Matteo 22,15-21: 15 In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17 Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
(Bibbia Cei: versione 208)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 22,15-21
Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: E` lecito o no pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l`iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono.
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
All’insegnamento in parabole (Mt 21, 28-22, 14) segue l’insegnamento in dispute; ne sono riferite quattro: del tributo a Cesare (22, 15-22), sulla risurrezione (22, 23-33), sul comandamento più grande (22, 34-40), sul Messia, figlio e Signore di Davide (22,41-47). Nello stesso contesto e nello stesso ordine, le controversie sono riportate da Marco (12, 13-37) e da Luca (20, 20-44), che omette la terza. La prima controversia è sul tributo a Cesare. La discussione è condotta sul tipo della hokma dei rabbini, ossia di una risposta saggia ad un’interrogazione fatta su un tema; tutto è orientato verso la dichiarazione finale di Gesù (v 21).
I FARISEI (15)
Secondo Marco sembra che sia stato il sinedrio ad inviare alcuni ad interrogare Gesù. Matteo nomina solo i Farisei forse perché quando scrive sono i soli che ancora un’entità rilevante.
ERODIANI (16)
Gli Erodiani non erano né un partito, né una setta, ma semplici sostenitore della dinastia di Erode, notoriamente ligia alla dominazione romana. Tra Erodiani e Farisei non c’era amicizia, ma si uniscono contro il nemico comune Gesù.
MAESTRO..VERITIERA (16)
Gli inviati dai Farisei, si rivolgono a Gesù con una lode iniziale (una sorta di “captatio benevolentiae”) dicendo di riconoscergli quelle doti che secondo le regole dell’antica retorica rendevano una risposta credibile e cioè: competenza, influenza sugli ascoltatori (maestro), e qualità etico- morali (sei veritiero, non hai soggezione di nessuno, non guardi in faccia ad alcuno). Ma le troppe lodi fanno dubitare della rettitudine di chi le fa.
E’ LECITO O NO (17)
La questione posta era più scottante di quanto possa oggi sembrare a noi. Ai tempi di Gesù si era consolidato in Giudea il dominio di Roma e l’imposta “pro capite” da pagare in moneta romana ne costituiva il segno tangibile. Ma il fatto non mancava di sollevare perplessità e resistenze; i sadducei collaborazionisti non avevano difficoltà, ma gli zeloti erano decisamente contrari, mentre i farisei pagavano ma con riserve mentali e con dubbi. La questione non era semplicemente politica, ma aveva risvolti religiosi. Il giudeo che pagava il tributo all’imperatore lo riconosceva come Signore d’Israele e in tal modo negava a Dio, cui solo spettava, la posizione di Signore sopra il suo popolo. La questione era posta in modo subdolo. Se Gesù avesse permesso di pagare il tributo avrebbe potuto essere accusato dai farisei, zelanti osservanti della Legge, di essere miscredente, se avesse proibito di pagarlo, gli erodiani filoromani lo avrebbero accusato di slealtà verso Roma.
A CESARE (17)
Cesare era allora l’imperatore Tiberio, che regnava dal 14 dC. La moneta d’argento con cui si pagava il tributo recava sul recto l’effigie della testa dell’imperatore, cinta di una corona d’alloro e, in latino, la scritta “Tiberio Cesare, figlio del divino Augusto, Augusto”; e sul retro il ritratto completo di profilo di Tiberio vestito con la toga, in piedi sul trono, il braccio destro poggiato ad una lancia ritta, con nella mano sinistra una corona d’alloro e con questa scritta: “ Pontefice Massimo”.
CONOSCENDO LA LORO MALIZIA (18)
Gesù smaschera subito gli interroganti e ne rivela le intenzioni: “mi tentate”. “ipocriti”
MOSTRATEMI (18)
Gesù anziché avviare una dotta discussione rispondendo con argomentazioni di principio, passa subito alla fredda realtà quotidiana, facendo mostrare la moneta, che gli interroganti avevano nella borsa (gli presentarono) e usavano per pagare il tributo, e di cui Lui non dispone.
DI CESARE (21)
La moneta oltre che un valore commerciale aveva anche un carattere di segno del dominio, allora molto sentito. Dove le monete dell’imperatore hanno valore legale, là egli domina; il potere di un dominatore veniva addirittura indicato dai rabbini come la sua “moneta”. La moneta romana, già con la sola scritta, che Gesù fa leggere ai suoi avversari, ricordava continuamente agli ebrei l’odiata dominazione romana e costituiva un’offesa al loro sentimento religioso, anche perché andava contro il comandamento che proibiva di farsi immagini.
RENDETE (21)
Logica e comprensibile è la risposta di Gesù. Bisogna dare all’imperatore quel che è suo e a Dio quello che è suo. Ma in realtà è molto ambigua. L’immagine e la scritta dimostrano che la moneta del tributo è proprietà dell’imperatore ed è segno del suo dominio; bisogna restituirgliela. Non dice però che cosa è di Dio, che cosa ha la sua immagine. Secondo la Bibbia tutta la creazione è opera di Dio e porta la sua orma e la sua scritta e la sua immagine e similitudine è l’uomo. Tutto quindi è proprietà di Dio, creazione e uomo sono segni del suo dominio, anche l’imperatore e il suo dominio, che non possono sottrarsi alla sfera della sua influenza.
RIMASERO STUPITI… SE NE ANDARONO (22)
La disputa termina con una notazione di Matteo, non compresa nella nostra pericope liturgica: “A queste parole rimasero sorpresi e lasciatolo se ne andarono”. Questo stupore è più della meraviglia, è lo stupore dell’uomo, quando incontra la verità di Dio, la verità della rivelazione. Tuttavia Matteo nota che essi si allontanano da Gesù; non dice la verità di Dio sia diventata la loro verità.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
IL TRIBUTO A CESARE
Se anche tu non vuoi esser tributario di Cesare, non possedere le proprietà del mondo. Però hai le ricchezze: e allora sei tributario di Cesare. Se non vuoi esser assolutamente debitore del re della terra, abbandona ogni tua cosa e segui Cristo. E giustamente Egli ordina di dare prima a Cesare ciò che è di Cesare, perché nessuno può appartenere al Signore, se prima non ha rinunziato al mondo. Tutti, certo, rinunziamo a parole, ma non rinunziamo col cuore; infatti, quando riceviamo i sacramenti, facciamo la rinunzia. Che pesante responsabilità è promettere a Dio, e poi non soddisfare il debito! “E` meglio non fare voti”, sta scritto, “piuttosto che farne e non mantenerli” (Qo 5,4). L`obbligo della fede è piú forte di quello pecuniario. (Ambrogio, Exp. Ev. sec. Luc. 9, 34-36)
ADORAZIONE A DIO
Onorerò l`imperatore: non lo adorerò, ma per lui pregherò. Solo il Dio reale, il Dio vero adorerò, sapendo che da lui l`imperatore è stato fatto. Certo mi chiederai: perché non adori l`imperatore? Perché non è stato fatto per essere adorato, ma per essere onorato con l`ossequio delle leggi: non è infatti un Dio, ma un uomo costituito da Dio non ad essere adorato, ma a fungere da giusto giudice. In un certo senso gli è stata affidata da Dio l`amministrazione; ed egli stesso non vuole che chi a lui è subordinato si chiami imperatore: imperatore è il nome suo e a nessun altro è lecito chiamarsi cosí. Egualmente anche l`adorazione è unicamente di Dio. Dunque, o uomo, sei davvero in errore: onora l`imperatore amandolo, ubbidendogli, pregando per lui: facendo cosí, farai il volere di Dio. Dice infatti la legge divina: “O figlio, onora Dio e l`imperatore, e non essere disubbidiente né all`uno né all`altro. Subito infatti puniscono i loro nemici” (Pr 24,21s). (Teofilo di Antiochia, Ad Auct. 1, 11) Noi ci sforziamo d`essere i primi a pagare tasse e tributi ai vostri funzionari, dovunque; e cosí da lui ci fu insegnato. In quel tempo, difatti, presentatisi a lui certuni, gli domandarono se si dovessero i tributi a Cesare. Egli rispose “Ditemi: di chi reca l`immagine la moneta?” Quelli risposero: “Di Cesare”. Ed egli: “Date dunque a Cesare ciò ch`è di Cesare; a Dio ciò ch`è di Dio” (Mt 22,21). Perciò l`adorazione la prestiamo a Dio solo; quanto al resto di buon grado serviamo voi, riconoscendovi imperatori e capi degli uomini, e pregando Dio che accanto all`autorità imperiale si riscontri in voi anche un sano discernimento. Che se, pur pregando per voi e mettendo ogni cosa alla luce, ci disprezzerete, sappiate che non saremo noi a riportarne danno, dacché crediamo, anzi siamo convinti, che ciascuno sconterà la pena del fuoco eterno secondo le azioni e renderà conto in proporzione delle facoltà ricevute da Dio, secondo il monito di Cristo: “Da colui al quale Dio piú diede, piú anche si esigerà” (Lc 12,48). (Giustino, I Apol. 17)
AUTONOMIA
La chiesa in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico… La comunità politica e la chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo di tempo. (Guadium et Spes 76)
MISSIONE DELLA CHIESA
La missione della chiesa è di ordine religioso. Cristo pone se stesso e la sua chiesa a servizio del Regno di Dio: la preoccupazione primaria deve essere quella di “ rendere a Dio quello che è di Dio”. La missione di Cristo e della sua Chiesa è specificatamente religiosa: non si pone quindi direttamente sul piano politico-economico-sociale. In questo senso la Gaudium et Spes dice: ”La missione propria, che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, non è di ordine politico, economico e sociale: il fine, infatti che le ha prefisso è di ordine religioso” Nella nota lo stesso Concilio riporta un’affermazione di Pio XII: “ Il suo Fondatore, Gesù Cristo, non ha affidato (alla Chiesa) alcun mandato né le ha fissato alcun fine di ordine culturale. Il fine che Cristo le ha assegnato è strettamente religioso…. La Chiesa deve condurre gli uomini a Dio, affinché si dedichino a lui senza riserve… La Chiesa non può mai perdere di vista questo fine strettamente religioso, soprannaturale. Il senso di tutte le sue attività non può essere che quello di condurre ad esso direttamente o indirettamente”. La Lumen Gentium dice che la missione propria della Chiesa è di “essere in Cristo come sacramento, o segno e strumento, dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. La missione di Cristo e della Chiesa e di svelare e insieme “ realizzare il mistero dell’amore di Dio verso l’uomo” (GS 45): partecipare cioè agli uomini la vita di Dio e liberarli dalla schiavitù del peccato. Cristo ha sempre rifiutato la possibilità di collocare la sua missione direttamente sul piano politico: anche l’episodio riferitoci dal brano evangelico odierno ne è la testimonianza. Per questo Cristo ha sempre rivendicato che Dio ha mandato nel mondo suo Figlio perché gli uomini abbiano la vita di Dio. (Cf Gv 10, 10) (Duilio Bonifazi)
CHIESA E VITA POLITICA
Rapporto tra missione della Chiesa e vita politica. Gesù, mentre rivendica l’esigenza di dare “ a Dio quello che è di Dio”, stabilisce e riconosce l’esigenza di “dare a Cesare quello che è di Cesare”. Ciò significa che Gesù, alla luce della sua missione salvifica religiosa, costituisce e riconosce una sfera legittima della vita politica e delle istituzioni politiche, stabilendo un corretto rapporto tra dimensione religiosa e dimensione politica dell’agire umano. Nel piano di Dio hanno rilevanza sia la dimensione religiosa sia la dimensione economico-sociale-politica dell’agire umano e del divenire storico. L’uomo vive nella storia e realizza se stesso attraverso le dinamiche economiche-sociali-politiche, costituendo specifiche istituzioni in questi settori: nel piano di Dio ad esse spetta la competenza di programmare e gestire l’economia, la socialità, la politica, la cultura. La Chiesa non si identifica con le istituzioni politiche, economiche, sociali; non ne assorbe le competenze; non si contrappone ad esse nel settore loro proprio, ma ne riconosce e rispetta la specifica valenza e la legittima autonomia: Date a Cesare quello che è di Cesare. (Duilio Bonifazi)
A CESARE… A DIO
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare” non è detto solo in vista del più importante” rendete a Dio quello che è di Dio”, quasi per rilevare che Cesare è molto meno importante, quindi gli si può (anzi gli si deve) dare minore rilievo. No, è una prima affermazione assoluta: a Cesare, cioè al mondo umano, alle sue leggi, ai suoi poteri, vanno dati l’impegno e il rispetto loro dovuti. La serietà professionale e la partecipazione attiva alla vita sociale non sono facoltativi, riscattabili con un maggior impegno nella vita spirituale, religiosa: a Cesare va dato tutto quello che è di Cesare …. Dio non è un’alternativa a Cesare. Dunque Cesare non può essere un’alternativa a Dio. Dio è uno spazio più ampio, più profondo, entro cui è incluso Cesare. Il che vuol dire, che, mentre ci si impegna, doverosamente e diligentemente, negli aspetti tecnici e immediati della vita e dell’operosità individuale e sociale, bisogna costantemente illuminarli e orientarli con i valori umani di cui Dio è sorgente e garanzia. Così non si potrà per il “Cesare” dell’economia, calpestare i diritti dell’uomo alla vita, al lavoro, alla dignità umana. Non si potrà con il pretesto del “Cesare” della scienza, fare esperimenti medici mortali, non si può per il “Cesare” del dominio e del successo, affamare altri uomini. E anche nella vita personale il Dio della verità, dell’onestà, della solidarietà dovrà guidarci nell’assolvere le tante prospettive aperta da “Cesare”.(Luigi Bettazzi)
SENTENZA SPESSO MALE INTERPRETATA
Poche sentenze del Vangelo hanno avuto la fortuna di quella che conclude il Vangelo odierno: “Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. E poche, come questa hanno anche avuto la sfortuna di essere male interpretate per giustificare interessi molto ristretti e puramente umani, siano essi di parte politica o anche semplicemente religiosa. Nell’asserzione di Gesù citata, qualcuno ha poi voluto leggere la dottrina delle due sfere di influenza e di potere: il “politico” e il “religioso”. Certo Gesù non nega questa duplice dimensione dell’uomo, ma ha voluto soprattutto dire che il “politico” deve essere aperto al “religioso”: il che è qualcosa di più! Perciò l’ultimo non è Cesare, ma Dio. E qualora Cesare mi impedisse di riconoscere Dio come ultimo, allora sarei obbligato a disobbedirgli, addirittura a ribellarmi. D’altra parte, il riconoscere Dio come “ultimo”, non significa per niente svilire o compromettere i doveri verso Cesare: se mai dà una maggiore fondatezza. Infatti l’ordinamento “politico”, in quanto servizio reso all’uomo e alla società degli uomini, rientra nel piano di creazione voluto da Dio. Perciò, rispettando quegli ordinamenti, il cristiano rende ossequio, oltre che a Cesare, a Dio stesso. (S. Cipriani)
CHIAREZZA DI GESU
Gli avversari di Gesù hanno voluto tendergli un’insidia, costringendolo a scegliere tra una risposta collaborazionista con i Romani usurpatori e una presa di posizione antiromana. Ma egli sfugge al rigore del dilemma, scendendo dalla sfera del diritto ai dati di fatto. Al proposito Gesù è molto chiaro. I Giudei usano le monete romane, riconoscendo di fatto la dominazione straniera. Il pagamento dell’imposta è la logica conseguenza. Si paghi pure l’imposta all’imperatore, ma solo a Dio sia tributata l’adesione totale ed esclusiva delle persone; non c’è infatti altro Signore. Piegare le ginocchia davanti a Dio significa logicamente rifiutare di piegarle davanti agli uomini. Riconoscere Lui come Signore comporta la negazione di ogni pretesa signoria umana sulle persone. I signori di questo mondo si trovano i troni rovesciati, e i loro schiavi possono alzare la testa da uomini liberi, chiamati a decidere personalmente della loro vita. (G. Barbaglio)
RELIGIONE E POLITICA
Il cristiano è cittadino di due patrie: la terra e il cielo, il mondo degli uomini e quello di Dio, la società civile e la comunità di fede. Il cristiano deve avere la lealtà civica verso lo Stato (Cesare), ma soprattutto fedeltà a Dio, che solo può domandare l’impegno totale della persona. Gesù indica che, sul terreno loro proprio, comunità religiosa e comunità politica sono indipendenti l’una dall’altra e autonome….. Egli ha manifestato la sua libertà sovrana di Figlio di Dio, ma insieme si è inserito pienamente nel suo tempo e nel suo popolo. Ha insegnato ai suoi seguaci a vivere pienamente la loro condizione di cittadini. Religione e politica sono entrambe al servizio degli stessi uomini e delle loro vocazioni. Non possono dunque ignorarsi, ne avere binari paralleli che non s’incontrano mai. S’impone una sana cooperazione. Storia sacra e storia profana non sono due sfere separate. Non si giustifica uno stato laico che ignora la Chiesa, né una Chiesa chiusa in se stessa come in un fortilizio. (M. Magrassi)
RESPONSABILITA DEL CREDENTE
Il Cristiano non può dimenticare la sua fede nel momento in cui si impegna sul piano civile e politico: nella scuola, nella cultura, nei partiti, nel sindacato, nello sport. La sua coscienza diventa il luogo di un’originale sintesi tra la fede e l’impegno per l’uomo. Non si può avere una doppia persona, una per il cielo e l’altra per la terra, una per i giorni feriali e l’altra per i giorni di festa. Per rivolgerci a Dio non possiamo voltare le spalle all’uomo e alla società: quell’uomo per cui Cristo ha sparso il suo sangue. Diceva D. Orione: “Servire negli uomini il Figlio di Dio”. La fede cristiana se è veramente vissuta, aiuta il credente ad assumere la propria responsabilità sia all’interno della Chiesa, che all’interno della società. Una fede che spingesse al disimpegno nei confronti dei problemi dell’uomo non sarebbe autentica… Nella sintesi tra fede e impegno bisogna tuttavia guardarsi da due scogli: quello di politicizzare la fede, riducendo la missione della Chiesa all’ambito temporale e quello dell’integralismo, che battezza una politica identificandola con la fede. (M. Magrassi)
IL CRISTIANO NEL MONDO
L’uomo moderno ha la profonda convinzione di avere un compito storico, che implica un reale dominio sull’universo. Il fine è questo: la promozione della comunità umana nel seno di una “città” sempre più fraterna. La fede cristiana, vissuta integralmente, aiuta il credente ad assumere le proprie responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi che si impongono alla coscienza moderna. Gli appelli del mondo moderno trovano una eco sempre più profonda in vasti strati del popolo cristiano, e non sono scarsi i cristiani coerenti che si assumono i ruoli della promozione, della liberazione e della costruzione di una città terrena più giusta ed umana. (Messalino LDC)
LA COSTRUZIONE DELLA CITTÀ’ TERRENA
Rimane una domanda: la costruzione della città terrena è un compito importante, ma non è essa caduca? Costruendo la città degli uomini si contribuisce o no all’edificazione del Regno di Dio? Non sono due regni diversi? La speranza cristiana, certo, non si compie pienamente se non nel mondo futuro. Tuttavia essa mostra fin d’ora la sua efficacia: è una forza immensa nel mondo, è un fermento che lo fa lievitare, è un sale che dà senso e sapore allo sforzo umano di liberazione, all’impegno temporale. Non è alienazione, non è alibi. Non esistono due speranze: una terrena e l’altra celeste, la speranza è una sola: guarda alla realtà futura, ma, attraverso l’impegno cristiano, l’anticipa nella realtà terrestre. (Messalino LDC)
DUALISMO DI CHIESA E STATO
Il dualismo è la condizione previa delle libertà e presuppone a sua volta la logica cristiana. Dal punto di vista pratico, ciò sta a significare: solo lì dove è preservato il dualismo di Chiesa e Stato, di istanza sacrale e politica, vi è la condizione fondamentale per la libertà. Dove la Chiesa diviene essa stessa Stato, la libertà va perduta. Ma anche là dove la Chiesa va soppressa come istanza pubblica e pubblicamente rilevante, viene a cadere la libertà, perché lì lo Stato reclama di nuovo per sé la fondazione dell’etica, nel mondo profano postcristiano, lo Stato avanza questa istanza non nella forma di autorità sacrale ma come autorità ideologica, cioè lo Stato si fa partito, e dato che non gli si può contrapporre nessun’altra istanza con un suo proprio ruolo esso stesso diviene nuovamente totalitario. Lo stato ideologico e totalitario. (Cardinale Ratzinger)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Padre, a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini; fa che nessuno di noi abusi del suo potere, ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo spirito e la parola del tuo Figlio, e che l’umanità intera riconosce te solo come unico Dio. (Colletta 29 perannum A)
•Donaci, Padre, nel nostro vivere e nella società, lo stile di Cristo, che ha manifestato la sua libertà sovrana di Figlio tuo, ma si è anche pienamente inserito nel suo tempo e nel suo popolo.
•Donaci, Signore, un cuore limpido e semplice perché mentre riconosciamo il valore della politica, ne riconosciamo anche i limiti e mentre proclamiamo la tua regalità sappiamo incontrarti anche nel volto del fratello e offrire la testimonianza del nostro amore.
•Signore, attraverso gli eventi del tempo, tu costruisci il tuo regno e vuoi anche noi associati a questa tua opera. Insegnaci a dare a ciascuno ciò che gli è dovuto: alla società comprensione e coscienza professionale, alla famiglia dedizione e affetto, e soprattutto lode, adorazione e amore a te, Dio Padre nostro. (C. Berthes)
•Noi sappiamo che tu, Gesù, non hai avuto alcuna tenerezza per tutti i cesari della terra, poiché “ i capi di queste nazioni signoreggiano e spadroneggiano e poi si fanno chiamare persino benefattori…” e sia libera anche la tua chiesa da ogni cupidigia di possessi e di potere, altrimenti non sarà mai una chiesa di fratelli. (D. Maria Turoldo)
•Fa, Signore, che siamo convinti che sei il Signore della storia e che sai far concorrere tutti gli avvenimenti, lieti e tristi, al bene dell’umanità.
•Donaci, Padre, la capacità di assumerci le nostre responsabilità di cittadini e che ci sforziamo di rendere la società più giusta, più fraterna, più umana.
•O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu sai che noi ci dividiamo intorno al denaro e al potere sino a combatterci come avversari; donaci di accoglierci e amarci come fratelli e di comporre nella giustizia e nella pace i nostri conflitti, seguendo Gesù nostro Maestro e Signore.
•Ti preghiamo, Signore, per gli uomini di stato, perché, rifiutando ogni desiderio di gloria e di interesse personale, abbiano la sola preoccupazione di migliorare le condizioni di vita dei loro sudditi. (C. Berthes)
•Per tutti i credenti, ti preghiamo, Signore: ci tengano ad essere buoni cristiani, e contribuiscano con il loro interessamento alla cosa pubblica ad instaurare un sistema sociale fondato sulla giustizia e sulla pace. / Bertrhes)
•La nostra Eucaristia, Signore ci aiuti a rendere a Te quello che è tuo e a darti la riconoscenza a e la lode per i tuoi doni. (D. Pezzini)
•Dona concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terra come la desti ai padri nostri quando ti invocavano santamente nella fede e nella verità (cf. 1Tm 2,7). Rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virtù e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra. Tu, Signore, desti loro il potere della regalità per la tua magnifica e ineffabile forza perché noi conoscendo la gloria e l`onore loro dati ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volontà. Dona ad essi, Signore, sanità, pace, concordia e costanza per esercitare al sicuro la sovranità data da te. Tu, Signore, re celeste dei secoli concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Signore, porta a buon fine il loro volere secondo ciò che è buono e gradito alla tua presenza per esercitare con pietà nella pace e nella dolcezza il potere che tu hai loro dato e ti trovino misericordioso. Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri piú grandi per noi ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Gesú Cristo per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli. Amen. (Clemente di Roma, Ad Corinth. 60, 4 – 61, 3)
•O Vergine, O Signora, O Tuttasanta, che bei nomi ti serba ogni loquela! Più di un popol superbo esser si vanta in tua gentil tutela. Te quando sorge e quando cade il die, e quando il sole a mezzo corso il parte, saluta il bronzo che le turbe pie invita ad onorarte. Nella paura della veglia bruna, Te noma il fanciulletto; a te tremante quando ingrossa ruggente la fortuna, ricorre il navigante…. Deh! Alfin con noi invocate il suo gran nome, salve, dicendo, o degli afflitti scampo: inclita come il sol, terribil come oste schierata in campo. (Dall’ode a Maria di Alessandro Manzoni)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Mentre diamo al mondo umano, alle sue leggi e ai suoi poteri il rispetto dovuto, illuminiamo e orientiamo tutto con i valori di cui Dio è sorgente e garanzia.