINA
Il tema centrale della pagina del Vangelo odierno è la semina: il seminatore è Gesù, la semina è la sua predicazione, il seme è la sua parola. Egli passa alla rivelazione pubblica, aperta alla folla. Si serve di parabole: a gente semplice, parole semplici. In tre casi la semina non ha effetto: quando il seme cade nella strada, quando cade su terreno sassoso, quando cade tra le spine. Eppure questa è una parabola di fiducia: la semina alla fine produce un raccolto abbondante. Il Regno di Dio si afferma nonostante le difficoltà che incontra. Non è però una fiducia facilona e superficialmente ottimistica: ci sono difficoltà e ostacoli da superare coraggiosamente. Però nella missione di Gesù domina la fiducia, nonostante tutto: nonostante, cioè l’incredulità dei giudei. (G Nervo)
I SEMINATORI OGGI
Oggi il Signore semina per mano nostra. Sono seminatori i genitori che sono “i primi e principali maestri dei loro figli anche nella fede”. Sono seminatori i sacerdoti: quante prediche, quanti consigli, quanti rapporti nella vita di un sacerdote! Sono seminatori i catechisti e gli insegnanti, dalla scuola materna all’università. Sono seminatori tutti i cristiani attraverso le loro parole e il loro esempio, in tutti gli innumerevoli rapporti di cui è intessuta la loro vita. La semina è sempre un mistero: che cosa nascerà? La parabola ci incoraggia ad aver fiducia. La semina è sempre un rischio: una parte della semente andrà perduta, ma una parte porterà frutto. Dove? Quando? La risposta è nel mistero di Dio e nel cuore umano. A noi tocca seminare, con fiducia, perché il seme è buono, è la parola di Dio. (G. Nervo)
LA PAROLA DI DIO
La parola porta in sé un potenziale di salvezza. Non è solo verità: è forza. Non si accontenta di insegnare: opera in noi. Non ci addita solo dei modelli di azione: opera in noi e ci fa agire. Dalle Scritture “si beve la salvezza”, dice un’antica regola monastica. Questa efficacia si rivela anzitutto a livello cosmico. “Io sono Colui che dice all’oceano: prosciugati. Io inaridisco i fiumi” (Is 44, 27). Ma più vicina a noi si fa questa energia, quando la Parola di Dio afferra un uomo e ne fa il suo strumento. E’ il caso del profeta, che inizia in genere il suo discorso così: “La Parola di Dio si è rivolta a me in questi termini…” Attraverso i Profeti, la Parola entra nell’impasto della storia umana e ne suscita il cammino. Enuncia un piano di salvezza, e nello stesso tempo lo attua. E’ Parola ed evento inseparabilmente. Cristo segna la tappa ultima e definitiva della Parola che in Lui si fa carne. A Cristo non si rivolge la Parola di Dio, perché è Lui la Parola. Il discorso ormai è diretto, senza intermediari. E l’efficacia raggiunge il suo culmine; ha un potere che ridona la vita. “Lazzaro, esci fuori”. Nomina un uomo, e ne fa un apostolo. In un istante rinnova le carni disfatte di un lebbroso e ricostruisce nell’intimo un’esistenza con un parola di perdono. Questa Parola suprema continua a vivere nella Chiesa. Il Vangelo, che la Chiesa proclama, è Parola di Cristo glorificato. E’ perciò viva ed energica e “più tagliente di una spada a doppio taglio”, come dice la lettera agli Ebrei. Basta riflettere che essa è il seme da cui rinascono i figli di Dio: si può immaginare una fecondità maggiore? (M. Magrassi)
GLI OSTACOLI
La Parola può essere messa in scacco. Il seme ha una forza che può anche spaccare le pietre, ma non fruttifica se non trova il terreno adatto. Gli ostacoli sono indicati da Gesù con tre immagini:
1° La dissipazione: quando il cuore è una strada dove tutti passano, un mercato dove tutte le voci si incrociano, allora la sua voce è soffocata: ad essa si oppone il raccoglimento, cioè la capacità di “raccogliere” intorno alla sua figura adorabile e alla sua Parola divina tutte le energie del nostro essere in un ascolto pieno.
2° La superficialità: pochissimo terreno sulla roccia, che non permette sviluppo alle radici. Vi si oppone l’approfondimento. Esso viene anzitutto dalla riflessione: le cose per capirle bisogna pensarle molto. E soprattutto viene dalla preghiera: “preghino per capire”, diceva S. Girolamo. E ancor più preghino per tradurre la Parola in azione.
3° Il disordine affettivo: le preoccupazioni e i piaceri della vita. Sono spine che soffocano tutto; irretiscono il cuore ponendolo in stato di schiavitù, togliendogli libertà, apertura, disponibilità. Ogni slancio allora si arresta, le energie veramente giovani e nuove si spengono. La Parola vuole invece un cuore aperto e generoso in cui entrare per “compiere in noi la sua corsa”. (M. Magrassi)
POTENZA DELLA PAROLA DI DIO
“Hanno la bocca e non parlano” (sal 113). Questa satira degli “idoli muti” sottolinea per contrasto uno dei tratti più caratteristici del Dio vivente. Egli parla agli uomini. si rivela non soltanto nel linguaggio silenzioso della natura e dei segni creaturali, egli “parla” con i suoi interventi storici di salvezza e di misericordia, di richiamo e di castigo. (Messale LDC)
LA PAROLA NELLA CHIESA
Anche ora, come ai tempi di Cristo, è la Parola che convoca e raduna la Chiesa attorno al Padre, ed è nell’approfondimento della Parola che i cristiani prendono coscienza di essere famiglia di Dio, suo nuovo popolo di salvati. E’ ancora l’atteggiamento nei confronti della Parola (di indifferenza, di rifiuto, di trascuratezza o di accoglienza) che definisce la nostra posizione nel Regno di Dio. (Messale LDC)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito, la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola, che continui a seminare nei solchi dell’umanità, perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno. (Colletta 15 perannum A)
•Signore, scenda la tua parola creatrice come pioggia che cade dolcissima o come semente che brilla nel sole prima di essere accolta nei solchi, e l’attesa di ogni cuore sia pari all’amore con cui ti doni.
•Grazie, Padre, per Cristo speranzoso seminatore del seme del regno, malgrado gli ostacoli. Apri, Signore, i nostri cuori alla tua parola, perché non replichiamo l’incolta sterilità della strada, dei sassi e delle spine. Fa di noi, Signore, il campo della tua semina, perché diamo il cento per uno con costanza, spirito di servizio, generosità e conversione continua. (Basilio Caballero)
•Ti chiediamo perdono, Signore, perché siamo stati sordi che non vogliono udire, ciechi che non vogliono vedere e stolti ingannati dalla febbre dell’avere e del godere. Non permettere che il nostro cuore si indurisca come strada battuta, incapace di accogliere il seme. Dacci, Signore, disponibilità ad ascoltare la tua parola e ricettività per capire le tue esigenze di vita. (Basilio Caballero)
•Grazie, Padre, per l’offerta di salvezza del tuo regno, in Cristo che è parabola vivente del tuo amore per l’uomo. Grazie anche perché oggi continui a parlarci e a rivelarci la tua volontà in segni e parabole, attraverso Cristo e la tua Chiesa. Con la forza del tuo Spirito, liberaci, Signore, dalla nostra superficialità, dall’incostanza delle idolatrie, perché la tua parola fruttifichi nel nostro solco. (B Caballero)
•Ti preghiamo, Signore per la tua chiesa: accolga e mediti la tua parola e la diffonda con la predicazione e con la testimonianza della vita.
•Signore Gesù, tu hai detto: “Beati coloro che ascoltano la parola Dio e la mettono in pratica”. Tu la getti in noi come semente di santità. Fa di noi un terreno ben disposto nel quale, lungi dall’essere soffocata dai rovi del male, essa dia frutti al trenta, al sessanta, al cento per cento. (Charles Brethes)
•Ti ringraziamo, Padre, per aver dato agli uomini di tutti i tempi il Cristo tuo Figlio Parola vivente; per aver dato a noi la missione di annunziare il tuo messaggio di gioia e la costruzione del regno. (Da “Pregare in gruppo”)
•Tu, Gesù sei il seme che feconda la mia vita, togli sassi e spine, fatti spazio in questo disordine che sono io, Ho fiducia in te. Tu dai senso a questo mio terreno. (suore dorotee di Cemmo)
•Signore, manda pioggia di Spirito perché il nostro cuore venga imbevuto di vita divina; pioggia di ispirazioni, di benevolenza, di pace, di mitezza; manda neve di assiduità, di coraggio, di forza, di attenzione di ascolto. (suore dorotee)
•Se fossi restio alla tua Parola, Signore, ripeti anche a me. “ Israele, se tu mi ascoltassi! Apri la tua bocca la voglio riempire (Sl 81); e fa che non ti opponga resistenza. (suore dorotee)
•O Padre, la tua parola talora trova ostacolo in noi. Fa che i nostri cuori induriti si aprano ad essa e vivano del tuo Spirito. Aumenta la nostra fede e guidaci alla verità.
•In ogni eucaristia, Gesù, tu vieni seminato in me sempre in modo nuovo. La mensa della tua Parola pone in me un tuo seme da custodire, ascoltare, vivere. So che il Padre non manca di fedeltà nel far piovere sul mio terreno e so che lo Spirito rende sempre più libero questo terreno dai sassi e dalla spine. Ogni domenica tu ti fai assaporare e gustare in modo nuovo: fa che io attinga dall’Eucaristia la forza per vivere quanto mi hai detto ed essere con te pane di vita. (Suore dorotee)
•Io mi sono indurito come roccia; son divenuto simile al sentiero; le spine del mondo m`hanno soffocato, hanno reso infeconda la mia anima. Ma, o Signore, Seminator del bene, la pianta del Verbo fa` in me crescere: perché in uno dei tre io porti frutto: tra il cento (per cento), il sessanta o anche il trenta. (Nerses Snorhalí, Jesus, 468-469)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Purifichiamo il nostro spirito per essere disponibili alla parola d’amore che il Padre ci rivolge in Cristo.