Matteo 25,31-46: 31 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32 Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33 e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35 perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37 Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?’. 40 E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41 Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, 42 ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43 ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44 Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?” 45 Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46 E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
(Bibbia Cei: versione 2008)
LETTURA (leggere con intelligenza e comprendere con sapienza)
Matteo 25,31-46
Quando il Figlio dell`uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l`avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch`essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l`avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna»
(Bibbia Cei: versione 1971)
Esegesi
Con questa pericope, propria di Matteo, il quarto evangelista termina il discorso escatologico. Nonostante l’abbondanza di immagini questo grandioso affresco non è una parabola e nemmeno una pura allegoria, ma un discorso dal linguaggio figurato. Con esso Matteo vuol preparare i suoi cristiani agli eventi escatologici, non fornire una specie di spiegazione o di descrizione di tali evento. L’insegnamento dato è nello stesso tempo molto tradizionale e nuovo. In tutta la Bibbia infatti il giusto è l’uomo che si preoccupa del povero e del debole. Ma l’assoluta novità di questo testo è che servendo il povero si serve lo stesso Re divino.
VERRA NELLA GLORIA (31)
La frase introduttiva con “quando” imita lo stile apocalittico e si riallaccia a Zc 14, 5 (Allora verrà il Signore mio Dio con tutti i suoi santi). L’affermazione viene riferita a Cristo, rievocato sotto l’immagine del “Figlio dell’uomo”, del “pastore” e presentato come il re (allora il re: 34) che viene nella sua gloria a giudicare le nazioni. Il “trono” e la “gloria” (doxa) indicano la sublimità e il potere divino del giudice.
TUTTI I SUOI ANGELI (31)
L’espressione s’ispira a Zc 14, 15, in cui si dice che nel grande giorno del Signore apparirà Javhé e con lui tutti i suoi santi. Il corteo, che nell’immaginazione orientale, dovrebbe assistere il Giudice sovrano, qui ha un carattere piuttosto coreografico, come del resto immaginario e non necessariamente reale e tutto l’apparato descritto.
TUTTE LE GENTI (31)
“Tutte le genti” (panta ta ethne), in base al contesto, va riferito a tutti i gruppi umani, anche ai giudei e ai cristiani. Il giudizio finale ha un carattere universale.
SEPARERA’ (32)
Il giudizio avviene attraverso la separazione dei buoni dai cattivi. L’immagine del pastore deriva dallo spettacolo quotidiano della separazione delle capre nere dalle pecore bianche, che allora costituiva il patrimonio zootecnico principale dei seminomadi e degli stessi contadini; tale separazione veniva fatta la sera, per poter rinchiudere i due gruppi ognuno nel proprio ovile. E si trovava già in Ezechiele: “Quanto a voi, o mie pecore, così parla il Signore Javhé, ecco io giudico fra pecora e pecore, fra montoni e becchi” (Ez 12, 3-11).
ALLORA IL RE (34)
Il giudice viene ora presentato come re, il suo giudizio come giudizio regale, cioè come atto di autorità. Cristo, quale Messia promesso e garantito dalla risurrezione, è il Signore legittimo di tutti gli uomini.
VENITE BENEDETTI (34)
I buoni sono “benedetti” dal Padre, cioè hanno la sua grazia, possono prendere parte al suo regno. Ciò corrisponde alla volontà salvifica di Dio che è all’opera fin “dalla fondazione del mondo”. Quest’ultima espressione come dimostrano Gv 17, 24 e Ap 13, 8 si riferisce alla volontà originaria di Dio, che ha avuto fin dall’eternità. Volontà creatrice e salvifica di Dio sono identiche. Queste asserzioni sono riferite solo agli uomini e alla loro salvezza, l’affermazione parallela circa i cattivi del v 41 viene riferita a satana e ai suoi angeli e manca della precisazione “fin dalla fondazione del mondo”.
IO HO AVUTO FAME (35)
La motivazione della partecipazione al Regno enumera solo opere di misericordia verso il prossimo che manca di cibo, di vestito, di abitazione, che è prigioniero, dove spesso è stato condotto dalla miseria. Le sei opere di misericordia qui enumerate vengono già richieste nell’AT (cf Is 58, 7; Gb 31,17.19.21;Ez 18, 7). Sono enumerate le opere di misericordia, perché esse realizzano le esigenze del precetto grande dell’amore, che racchiude tutta la Legge e i profeti (cf Mt 22, 40). Senza tale “amore” anche la fede non ha valore. (cf 1 Cor 13, 2 ss)
ALLORA I GIUSTI (37)
La domanda del v. 37 e del 44 rivela che tali esigenze valgono per tutti, cristiani e non cristiani. Tutti gli uomini saranno misurati col metro dell’amore verso il prossimo. L’amore del prossimo ha il carattere di un mezzo di salvezza decisivo per l’uomo. Dio ha affidato all’uomo il compito di prendersi curo del povero, dell’afflitto, dell’affaticato. (cf 11, 27-30; 9, 9-13)
QUANDO MAI (37)
I “benedetti” non sapevano che al soccorso prestato ai “piccoli” sarebbe toccata una tale ricompensa: l’amore genuino non bada alla ricompensa.
L’AVETE FATTO A ME (40)
E’ l’affermazione decisiva di tutto il brano. La sollecitudine fattiva verso i più piccoli, costituisce il vero merito die giusti. Non basta quindi una filantropia generica, una solidarietà perché poveri, ma si suppone una carità veramente cristiana, vivificata cioè dalla fede di Cristo. I “piccoli” sono identificati più volte con i deboli in genere, ma soprattutto con i discepoli fattisi piccoli, deboli per Cristo (cf 5, 2-12; 18, 10-14). L’identificazione di Cristo con l’indigente è uno degli aspetti più alti e più toccanti del messaggio evangelico.
ALLA SUA SINISTRA (41)
La seconda parte della scena è sviluppata in parallelismo antitetico con la prima. Al “venite” corrisponde un “via lontani da me”, alla benedizione di Dio una maledizione, al regno del Padre il luogo di satana.
PREPARATO PER IL DIAVOLO (41)
Per l’uomo solo la salvezza era preparata fin dall’origine del mondo (cf 33), ma per la sua infedeltà egli è scacciato lontano da Dio e accomunato alla sorte del diavolo e dei suoi angeli.
SUPPLIZIO ETERNO…VITA ETERNA (46)
Il castigo e il premio sono eterni, perché trattandosi di un giudizio finale, la sentenza che in esso è emessa riveste carattere definitivo ed è irreversibile. Di fronte a questo futuro la vita acquista un carattere decisivo e l’appello a prendere sul serio l’esigenza di amore avanzata da Dio un peso definitivo.
MEDITAZIONE (meditare con attenzione e ascoltare con amore)
SEMINIAMO IN BENEDIZIONE
“Seminiamo in benedizione”, dice l`Apostolo, “perchè possiamo anche mietere nelle benedizioni” (2Cor 9,6). Da un tale seme germinerà una spiga dai molti grani. Ampia è la messe dei comandamenti, sublimi sono le stirpi della benedizione. Vuoi capire a quale aitezza si libra il rigoglio di tale progenie? Esse toccano gli stessi vertici del cielo. Tutto ciò che infatti in esse avrai portato, lo troverai al sicuro nei tesori del cielo. Non diffidare delle cose dette, non ritenere che sia da disprezzare la loro amicizia. Le loro mani certamente sono mutilate, ma non inidonee a recare aiuto. I piedi sono divenuti inutili, ma non vietano di correre a Dio. Vien meno la luce degli occhi, ma con l`anima scelgono quei beni che l`acutezza della vista non può fissare… Non c`è infatti chi non sappia, chi non consideri eccellente il premio prima nascosto che viene conferito umanamente e benignamente nelle altrui sventure. Poiché infatti le umane cose signoreggia l`una e medesima natura. E a nessuno è data certezza che a lui in perpetuo le cose saranno prospere e favorevoli. In tutta la vita, occorre ricordare quel precetto evangelico secondo il quale quanto vogliamo che gli uomini facciano a noi, noi lo facciamo loro. Perciò, finché puoi navigare tranquillamente, stendi la mano a colui che ha fatto naufragio; comune è il mare, comune la tempesta, comune il perturbamento dei flutti gli scogli che si nascondono sotto le onde, le sirti, gli inciampi, e tutte infine quelle molestie che alla navigazione di questa vita incutono un uguale timore a tutti i naviganti. Mentre sei integro, mentre con sicurezza attraversi il mare di questa vita, non trascurare inumanamente colui la cui nave andò a urtare. Chi può garantire, qui, che avrai sempre una felice navigazione? Non sei ancora pervenuto al porto della quiete (cf Sal 106,19). Non sei ancora stabilito fuori dal pericolo dei flutti. La vita non ti ha ancora collocato in luogo sicuro. Nel mare della vita sei ancora esposto alla tempesta. Quale ti mostrerai verso il naufrago, tali verso di te troverai coloro che insieme navigano. (Gregorio di Nissa, Oratio II: De pauper. amandis)
L’AMORE A CRISTO NEI POVERI
Nelle disgrazie altrui impara questo, a chi ha bisogno da` qualcosa: non è poco infatti per chi manca di tutto, anzi neppure allo stesso Dio è impari considerare le rispettive forze. Che tu abbia al posto della più grande dignità la sollecitudine dell`animo: se non hai nulla, versa lacrime. Grande sollievo è la compassione per chi ha l`animo colpito da grande calamità… O tu ritieni che la benevolenza non sia per te necessaria ma libera? che sia consiglio, anziché norma? Anche questo in sommo grado vorrei e stimerei, ma mi spaventa quella mano sinistra, e i capri, e gli anatemi lanciati da chi li ha collocati lì; non perchè saccheggiarono i templi, o commisero adulterio, o fecero altra cosa di quelle vietate con sanzione, ma perchè non si curarono minimamente di Cristo nei poveri. Di conseguenza, se ritenete di dovermi ascoltare in qualcosa, servi di Cristo, e fratelli, e coeredi, visitiamo Cristo, tutto il tempo che ci è possibile, curiamo Cristo, nutriamo Cristo, vestiamo Cristo, riuniamo Cristo, onoriamo Cristo, non solo alla mensa, come qualcuno, né con gli unguenti, come Maria, né soltanto al sepolcro, come Giuseppe d`Arimatea, né con le cose che riguardano la sepoltura, come quel Nicodemo che amava Cristo solo a metà, né infine con l`oro, l`incenso e la mirra come i Magi prima ancora di tutti coloro che abbiamo nominato, ma poiché da tutti il Signore esige la misericordia e non il sacrificio, e la cui misericordia supera le migliaia di pingui agnelli, e questa portiamogli attraverso i poveri prostrati a terra in questo giorno, affinché quando saremo usciti di qui, essi ci ricevano nei tabernacoli eterni nello stesso Cristo Signore nostro, a cui è la gloria nei secoli. Amen. (Gregorio di Nazianzo, Oratio XIV de pauper. amore, 27 s., 39 s.)
QUANTO AVETE FATTO
Avevamo una libera intelligenza per capire che in ogni povero era Cristo affamato che veniva nutrito, o dissetato quando ardeva dalla sete, o ricoverato quand`era forestiero, o vestito allorche era nudo, o visitato mentre era malato, o consolato con la nostra parola quand`era in carcere. Ma le parole che seguono: “Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l`avete fatto a me” (Mt 25,40), non mi sembra siano rivolte genericamente a tutti i poveri, ma a coloro che sono poveri in spirito, a coloro ai quali, indicandoli con la mano, ha detto: “Ecco, mia madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la volontà del Padre mio” (Mc 3,34-35; Lc 8,21). (Girolamo, In Matth. IV, 22, 40)
GIUDIZIO FINALE
Il vangelo ci presenta “tutti” gli uomini convocati per l’ultimo giudizio. Cristo rivendica a sé il potere del giudizio, della decisione, dei destini dell’uomo, cosa che dovremmo o respingere come “pretesa” o accettare come dichiarazione di divinità. Cristo è “giudice” universale perché Figlio di Dio; ma nello stesso tempo egli può comprendere le situazioni degli uomini, perché è passato attraverso le loro esperienze in quanto è anche uomo. (S. Cipriani)
ESSERE PRONTO
Il brano di Matteo sul giudizio finale vuole aiutarci ad andare davanti al “re giudice” con le carte in regola. E’ interessante sapere che questo passo è situato in un contesto escatologico; ha di mira cioè il punto di arrivo di un tempo, un periodo di storia, in cui Dio non si vede, è come assente. Dicono infatti i sudditi del re: “ “Signore quando mai ti abbiamo visto?”. Ora, nel tempo dell’assenza di Dio, nel tempo dell’attesa, è facile cadere in uno o in altro di questi due difetti: o ritenere che questo tempo non significhi nulla, perché quello che conta è il mondo futuro, o, al contrario, incollarsi totalmente al presente perdendo di vista il dove si va a finire e il giudizio futuro che condiziona e determina il significato di quello che si fa oggi. (Domenico Pezzini)
DUE GRUPPI
A quelli che stanno alla sua destra il re dice: “ venite benedetti del Padre mio…” Invece a quelli che stanno alla sua sinistra: “ Via, lontano da me …” A questa sentenza segue la motivazione. “Perché….”. La netta antitesi tra i due gruppi fa leva sulla constatazione dell’”aver fatto” o il “non aver fatto”. A sua volta questo “fare” o “non fare” è qualificato dalle sei opere di donazione, aiuto e cura prestate ai bisognosi nello loro necessità. Queste prestazioni non hanno nulla di eccezionale. Si tratta di quelle opere di misericordia raccomandate nei testi della tradizione biblica. Quello che provoca la sorpresa nei rappresentanti dei due gruppi interpellati è l’identificazione del re giudice con colui che ha fame e sete, che è forestiero e nudo, malato, carcerato. (A Catella)
IL CRITERIO DI BASE
Gesù stabilisce il criterio in base al quale si può “ricevere in eredità il regno preparato” dal Padre suo. Il criterio è quello di aiutare il prossimo che in necessità, di essere solidali con i deboli e i bisognosi. Gesù si identifica addirittura i fratelli più piccoli. Fratelli di Gesù sono coloro che fanno la volontà del Padre, cioè i suoi discepoli. Fratelli di Gesù sono coloro che scelgono di vivere e di pensare come Gesù, non come impongono i “persuasori occulti”. I discepoli di Gesù che vivono e pensano come lui, perpetuano nella storia i valori dell’uomo Gesù, al cui destino e alla cui vocazione partecipano. (Antonio Bonora)
CHI HA AMATO, CHI NON HA AMATO
Il criterio con cui il re giudicherà tutte le genti sarà quello di aver amato, servito, aiutato, consolato chi, in qualsiasi maniera, si sia trovato in situazione di miseria, di povertà, di sofferenza, di malattia, di ingiustizia. Gesù dice che, in ognuna di queste situazioni, lui era presente, per cui ogni gesto di amore compiuto verso il fratello in realtà era diretto a lui. Esattamente il contrario capiterà a quelli che non avranno usato alcune attenzione a chi aveva fame o sete o era forestiero o nudo o malato prigioniero. (Settimio Cipriani)
LA CARITA
Il vangelo di oggi ricorda che il criterio per fare parte del “regno” è la carità, intesa come condivisione e solidarietà con chi non ha il necessario per la sussistenza (dar da mangiare e da bere) con chi non ha lavoro (vestire gli ingudi), non ha casa (alloggiare i pellegrini), non ha garanzie per la salute (visitare gli infermi), non ha difesa la sua dignità sociale (visitare i carcerati). Certo tutto deve essere collegato con Dio, ma il brano evangelico enumera con cura le situazioni che richiedono solidarietà materiale. Il cristiano e la comunità cristiana quando vogliono sapere se fanno parte del regno di Dio devono interrogarsi su come mettono in pratica le opere di misericordia, in rimo luogo quelle materiali. Se no si rischia di essere quelli che dicono “Signore, Signore”, senza fare la sua volontà e dunque non entrano nel regno dei cieli (Luigi Bettazzi)
GIUDICATI SULL’AMORE
La pagina del Vangelo della festa di Cristo Re è di grande attualità: ogni giorno la televisione ci presenta il volto di migliaia di persone che soffrono la fame, la sete, che muoiono di colera, che scappano profughi. In ciascuna di quelle perone è presente Gesù. Le parole del Signore ci toccano personalmente: “ Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare”; “Io avevo sete e tu mi hai dato da bere”. “ Ogni volta che l’hai negato al più piccolo dei miei fratelli, l’hai negato a me”. La pratica della carità non si può delegare: è terribile quel “ogni volta”. Non si tratta soltanto dell’elemosina al mendicante, al barbone, allo zingarello, ma si tratta anche di non sprecare risorse, di non fare spese inutili, di non accumulare denaro mentre altri muoiono di fame e avrebbero bisogno del nostro superfluo per sopravvivere. Si tratta di regolare i nostri bilanci di famiglia, così che ci sia la parte per i poveri. Si tratta, soddisfatti i doveri di giustizia, di lasciare ai poveri i nostri beni piuttosto che ai parenti, già benestanti, che poi litigheranno fra loro per l’eredità. (G. Nervo)
CRISTO PIENEZZA DELLE ASPIRAZIONI DELL’UOMO
L’uomo moderno è un uomo sempre più conscio delle sue possibilità e del suo dominio sul mondo. Come far comprendere a quest’uomo che senza Gesù non può far nulla? E in che senso e che piano questo va inteso? A tali domande c’è un’unica risposta: i cristiani che convivono con gli altri uomini, devono dare testimonianza dell’intimo legame che unisce concretamente la consistente verità delle realtà umane e la fede vivente in Gesù Cristo. Ubbidendo fino alla morte sulla croce, mettendo in pratica le beatitudini, entrando nella corrente universale dell’amore operoso (espresso nel vangelo dalle opere di misericordia), il cristiano lavora direttamente a restituire le realtà create alla loro verità e alla loro consistenza di creature. La regalità di Cristo raggiunge direttamente le coscienze degli uomini e, per esse, si esercita su tutte le realtà create, rendendo l’uomo più libero di quanto lo era prima, meno gravato dal peccato e dalla schiavitù, più capace di esercitare rettamente sull’universo il dominio che egli detiene. (Messale LDC)
CRISTO E’ RE
Gesù parla nel vangelo continuamente del suo Regno con la nota espressione: “Il Regno dei cieli è simile a…”, indicando una realtà del presente e del futuro. La costruzione del Regno non è una cosa istantanea, anzi è il travaglio di tutta la storia, ne costituisce il senso ultimo. Il Regno è Cristo, mentre la Chiesa è il cantiere in cui il Regno progressivamente si costruisce. Con la sua risurrezione Cristo continua a conquistare spazio per sé nella storia. Ci sarà la fine, che è anche il fine, quando Egli sarà tutto in tutti. Allora Cristo prenderà il Regno e lo consegnerà al Padre. In quel giorno tutti saranno raccolti attorno a Lui, come pecore attorno al pastore e saranno giudicati nell’amore. Gli eletti entreranno per sempre nel Regno senza fine. Intanto la storia continua a fluire mentre il Regno si edifica. Cristo la domina tutta intera da un capo all’altro. Egli è “ l’alfa e l’omega, il principio e il fine” (Ap 1, 8). Il suo ritorno glorioso è l’avvenimento finale della storia ed è oggetto delle nostre attese. La storia cammina verso Cristo e così il Regno si costruisce. E ognuno di noi si sforza di “crescere in tutto verso Cristo”. Cristo è davvero “ il punto focale dei desideri della storia e della civiltà”. Colui che solo dà il senso alla storia. Colui che solo riesce a colmare le aspirazioni del cuore umano. Gli spetta un primato su tutte le cose. In questo senso preciso è “Re”. (M. Magrassi)
RE VENUTO A SERVIRE
Gesù si è presentato a noi con i titoli di re e messia, ma insieme come povero, “mite e umile di cuore”, si è comportato come misericordioso e solidale con le situazioni di miseria umana, lungo tutta la sua vita terrena. Re certamente. Ma così diverso dai nostri re o capi di stato, che non si serve di noi, che non ci manda in guerra a morire per lui, come fanno di solito i re, ma muore lui per noi. Lungo tutto il Vangelo noi troviamo Gesù impegnato ad affrontare quelle situazioni di bisogno di tutti. (E. Bianco)
IL REGNO E LA CHIESA
La Chiesa non è ancora il Regno, ma “di questo Regno essa costituisce in terra il germe e l’inizio. Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela al Regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi con il suo Re nella Gloria “ (Lumen Gentium). Nel suo seno intanto incontriamo quei “segni” del regno che sono i Sacramenti, risuona la Parola del Regno che è il Vangelo, è comunicata quella vita del Regno che è la Grazia. In essa il Regno si fa vedere, sia pure sotto il velo dei segni. E tuttavia essa non è ancora perfettamente modellata sul suo Re. Il suo volto è in parte sfigurato dai nostri peccati. E’ un campo dove insieme al grano c’è la zizzania. Insomma il regno per essa non è un pacifico possesso, è la faticosa conquista di ogni giorno. (M. Magrassi)
IL REGNO E LA SOCIETA’
Il Regno di Gesù non è di questo mondo. Opera nella società a modo di fermento, ma non si identifica con la società, con il potere culturale, economico, politico, non si appoggia al potere civile come braccio secolare del potere ecclesiastico; ispira, condanna e suggerisce miglioramenti alle leggi dello stato dal punto di vista etico e i valori. Il Regno di Cristo, già nello stadio terreno, ispira una società e una civiltà dell’amore, che come tale può essere detta cristiana, anche se non sarà mai perfetta. Ciò avviene con l’evangelizzazione, la santificazione sacramentale, e la testimonianza di promozione umana. I fatti hanno una voce più incisiva della parole. La vita cristiana costituisce di per sé un “fatto culturale”. Se i cristiani saranno autentici discepoli, imitatori, seguaci di Gesù mite e umile di cuore, faranno nuove la società e la civiltà: società e la civiltà dell’amore. (A Cavagna)
IL REGNO E NOI
Il Vangelo di oggi ci ricorda che il criterio per fare parte del Regno è proprio la carità, intesa come condivisione solidarietà con chi non ha il necessario per la sussistenza, con chi non ha lavoro, non ha casa, non ha garanzie per la salute, non ha difesa la sua dignità sociale. Certo, tutto collegato con Dio. Il cristiano e la comunità cristiana, quando vogliono sapere se fanno parte del Regno di Dio, devono interrogarsi su come mettono in pratica le opere di misericordia. Se no si rischia di essere quelli che dicono: “Signore, Signore” senza fare la sua volontà e dunque senza entrare nel Regno dei cieli. (L. Bettazzi)
PREGHIERA (pregare la parola)
•O Dio che hai posto il tuo Figlio come unico re e pastore di tutti gli uomini, per costruire nelle tormentate vicende della storia il tuo Regno d’amore, alimenta in noi la certezza della fede, che un giorno, annientato anche l’ultimo nemico, la morte, Egli ti consegnerà l’opera della redenzione, perché Tu sia tutto i tutti. (Colletta 34 perannum A)
•Ti ringraziamo, Padre, perché hai consacrato sacerdote eterno e re dell’universo il tuo unico Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, fa che ascoltiamo sempre la sua voce e lo imitiamo nell’amore costante e disinteressato di tutte le persone umane, specialmente delle più bisognose.
•Accoglici, Signore, nel tuo Regno, che è “regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia e di pace.”
•Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell’universo, fa che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. (Colletta 1° Festa Cristo re. A)
•Dio onnipotente ed eterno, che in Gesù Cristo hai inaugurato nel mondo il tuo regno di amore e di pace, concedi che, dopo averti servito con fedeltà in terra, possiamo stare con te nella patria celeste. (Messale LDC)
•Ti preghiamo, Padre, per la tua Chiesa, diffusa in ogni paese del mondo, perché annunzi il regno di Cristo, predicando il messaggio evangelico mettendosi al servizio dei fratelli.
•Venga il tuo Regno, Signore, e i cristiani impegnati, servendo Cristo nei fratelli più bisognosi ne anticipino la venuta.
•Dio onnipotente, che in Cristo Gesù hai inaugurato nel mondo il tuo regno di amore e di pace, concedi che, dopo averti servito con fedeltà qui in terra, possiamo stare con te nella patria celeste.
•Padre, hai voluto rendere nuove le realtà del mondo mediante la totale offerta che Gesù tuo Figlio ha fatto di sé per noi; rendici liberi come lui, da ogni egoismo e violenza, perché sappiamo incontrarlo negli altri e veniamo chiamati presso di te al suo ritorno, nello Spirito Santo, per lodarti per sempre. (Sdp)
•Ti chiediamo, Padre che la Chiesa continui il suo servizio ai poveri e ai sofferenti; il Papa, i Vescovi, i ministri della Chiesa siano testimoni del tuo amore misericordioso, tutti i cristiani siano sempre aperti all’amore verso i fratelli. (Sdp)
•Signore Dio, nel tuo Cristo ci hai amati in una maniera libera, gratuita, totale, crea in noi un cuore nuovo e una intelligenza aperta alla comprensione dell’altro come fratello per cui spendere la propria vita senza pretese, illusioni, autogiustificazioni. (Sdp)
•O Padre onnipotente, in Cristo Gesù hai inaugurato nel mondo il tuo regno di amore e di pace. Sostienici con la tua grazia, perché sull’esempio di Cristo, sappiamo praticare le opere della misericordia, con fedeltà qui in terra e possiamo entrare con te nella patria celeste. (Enzo Bianchi)
•Tutti i credenti, Signore, vedano nei poveri del mondo il volto di Cristo, e li servano e li amino come fratelli del Salvatore, Re, giudice e Signore degli ultimi tempi. (Enzo Bianchi)
•Signore Gesù, tu hai voluto regnare sugli uomini con l’umiltà, con la pazienza, con l’amore. La tua insegna è la croce. La festa delle tua regalità stimoli la nostra fede e la nostra speranza; ravvivi in noi il desiderio di essere ricolmi del tuo spirito di umiltà e di dedizione. (C. Berthes)
•Salve Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A te ricorriamo noi esuli figli di Eva; a te sospiriamo, gementi e piangenti, in questa valle di lacrime. Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi i tuoi occhi misericordiosi. E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. (Ademaro di Monteil: XI secolo)
CONTEMPLAZIONE (silenziosa accoglienza della parola di Dio)
AZIONE (assunzione di impegni concreti)
Seguiamo Cristo re, che regna donandosi fino alla morte, dedicandoci concretamente ai fratelli e prendendo ogni giorno la nostra croce.