Marco 9, 30-37: 30 In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: « II Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33 Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Marco 9, 30-37
In quel tempo Gesù e i discepoli attraversarono la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell`uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l`ultimo di tutti e il servo di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Il capitolo 9 di Marco inizia con la trasfigurazione su un monte alto (9, 2-10), prosegue con la liberazione di un ragazzo dallo spirito maligno (9, 14-29) e il secondo annunzio della passione (9, 30-34) e termina con alcuni insegnamenti di Gesù per la vita quotidiana della Chiesa (9, 35-50).
Il brano scelto per la liturgia della 25 domenica contiene il secondo annunzio che Gesù fa della sua passione mentre i discepoli restano nell’incomprensione e sono piuttosto preoccupati dei posti che avranno nel Regno.
ATTRAVERSAVANO LA GALILEA (30)
Gesù parte da Cesarea di Filippo dove Pietro lo riconosce come Messia (8, 27), si trasfigura sul Tabor (9, 2- 10), poi percorre la Galilea avviandosi verso Gerusalemme. A differenza di Giovanni che parla di vari viaggi di Gesù a Gerusalemme, i Sinottici ricordano una sua sola andata.
NON VOLEVA (30)
Gesù considera terminata la sua missione pubblica e ora che il tempo stringe intende dedicarsi alla formazione dei discepoli, (“istruiva infatti i suoi discepoli”) e a prepararli alla realtà dolorosa della sua morte.
ESSER CONSEGNATO (31)
E’ la seconda predizione della passione, con la precisazione che essa è imminente (“sta per esser consegnato”).”Esser consegnato e cadere nelle mani degli uomini” era un’espressione biblica che indicava una prova tremenda. Certamente Gesù sarà consegnato da Giuda ai suoi nemici, dai sommi sacerdoti a Pilato, da Pilato ai carnefici, ma Marco forse fa cenno al fatto che è il Padre che lo consegna nel suo piano di amore: “ Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi” (Rm 8, 37)
NON COMPRENDEVANO (32)
Marco dopo ogni annunzio della passione fa rilevare questa incapacità a comprendere (8, 31-33; 10, 32-34..). Gli apostoli come gli ebrei di quel tempo immaginano un Messia glorioso. Essi sono dominati da un crescente timore di pensare all’annunzio di morte che Gesù fa e di accettarlo (vedi anche Mc 10, 32).
A CAFARNAO (33)
Nel cammino verso Gerusalemme Gesù e i suoi passano per Cafarnao, che qui è citata quasi marginalmente. La casa può essere quella di Pietro (2, 1; 3, 20). Segue fino al versetto 50 un insegnamento particolare ai suoi.
PER LA VIA (33)
La strada, citata anche al versetto 34, è quella che i discepoli fanno dietro a Gesù che sta andando verso Gerusalemme. In seguito anche Bartimeo seguirà Gesù “nel viaggio” verso la croce. (10, 52)
AVEVANO DISCUSSO (34)
L’argomento di chi fosse il più grande veniva allora spesso posto a mensa, in sinagoga, nelle riunioni e gli apostoli se lo pongono con tutta serietà. Alla domanda di Gesù non vogliono rispondere perché evidentemente si rendono conto che le loro preoccupazioni sono in contrasto con l’insegnamento di Gesù.
SEDUTOSI (35)
Gesù prende la posizione del maestro (vedi anche 4, 1 3 13, 3) e dà inizio ad un insegnamento magisteriale, rivolto non alla folla ma ai “dodici”.
IL PRIMO (35)
Gesù capovolge l’ordinaria gerarchia dei valori e ripone la vera grandezza dell’uomo non nel comando ma nel servizio. Anche in questo Egli è il vero modello: “spogliò se stesso assumendo la condizione di servo” (Filippesi, 2, 6-7).
UN BAMBINO (36)
Per la sua piccolezza, la sua situazione di dipendenza, il bambino è il tipo stesso del povero. Per questa “piccolezza”, e non per l’innocenza, Gesù lo presenta come modello del vero discepolo e come simbolo per sottolineare che i discepoli sono chiamati a svolgere con umiltà la loro missione.
CHI ACCOGLIE (37)
Il senso di questo nuovo insegnamento è discusso, anche perché non pare abbia collegamento con quanto detto prima. Qui probabilmente il bambino è simbolo di chi non ha protezione ed è bisognoso di aiuto altrui e, “accogliere” significa prendersi cura del più bisognoso per proteggerlo e aiutarlo, come se si trattasse di Cristo stesso. La formula “nel mio nome” in Matteo 10, 40 si riferisce all’accoglienza da riservare agli Apostoli, rappresentanti di Cristo.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
I DISCEPOLI NON COMPRENDONO
“Essi però non comprendevano quel discorso e temevano di interrogarlo” (Mc 9,32). Questa ignoranza dei discepoli non nasce tanto dalla limitatezza del loro intelletto, quanto dall`amore che essi nutrivano per il Salvatore, questi uomini ancora carnali e ignari del mistero della croce, non avevano la forza di accettare che colui che essi avevano riconosciuto essere vero Dio tra poco sarebbe morto. Ed essendo abituati a sentirlo parlare per parabole, poiché inorridivano alla sola idea della sua morte, tentavano di dare un significato figurato anche a quanto egli diceva apertamente a proposito della sua cattura e della sua passione. (Beda il Vener., In Evang. Marc., 3, 9, 28-37)
IL SIGNORE RETTIFICA I DESIDERI DI GLORIA
«Il Signore, vedendo i discepoli pensierosi, cerca di rettificare il loro desiderio di gloria col freno dell`umiltà, e fa loro intendere che non si deve ricercare di essere i primi, cosí dapprima li esorta col semplice comandamento dell`umiltà, e li ammaestra subito dopo con l`esempio dell`innocenza del fanciullo. Dicendo infatti: “Chiunque riceverà uno di questi fanciulli nel nome mio, riceve me”, o mostra semplicemente che i poveri di Cristo debbono essere ricevuti da coloro che vogliono essere piú grandi per rendere cosí un atto d`onore al Signore, oppure li esorta, a motivo della loro malizia, ad essere anche essi come i fanciulli, cioè, come fanno i fanciulli nella loro età, a conservare la semplicità senza arroganza, la carità senza invidia, e la devozione senza ira» (Girolamo). Prendendo poi in braccio il fanciullo, fa intendere che sono degni del suo abbraccio e del suo amore gli umili, e che, quando essi avranno messo in pratica il suo comandamento: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29), solo allora potranno giustamente gloriarsene e dire: “La sua mano sinistra è sotto la mia testa e la sua destra mi abbraccerà” (Ct 2,6). E dopo aver detto: «Chiunque di voi riceverà uno di questi fanciulli», giustamente aggiunge: «nel mio nome», in modo che anch`essi sappiano di poter raggiungere, nel nome di Cristo e con l`aiuto della ragione, quello splendore della virtù che il fanciullo possiede per natura. Ma poiché egli insegnava ad accogliere se stesso nei fanciulli come si accoglie il capo accogliendo le membra, affinché i discepoli non avessero a fermarsi solo all`apparenza, aggiunge:…«E chiunque riceve me, non riceve me, ma Colui che mi ha mandato»,volendo cosí convincere gli astanti che egli era tale e quale il Padre. (Beda il Vener., In Evang. Marc., 3, 9, 28-37)
VITTORIA INIZIATA DALL’UMILTA
Tutta la vittoria del Salvatore, vittoria che ha soggiogato il demonio e il mondo -, è iniziata dall`umiltà ed è stata consumata nell`umiltà. Egli ha inaugurato nella persecuzione i suoi giorni predestinati, e nella persecuzione li ha portati a termine; al bambino non è mancata la sofferenza, e a colui che era chiamato a soffrire non è mancata la dolcezza dell`infanzia; infatti, il Figlio unico di Dio ha accettato, con un unico atto di abbassamento della sua maestà, tanto di nascere volontariamente come uomo che di poter essere ucciso dagli uomini……Un giorno che i suoi discepoli disputavano, come dice l`evangelista, per stabilire “chi, tra di loro dovesse essere il più grande nel regno dei cieli, egli chiamò a sé un bambino e postolo in mezzo a loro, disse: In verità, in verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi dunque si farà piccolo come questo bambino, sarà il piú grande nel regno dei cieli” (Mt 18,1-4). Cristo ama l`infanzia che egli ha dapprima vissuto sia nell`anima che nel corpo. Cristo ama l`infanzia, maestra di umiltà, regola di innocenza, modello di dolcezza. Cristo ama l`infanzia e verso di lei orienta il modo di agire degli adulti; verso di lei riconduce gli anziani; egli attrae al suo esempio personale coloro che egli innalza al regno eterno. (Leone Magno, Sermo VII, in Epiphan., 2-4)
SPIRITO DELL’INFANZIA
Se però vogliamo divenire capaci di capire come sia possibile pervenire ad una conversione cosí mirabile, e per quali trasformazioni si debba ritornare allo stato di infanzia, lasciamo che sia san Paolo ad istruirci, con le parole: “Non siate come bambini nel modo di giudicare, siate invece bambini in fatto di malizia” (1Cor 14,20). Non si tratta perciò per noi di ritornare ai giochi dell`infanzia, né alle goffaggini degli inizi, bensí di riprendere da essa una cosa che si addice benissimo anche agli anni della maturità, cioè che svaniscano senza indugi le nostre agitazioni interiori e che ritroviamo rapidamente la pace, che non serbiamo alcun ricordo delle offese; non siamo minimamente avidi di dignità; che amiamo stare insieme, serbando una uguaglianza secondo natura. E` un gran bene, infatti, non saper nuocere e non avere il gusto del male; infatti, far torto e restituire il torto, costituisce la sapienza di questo mondo; al contrario, non ricambiare a nessuno male per male (cf. Rm 12,17), è quello spirito d`infanzia, pieno di uguaglianza, proprio di un`anima cristiana. (Leone Magno, Sermo VII, in Epiphan., 2-4)
ATTENZIONE SOLO AL PADRE
Sono davvero dei bambini coloro che riconoscono Dio come unico Padre, semplici, piccolini, puri…Nei confronti di coloro che sono progrediti nel Logos, (il Signore) ha fatto una simile dichiarazione; ordina loro di disprezzare i fastidi di quaggiú e di fissare l`attenzione solamente sul Padre, imitando i bambini. Ecco perché dice loro subito dopo: “Non datevi pensiero per il domani, perché ad ogni giorno basta il suo affanno” (Mt 6,34). Egli intende prescrivere in tal modo di deporre le preoccupazioni di questa vita per affezionarsi al Padre solamente. E chi mette in pratica questo precetto è realmente un piccolino e un bambino, ad un tempo per Dio e per il mondo: questo lo considera nell`errore; quegli lo ama. Ma poiché, come dice la Scrittura, vi è un solo maestro, che è nei cieli (cf. Mt 23,8), in accordo con ciò si potrà dire con ragione che tutti gli abitanti della terra sono suoi discepoli. E tale è in effetti la verità: la perfezione appartiene al Signore, che non cessa di insegnare, fintanto che noi conserviamo il carattere di bambini e di piccolini e non cessiamo di apprendere. (Clemente di Ales., Paedagogus, V, 16, 1 – 17, 3)
RIVALITA’ UMANA
Gesù sa bene di vivere in un mondo ingiusto e violento. Egli, a un certo punto della sua vita, vide profilarsi la possibilità concreta di essere ucciso e lo disse: «II Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno». I suoi discepoli non capirono, perché anch’essi immersi nel mondo della violenza. Soltanto lo sguardo lucido e puro di Gesù sapeva scorgere l’orrenda ondata di violenza che si abbatte di continuo sull’umanità. Che i discepoli non siano liberi dalla violenza, lo mostra la loro discussione su chi fosse il più grande. La molla di quella discussione è, come direbbe Girard, il «desiderio mimetico», la rivalità umana per cui uno cerca di essere migliore dell’altro, di mostrarsi a lui superiore e di dominarlo. Di qui nascono le gelosie, le diffidenze, le ostilità, insomma: la violenza. (A. Bonora)
TUTTI SERVI NELLA CHIESA
Gesù va alla radice della violenza quando afferma: «Se uno vuoi essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». Nella Chiesa non ci sono i «primi» e gli «ultimi». Tutti sono servi, c’è un solo Signore. Gesù abolisce la stratificazione in classi sociali, afferma che la Chiesa deve essere una comunità fraterna, dove la «competizione» unicamente ammessa è quella nel servire gli uni agli altri. Ricordiamo l’episodio in cui i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, chiedono a Gesù dei ruoli di prestigio e di potere nel suo regno: uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Ma Gesù risponde: «Chi vuoi essere grande fra voi, sia vostro servitore» (Mc 10,42-44). Gesù rifiuta di pensare alla sua Chiesa come a una realtà strutturata alla maniera in cui si organizza uno Stato. Egli dà se stesso come esempio: «Anche il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, bensì per servire e dare la sua vita in riscatto per molti»(Me 10,45). Il «potere» di Gesù è il potere della dedizione di sé fino alla morte, è il potere del servizio disinteressato, dell’amore autentico. Sfuggire al regno della violenza è entrare nel Regno di Dio, cioè ne regno dell’amore che Gesù ha inaugurato e reso possibile per noi. Per entrarvi occorre rinunciare all’idea di rivalità, di potenza, di dominio e anche di ricompensa. (riflessioni di Antonio Bonora)
LOGICA DEL SERVIZIO
Inizia l’ultimo viaggio dalla lontana Galilea verso Gerusalemme. Gesù approfitta per spiegare che lo attende il compimento doloroso della sua missione. I discepoli, racconta Marco, «non comprendevano». Forse sarebbe più preciso dire: non volevano capire; rifiutavano di accettare il progetto di Gesù. Gesù presentava la logica dell’obbedienza al disegno del Padre, la logica del servizio; essi litigavano secondo la logica del potere. Così rifiutano di chiedere spiegazioni sulle parole del maestro e si ammutoliscono di fronte alle sue domande. (Giovanni Nervo)
SERVIZIO PRATICABILE A TUTTI
La legge del servizio viene presentata come vincolante per tutti e condizione di salvezza: va capita perciò, per essere correttamente praticata. Per servire realmente non basta fare qualcosa per gli altri; è necessario fare ciò che gli altri ci chiedono o, comunque, ciò di cui hanno oggettivamente bisogno. Il punto di partenza non sono i nostri progetti, ma il bisogno degli altri. Tante persone con posti di responsabilità – in politica, nel commercio, nel volontariato, nei servizi pubblici… – dichiarano o si illudono di fare un servizio; ma i destinatari del loro impegno non se ne accorgono nemmeno o peggio hanno l’impressione che questi “servitori” servano solo se stessi e i loro interessi. Non è questo il servizio del regno. La legge del servizio, obbligatoria per tutti, dev’essere praticabile da tutti. Tutti devono poter servire, non solo chi è sano, efficiente, molto dotato. Anche il bambino abortito, l’handicappato, l’ammalato, l’anziano non autosufficiente… solo con il loro esistere fanno un servizio: aiutano a incontrarsi con Dio, a salvarsi operando il bene. (Giuseppe Pasini)
PREGHIERA (pregare la parola)
•O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del tuo regno; donaci la sapienza che viene dall’altro, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve. (Colletta 25 peranum B)
•Ma ecco, in Cristo Gesù, vero «servo sofferente», noi contempliamo come onori, esalti e innalzi chi sa soffrire per amore suo e dei fratelli Chi avrebbe potuto credere alla tua rivelazione vedendo il tuo Cristo sfigurato, disprezzato, rigettato come un verme e non un uomo [...] uomo dei dolori che ben conosce il patire. Percosso e umiliato, ma non da te, mio Dio: tu dai gioia di vita, non tristezza di morte; tutti i nostri peccati gravavano sulle spalle dell’Innocente, che ha preso su di sé il castigo che ci da salvezza, consegnando se stesso alla morte senza proferire parola, come tenero agnello condotto al macello. Questa è la morte del giusto, strumento di salvezza per molti; in lui ti compiaci, o Dio (cf. Is 62,13-53).
•Davanti al mistero che avvolge di ombre la luce, ma ci coinvolge fino a dare senso alla nostra esistenza, che cosa possiamo dire, Signore? Tu, Dio, ti sei posto dalla nostra parte, non hai risparmiato tuo Figlio, ma lo hai dato per tutti noi. Come possiamo dubitare che tu vuoi la nostra salvezza, che sei pronto a donarci ogni cosa in Cristo Gesù? In lui ci hai giustificati, tutti, rei di morte, in lui siamo liberi dalla morte perché, risorto, egli è alla tua destra ad intercedere perché la fede non vacilli in noi e l’amore non si spenga. Ma chi potrà spegnere questo amore che Cristo ha acceso e tiene desto? Tribolazioni, angosce, persecuzioni, non sapranno separarci dall’amore di Cristo: su tutte queste cose saremo vincitori per virtù di Colui che ci ha amati (cf. Rm 8,31-37) e ha dato se stesso per noi (cf. Gai 2,20).
•L’amore che vince la morte, oltrepassa i secoli; ed ecco che i santi di tutte le epoche ben comprendono la lezione del Maestro sulla via che porta a Gerusalemme; «T’immolasti per me, nel tuo amore, divino Gesù esiliandoti sulla terra. O amato, eccoti tutta la mia vita, prendila, voglio soffrire, morire per te [...]. La tua voce ha un’eco nel mio cuore; Signore, voglio assomigliarti, voglio la sofferenza [...]; m’arde la tua parola in fiamme!» (S. Teresa di Lisieux).
•Di che cosa andiamo parlando noi mentre vogliamo essere al seguito di Cristo? Essere e voler essere piccoli: questo il segreto che ci dona l’intelligenza delle tue cose, o Padre!
Con Gesù esultando nel tuo Santo Spirito, ti benediciamo, Padre santo, perché ai piccoli tu hai rivelato il tuo mistero tenuto nascosto ai sapienti e agli intelligenti. (Cf. Mt 11,25-27).
•Piccola, sconosciuta, umile donna che nessuno considerava era Maria di Nazaret: a lei svelasti il mistero del Verbo, di lei, umile serva del Signore, ti fidasti più che dei grandi di Israele, e la rendesti Madre del tuo Figlio! Ella accolse, penetrò e custodì nel cuore (Lc 2,19) la tua Parola che si manifestava nel Figlio gli fu fedele sino al Calvario! «Venite, benedetti dal Padre mio»,dirai, o Signore, l’ultimo giorno nel giudicarci; «venite a ricevere il regno» che appartiene ai piccoli, poveri e umili, da voi amati: io ero in loro quando avete saziato la loro fame e avete spento la loro sete; quando a loro, forestieri, avete offerto un tetto amico e una veste che coprisse la loro nudità; quando li avete visitati in carcere o nella loro malattia. Sì, o Signore, noi lo sappiamo apertamente, tu lo hai rivelato e ancora non lo crediamo? Ogni volta che apriamo il cuore a questi piccoli è a te che doniamo come ogni volta che lo chiudiamo è a te che neghiamo (cf. Mt 25,34-40).
•Apri i nostri occhi, Signore, e vedremo le meraviglie del tuo amore (cf. Sal 118,18), infiamma il nostro cuore e saremo in comunione con tè, Figlio di Dio, venuto a servire e non ad essere servito (Mt 20,28), perché possiamo vederti nei più piccoli: è questa la tua vera grandezza! O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del tuo regno; donaci la sapienza che viene dall’alto perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve.
•Dio, per il tuo nome, salvami, per la tua potenza rendimi giustizia. Dio, ascolta la mia preghiera, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. Sono insorti contro di me gli arroganti e i prepotenti insidiano la mia vita, davanti a sé non pongono Dio. Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore mi sostiene. Di tutto cuore ti offrirò un sacrificio, Signore, loderò il tuo nome perché è buono.
•O Maria! «Sii Madre della nostra liberazione da ogni male» dal male che aggrava la coscienza dell’uomo, e da quello che sempre più minacciosamente ingombra l’orizzonte del nostro secolo. Tu sei la luce del primo «Avvento!» Tu sei la stella mattutina che precede la venuta del Messia. Sii per noi la luce del nuovo Avvento, sii la sua stella mattutina, perché le tenebre non ci avvolgano! (Giovanni Paolo II)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Impegniamoci a trasformare il ruolo dell’autorità in responsabilità di servizio, superando le convenzioni di potere.