Matteo 21, 33-43: In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33 «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34 Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35 Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36 Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!” 38 Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40 Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41 Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? 43 Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
(Bibbia Cei: Versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 21, 33-43
Ascoltate un`altra parabola: C`era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l`affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l`altro lo uccisero, l`altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l`erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l`eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l`uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d`angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare
(Bibbia Cei: Versione 2008)
Esegesi
Questa parabola si legge anche in Marco 12, 1-12 e in Luca 20, 9-19, sempre in prossimità della passione, di cui è una profezia, infatti al centro della parabola troviamo l’uccisione del figlio, con cui Gesù ha inteso preannunziare la sua fine tragica. Troviamo la stessa parabola anche nel vangelo copto di Tommaso, in una versione molto più breve. Secondo la legge di ogni tradizione viva, la parola originale di Gesù è stata precisata, illustrandola con testi biblici. In particolare Matteo si rifà chiaramente all’inno della vigna di Isaia 5, 1-7, in cui il profeta paragona il popolo d’Israele a una vigna. La parabola contiene un certo numero di particolari allegorici. Tutti tre i Sinottici poi presentano la spiegazione della parabola.
IN QUEL TEMPO
L’inizio del brano evangelico: “In quel tempo Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo” è un’inserzione liturgica, che si riferisce al contesto del capitolo, ma non si trova in questa forma nel Vangelo.
UN’ALTRA PARABOLA (31)
L’osservazione che Gesù aggiunge “un’altra parabola” a quella precedente collega strettamente il suo discorso a quanto precedentemente ha detto ai “sommi sacerdoti” e agli “anziani del popolo” (23).
UN PADRONE CHE PIANTO’ UNA VIGNA (31)
Il racconto comincia dicendo che un padrone piantò una vigna. Ciò che il padrone compie viene descritto in stretta corrispondenza a Isaia 5, 1 ss.. Da quanto avviene nella parabola si capisce che si parla del rigetto d’Israele e della sostituzione con un altro popolo, che darà a suo tempo i frutti. La vigna è Israele; il padrone della vigna (ba’al habbayt) è il Signore; i servi sono i profeti che Dio inviò a Israele, di questi alcuni furono bastonati, altri uccisi; la lapidazione ricorda quanto dice 2 Cr 24, 20-22 circa la sorte del profeta Zaccaria; nell’invio del “proprio figlio” c’è una chiara indicazione all’incarnazione del Verbo. L’asserzione “fuori della vigna” allude alla crocifissione di Gesù fuori della città (Gv 19, 20).
AVREMO L’EREDITA’ (32)
Nella situazione del tempo era possibile che a qualcuno venisse la pazza idea di uccidere il figlio del proprietario della vigna. Infatti la zona collinosa della Galilea era proprietà di ricchi latifondisti stranieri, che affittavano i loro poderi ad agricoltori del luogo, il cui stato d’animo era eccitato contro i proprietari, che spesso vivevano all’estero. Il particolare di ereditare la vigna era giuridicamente possibile, in quanto i beni privi di padrone potevano essere presi da chiunque, a determinate condizioni, qualora l’erede non avesse fatto la su comparsa per tempo.
COSA FARA’ AI VIGNAIOLI (40)
La domanda conclusiva costringe gli interpellati a prendere posizione. La risposta riproduce il sentimento generale e include un’autocondanna. Il padrone della vigna vendicherà il misfatto commesso, poi affiderà la vigna ad altri che portino frutto a tempo debito.
LA PIETRA CHE I COSTRUTTORI (42)
Il passo citato è Sl 118, 22-23, che in tutta la tradizione neotestamentaria è applicato al rifiuto del Messia da parte d’Israele e l’edificazione della Chiesa su Cristo, pietra angolare.
IO VI DICO (43)
Il versetto è proprio di Matteo e dà la spiegazione della parabola. La vigna è il regno di Dio; esso viene sottratto al primo popolo eletto, a Israele, e affidato al nuovo popolo eletto, la chiesa, che deve portare i suoi frutti. Nella redazione di Matteo la parabola indica il decorso effettivo della storia della salvezza.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
I VIGNAIOLI OMICIDI
“Un uomo piantò una vigna” (Lc 20,9). Parecchi deducono diversi significati dal nome della vigna, ma è evidente che Isaia ha ricordato come la vigna del Signore di Sabaoth sia la casa d`Israele (cf.Is 5,7). Chi altro mai, se non Dio, ha creato questa vigna? E` dunque Lui che la diede in affitto e partí per andare lontano, non nel senso che il Signore si sia trasferito da un luogo all`altro, dato che Egli è sempre dappertutto, ma perché è piú vicino a chi lo ama, ma sta lontano da chi lo trascura. Egli fu assente per lunghe stagioni, per evitare che la riscossione sembrasse prematura. Quanto piú longanime la benevolenza, tanto piú inescusabile la ostinatezza. Per cui, secondo Matteo, giustamente trovi che “la circondò anche di una siepe” (Mt 21,33; Is 5,2), cioè la recinse munendola della protezione divina, affinché non fosse facilmente esposta agli assalti delle belve spirituali. E al tempo dei frutti mandò i suoi poveri servi. E` giusto che abbia indicato il tempo dei frutti, non il raccolto, infatti dai Giudei non si ebbe alcun frutto, questa vigna non ha dato alcun raccolto, poiché di essa il Signore dice: “Attendevo che producesse uve, ma essa diede spine” (Is 5,2). (Ambrogio, In Luc. 9, 23-30.33)
MANDO’ IL FIGLIO UNIGENITO
Per ultimo mandò anche il Figlio unigenito, e quei perfidi, mossi dalla bramosia di eliminarlo perché era l`erede, l`uccisero (cf. Lc 20,13ss) crocifiggendolo, lo respinsero rinnegandolo. Quante cose, e quanto importanti, in cosí brevi tratti! Anzitutto questo: che la bontà è una dote di natura, e il piú delle volte si fida di chi non lo merita; inoltre, che Cristo è venuto come estremo rimedio delle perversità; infine, che chi rinnega l`Erede, dispera del Creatore. E Cristo (cf. Eb 1,2) è al tempo stesso erede e testatore; erede, perché sopravvive alla propria morte e raccoglie nei progressi che facciamo direi come i frutti ereditari dei testamenti, ch`Egli stesso ha stabilito. E` però opportuno che faccia domande agli interlocutori, affinché emettano da sé stessi la sentenza della propria condanna. E afferma che alla fine giungerà il padrone della vigna (cf. Lc 20,16), perché nel Figlio è anche presente la maestà del Padre, o anche perché negli ultimi tempi, piú da vicino influirà dolcemente sugli affetti umani. Quindi coloro pronunciano contro sé stessi la sentenza, affermando che i cattivi devono andare in rovina e la vigna passare ad altri coloni (“ibid.”). (Ambrogio, In Luc. 9, 23-30.33)
IL PREZZO DELLA REDENZIONE
Il Creatore dell`universo e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo tra gli uomini, la sua Verità, la sua Parola santa e incomprensibile, e la stabilí nei loro cuori. E lo fece non mandando – come si poteva pensare – qualche suo servo, o angelo, o principe preposto al governo sulla terra, o all`amministrazione in cielo, ma mandando lo stesso Artefice e Fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e le cui leggi misteriose sono fedelmente custodite da tutti gli elementi…. Costui Iddio mandò! Qualcuno potrebbe pensare: lo inviò per tiranneggiare o spaventare o colpire gli uomini. No davvero! Lo inviò con mitezza e con bontà come un re manda suo figlio (cf. Mt 21,37); lo inviò come Dio e come uomo fra gli uomini; e fece questo per salvare, per persuadere, non per violentare; a Dio non conviene la violenza! Lo inviò per chiamare, non per castigare, lo inviò per amare, non per giudicare. Lo invierà, sí, un giorno, a giudicare: e chi potrà allora sostenere la sua presenza? (cf. Ml 3,2).(Epist. ad Diogn. 7)
DIO NON HA BISOGNO DELL’UOMO
Neppure all`inizio avvenne che Dio modellasse Adamo perché avesse bisogno dell`uomo, bensí per avere qualcuno in cui posare i suoi benefici. Poiché non solo prima di Adamo, ma prima di tutta la creazione, il Verbo glorificava il Padre, rimanendo in lui ed era glorificato dal Padre, come egli stesso dice: “Padre, glorificami con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse” (Gv 17,5). E non fu neppure perché avesse bisogno del nostro servizio che egli ordinò di seguirlo, bensí per procurare a noi stessi la salvezza. Infatti, seguire il Signore significa aver parte alla salvezza, cosí come seguire la luce è prender parte alla luce. Quando gli uomini sono nella luce, non sono essi che illuminano la luce e la fanno risplendere, ma sono illuminati e resi splendenti da essa: lungi dall`apportarle alcunché, beneficiano della luce e ne sono illuminati. Cosí avviene del servizio verso Dio: esso non apporta nulla a Dio, perché Dio non ha bisogno del servizio degli uomini; ma, a coloro che lo servono, Dio procura la vita, l`incorruttibilità e la gloria eterna. Egli accorda i suoi benefici a coloro che lo servono, perché lo servono, e a quelli che lo seguono, perché lo seguono; ma egli non riceve da loro nessun beneficio, poiché egli è perfetto e senza necessità. Se Dio sollecita il servizio degli uomini, è per poter, egli che è buono e misericordioso, accordare i propri benefici a coloro che perseverano nel suo servizio. Infatti, come Dio non ha bisogno di nulla, del pari l`uomo ha bisogno della comunione di Dio. Infatti la gloria dell`uomo sta nel perseverare nel servizio di Dio. Ecco perché il Signore diceva ai suoi discepoli: “Non siete voi che avete scelto me, ma io che ho scelto voi” (Gv 15,16), indicando con ciò che non erano essi che lo glorificavano seguendolo, bensí che, per aver seguito il Figlio di Dio, erano essi glorificati da lui. E ancora: “Voglio che là, dove sono io, siano anch`essi, perché vedano la mia gloria” (Gv 17,24): nessuna vanteria in questo, ma volontà di render partecipi i discepoli della sua gloria. (Ireneo di Lione, Adv. Haer. IV, 14, 1)
DIO COLTIVA NOI
Egli coltiva noi come l’agricoltore coltiva il campo. Per il fatto dunque che egli ci coltiva, ci rende migliori, poiché anche l’agricoltore rende migliore il campo coltivato, e cerca in noi il frutto. La sua opera di coltivatore nei nostri riguardi consiste nel fatto che non cessa d’estirpare con la sua parola dal nostro cuore i germi del male, di aprire il nostro cuore, per così dire, con l’aratro della Parola, di piantarvi i semi dei precetti e di aspettare il frutto della vita di fede. Il nostro frutto però non renderà lui più ricco, ma renderà noi più felici (S. Agostino)
CRISTO E’ LA VERA VITE
Cristo è la vera vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in lui, e senza di lui nulla possiamo fare (Gv 15, 1-5). La chiesa stessa è, dunque, la vigna evangelica. E’ mistero, perché l’amore e la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sono il dono assolutamente gratuito offerto a quanti sono nati dall’acqua e dallo Spirito (Cf Gv 3, 5) (LG, 1).
I VIGNAIOLI
I vignaioli della parabola, al “tempo dei frutti” avrebbero dovuto consegnare il raccolto al padrone. Invece rifiutano i servi e arrivano persino all’assassinio. Il colmo è che uccidono anche il figlio del padrone della vigna. Di conseguenza la vigna sarà data ad altri vignaioli, che “consegneranno i frutti a suo tempo”. “Il regno sarà dato ad un popolo che lo farà fruttificare”. Dominante è il trema del portare frutti. I vignaioli rappresentano il popolo eletto, Israele; ma non basta essere il popolo eletto, bisogna mettere in pratica, osservare la volontà divina con un impegno di vita, una condotta coerente con la propria fede. Portare frutti significa non limitarsi a dire “ Signore, Signore”, ma fare effettivamente la volontà di Dio. La vigna sarà data ad altri vignaioli. Chi sono li altri? Qui Israele rappresenta Israele come entità religiosa, al quale si contrappone un “popolo” (ethnos) che non si distingue dai Giudei per la carne e il sangue, ma per il fatto che accoglie la volontà divina. Questo nuovo popolo cui è dato il regno di Dio è il popolo messianico, la Chiesa. Il vero Israele è infatti formato da quelli che obbediscono realmente a Dio e porta frutti, cioè alla Chiesa formata da Giudei e da pagani. (Antonio Bonora)
STORIA DELLA SALVEZZA
“Vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele” (Is 5, 7). Le cure premurose di Dio per il suo popolo segnano l’intera storia della salvezza, e continuano nei nostri confronti. L’amore divino è iniziativa creatrice: non trova nulla d’amabile, ma pone egli stesso grazia”, cioè amabilità, nelle sue creature, per poterle deliziare. Dio diviene allora “il diletto” a cui si rivolge un cantico d’amore riconoscente, che diviene tanto più esaltante quanto più si percepisce a quale unione con Dio conduce l’amore che egli ha per noi: “Le nostre vigne sono in fiore. Il mio diletto è per me e io per lui (Ct 2, 15-16). Ogni cristiano può e deve ripercorrere la propria via e confermare con la sua esperienza che davvero Dio, da parte sua, non poteva fare di più. L’esame va approfondito, cercando di interpretare ogni evento alla luce della certezza di fede che in qualunque circostanza, anche in quelle più affliggenti, è nascosta una segreta provvidenza d’amore, perché in quel caso possa sbocciare amore. “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8, 28). (Costante Bravetto)
RESPONSABILITA’
Noi che facciamo parte del nuovo popolo, cui è stata consegnata la vigna, ci domandiamo come accogliamo i richiami accorati e insieme vibranti che ci giungono, a nome di Dio, dai pastori e in primo luogo dal Papa. Sono avvisi che non dobbiamo lasciar cadere. Ecco un richiamo di Giovanni Paolo II: “ Il disordine morale che si fa notare nella situazione mondiale, richiede risoluzioni audaci e creative, conformi all’autentica dignità dell’uomo. Il principio di solidarietà deve ispirarle. L’uomo deve far suo il senso della responsabilità morale. Per noi cristiani una tale responsabilità diviene particolarmente evidente, quando ricordiamo, e dobbiamo sempre ricordare la scena del giudizio finale, come uno schema essenziale di un esame di coscienza per ciascuno e per tutti: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25, 42). La Chiesa, non disponendo di altre armi che di quelle dello Spirito, della parola e dell’amore, non può rinunziare ad annunciare “la parola in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tm 4,2) “. (C. Bravetto)
RESPONSABILITA’ DEI VIGNAIOLI
I contadini omicidi sono singole persone che hanno ciascuna un nome e una responsabilità personale. Anche il popolo ebreo che ha rifiutato Gesù Cristo è fatto di singole persone, con responsabilità molto diverse. Il principe dei sacerdoti e gli anziani del popolo, a cui Gesù rivolge la parabola, hanno la massima responsabilità; le persone semplici del popolo ebreo hanno una responsabilità molto minore, o forse nessuna. Anche nella Chiesa sono diverse le responsabilità dei pastori e dei semplici fedeli. Però c’è una responsabilità personale di ciascuno di noi. Ognuno di noi è un pezzo della vigna, della Chiesa. La cura che quel proprietario ebbe per il suo vigneto, il Signore l’ha si per la sua Chiesa, ma anche per ciascuno di noi, nati e cresciuti nella comunità cristiana, che abbiamo le attenzioni e le cure dei nostri genitori e dei nostri sacerdoti, per aiutarci a crescere nella fede e nella vita cristiana. Come rispondiamo alla chiamata della fede cristiana? Gesù Cristo è la pietra d’angolo che dà senso alla nostra vita? (Giovanni Nervo)
CHIESA, NUOVO POPOLO
Non vi sarà un terzo Israele, dopo il popolo ebraico e quello cristiano. Abbiamo la promessa che il “nuovo popolo” non sarà riprovato e che le forze del male non prevarranno contro la Chiesa, ma è sempre impressionante pensare come fiorentissime comunità cristiane dei primi secoli della Chiesa nell’Asia Minore e dell’Africa sono state cancellate dalla faccia della terra e su di esse non rimane che il nome e il ricordo. Che cosa sarà delle comunità dell’Occidente fra qualche secolo? Saranno chiese fiorenti, comunità fervorose e vivaci, o la fiaccola della fede e l’elezione passerà nelle meni delle chiese nuove africane, asiatiche o dell’America Latina? Il processo di secolarizzazione e di secolarismo, che in molti casi ha già ridotto la chiesa in stato di diaspora e di presenza poco significativa, cancellerà dalle nostre regioni ogni vestigio di tradizione e di cultura cristiana, o sarà l’occasione per la riscoperta di un nuovo modo di essere cristiani e di vivere il vangelo? (Messale festivo LDC)
L’IMMAGINE DELLA VIGNA
L’immagine della vigna, come quella della sposa (Ez 16, 1-14) diventano quasi un esempio della storia della salvezza, dell’agire di Dio nei confronti del suo popolo e del mondo intero. Il dialogo di Dio con gli uomini si rivela in forma drammatica, ma alla fine è sempre l’amore che trionfa sul rifiuto e sull’infedeltà dell’uomo. Salta subito agli occhi la differenza tra la prima lettura ed il Vangelo: mentre, secondo il profeta, Dio abbatte la vigna che non produce frutti, nella parabola del Vangelo essa è consegnata al altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo. Viene indicato così il compito della Chiesa dopo la morte di Gesù. La Chiesa è il nuovo popolo che ha il compito di “portare frutti”. Per questo essa ha preso il posto d’Israele e l’ha preso a Pasqua quando “la pietra che i costruttori hanno scartato, è diventata testata d’angolo”. Questa pietra è Gesù che, respinto e crocifisso, è risorto, e diventa il fondamento stabile su cui ogni costruzione futura dovrà poggiare. (Messalino LDC)
LA VIGNA INGRATA
Dio appare come un educatore sfortunato. Moltiplica i suoi gesti ma i figli non rispondono alle sue legittime attese, e così rendono vana tutta la sua opera. Si delinea così la storia di un amore respinto. Tragica storia che vede l’elezione tramutarsi in riprovazione. Alle divine proposte, l’uomo può opporre un “no”. Dio rispetta questo “no”, e non forza la libera determinazione. E così l’uomo fallisce il bersaglio. Il suo “no”, che in gergo cristiano si chiama “peccato”, diventa uno sbaglio di direzione, un’azione mancata: perché spezza l’ordine dell’amore. E’ una delusione. Lo è per Dio perché si aspettava qualcosa che non è venuto. Il suo disegno d’amore è messo in scacco. Ma questo si risolve in danno per l’uomo. Egli non si realizza. Diventa un “essere mancato”. E’ certo che tutto ciò che Dio poteva fare per salvare ogni uomo lo ha fatto e lo farà. Ma Egli non salva nessuno che non lo voglia. “Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te”. Per chi vanifica tutto con un “no” ostinato fino alla fine, c’è la chiusura definitiva, che nell’Apocalisse è chiamata “seconda morte”. E’ l’inferno. (M. Magrassi)
IL PADRONE “SE NE ANDO’”
La parabola della vigna parla del padrone che “se ne andò”. Spesso l’esperienza dell’uomo moderno è quella di un Dio che appare “lontano” e di cui perciò è difficile percepire l’amore. E tuttavia forse anche questa “lontananza” è dettata dall’amore di Dio, che non vuole opprimere ma suscitare libertà. Purtroppo questa delicatezza porta di fatto a dimenticare quel Dio, che invece pazienta, per darci modo di responsabilmente operare. Non manca però il richiama da parte del Dio “lontano”. “Mandò i suoi servi”. I servi che parlano a nome del Signore sono i profeti nel Vecchio Testamento e tutti i predicatori nel Nuovo. Chi respinge questi appelli tiene “lontano” Dio, anche nel senso molto moderno per cui se i cristiani non sono credibili l’ateismo avanza. (C. Brovetto)
IL POPOLO CHE PORTA FRUTTI
Il Regno di Dio, tolto a coloro che hanno ucciso il Figlio, viene dato a un’altra “nazione”, che comprende i pagani e gli Ebrei che credono in Cristo. Questo nuovo popolo si caratterizza per la fecondità spirituale, giacché produce i frutti del Regno. Questi frutti possono identificarsi con la giustizia, che i discepoli di Cristo sono tenuti a praticare come valore prioritario, e che consiste nella premurosa e costante attuazione della volontà di Dio. (S. Virgulin)
PREGHIERA E GIOIA (2° Lettura)
Dopo aver esortato con insistenza alla gioia (Fil 4, 4..) Paolo sembra porsi un’obiezione: come sarà possibile gioire quando la vita ci riserba tante tribolazioni? La risposta è la preghiera: “ in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti”. Basta questo per assicurare la pace. Certo, la preghiera non scioglie magicamente le tribolazioni, ma permette di viverle entro il progetto di amore di Dio. La sofferenza rimane sofferenza, ma perde il suo carattere di negatività assoluta. Ancora, sembra dire l’apostolo: rivolgete l’attenzione a tutto quello che c’è di vero e di buono in voi. Non lasciatevi impressionare dalle cose negative che pure esistono; non lasciatevi prendere dalla vertigine del male. In ogni situazione c’è la possibilità di conoscere, di fare la volontà di Dio; non c’è bisogno di altro per garantire la pace. (L. Monari)
PREGHIERA (pregare la parola)
•Padre giusto e misericordioso che vegli incessantemente sulla tua chiesa, non abbandonare la vigna che la tua destra ha piantato: continua a coltivarla e ad arricchirla d santi germogli. Perché innestata in Cristo vera vite, porti frutti abbondanti di vita eterna. (Colletta 27 perannum A)
•“Hai divelto una vite dall’Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli. Ha esteso i suoi tralci fino al mare e arrivavano al fiume i suoi germogli. Perché hai abbattuto la sua cinta e ogni viandante ne fa vendemmia… Dio degli eserciti volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, il germoglio che ti sei coltivato. Da te più non ci allontaneremo, ci farai vivere e invocheremo il tuo nome. Rialzaci Signore, Dio degli eserciti, fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi. (Dal Sl 79)
•Padre santo, tante volte l’uomo ha infranto la tua alleanza, ma tu, invece di allontanarti, hai stretto un vincolo nuovo con l’umanità per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro Signore, un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare. (Dalla prima preghiera Eucaristica della Riconciliazione)
•Liberaci, Signore, da tutti i mali, fa che viviamo come viti nella tua vigna, sotto il segno del pane e del vino condiviso. Fa che ci impegniamo a costruire un mondo più fraterno e più giusto, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo.
•Proteggi, Signore la tua Chiesa. Il Papa, i Vescovi, i Pastori abbiano cura della tua Vigna, come fedeli servitori die fratelli e le nostre comunità non si lascino prendere dall’indifferenza, ma vivano la loro vocazione nell’impegno e nel servizio attivo.
•Padre del cielo e Signore della vigna proteggila sempre, rendila feconda, non permettere che sia dilaniata dall’orgoglio e dalla divisione dei vignaioli. Sostieni i sacerdoti perché tra loro ci sia una sola emulazione, quella della santità, cioè della gioia di obbedire alla tua volontà e di cercare il bene dei fratelli. Dona a noi volontà e forza, perché cerchiamo solo ciò che è vero, nobile, puro, giusto, onorato e virtù meritevole della tua lode e seguiamo nella vita gli insegnamenti del tuo Vangelo.
•Ti preghiamo, Padre, per la Chiesa di Dio, chiamata ad essere la Vigna che porta buoni frutti, perché sia una realtà benefica e positiva a vantaggio di tutti gli uomini del mondo.
•O Dio, non dare la vigna a vignaioli stranieri, non togliere a noi il regno per darlo ad altri! Che faremo? Che resta di noi? Non torceremo un capello mai più ai tuoi profeti e meno ancora li uccideremo, se pure dovessero dire al mondo ogni male di noi. Invece rendici degni, Signore, di essere tuoi testimoni davanti a tutti i poveri del mondo, davanti a quanti ti cercano, Dio: e tutti sappiano come ti servi di noi: di noi, perché fra tutti, siamo i più meschini! La vera vite tu sei e noi i tralci, solo con te porteremo buon frutto e della vigna faremo un giardino dove ognuno si senta di casa. (David Maria Turoldo)
•E’ Israele. Signore la tua vigna diletta e deliziosa, che “hai vangato, sgombrato di sassi”, in cui ha “piantato viti scelte”. E’ Israele, per il quale hai fatto meraviglie”. A questa vigna hai mandato i tuoi servi e poi il tuo Figlio, che i vignaioli hanno ucciso. La malvagità del tuo popolo non conosce limiti. Ma là, o Padre, nella fedeltà del tuo amore misericordioso, continui a scrivere la storia della salvezza, e proprio attraverso la croce gloriosa del tuo Figlio. Nella storia d’Israele riconosciamo anche la nostra storia: siamo povera argilla, il peccato abita in noi e il nostro amore per te e “come una nube del mattino e come rugiada che all’alba svanisce (Os 6, 4). Dalla nuova vigna ti aspetti abbondanza di frutti; da questa tua chiesa, annunzio e anticipazione del Regno, in cui si incontrano la tua smisurata bontà e l’immensa miseria dell’uomo, da questa chiesa che conosce smarrimenti e rinascite, comunità che languiscono e scompaiono in un mondo ex-cristiano ed altre che fioriscono là dove si porta l’annunzio del Vangelo. Aiutaci, Signore, perché ognuno di noi porti frutti di bontà e di santità.
•Donaci, Padre il tuo spirito perché sia oggetto dei nostri pensieri tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, cerchiamo solo e sempre ciò che è gradito a te e quali tralci della vera vite, che è il Cristo rimaniamo in lui per portare molto frutto. (Da preghiere delle Suore benedettina del Monastero Mater Ecclesiae)
•Donami, Signore, la prontezza di Maria nel rispondere alla tua chiamata, la sua premura con la cugina Elisabetta, il suo intuito a Cana, il suo coraggio ai piedi della croce, il suo amore per la Chiesa Aiutami a operare nella tua Vigna, come Maria, con la determinazione di chi vuole portare frutti, con la decisione di vivere sempre unito alla vera vite che è Cristo, come Maria col tuo Figlio e suo Figlio Gesù.
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Ricordiamoci che siamo “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato “ e proclamiamo sempre le sue opere meravigliose.