Luca 16, 1-13: 1 In quel tempo. Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3 L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua” 5 Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: 6 “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7 Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8 Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9 Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11 Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13 Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Luca 16, 1-13
Diceva anche ai discepoli: «C`era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L`amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l`amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall`amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d`olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell`amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand`essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l`uno e amerà l`altro oppure si affezionerà all`uno e disprezzerà l`altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
(Bibbia Cei: Versione 1971)
Esegesi
Il capitolo 16 di è un’unità letteraria costruita attorno al tema dell’uso della ricchezza. Il tema con sfumature diverse appare in due racconti parabolici, che dominano la sezione. Nella prima parabola (del fattore infedele) viene rivolto un pressante invito ai discepoli per una decisione coraggiosa: garantirsi un futuro salvifico, liberandosi della ricchezza a favore dei poveri.
DICEVA AI SUOI DISCEPOLI (1)
Dopo il capitolo 15 che è rivolto a Farisei, scribi, pubblicani e peccatori (15, 1), cambia l’indicazione degli uditori, che ora sono i discepoli, tuttavia i farisei rimangono sullo sfondo della scena (16, 14).
C’ERA UN UOMO RICCO (15)
Lo spunto della parabola è uno scandalo amministrativo, come poteva accadere nella gestione delle grandi tenute di Galilea o Trasgiordania. Un latifondista che ha affidato la contabilità dell’azienda agricola ad un amministratore, riceve delle denunce a carico di quest’ultimo per la sua gestione (“fu accusato”).
RENDI CONTO (2)
Il proprietario chiede all’amministratore che giustifichi la sua attività, che prevede anche la presentazione dei documenti scritti. Ma anticipa subito il risultato dell’esame con l’annunzio o, secondo alcuni, la minaccia del licenziamento.
L’AMMINISTRARE DISSE (3)
In un soliloquio vengono riferite le riflessioni che fa l’amministratore. Scartata la possibilità di fare un lavoro fisico pesante e di chiedere l’elemosina (zappare….mendicare), trova la soluzione che ritiene giusta perché una volta licenziato “ qualcuno mi accolga in casa sua “. E subito mette in atto quanto ha escogitato.
CHIAMO’ UNO PER UNO (5)
Chiama i debitori con circospezione, uno per uno. Non è chiaro se essi siano puri debitori o commercianti, che hanno avuto merce firmando una ricevuta. Qui vengono descritti due casi, nei quali è comune la gravità del debito: 100 barili di olio, corrispondenti ad un debito di 1000 denari e 100 misure di grano, corrispondenti ad un debito di 2500 denari; il condono per tutti due è di circa 500 denari. Per comprendere come fosse possibile questo comportamento, bisogna sapere che l’amministratore di fatto godeva di un notevole margine di libertà di azione e il compenso per la sua prestazione era ricavato dai guadagni che egli riusciva a fare con prestiti ad alto interesse. Egli rinunzia a parte dell’interesse e ai danni del suo padrone, si assicura amici legati a lui nella complicità della truffa.
IL PADRONE LODO’ (8)
Chi loda è il padrone della parabola e si capisce perché lodi l’amministratore che è ingiusto (“oikonomos tes adikias) e che resta un truffatore. Lo loda per la sua abilità, perché ha agito con scaltrezza nel prevedere e provvedere per i momenti di miseria. Qui finisce la parabola. Alcuni però dicono che la parabola finisce al v. 7 e perciò il padrone, che qui è detto “kirios”, sarebbe Gesù e che quindi con il v. 8 inizierebbe l’applicazione ai discepoli.
I FIGLI DI QUESTO MONDO (9)
Le espressioni “figli di questo mondo” e “figli della luce” sono semitiche e indicano due categorie di persone; le troviamo anche in Giovanni (Gv 12. 36) e in Paolo (1 Ts 5, 5) e negli scritti di Qumran per indicare i membri e i nemici della comunità. L’espressione di Gesù è pessimistica: egli oppone la decisione e l’intelligenza dei “figli di questo mondo” all’indecisione e ignavia dei “figli della luce”.
PROCURATEVI AMICI (9)
Ciò che segue è un commento che si connette con la parola “mammona” che è “frutto di ingiustizia” (in greco “mamona tes adichias”, in latino “mammona iniquitatis “ espressione qui tradotta con “ ingiusta ricchezza”). Ci si deve servire dei soldi, che sono sempre e comunque iniqui, in quanto frutto di accumulo e fonte di falsa fiducia. (Dice S. Girolamo: “il ricco o è ingiusto lui o è erede di un ingiusto”), per creare una solidarietà che va oltre gli interessi mondani e le persone: si deve dare ai poveri, i quali così diventano amici e clienti presso Dio (cf 12, 33). Per “amici” sono generalmente interpretati i poveri, i quali potrebbero disporre del cielo in favore dei loro benefattori. Secondo altri commentatori però sarebbero Dio e gli angeli.
Alcune sentenze
Seguono detti vari, connessi per associazioni di idee tra di loro o con ciò che precede o segue.
CHI E’ FEDELE NEL POCO (10)
Nei versetti 10-11 l’” ingiusta ricchezza”, è messa in parallelo con il “poco”, la “ricchezza vera con la “ricchezza vostra” e la “ricchezza altrui” è contrapposta al “molto. E il senso è: se il discepolo di Cristo (al contrario dell’amministratore infedele) è fedele nel poco (nell’amministrare i beni terreni, facendone parte ai poveri) sarà fedele anche nel molto, cioè nei beni spirituali salvifici. Invece chi è ingiusto nel poco (come il fattore infedele), lo sarà anche nel molto e sperpererà i beni spirituali. L’amministratore, di cui prima si era lodata l’accortezza, ora è visto come personaggio non positivo, occasione di ammonimento e la ricchezza è vista come cosa che vale poco; il danaro infatti è cosa da poco, paragonato ai beni eterni ed è cosa altrui, cosa che in nessun modo può costituire la vera ricchezza del discepolo.
CHI VI DARA LA VOSTRA (12)
Se i discepoli non rimangono fedeli nell’amministrare i beni della terra, non facendone uso secondo la volontà di Dio, Dio non darà loro ciò che è fondamentale, cioè i beni della salvezza.
PUO’ SERVIRE A DUE PADRONI (13)
Con la menzione all’ingiusta ricchezza è legato il detto sull’impossibilità di servire contemporaneamente a Dio e al mammona di iniquità; sono due padroni che esigono tutto l’uomo. Il discepolo, come qualsiasi altro uomo, deve maneggiare denaro ogni giorno. Ora però egli sa cosa deve fare: darlo a chi appartiene, ai poveri. La smetta di pensare che è suo, venda quello che ha e lo dia ai poveri (12, 33). E’ nel condividere con loro i beni di questo mondo, che il discepolo si dimostra amministratore fedele (12, 42-43) e nel regno di Dio troverà i suoi amici, i poveri, che lo accoglieranno come loro commensale.(16,9)
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
AVVEDUTEZZA
L’amministratore infedele non viene lodato per la moralità della sua azione, ma per l`astuta trovata. E a questa avvedutezza applaude il Signore, quando dice: “I figli di questo mondo sono piú avveduti dei figli della luce”. Quelli sono piú avveduti nel male che questi nel bene. A stento, infatti, si trovano alcuni santi che mettano tanta accortezza nell`acquisto dei beni eterni, quanta furbizia hanno questi nell`accaparrarsi i beni temporali. Per questi essi vegliano giorno e notte, lavorano, s`angustiano, e con frodi, furti, rapine, tradimenti, spergiuri, omicidi non cessano mai d`accumular tali ricchezze. E chi può dire quanta furbizia mettano nell`ingannarsi l`un l`altro? Sentano i figli della luce e si vergognino di farsi vincere dai figli di questo mondo. Queste cose sono state scritte proprio perché diventiamo piú accorti senza tuttavia imitarli nell`ingiustizia. Perciò viene aggiunto: E io vi dico: “Fatevi degli amici col mammona d`iniquità” (Lc 16,9), ma non come fece l`amministratore infedele. Non frodando l`altrui, ma dando il vostro. Tutte le ricchezze che sono avaramente conservate, sono inique. E non sono equamente distribuite, se, dopo aver messo da parte ciò che serve a te, non dai il resto agli indigenti. (Bruno di Segni, In Luc., 2, 7)
LA CORONA DELLA VITTORIA
Lottiamo, dunque, o fratelli miei, sapendo che il combattimento è vicino a che molti partecipano alle gare corruttibili. Non tutti sono coronati, ma solo quelli che si sono molto allenati e lottano bene. Lottiamo, dunque, per essere tutti coronati. Corriamo sulla strada retta (cf. 2Pt 2,15) per l`agone incorruttibile e partiamo in molti a gareggiare per essere incoronati. Se poi non possiamo tutti conseguire la corona, ne siamo almeno vicini. Bisogna sapere che chi affronta una gara corruttibile, se viene trovato manchevole, viene fustigato, preso e cacciato dallo stadio. Che vi sembra? Cosa patirà chi è manchevole nella gara della incorruttibilità? (La Scrittura) dice di quelli che non hanno salvaguardato il Battesimo: “Il loro verme non finirà e il loro fuoco non si spegnerà e saranno di spettacolo ad ogni carne” (Is 66,21). Sino a quando stiamo sulla terra, pentiamoci. Siamo come l`argilla nella mano dell`artigiano. Il vasaio se gli si sforma o gli si rompe il vaso che sta lavorando, lo plasma di nuovo, ma se l`ha messo già nella fornace, nulla può farci. Cosí anche noi. Sino a quando stiamo su questo mondo pentiamoci con tutto il cuore dei peccati che abbiamo commesso nella carne, per essere salvati dal Signore, mentre c`è tempo per la penitenza. Dopo che siamo usciti dal mondo, di là non possiamo piú confessarci e pentirci. Cosí, fratelli, facendo la volontà del Padre e conservando pura la carne ed osservando i comandamenti del Signore potremo conseguire la vita eterna. Dice il Signore nel Vangelo: “Se non avete custodito il poco chi vi darà il molto? Vi dico che chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto” (Lc 16,10-12). Questo, dunque, dice: conservate pura la vostra carne e intatto il Battesimo per conseguire la vita eterna. E qualcuno di voi non dica che questa carne non sarà giudicata e non risorgerà. Di grazia, in che foste salvati, in che otteneste la vista se non essendo in questa carne? Bisogna dunque, che noi, come tempio di Dio, custodiamo la carne. Nel modo con cui foste chiamati nella carne, nella carne anche vi presenterete. Se Cristo nostro Signore che ci ha salvati, da Spirito che era si è incarnato e cosí ci ha chiamati, allo stesso modo anche noi in questa carne riceveremo il premio. Amandoci l`un l`altro perché tutti possiamo entrare nel Regno di Dio. Avendo ancora tempo per essere curati, affidiamoci a Dio che guarisce, dandogli la ricompensa. Quale? Il pentirsi con cuore sincero. Egli prevede tutto e sa ciò che è nel nostro cuore. Lodiamolo non solo con la bocca, ma col cuore perché ci riceva come figli. Dice, infatti, il Signore: “Sono miei fratelli quelli che fanno la volontà del Padre mio” (Mt 12,50; Mc 3,35; Lc 8,21). Fratelli miei, facciamo la volontà del Padre che ci ha chiamati per vivere e seguire sempre piú la virtù. (Pseudo-Clemente, Epist. II Cor., 7-10)
L’AMMINISTRATORE INFEDELE
“Se non siete stati fedeli nei beni che vi sono estranei, chi vi darà ciò che è vostro?” (Lc 16,12). Le ricchezze ci sono estranee, perché esse sono fuori della nostra natura: non nascono con noi, né trapassano con noi. Cristo, invece, è nostro, perché è la vita. “Cosí egli venne nella sua casa, e i suoi non lo ricevettero” (Gv 1,11). Ebbene, nessuno vi darà ciò che è vostro, perché voi non avete creduto a ciò che è vostro, non l`avete ricevuto. Cerchiamo dunque di non essere schiavi dei beni che ci sono estranei, dato che non dobbiamo conoscere altro Signore che Cristo; “infatti uno è Dio Padre, da cui tutto deriva e in cui noi siamo, e uno è il Signore Gesú, per cui mezzo tutte le cose sono” (1Cor 8,6). Ma allora? Il Padre non è Signore e il Figlio non è Dio? Certo, il Padre è anche il Signore, perché “per mezzo della Parola del Signore i cieli sono stati creati” (Sal 32,6). E il Figlio è anche Dio, “che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli” (Rm 9,5). In qual modo allora, nessuno «può servire a due padroni»? E` perché non c`è che un solo Signore, dato che non c`è che un solo Dio. (Ambrogio, In Luc., 7, 246-248)
USO DEI BENI: VOCI ANTICHE E ATTUALI
“Non sei forse un ladro, tu che delle ricchezze di cui hai ricevuto la gestione, ne fai cosa tua propria?….All’affamato appartiene il pane che tu conservi, all’uomo nudo il mantello che tieni nel baule, a chi va scalzo le scarpe che marciscono a casa tua, al bisognoso il denaro che tu tieni nascosto. Così tu commetti tante ingiustizie, quanta è la gente cui potevi donare”. (S. Basilio)
“E’ giusto, perciò che, se rivendichi qualche cosa come privata di ciò che è stato dato in comune al genere umano e persino a tutti gli animali, almeno tu ne distribuisca qualcosa ai poveri: sono partecipi del tuo diritto, non negare loro gli alimenti”. (S. Ambrogio)
“Il denaro, simbolo delle cose, è strumento di divisione e di lotta; deve diventare strumento di comunione tra le persone, di amicizia, di uguaglianza, anziché veicolo di guerra e di discriminazione. Questo esige una comunità della produzione, della distribuzione, del consumo. Ora la povertà di quelli che hanno dei beni e che non possono e non debbono spogliarsene, consiste nell’usarne per creare amicizia e comunione tra gli uomini. Questo “fatevi amici” deve essere ripensato nel tempo e rinnovato continuamente nel contenuto”. (A. Paoli)
ACCORTEZZA SOPRANNATURALE
Gesù non loda certo la disonestà dell’amministratore, ma la sua abilità nel provvedere al proprio avvenire. La sua è una lezione di accortezza soprannaturale: l’abilità che i non credenti mettono in atto per i loro interessi materiali, deve essere emulata dai credenti per avere parte al Regno, per assicurarsi la salvezza. A questo serve anche il denaro, se viene messo a servizio del bene comune, se lo si fa circolare e fruttificare con realismo inventivo, in modo che i più bisognosi ne possano beneficare. Il credente sa che il denaro è un cattivo padrone, mentre può diventare un buon servitore. (M. Magrassi)
RICCHEZZA PER COSTRUIRE FRATERNITA’
C’è una grande ingiustizia nel mondo, non solo tra le persone, ma anche nei complessi sociali: le nazioni più ricche mantengono subordinate le nazioni più povere. Si creano così i “miracoli economici” a spese dei poveri; e, come diceva la Populorum progressio, “ i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”. I beni della terra hanno una funzione sociale. Essi sono a vantaggio di tutti. A questa destinazione universale è subordinata la proprietà privata. Questa è uno strumento per l’utilizzazione dei beni nell’interesse di tutti. I beni della terra hanno una funzione religiosa. Al primo posto nella vita sta Dio e del denaro si deve fare l’uso che Dio vuole. Ed è volontà di Dio che del denaro l’uomo sia padrone e non servo e lo usi per il bene comune. (Riflessioni d Mariano Magrassi)
DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI
La pagina di Amos della prima lettura odierna sembra scritta da un nostro contemporaneo. Vi è flagellata l’ingiustizia dei ricchi e la loro insensibilità verso i poveri. Oggi l’ingiustizia condannata da Amos non esiste solo tra persone, è ancora più marcata nei rapporti tra complessi sociali. A livello mondiale i beni sono accaparrati e concentrati nelle mani di pochi potenti senza scrupoli e alcuni potentati economici esercitano la loro dittatura nel mondo. Così “i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”. Di fronte a tanta ingiustizia la Chiesa ricorda con forza che i beni della terra sono destinati a tutti e che la proprietà privata è legittima, ma ha valore solo come strumento per l’utilizzazione dei beni nell’interesse di tutti.
NON POTETE SERVIRE A DUE PADRONI
“Non si può servire a due padroni”, cioè a Dio e ai beni terreni. L’idea non è che chi vuol servire Dio non deve usare e amministrare o magari cercare di aumentare i beni terreni. L’alternativa è piuttosto nella dedizione assoluta, totalitaria e perenne del cuore. Questo è possibile verso un unico obiettivo e, in questi termini, ha un carattere di esclusività. Se le cose della terra riempiono completamente il cuore, l’intelligenza e tutta la sfera morale e spirituale dell’uomo, non c’è più alcun posto per l’Eterno. Le ricchezze si giustificano solo nella misura in cui sono un veicolo a Dio e non una trappola che sequestra l’anima e il corpo dell’uomo. Insomma, pur usando dei beni, si deve mantenere il pieno distacco del cuore da essi. Sono un mezzo buono e utile per il conseguimento di un bene superiore. Ma, se diventano il fine, per ciò stesso si cambiano in autentico male. (V. Raffa)
RICCHEZZA DISONESTA
Quando Gesù definiva “disonesta” la ricchezza aveva certo presenti tante circostanze che trovano un perfetto riscontro anche nella situazione moderna. Si pensi a quella di tanti ladri piccoli e grandi. Ci sono la speculazione, i trust, certi giochi di borsa. Lo strozzinaggio, l’usura, l’imbroglio, l’intrallazzo, i sequestri di persone, ecc. sono mezzi usati da gente cinica e senza scrupoli per ricavare denaro. Pensando alle grandi ingiustizie potremmo anche illuderci che la disonesta ricchezza sia solo quella dagli altri, soprattutto dai ladri professionisti. In realtà la disonestà esiste a livelli sofisticati, sovente addirittura di impunibilità legale, e in ogni caso c’è quando manca la solidarietà verso i fratelli. Agire col danaro in modo egoistico vuol dire incrementare l’ingiustizia e la povertà, farsi complici di una concezione della società e dei rapporti sociali ed economici del tutto opposta al Vangelo e quindi usare del denaro in modo disonesto.
DIO VUOLE TUTTI SALVI
Il tema della volontà di Dio di salvare tutti gli uomini, già ampiamente professato dalla fede d’Israele e poi nei Vangeli e nella letteratura apostolica acquista nella prima lettera a Timoteo un suo particolare valore. Considerato infatti che, nel tempo in cui è stata scritta le comunità stavano già subendo i primi grandi attacchi di denigratori e pesecutori, il brano appare come una particolare istruzione per i credenti a volersi comportare secondo i principi della fede e a non volere rispondere con recriminazioni e rivalse. Dio vuole la salvezza anche dei persecutori. Alla luce della fede, l’unica risposta dei credenti alle provocazioni è la preghiera universale per tutti, re e magistrati compresi. E’ la preghiera che procurerà tempi migliori. (Anselmo Mattioli)
RICCHEZZA DA DONARE
Lo sguardo del Signore è sopra il povero, e rivendica il suo diritto a non essere calpestato e tiene per fermo che è beato il povero e non il ricco. Dio è con il povero di soldi perché resti o diventi anche povero di spirito. Dio comunque non è contro il ricco, e vuole anche la sua salvezza. Ma per salvarsi il ricco deve diventare povero di spirito. La ricchezza è disonesta, almeno nelle sue conseguenze, dato che diventa di fatto discriminazione e disprezzo del povero. Lo stato di povertà potrà essere anche spiegato con l’incapacità e l’incuria del povero; il povero però non cessa di essere degno di soccorso, e chi può rimediare alla sua povertà e non lo fa è ingiusto. Unico modo per far diventare fruttuosa la disonesta ricchezza è di distribuirla ai poveri e farsi degli amici per il giorno del giudizio. Il possesso dei beni non è lo scopo ultimo, l’idolo da adorare, ma solo il mezzo per vivere i valori veri, l’amore a Dio e al prossimo. La tentazione di adorare la ricchezza è sempre in agguato, ad ogni livello e per ogni persona, e, di conseguenza anche il tentativo di giustificare in tutti i modi, giuridici e teologici, il proprio “legittimo e inalienabile” possesso. Per sfuggire a questa tentazione il cristiano deve buttarsi dalla parte del Gesù. (Riflessioni di Vittorio Croce)
INTERROGATIVI
Siamo forse troppo attaccati ai beni terreni, tanto da dimenticare quelli dell’eternità? L’amore del denaro inaridisce e indurisce il cuore. Ci rende invidiosi e gelosi, ingiusti e insensibili, poco scrupolosi riguardo ai mezzi per procuralo. Di fronte a questi pericolo quale è la nostra situazione? Ogni volta che ci è rivolto un appello per gli sventurati, gli handicappati, gli affamati del mondo, apriamo generosamente il nostro cuore e la nostra mano? (Charles Brèthes)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Lodate il Signore, perché non ha disprezzato né sdegnato l’afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido di aiuto, lo ha esaudito. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanto lo cercano: “ Viva il loro cuore per sempre”. (Dal Sl 24)
•Signore Gesù, io sono povero e anche tu lo sei; sono debole e anche tu lo sei: sono uomo e anche tu lo sei. Ogni mia grandezza viene dalla tua piccolezza; ogni mia forza viene dalla tua debolezza; ogni mia sapienza viene dalla tua follia. (A Di Rievault)
•Per noi il tuo primo comandamento è impossibile, Signore, senza il tuo aiuto. Riuscissimo ad amministrare con cura i tuoi beni, a essere puri e con le mani polite e mai divisi, né cuore, né mente, mai nulla di oscuro negli affari. Aiutaci, Signore. (D. Maria Turoldo)
•Purificaci, o Signore, dall’istinto che ci porta a credere che la nostra sicurezza dipenda dalla quantità delle cose che possediamo: fa che ci lasciamo ammaestrare dalla gioia di chi ha lasciato tutto.
•Metti nelle nostre mani, Signore, la tua voglia di usare i beni che possiedi per la gioia di chi non ne ha, sicuri che questo è l’unico modo per farli fruttare.
•O Padre, concedi a noi di impegnarci perché i beni di questo mondo non siano un terreno di lotta, ma l’occasione per stringere una maggiore solidarietà.
•Signore, tu hai fatto di noi i figli del regno, rendici liberi, spogliandoci di ogni egoismo e di ogni attaccamento esagerato ai beni della terra.
•Lodate il Signore… perché non ha disprezzato né sdegnato l’afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido di aiuto, lo ha esaudito…I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano: “ Viva il loro cuore per sempre” (Dal Sl 24)
•O Padre, che ci chiami ad amarti e servirti come unico Signore, abbi pietà della nostra condizione umana: salvaci dalla cupidigia della ricchezza, e fa che alzando al cielo mani libere e pure, ti rendiamo gloria con tutta la nostra vita. (Colletta 25 pera.n C)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Procuriamoci amici “con la disonesta ricchezza.